Finalmente Fuori Dall’Anonimato! Tim Easton – American Fork

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Tim Easton – American Fork – Last Chance CD

Nativo dello stato di New York, cresciuto in Ohio ed oggi residente a Nashville, tutto si potrà dire di Tim Easton tranne che non abbia fatto la gavetta. Infatti, ben prima di incidere il suo album di debutto nel 1998, Tim ha girato mezza Europa, da Londra a Parigi finendo nella Repubblica Ceca (e passando anche dall’Italia) facendo il busker, cioè il suonatore ambulante. Una vita dura, che però ha forgiato il suo carattere e lo ha fatto crescere molto dal punto di vista professionale. Tornato in America, Easton ha pubblicato nell’ultimo ventennio una decina di album, otto da solista e due come componente del trio Easton, Stagger & Phillips. Si è sempre mantenuto indipendente (ma ha inciso anche per la New West, e la Blue Rose in Europa per i dischi in trio), e ha portato avanti negli anni con molta coerenza un percorso musicale a base di vero rock cantautorale, con elementi pop, folk, alternative country e blues nel suono, ed influenze decisamente eterogenee (da Elmore James a Doc Watson passando per i Rolling Stones), e, anche se si è sempre mantenuto ad un livello discreto, non ha mai fatto il disco che spiccava sugli altri: album piacevoli sì, in alcuni casi anche più diretti di altri (come Not Cool del 2013), ma forse senza quel quid che lo facesse emergere dalla massa.

American Fork, il suo nuovo CD (il nono da solista) cambia però le carte in tavola, in quanto si dimostra fin dalle prime note un lavoro più riuscito, con un artista decisamente più convinto ed una serie di canzoni più rock del solito e senza grandi sbavature: un disco molto diretto e compatto, solo otto canzoni per poco più di mezz’ora di musica, ma proprio per questo senza momenti di stanca. Tim è accompagnato da pochi ma validi strumentisti, tra i quali spiccano Russ Pahl alla steel (gia con John Hiatt e Ray LaMontagne) e l’eclettico Robbie Crowell che suona dall’organo al piano al sassofono, mentre Tim stesso si occupa di tutte le parti di chitarra e della produzione (insieme a Patrick Damphier), oltre che naturalmente del songwriting. Che la musica sia cambiata lo si capisce subito dall’iniziale Right Before Your Own Eyes, una rock ballad molto classica guidata da chitarre e piano elettrico, con un bel refrain ed il sax a dare più colore al suono: Tim canta con voce chiara e sicura e mette in chiaro che questo disco può essere quello buono. Killing Time è una ballata molto melodica, con un drumming pressante ed una steel che la rende delicatamente country, un brano intenso nobilitato da un buon ritornello che vede la partecipazione di un coro femminile.

Elmore James ha un titolo che fa pensare subito al blues, ma in realtà è più un boogie dal sapore southern, con un motivo fluido ed ottimi interplay tra chitarra e piano, ed un finale in crescendo. Forse è più blues Gatekeeper, anche se strettamente imparentata col rock, un pezzo sporco ed insinuante, dominato da una slide acustica e con un’atmosfera minacciosa, mentre Burning Star è un bellissimo slow crepuscolare con voce, piano, steel e poco altro, servito da una delle migliori melodie del CD, una canzone avvolgente e toccante, che ci mostra la crescita del nostro come autore. La mossa Alaskan Bars, Part 1 è ancora tra rock’n’roll, boogie e blues, un pezzo diretto, chitarristico e, perché no, coinvolgente, mentre Now Vs. Now sposta di nuovo il disco su territori più rarefatti, per un’altra ballata di spessore, dall’arrangiamento classicamente anni settanta, con il piano come strumento guida.Il CD si chiude con la tenue e suggestiva On My Way, un brano costruito intorno a voce e chitarra, appena sfiorato da una steel nel buio e con la sezione ritmica che entra dopo quasi due minuti. Forse Tim Easton non sarà la next big thing, in quanto non è esattamente un esordiente (50 anni già compiuti) e forse il treno lo ha perso già da tempo, ma American Fork è un disco capace di regalare emozioni, e questo basta ed avanza.

Marco Verdi