Tre Annate Diverse, Ma Lo Stesso Godimento! Jerry Garcia Band – Electric On The Eel

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Jerry Garcia Band – Electric On The Eel – ATO 6CD Box Set (+ Bonus CD “Acoustic On The Eel”)

Sospesa momentaneamente la serie Garcia Live, ecco un nuovo album dal vivo che vede protagonista la Jerry Garcia Band, e questa volta sono state fatte le cose in grande. Electric On The Eel è infatti un box sestuplo che presenta ben tre concerti completi del gruppo capitanato dal leader dei Grateful Dead, registrati rispettivamente nelle estati del 1987, 1989 e 1991 nella medesima location, cioè al French’s Camp presso il fiume Eel vicino a Piercy, una suggestiva località californiana in mezzo ai boschi non lontana da dove sorge la Hog Farm, cioè la più grande comune hippie d’America: anzi, questi concerti erano stati organizzati proprio per raccogliere fondi da destinare a quella comunità, per iniziativa di Bill Graham e di quel vecchio fricchettone di Wavy Gravy. In quel periodo Garcia, dopo i gravi problemi di salute della metà degli anni ottanta, era tornato più in forma che mai e dal vivo era una garanzia, sia che si esibisse coi Dead che con il suo gruppo, ed in questi tre show ci troviamo di fronte ad un crescendo continuo: ottimo quello del 1987, eccellente quello del 1989, splendido quello del 1991.

La band è la stessa in tutte e tre le date: Melvin Seals alle tastiere, vero alter ego di Jerry (tranne quando si sposta al synth), John Kahn al basso, David Kemper alla batteria ed i contributi vocali di Gloria Jones e Jacklyn LaBranch; la struttura è quella tipica degli spettacoli di Garcia solista, cioè una piccola selezione di brani originali ed una grande maggioranza di cover. La differenza sostanziale con i Dead, ma anche con la JGB degli anni settanta, è che questi concerti sono più basati sulle canzoni e meno sulle jam, con il risutato di avere più brani del solito e con durate più limitate (anche se stiamo comunque parlando di pezzi che vanno in media dai cinque ai dieci minuti). E, oltre alla bravura straordinaria di Jerry che è ormai assodata (ma non sottovaluterei l’apporto della band, che fornisce un suono compatto e solido), ci sono anche diverse sorprese in scaletta, soprattutto nella serata del 1991; ovviamente non mancano le ripetizioni (alcuni brani in due serate, alcuni in tutte e tre), anche se va detto che Garcia era uno di quelli che non suonava mai lo stesso pezzo due volte allo stesso modo.

CD 1-2, 29/08/87: che Garcia sia in forma lo capiamo sin dalle prime note della guizzante How Sweet It Is (To Be Loved By You) (Marvin Gaye), in cui il nostro ci fa sentire da subito il suono sublime della sua chitarra (ma Seals non è da meno all’organo), ed anche dal punto di vista vocale è in buona forma, cosa non scontata. Solo tre brani vengono dal repertorio di Jerry, la pimpante Run For The Roses, la sempre trascinante Deal e la rara Gomorrah; tre anche gli omaggi all’amico Bob Dylan, con una splendida Forever Young, cantata forse con qualche sbavatura ma con un paio di assoli celestiali, una solida I Shall Be Released ed una lunga e liquida Tangled Up In Blue posta in chiusura di serata. Altri highlights sono una bellissima And It Stoned Me, uno dei capolavori di Van Morrison, una breve ma ficcante Evangeline (Los Lobos), l’omaggio al reggae con The Harder They Come di Jimmy Cliff, grande canzone nonostante io non ami il genere, ed il momento rock’n’roll con una torrida Let It Rock di Chuck Berry, in cui Jerry fa quello che vuole con il suo strumento.

CD 3-4, 10/07/89: qui Jerry e la band sono anche più in forma di due anni prima, e lo dimostrano subito con una vibrante I’ll Take A Melody (Allen Toussaint), dieci minuti suonati con classe (peccato il synth nel finale); qui i brani scritti da Garcia sono quattro, le “ripetizioni” di Run For The Roses e Deal, la nota They Love Each Other e Mission In The Rain, in una delle versioni più fluide mai sentite. C’è ancora I Shall Be Released di Dylan, ma è una rilettura magnifica, forse la migliore di sempre per quanto riguarda Garcia, e risulta gradevolissima anche Stop That Train di Peter Tosh (Jerry riusciva a farmi piacere anche il reggae). Detto di una rara I Hope It Won’t Be This Way Always, un oscuro brano degli Angelic Gospel Singers, gli altri pezzi da novanta del concerto sono la sempre bellissima Waiting For A Miracle di Bruce Cockburn, una vigorosa ripresa di Think (Jimmy McCracklin, non il classico di Aretha Franklin dallo stesso titolo), che vede il nostro perfettamente a suo agio anche con il blues, e soprattutto una monumentale Don’t Let Go (Jesse Stone) di 14 minuti, con una performance chitarristica incredibile da parte di Mr. Captain Trips.

CD 5-6, 10/08/91: il concerto più breve dei tre, ma anche quello con la setlist più rivoluzionata e con diverse sorprese, oltre ad essere in assoluto quello che vede i nostri in forma migliore, cosa che si capisce immediatamente con la scintillante The Way You Do The Things You Do (The Temptations) in apertura, e con la sempre grandissima And It Stoned Me subito dopo: raramente Jerry ha cantato così bene. Dicevo delle rarità in scaletta, a partire con l’altro omaggio a Berry con una spettacolare You Never Can Tell (conosciuta anche come C’Est La Vie), rock’n’roll allo stato puro contraddistinto dalle magiche evoluzioni chitarristiche del leader ed il gruppo che è un treno lanciato. Ma la maggior parte delle sorprese sono nella seconda parte (e c’è in tutto lo show un solo pezzo di Jerry, la solita Deal), a cominciare da un doppio omaggio a Eric Clapton con una potente Lay Down Sally e la meno nota See What Love Can Do (scritta da Jerry Lynn Williams, era su Behind The Sun), per poi proseguire con la splendida Twilight dal repertorio di The Band ed un gran finale con Lazy Bones di Hoagy Carmichael, dal sapore antico e con Jerry che canta in maniera quasi confidenziale, e con il grande classico soul Everybody Needs Somebody To Love, in versione leggermente rallentata ma con Garcia che suona in maniera divina. Con le prime copie di Electric On The Eel (da accaparrarsi in pre-ordine, cosa che ho fatto) veniva dato in omaggio un ulteriore CD, ora purtroppo esaurito, intitolato Acoustic On The Eel, che prendeva in esame uno show unplugged registrato nell’agosto del 1987 dalla versione acustica della JGB, con una formazione che conservava solo Jerry alla chitarra e Kahn al basso, ed aggiungeva il vecchio amico David Nelson alla seconda chitarra e Sandy Rothman al banjo, dobro e mandolino. Ed il CD è, manco a dirlo, davvero stupendo, con cristalline versioni tra folk, country e bluegrass di classici della tradizione come I’ve Been All Around This World, Little Sadie e I’m Troubled, vecchi blues rivisti alla maniera folk come Deep Elem Blues, Oh Babe It Ain’t No Lie (Elizabeth Cotton) e Spike Driver Blues (Mississippi John Hurt), oltre ad un paio di classici dei Dead del calibro di Friend Of The Devil e Ripple.

Ma se non ce l’avete fatta a fare vostro anche il dischetto acustico, direi che Electric On The Eel può bastare a regalarvi quasi sei ore di puro godimento musicale.

Marco Verdi

Una Delle Migliori Annate Per Il Capitano Jerry! Jerry Garcia Band – Garcia Live Volume 10

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Jerry Garcia Band – Garcia Live Vol. 10: Hilo Civic Auditorium, Hilo, HI May 20th 1990 – ATO 2CD

Gli anni a cavallo fra gli ottanta e i novanta sono stati tra i migliori per Jerry Garcia a livello di performer: in quel periodo infatti il nostro ha pubblicato uno dei più riusciti album dal vivo con i Grateful Dead, senza contare ovviamente quelli postumi (Without A Net, 1990) ed il suo più bel live in assoluto come solista (Jerry Garcia Band, 1991). Questo decimo volume della serie Garcia Live si rivolge proprio a quel periodo ed è, manco a dirlo, tra gli episodi migliori. Registrato il venti Maggio del 1990 nell’insolita location di Hilo, nelle Hawaii, questo doppio CD vede Jerry in forma davvero strepitosa, sia dal punto di vista strumentale (ma questa non è una novità, dato che stiamo parlando di uno dei più grandi chitarristi del secolo scorso) sia da quello vocale (e questo non era scontato, dato che il canto è spesso stato il suo tallone d’Achille). La band che lo accompagna, poi, è formidabile, una delle migliori incarnazioni della JGB: guidata dal bravissimo organista Melvin Seals, vero co-leader del gruppo, vede il fido John Kahn al basso, David Kemper (in futuro nella road band di Bob Dylan) alla batteria, e le ottime Gloria Jones e Jacklyn LaBranch ai cori.

Il doppio CD, registrato tra l’altro in modo perfetto, è anche più godibile di altri in quanto Jerry ed i suoi eseguono molte più canzoni del solito (ben 18), lasciando un po’ meno spazio alle jam chilometriche, e favorendo quindi maggiormente il piacere dell’ascolto (infatti i brani più lunghi non superano i dieci minuti, che per Garcia sono pochissimi). Come d’abitudine Jerry preferisce lasciare in secondo piano il suo repertorio solista, ignorare completamente quello dei Dead, e concentrarsi principalmente sui pezzi altrui; quella sera è Dylan a farla da padrone come autore, con ben cinque canzoni: la poco nota Tough Mama, che Jerry fa sua con un paio di assoli formidabili, una straordinaria Knockin’ On Heaven’s Door, tra le più belle mai proposte dal nostro, profonda ed emozionante (nonostante un fastidioso assolo di tastiera elettronica nella parte centrale), una lunga e distesa Forever Young, in cui Jerry canta benissimo, l’intensissima Tears Of Rage ed una scoppiettante Tangled Up In Blue, posta a chiusura del concerto. Il Garcia autore è rappresentato solo in tre occasioni: They Love Each Other, una liquida ballata che negli anni è diventata un classico anche per i Dead, la solare e godibile Run For The Roses e la pimpante Deal, tra i suoi brani più diretti di sempre, con la solita inimitabile prestazione chitarristica.

Il piatto forte sono comunque le cover di vario genere, con un predominio per il soul/errebi, con la splendida How Sweet It Is di Marvin Gaye, che apre la serata e con Garcia e Seals che si fronteggiano alla pari, una fluida Like A Road Leaving Home di Don Nix e Dan Penn, dal caldo suono sudista e con una parte strumentale eccezionale, una delle più riuscite dello show, e le classiche The Way You Do The Things You Do dei Temptations, con un insolito arrangiamento reggae, e My Sisters And Brothers, un successo per i Sensational Nightingales, decisamente coinvolgente. Poi c’è un po’ di reggae (The Harder They Come di Jimmy Cliff, sontuosa, e Stop That Train di Peter Tosh), un irresistibile rock’n’roll (Tore Up Over You di Hank Ballard, inferiore però alla versione di studio in cui Jerry era affiancato dal grande Nicky Hopkins, che giganteggiava al pianoforte), e chicche come una frizzante rivisitazione della strepitosa Evangeline dei Los Lobos, dal sapore rock-gospel, e due solide riletture della bella Waiting For A Miracle (Bruce Cockburn) e del classico evergreen That Lucky Old SunJerry Garcia era uno che raramente dal vivo tradiva, e se anche in questa serie Garcia Live c’è stato qualche episodio meno brillante, questo decimo volume lo vede davvero in serata di grazia.

Marco Verdi

Uno Dei Migliori Volumi Della Serie! Jerry Garcia Band – Garcia Live Volume 8

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Jerry Garcia Band – Garcia Live Volume 8: November 23rd 1991, Bradley Center – ATO 2CD

Il doppio CD uscito nel 1991 intitolato semplicemente Jerry Garcia Band (quello con in copertina un dipinto raffigurante una sala da concerto su sfondo grigio, da anni fuori catalogo) a mio parere non è solo una delle cose migliori mai messe su disco da Jerry Garcia (Grateful Dead compresi), ma uno dei migliori album dal vivo degli anni novanta. Questo ottavo volume della serie Garcia Live, da poco uscito, prende in esame un concerto tratto dalla stessa tournée (avvenuto al Bradley Center di Milwaukee, circa un anno dopo il concerto del live del 1991, che era stato inciso al Warfield di San Francisco) e con la stessa formazione: in quel periodo Jerry era al massimo della forma, e suonava come forse non aveva mai fatto in carriera, un misto di creatività, esperienza e maturità che lo rendevano un musicista inimitabile (e non erano ancora rispuntati i problemi di salute che lo avrebbero portato alla morte dopo solo quattro anni); in più, la JGB era una formazione a prova di bomba, in grado di suonare davvero qualsiasi cosa, e con una scioltezza incredibile: oltre alla chitarra del leader, abbiamo due vecchi compagni di viaggio come il grande Melvin Seals all’organo (e, ahimè, qualche volta ai synth) ed il bassista John Kahn, mentre alla batteria c’è l’ottimo David Kemper, di lì a qualche anno nella touring band di Bob Dylan, oltre ai cori soulful di Jacklyn LaBranch e Gloria Jones, utilissimi ad aiutare la voce di Jerry, da sempre il suo unico tallone d’Achille.

E questo ottavo volume della benemerita serie di concerti live di Jerry è indubbiamente uno dei migliori della serie, forse addirittura il migliore, gareggiando in bellezza con il già citato doppio del 1991: ci sono alcune canzoni in comune (ma si sa che Garcia non suonava mai lo stesso brano due volte allo stesso modo), ma anche alcune sorprese che rendono più appetitoso il piatto. Lo show è strutturato nel modo tipico dei concerti di Jerry, cioè qualche brano tratto dai suoi album solisti, diverse cover e nessun brano dei Dead: la differenza poi la fa la qualità della performance, nella fattispecie davvero eccellente. Il primo dei due CD (incisi come sempre in maniera perfetta) si apre con Cats Under The Stars, forse non tra le migliori composizioni di Jerry, ma che serve come riscaldamento (più di nove minuti, all’anima del riscaldamento…) e con il nostro che ci fa sentire da subito che la sua chitarra in quella sera farà faville; They Love Each Other è una canzone migliore, più simile allo stile dei Dead, tersa e godibile (peccato per quelle tastiere elettroniche), con un leggero tempo reggae che non guasta. Il concerto entra nel vivo con la prima sorpresa: Lay Down Sally, uno dei pezzi più popolari di Eric Clapton, in una versione sontuosa, con il laidback tipico del Manolenta degli anni settanta, ritmo spedito e la chitarra spaziale di Jerry a dare il sigillo con i suoi assoli stratosferici (e stiamo parlando di un brano di Clapton, non certo un pivellino); The Night They Drove Old Dixie Down è una delle grandi canzoni del songbook americano (canadese per la precisione) e questa rilettura è molto diversa dall’originale di The Band, più lenta, decisamente fluida e dal grandissimo pathos strumentale (Jerry qui ha qualche difficoltà a restare intonato), con Seals che tenta di eguagliare in bravura il suo leader e quasi ci riesce.

Reuben And Cherise è gradevole e con il tipico Garcia touch nella melodia (quelle tastiere però…) e prelude ad un trittico da favola formato da Money Honey (di Jesse Stone), roccata e trascinante, con Jerry che suona in modo divino e Melvin che si conferma una spalla perfetta, la vivace e breve (“solo” quattro minuti) My Sisters And Brothers, dal sapore errebi-gospel (era una hit dei Sensational Nightingales) e la splendida Deal, una delle migliori canzoni del Garcia solista, stasera eseguita in maniera stellare. Il secondo dischetto è ancora meglio, ed inizia con una rarissima Bright Side Of The Road, uno dei classici di Van Morrison, in una versione strepitosa, suonata in modo rispettoso ma con una verve chitarristica che l’originale non aveva: Jerry canta bene ed il brano ne esce ulteriormente abbellito. Segue un’altra grande canzone, Waiting For A Miracle di Bruce Cockburn, che Jerry rivolta come un calzino rendendola sua al 100%, con la band che segue compatta. Think non è il noto successo di Aretha Franklin, bensì un oscuro blues di Jimmy McCracklin, molto classico, ed anche il Jerry bluesman funziona alla grande, con un lungo assolo di una liquidità impressionante (e vogliamo parlare dell’organo?); Shining Star è una soul ballad originariamente dei Manhattans, lunga, dilatata, limpida e suonata con classe sopraffina, tredici minuti di puro godimento, mentre Ain’t No Bread In The Breadbox è un pezzo di Norton Buffalo che Jerry e compagni intrepretano in maniera decisamente vitale. Il concerto si chiude con due classici: That Lucky Old Sun è uno standard interpretato negli anni da mille artisti diversi, ed il nostro la personalizza con il suo solito mestiere, rallentandola e tirando fuori il meglio dalla nota melodia, mentre il finale è appannaggio di un brano di Dylan, un autore che nei concerti di Garcia non mancava mai: Tangled Up In Blue è il pezzo scelto, altri undici minuti di grande musica, con il solito suono compatto e fluido allo stesso tempo del gruppo e le due coriste che aggiungono pepe alla nota melodia.

So che tra Grateful Dead e Jerry Garcia solista il mercato negli ultimi tre anni è stato letteralmente invaso di nuove pubblicazioni, ma questo Volume 8 fa parte certamente di quelle da accaparrarsi.

Marco Verdi