Blues “Bianconero” Elettrico, Vivo E Pulsante Come Pochi! The Big Sound Of Lil’ Ed & The Blues Imperials

lil' ed and the blues imperials the big sound

Lil’ Ed & The Blues Imperials – The Big Sound Of Lil’ Ed & The Blues Imperials – Alligator/Ird

Nove album in trenta anni di carriera (più due come solista a nome Lil’ Ed Williams, pubblicati a metà degli anni ’90, quando aveva sciolto momentaneamente la band) non sono forse un bottino cospicuo per il gruppo di Chicago, Illinois, la patria del blues: ma questi dischi si sono sempre, e dico sempre, segnalati per la loro consistenza, una micidiale miscela di classico blues elettrico urbano (imparato da JB Hutto, zio dei fratellastri Ed Williams, la chitarra solista e James Young, il bassista), furiose cavalcate in stile slide di Ed, che è un vero virtuoso del bottleneck, tirati boogie e selvaggi R&R, il tutto condito da una grinta e da una “ferocia” inconsuete per una formazione come Lil’ Ed The Blues Imperials, che in fondo pratica le 12 battute in modo anche rigoroso! Il piccolo chitarrista della Windy City, sempre con l’inseparabile fez in testa, ad aumentarne l’altezza che la natura gli ha conferito, da cui il nomignolo, si avvale come sempre anche del settore bianco della band, il poderoso batterista Kelly Littleton e il secondo chitarrista Michael Garrett, sempre pronto a scatenare con Williams furibonde scariche di blues elettrico. Questa volta è della partita con loro anche Sumito “Ariyo” Ariyoshi (!), virtuoso nipponico delle tastiere, da parecchio in azione nella scena locale di Chicago.

Come si diceva all’inizio, gli album del quartetto hanno mantenuto negli anni una qualità sempre elevata, come dicevo anche in riferimento al precedente Jump Start del 2012 http://discoclub.myblog.it/2012/06/17/piccolo-ma-tosto-lil-ed-and-the-blues-imperials-jump-start/ , ma mi sembra che questo The Big Sound alzi il livello di una ulteriore tacca: prendiamo la sequenza centrale che si apre con una fantastica e minacciosa Black Diamond Love, dove la voce poderosa di Williams (un altro degli atout del gruppo) si arrampica su di un groove consistente, dove il piano di Ariyoshi sostiene la slide di Lil’ Ed che comincia ad arrotare l’aria con una intensità inusuale, sulle scariche marziali della batteria di Littleton, a seguire una frenetica Whiskey Flavored Tears, una perfetta confezione sonora dove la slide fiammeggiante rievoca pensieri dei fasti del miglior Johnny Winter, per non parlare di Hound Dog Taylor o del maestro assoluto Elmore James. A completare il trittico uno slow blues fenomenale e torrenziale come I’ll Cry Tomorrow,  giuro che la prima volta che l’ho sentito mi ha fatto quasi ribaltare sulla sedia, un pezzo degno del miglior Buddy Guy, con una serie di interventi magnifici di entrambi i solisti e la voce imperiosa di Williams a guidare il gruppo nella quintessenza del miglior blues, brano veramente fantastico, vorresti che non finisse mai.

E comunque anche il resto del CD non scherza: dalla iniziale Giving Up On Your Love, una scarica di adrenalina, tra blues, soul e rock, tirata ed imperiosa, subito con la chitarra a disegnare linee soliste limpide e toste, blues puro e non adulterato di rara potenza, seguito dal gagliardo shuffle, ancora con uso di slide, di Raining In Paris o da una poderosa Poor Man’s Song, tirata e con un giro di basso che ti colpisce allo stomaco. mentre la chitarra costruisce le sue linee soliste, degne dei migliori prodotti a firma Alligator. Altro ottimo shuffle è Shy Voice, funky e con bottleneck sempre pronto alla bisogna, poi, dopo la sequenza centrale già descritta, si prosegue con Is It You?, di nuovo funky ed accattivante, il boogie/roll frenetico di I’m Done, di nuovo con quel bottleneck irrefrenabile e ancora un grande mid-tempo dall’atmosfera intensa ed avvolgente come la splendida Deep In My Soul, dove si apprezzano anche il piano accarezzato da Ariyoshi e l’eccellente lavoro di Young al basso. Ancora la slide che scivola con libidine nella classica I Want It All, seguita da una I Like My Hot Sauce Cold dove sembra di ascoltare i Canned Heat degli inizi, con il basso che pompa di brutto, mentre la chitarra slide delizia i nostri padiglioni auricolari una volta di più. Troubled World è l’altro blues lento, un brano che ha agganci quasi con le cavalcate di Stevie Ray Vaughan e Hendrix, tra blues e rock, in ogni caso intenso e splendido. A concludere il disco, sicuramente uno dei migliori in ambito blues elettrico classico del 2016, Green Light Groove, due minuti e mezzo di divertente e frenetico R&R.

Bruno Conti