Lo Springsteen Della Domenica: Un Boss Recente, Ma Con Un Inatteso Sguardo Al Passato. Bruce Springsteen & The E Street Band – MSG 11.07.09

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Bruce Springsteen & The E Street Band – MSG 11.07.09 – live.brucespringsteen.net/nugs.net 3CD – Download

Nel corso della tournée del 2009 seguita alla pubblicazione di Working On A Dream, Bruce Springsteen e la sua E Street Band avevano introdotto una pratica che è poi andata avanti per qualche anno, e cioè quella di riproporre ogni tanto, in date un po’ “random”, alcuni loro album storici dalla prima all’ultima canzone. L’onore era principalmente riservato a tre lavori della discografia del Boss, ovvero Born To Run, Darkness On The Edge Of Town (eseguito anche di fronte al sottoscritto nel 2013 al Wembley Stadium di Londra) e Born In The U.S.A. (suonato anche a San Siro sempre nel ’13), ma in occasioni più uniche che rare è toccato anche ad altri album: è il caso dell’esordio Greetings From Asbury Park, NJ proposto a Buffalo proprio nel 2009 e, pochi giorni dopo, a The River nel secondo dei due concerti al Madison Square Garden di New York (l’esecuzione integrale del mitico album del 1980 diventerà un’abitudine nella parte americana del tour del 2016, ma fino a quel momento era una cosa più unica che rara). Entrambi questi show (Buffalo e MSG 2) erano già usciti nell’ambito degli archivi live di Bruce, ed il triplo CD di cui mi occupo oggi riguarda invece la prima delle due serate al Madison, tenutasi il 7 novembre 2009, un altro show a modo suo epocale in quanto presenta un’altra riproposizione “one off” di uno dei dischi storici del Boss, vale a dire il suo secondo album The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle, uscito originariamente nel 1974.

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MSG 11.07.09 è un altro live record di alto livello musicale ed emozionale, con il Boss e la sua storica band in ottima forma quando suonano il repertorio “normale” ed addirittura sensazionale quando si cimentano con le sette canzoni del disco del ’74, che vengono letteralmente reinventate grazie ad una performance di notevole spessore con la sezione fiati che aumenta la già considerevole potenza del suono della E Street Band. Il concerto parte con un indizio di ciò che succederà di lì a poco, e cioè con una performance decisamente soulful di Thundercrack, che del secondo album del Boss era una delle outtakes più conosciute dai fans https://www.youtube.com/watch?v=H7_SlKZNArA ; a seguire i nostri scaldano a puntino la platea con la rockeggiante Seeds, resa ancora più trascinante dai fiati, una Prove It All Night perfetta e con un grande assolo chitarristico ed il classico singalong di Hungry Heart. Dopo l’unico omaggio della serata a Working On A Dream con la non eccelsa title track, ecco arrivare The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle (con ospite sul palco il percussionista Richard Blackwell, che aveva suonato anche sul disco originale), un album molto amato dagli estimatori del nostro, e che negli anni è stato rivalutato a classico minore della discografia springsteeniana. Il pezzo più famoso tra i sette di quel disco è senza dubbio Rosalita, che non manca quasi mai nelle scalette del Boss, ma anche la toccante 4th Of July, Asbury Park (Sandy) viene suonata con discreta continuità (e qui Charlie Giordano sostituisce alla fisarmonica Danny Federici, scomparso da poco).

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Il resto è decisamente più raro, a partire dal vibrante errebi The E Street Shuffle https://www.youtube.com/watch?v=3ajmKLeorXQ , per continuare con la folkie Wild Billy’s Circus Story, eseguita dal solo Bruce con l’acustica, e con Kitty’s Back, proposta in una formidabile rilettura di un quarto d’ora in cui quasi ogni componente della band ha un momento tutto per lui (ma il dominio del sound resta in mano ai fiati ed al fantastico piano di Roy Bittan). Ma l’highlight di questa parte di spettacolo (e forse di tutto lo show), sono Incident On 57th Street, grandissima rock ballad con chitarre e piano sugli scudi https://www.youtube.com/watch?v=2LRkV93pd4A , e soprattutto una delle più belle New York City Serenade mai sentite, tredici minuti incredibili che non esito a mettere tra i momenti migliori di questa serie di concerti dal vivo: emozione pura https://www.youtube.com/watch?v=HQlMGe-eEVc . Il Boss torna quindi sulla terra con la coinvolgente Waitin’ On A Sunny Day, durante la quale urla un chiaro “Tutto bene!” in italiano, e poi, con la solita Raise Your Hand di Eddie Floyd in sottofondo, scende tra il pubblico per scegliere tra i cartelli con le richieste: questa sera tocca a tre pezzi, e cioè un altro tuffo nel passato con la solare e ritmata Does This Bus Stop At 82nd Street?, una rarità, la classica Glory Days che Bruce dedica ai New York Yankees che avevano appena vinto le World Series di baseball, e Human Touch che il trattamento E Street Band fa sembrare quasi un’altra canzone.

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Da qui in poi lo show diventa la solita prevedibile autocelebrazione di una delle rock band più travolgenti di sempre, con classici recenti (Lonesome Day, The Rising), passati (Born To Run, Bobby Jean) ed anche futuri (Wrecking Ball); il gran finale parte con American Land e Dancing In The Dark, che fanno saltare e ballare tutto il Madison, e termina con una vertiginosa versione di (Your Love Keeps Lifting Me) Higher And Higher di Jackie Wilson, con Elvis Costello ospite a sorpresa per duettare con Bruce https://www.youtube.com/watch?v=kdUoVKA1mhA . Il prossimo volume si occuperà di una serata ancora più recente, che non ha particolari caratteristiche se non quella di essere stata giudicata tra le migliori del tour di cui fa parte.

Marco Verdi

Lo Springsteen Della Domenica. Tanto per Ribadire La Sua Fiducia Nel Progetto! Bruce Springsteen – Western Stars: Songs From The Film

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Bruce Springsteen – Western Stars: Songs From The Film – Columbia/Sony CD

Western Stars, l’ultimo album di Bruce Springsteen uscito lo scorso mese di Giugno, è stato uno dei lavori più discussi del 2019, in gran parte a causa dell’enorme reputazione del rocker americano. Al sottoscritto il disco è piaciuto molto https://discoclub.myblog.it/2019/06/16/lo-springsteen-della-domenica-un-boss-californiano-ad-alti-livelli-bruce-springsteen-western-stars/ , ma da altre parti non è stato così, in quanto si è voluto criticare il suono delle varie canzoni e la scelta del Boss di rivestire i brani con arrangiamenti ariosi e pop, utilizzando anche un’orchestra. Il nostro aveva però spiegato che la sua intenzione era di creare un disco ispirato ai classici brani di gente come Glen Campbell e Burt Bacharach, una sorta di “pop californiano” che si distaccasse volutamente dalla sua abituale produzione. Ed a mio giudizio Bruce era riuscito in pieno nel suo intento, portando in dote brani di notevole livello e dando loro un sapore quasi cinematografico, in piena attinenza con le splendide immagini del libretto che accompagnava il CD. La maggioranza del pubblico ha mostrato di apprezzare il lavoro, decretandone il successo, ed il nostro ha così potuto completare con molta più tranquillità il progetto, che prevedeva anche un film e relativa colonna sonora.

Infatti Western Stars è anche il titolo del primo lungometraggio con Bruce come regista (insieme a Thom Zimny), un film che in realtà è una sorta di documentario sul “making of” del disco ed il cui piatto forte e la performance dal vivo di tutte le canzoni in esso contenute, registrate di fronte ad un pubblico selezionatissimo all’interno dell’enorme fienile che sorge all’interno di un terreno di proprietà di Bruce (mentre le sequenze in esterni sono state girate al parco nazionale di Joshua Tree): il film è stato presentato di recente al Toronto Film Festival (ed accolto molto positivamente), mentre lo scorso 25 Ottobre è stata pubblicata anche la colonna sonora, Western Stars: Songs From The Movie, che in pratica è il concerto dal vivo presente all’interno della pellicola. Inizialmente sono rimasto sorpreso dal fatto che Bruce in pratica “ripubblicasse” lo stesso disco a distanza di pochi mesi dall’originale di studio (esiste anche un’edizione in doppio CD con tutti e due i lavori), ma pensandoci un attimo la cosa ha senso, in quanto il musicista di Freehold ha deciso di non portare in tour il disco, probabilmente per problemi sia logistici (spostare un’intera orchestra non è uno scherzo) che di costi elevati, e quindi questa colonna sonora è un’occasione unica per ascoltare i brani di Western Stars on stage. E poi c’è il particolare da non sottovalutare che Springsteen dal vivo non è mai banale, ed anche se avendo un gruppo così numeroso alle spalle con tanto di orchestra forse non gli dà la possibilità di improvvisare come quando guida la E Street Band, c’è sempre qualcosa che rende interessante la performance.

I brani qui infatti sono perfino più ariosi che in studio, la voce è più diretta e meno “lavorata”, e soprattutto l’orchestra è più dentro alle canzoni, e riesce a dare ancora più pathos che nelle pur ottime versioni del disco uscito a Giugno. Gli arrangiamenti non cambiano, ma la prestazione è calda e coinvolgente, grazie anche al vasto gruppo di musicisti che accompagnano il nostro: infatti oltre agli “E Streeters” Patti Scialfa e Soozie Tyrell alle voci (Patti anche alla chitarra) e Charlie Giordano al piano ed organo, abbiamo Marc Muller alla chitarra, steel e banjo, Ben Butler alla chitarra e banjo, Henry Hey e Rob Mathes alle tastiere, Kaveh Rastegar al basso e Gunnar Olsen alla batteria, mentre l’orchestra è formata da una sezione archi di quindici elementi più due ai corni ed altri due alle trombe, ed il tutto è prodotto dallo stesso Bruce ancora insieme a Ron Aniello. E’ chiaro dopo questa premessa che i brani migliori di Western Stars escono ulteriormente rafforzati da questa rilettura dal vivo, canzoni come Stones, Hello Sunshine e soprattutto le maestose Sundown e There Goes My Miracle, ma anche i pezzi più intimi hanno un impatto maggiore, come l’iniziale Hitch Hikin’, le belle The Wayfarer (che ha una coda strumentale finale di piano non presente nell’originale) e Chasin’ Wild Horses o la splendida ed intensa Somewhere North Of Nashville. E poi ci sono i due brani più trascinanti del disco in studio, cioè Tucson Train e Sleepy Joe’s Café, che qui sono ancora più coinvolgenti e secondo me pronti ad entrare anche nel repertorio della E Street Band. Come bonus esclusivo per questo live abbiamo una stupenda versione della classica Rhinestone Cowboy (scritta da Larry Weiss ma resa famosa proprio da Glen Campbell), rilettura sontuosa che chiude il concerto in netto crescendo.

Se siete tra i detrattori di Western Stars non credo che questa sua controparte dal vivo vi farà cambiare idea, ma se l’album originale vi è piaciuto potreste anche entusiasmarvi.

Marco Verdi

Novità Prossime Venture 25. Due Uscite A Sorpresa Per il 25 Ottobre: Bruce Springsteen – Western Stars Songs From The Film/Van Morrison Three Chords & The Truth

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Bruce Springsteen – Western Stars Songs From The Film – Columbia/Sony Music

Van Morrison – Three Chords & The Truth – Exile/Universal

Due dischi che escono “a sorpresa” entrambi il 25 ottobre:da qualche tempo, dopo l’annunciata uscita del film Western Stars, presentato in anteprima al Toronto Film Festival lo scorso mese e che sarà nelle sale americane a Novembre, e per due giorni, il 2 e 3 dicembre, anche nei cinema italiani, esce abbastanza a sorpresa e velocemente per gli standards di Bruce Springsteen il nuovo CD con la colonna sonora del documentario, il primo che lo vede impegnato come regista (stranamente in uscita per la Warner Bros). Si tratta in pratica di una storia ispirata dai temi delle canzoni dell’album, quindi l’amore, sia per la famiglia che per i viaggi, da sempre presenti nelle canzoni di Springsteen, ma anche i problemi come la solitudine, la perdita del lavoro e delle persone care, il trascorrere del tempo e molte altre situazioni, anche sociali, narrate in prima persona dal cantautore, che ha aggiunto anche filmati d’archivio e, soprattutto, nuove versioni delle canzoni, registrate dal vivo in una fattoria, la Stone Hill Farm a Colts Neck nel New Jersey, davanti ad un pubblico ad inviti, con una band di otto elementi e anche una orchestra di archi e fiati di una ventina di elementi. Canzoni che nel film sono inserite per seguire la narrazione della vicenda, mentre nel disco si possono ascoltare in una unica sequenza. Sono i tredici brani dell’album di studio, più posta in conclusione una cover di Glenn Campbell, una delle influenze dichiarate a livello sonorità di Western Stars.

1. Hitch Hikin’
2. The Wayfarer
3. Tucson Train
4. Western Stars
5. Sleepy Joe’s Café
6. Drive Fast (The Stuntman)
7. Chasin’ Wild Horses
8. Sundown
9. Somewhere North of Nashville
10. Stones
11. There Goes My Miracle
12. Hello Sunshine
13. Moonlight Motel
14. Rhinestone Cowboy

I musicisti che suonano nell’album sono Patti Scialfa, che ha anche curato gli arrangiamenti delle armonie vocali di Soozie Tyrell, Lisa Lowell, Vaneese Thomas, e Surrenity XYZ, sempre dalla E Street Band Charlie Giordano a piano, organo e fisarmonica, i due chitarristi che fiancheggiano Bruce sono Marc Muller Ben Butler, impegnati anche al banjo, il secondo tastierista Rob Mathes, un terzo Henry Hey, Kevin Rastegar al basso e Gunnar Olsen alla batteria. Per la parte filmica Bruce si è avvalso alla regia del suo collaboratore storico Thom Zinny, mentre la parte audio è stata co-prodotta con Ron Aniello, e in fase mixaggio e masterizzazione da Bob Clearmountain Bob Ludwig. Visto che già ci era piaciuta la versione in studio attendiamo fiduciosi anche per la versione live.

Sempre lo stesso giorno esce anche il nuovo album di Van Morrison Three Chords & The Truth (una celebre frase coniata negli anni ’50 da Harlan Howard, per definire la country music): disco che era stato annunciato già da luglio, ma poi pareva scomparso dai radar, per riapparire puntuale nelle uscite di fine ottobre. Dai brani che ho ascoltato, dopo una serie di album, peraltro molto buoni, in cui il suono oscillava tra blues, jazz e R&B, mi sembra che l’irlandese con questo album ritorni al suo stile classico, quel Celtic Soul per l’ultima volta in tempi recenti frequentato nell’ottimo album Keep Me Singing del 2016. Quattordici canzoni nuove tutte scritte da Van (a parte If We Wait For Mountains, scritta insieme a  Don Black), per un totale di circa 70 minuti di musica. Il “solito” Van Morrison, quindi ottimo, particolarmente ispirato in occasione del suo 41° album, il sesto negli ultimi quattro anni, a conferma di un periodo di fervida ispirazione e la voce, manco a dirlo, è sempre splendida, come se per lui il tempo non passasse mai.

Nell’album appaiono Bill Medley dei Righteous Brothers che duetta con Morrison in Fame Will Eat The Soul Jay Berliner, il chitarrista che suonava in Astral Weeks e come al solito ecco la lista completa dei brani.

1. March Winds In Februrary
2. Fame Will Eat The Soul
3. Dark Night Of The Soul
4. In Search Of Grace
5. Nobody In Charge
6. You Don’t Understand
7. Read Between The Lines
8. Does Love Conquer All?
9. Early Days
10. If We Wait For Mountains
11. Up On Broadway
12. Three Chords And The Truth
13. Bags Under My Eyes
14. Days Gone By

Direi che per il momento è tutto, alla prossima.

Bruno Conti

Lo Springsteen Della Domenica: Un Boss “Californiano” Ad Alti Livelli! Bruce Springsteen – Western Stars

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Bruce Springsteen – Western Stars – Columbia/Sony CD

Raramente, almeno negli ultimi tempi, un album è stato dissezionato, criticato, esaltato o stroncato ben prima della sua uscita come Western Stars, nuovissimo lavoro di Bruce Springsteen. C’è da dire che la maggior parte dei commenti sono stati positivi, ma non sono state comunque risparmiate dure critiche, soprattutto per la veste pop delle canzoni, un suono giudicato da alcuni troppo gonfio ed appesantito da arrangiamenti orchestrali, e più in generale per il fatto che, in pratica, Bruce in questo disco “non fa Bruce” (ma che vuol dire? Allora anche The Seeger Sessions, un capolavoro, andrebbe ridiscusso…e poi per avere il classico Springsteen basta aspettare l’anno prossimo, dato che il rocker di Freehold ha già annunciato che pubblicherà un album con la E Street Band). Tra l’altro è stato Bruce stesso in un certo senso ad annunciare il cambiamento di Western Stars, affermando in sede di presentazione che aveva voluto fare un disco ispirato alla musica pop californiana a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, citando artisti come Glen Campbell e Burt Bacharach (ed io aggiungerei anche Jimmy Webb, Harry Nilsson e John Denver, anche se nessuno dei cinque è/era originario del Golden State), un tipo di influenza che nessuno pensava che il Boss avesse ma che è indubbiamente reale visto l’esito finale dell’album.

Sì, perché Western Stars a mio parere è un disco bello, in parecchi punti molto bello, e ci fa ritrovare un Bruce di nuovo in forma smagliante come autore di canzoni e come musicista in generale dopo qualche lavoro tentennante (come il raffazzonato High Hopes ed il deludente Working On A Dream). Certo, i brani sono più tendenti al pop che al rock, ma è un pop sontuoso ed arrangiato alla grande, con la produzione di Ron Aniello che evoca praterie sconfinate ed i paesaggi a cielo aperto che sono raffigurati nelle splendide foto di copertina e del booklet interno. Una musica decisamente cinematografica, con canzoni a tema western per quanto riguarda i testi ma meno per le musiche, che restano come dicevo ancorate allo stile pop che il nostro annunciava presentando il disco; i tanto vituperati arrangiamenti orchestrali sono quindi parte integrante di questo tipo di musica, ed a mio parere non sono affatto pesanti o fuori posto, ma anzi contribuiscono ad aumentare il pathos in parecchie canzoni, canzoni che il Boss esegue in maniera convinta e convincente (è chiaro e lampante che le “sente” particolarmente), usando in alcune di esse un range vocale decisamente melodico ed abbastanza inedito.

Bruce ed Aniello si occupano della maggior parte degli strumenti (chitarre, banjo, basso ed una lunga serie di tastiere come piano, celeste, mellotron ed organo e percussioni varie tra cui vibrafono e glockenspiel), e sono coadiuvati dalla moglie del Boss, Patti Scialfa, ai backing vocals insieme ad altri coristi (tra i quali “Sister” Soozie Tyrell), dall’altro E Streeter Charlie Giordano al piano e fisarmonica, dai batteristi Gunnar Olsen e Matt Chamberlain, da ben tre steel guitarists (Greg Leisz, Marty Rifkin e Marc Muller), dal noto percussionista Lenny Castro e addirittura dal pianista delle origini della E Street Band David Sancious. Oltre naturalmente alle già citate sezioni di archi e strumenti a fiato. La prima canzone, Hitch Hikin’, ha un inizio abbastanza tipico, con Bruce che canta in maniera distesa una melodia limpida, circondato da strumenti a corda: dopo circa un minuto entra l’orchestra ma con discrezione ed anzi aumentando la tensione emotiva: il brano si sviluppa tutto sulla stessa tonalità ed è tutt’altro che monotono, ma è al contrario dotato di un crescendo degno di nota. The Wayfarer è costruita un po’ sulla stessa falsariga, ma ha più soluzioni melodiche e ad un certo punto la strumentazione si arricchisce ed entra la sezione ritmica, con gli archi e i fiati che diventano protagonisti: pop di alta classe. Tucson Train vede in un certo senso il Boss che conosciamo, il brano è più rock, ci sono anche le chitarre elettriche ed il mood è trascinante: c’è l’orchestra anche qui, ma io non vedo male questo brano anche in ottica E Street Band, potrebbe diventare un classico delle future esibizioni dal vivo. Anche la title track è una ballata tipica del nostro, con atmosfere western (titolo a parte), una bella steel sullo sfondo e quell’atmosfera da colonna sonora cinematografica che Bruce aveva in mente; Sleepy Joe’s Café è solare e contraddistinta da una ritmica pimpante, con un motivo delizioso, orecchiabile e coinvolgente (e sentori di Messico), in pratica una delle più immediate del CD.

La tenue Drive Fast (The Stuntman) iniza per voce, piano e chitarra (ed orchestra, anche se più nelle retrovie), poi entrano gli altri strumenti ma il mood resta intimo e rilassato, Chasin’ Wild Horses è una slow ballad intensa e con accompagnamento scarno ma di grande impatto, con una splendida steel, un banjo ed il solito emozionante assolo orchestrale: molto bella anche questa. Sundown è stupenda, una pop song extralusso dotata di un eccellente ed arioso arrangiamento che evoca spazi aperti e cavalcate nelle praterie, uno dei pezzi in cui l’interazione tra il Boss, il gruppo e l’orchestra funziona meglio. Splendida anche Somewhere North Of Nashville, un toccante lento dalla melodia straordinaria ed accompagnato solo da chitarra, piano e steel, un pezzo breve ma con il dna dei classici springsteeniani; Stones è una rock ballad fluida e limpida dalla strumentazione ricca e coinvolgente, altra canzone che Bruce riprenderà sicuramente dal vivo in futuro, mentre There Goes My Miracle è una pop song grandiosa nell’arrangiamento e raffinata nell’interpretazione, con un’ottima prestazione vocale: se il Boss voleva evocare certa musica dei primi anni settanta, qui ci è riuscito alla perfezione. L’album volge al termine con Hello Sunshine (il primo singolo, gira già da alcuni mesi), una ballatona tra cantautorato e pop che richiama vagamente Everybody’s Talkin’, e con Moonlight Motel, un bozzetto acustico ideale per congedarci da un disco a mio parere quasi perfetto, specialmente se rapportato alle intenzioni originali del suo autore.

D’altronde se ad ascolto ultimato ho già voglia di rimetterlo da capo vorrà pur dire qualcosa.

Marco Verdi

Sta Tornando! Il 14 Giugno Arriva Il Nuovo Album Di Bruce Springsteen Western Stars

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Bruce Springsteen – Western Records – Columbia Records/Sony Music – 14-06-2019

Se ne parlava già di diverso tempo (le prime notizie erano uscite da circa tre anni), ma ora è ufficiale, il 14 giugno uscirà il nuovo album di Bruce Springsteen Western Stars, il diciannovesimo disco in studio della sua carriera, il primo dai tempi di High Hopes del 2014, ovviamente se non contiamo la raccolta Chapter And Verse e il doppio dal vivo Springsteen On Broadway. Per l’occasione Bruce ha registrato questo album senza l’aiuto della E Street Band: tredici nuove canzoni ispirate, come ha detto lui stesso (citando anche Glen Campbell, Jimmy Webb, Burt Bacharach) , dalla musica pop raffinata della California fine anni ’60, primi ’70, anche con l’uso di arrangiamenti “orchestrali”. Tra i musicisti spicca la presenza di Jon Brion, a celesta, Moog e Farfisa (arrangiatore, musicista e produttore di pregio, a lungo con Aimee Mann, ricordate la colonna sonora di Magnolia?, ma anche, tra i tanti, con Fiona Apple Rufus Wainwright), il ritorno di David Sancious, il primo tastierista della E Street Band, mentre tra i collaboratori recenti non mancano Soozie Tyrell Charlie Giordano. Il produttore Ron Aiello suona anche il basso, le tastiere e altri strumentali, mentre ovviamente non può mancare la moglie Patti Scialfa: ci sono anche altri musicisti, in totale una ventina suonano nel CD, ma i nomi non sono ancora stati rivelati.

Il disco è stato registrato nel suo studio casalingo nel New Jersey, mentre alcune parti sono state registrate tra la California e New York. Springsteen ha aggiunto «Questo lavoro è un ritorno alle mie registrazioni da solista con le canzoni ispirate a dei personaggi e con arrangiamenti orchestrali cinematici,è come uno scrigno ricco di gioielli». Per la serie chi si loda si imbroda: ma la nuova canzone Hello Sunshine, disponibile proprio da oggi in rete, sembra comunque promettente, e qualcuno ha già visto dei rimandi con il sound di Tunnel Of Love (e al sottoscritto ha ricordato anche certe sonorità di Harry Nilsson).

Ecco comunque la lista completa dei brani.

1. Hitch Hikin’
2. The Wayfarer
3. Tucson Train
4. Western Stars
5. Sleepy Joe’s Cafe
6. Drive Fast (The Stuntman)
7. Chasin’ Wild Horses
8. Sundown
9. Somewhere North Of Nashville
10. Stones
11. There Goes My Miracle
12. Hello Sunshine
13. Moonlight Motel

Che sia la volta buona? Vedremo.

Bruno Conti

Lo Springsteen Della Domenica: Divertimento Assicurato! Bruce Springsteen – Fair Grounds Race Course, New Orleans April 30, 2006

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Bruce Springsteen – Fair Grounds Race Course, New Orleans April 30, 2006 – live.brucespringsteen.net/nugs.net 2CD – Download

Eccoci per il consueto appuntamento con gli archivi live di Bruce Springsteen, che questa volta propongono il primo concerto in assoluto del Boss con la Seeger Sessions Band, quel fantastico ensemble che nel 2006 pubblicò il favoloso We Shall Overcome – The Seeger Sessions, uno strepitoso album nel quale Bruce andava a recuperare una serie di brani della tradizione popolare resi noti in passato dal grande Pete Seeger, arrangiando il tutto in maniera assolutamente coinvolgente, passando con disinvoltura dal folk al country al bluegrass all’old-time music. Questo live, più corto del solito (è “solo” doppio), rappresenta l’esordio assoluto dal vivo del Boss con questa band, soltanto sei giorni dopo l’uscita del disco, al New Orleans Heritage & Jazz Festival. Sul blog collegato al sito che vende in esclusiva i concerti di Bruce questa scelta è stata anche criticata, un po’ perché c’era già una valida testimonianza ufficiale del tour (lo splendido Live In Dublin, anche in DVD), ed anche perché il nostro è uno che entra in “forma Champions” man mano che la tournée procede, mentre all’inizio ci potrebbero essere problemi di rodaggio. Ebbene, all’ascolto di questo doppio album sembra che il gruppo fosse già in giro da mesi, tale è l’affiatamento, e se forse può essere condivisibile il fatto che il concerto di Dublino sia più completo, anche qui la goduria musicale tocca vette altissime: tra l’altro questa serata è sempre stata molto cara al Boss, in quanto la capitale della Louisiana si stava provando a rialzare proprio in quel periodo dopo i devastanti effetti dell’uragano Katrina.

Il concerto è quindi splendido, un concentrato irresistibile di suoni e colori, nel quali il nostro scava a fondo nelle proprie radici, ma lo fa con l’energia e la grinta tipica da rocker: io li avevo visti due volte, a Milano e Torino, e mi ricordo due dei concerti più divertenti di sempre, con il pubblico che cantava a squarciagola canzoni che avevano anche un secolo sulle spalle. Non sto a nominare tutti i componenti della band, ci vorrebbe una recensione a parte (compreso Bruce sono in venti), ma di sicuro non posso non citare la strepitosa sezione fiati di sei elementi guidata da Richie “La Bamba” Rosenberg, il violino di Sam Bardfeld, il banjo di Mark Clifford, il piano ed organo di Charlie Giordano (che di lì a breve sostituirà il povero Danny Federici nella E Street Band), e le vecchie conoscenze Patti Scialfa e Soozie Tyrell alle voci (la Tyrell anche al violino). Il primo CD è occupato quasi completamente dai brani di The Seeger Sessions, dalla scintillante apertura tra gospel e dixieland della straordinaria O Mary Don’t You Weep, perfetta per New Orleans, agli scatenati country-grass Old Dan Tucker, My Oklahoma Home e John Henry, tutti potenziati dai fiati così da creare un formidabile “wall of sound” di stampo roots, alla stupenda Jesse James, che parte come una vivace country song e termina con un suono degno della Preservation Hall Jazz Band. Non mancano le radici irlandesi del nostro, con la drammatica Mrs. McGrath (peccato però per l’assenza di Erie Canal), o il folk appalachiano Eyes On The Prize, davvero emozionante e con uno strepitoso intermezzo dixieland; l’unica canzone appartenente al passato del Boss è Johnny 99, in una strana versione funkeggiante a mio parere non molto riuscita (preferisco quando la suona con gli E Streeters, puro rock’n’roll).

Il primo dischetto si chiude con tre brani di matrice gospel: la maestosa How Can A Man Stand Such Times And Live?, con l’arrangiamento più “rock” della serata, l’irresistibile Jacob’s Ladder, dal crescendo continuo, ed una rilettura lenta e toccante dell’inno We Shall Overcome, il brano più noto dell’intero progetto. Il secondo CD, solo sei canzoni, inizia con una travolgente versione boogie-woogie in stile big band (alla Brian Setzer) di Open All Night, uno degli highlights dello show, con una prestazione monstre della sezione fiati e del pianoforte, subito seguita dalla altrettanto irresistibile Pay Me My Money Down, perfetta per il singalong con il pubblico (me la ricordo ancora al Forum di Assago, ballava anche il servizio d’ordine). Pausa di riflessione con la splendida My City Of Ruins (dedicata a New Orleans), molto vicina all’originale e tra le più applaudite, e poi la festa riprende con il country-dixieland Buffalo Gals, divertimento puro, ed una You Can Look (But You Better Not Touch) quasi irriconoscibile, tra swing e cajun. Essendo nella “Big Easy”, il finale con una commovente e lenta When The Saints Go Marching In, uno degli inni della città, è perfetto, e chiude alla grande un altro episodio imperdibile di questa benemerita serie di concerti.

Già pregusto il prossimo della serie (che dovrei ricevere a giorni), che ci riporterà negli anni settanta, con uno degli show che hanno contribuito a costruire la leggenda di Bruce come performer.

Marco Verdi