Christy Moore Una Vera Leggenda Irlandese, Parte II

christy moore 6

LONDON, ENGLAND - JUNE 18: Irish folk singer Christy Moore performs on stage during day one of Feis Festival 2011 at Finsbury Park on June 18, 2011 in London, United Kingdom. (Photo by Simone Joyner/Redferns)

LONDON, ENGLAND – JUNE 18: Irish folk singer Christy Moore performs on stage during day one of Feis Festival 2011 at Finsbury Park on June 18, 2011 in London, United Kingdom. (Photo by Simone Joyner/Redferns)

Seconda parte.

A questo punto lasciamo i detours e torniamo alla lunghissima carriera solista del nostro, magari più condensata, visto che i primi album sono ben rappresentati in Early Years 1969-1981 Eravamo rimasti a metà anni ‘70, quando esce

Christy Moore Whatever_Tickles_Your_Fancy

Whatever Tickles Your Fancy – 1975 Polydor **** Uno dei suoi dischi migliori, suono elettrico con la chitarra di Jimmy Faulkner in bella evidenza, ben sette brani sono contenuti in Early Years, mancano solo la lunga e bellissima Van Diemen’s Land e Bunch Of Thyme.

Christy Moore ChristyMoore_ST1976

Christy Moore – 1976 Polydor **** Altro disco importante, senza basso e batteria, pure questo rappresentato quasi integralmente nella antologia, forse manca solo Scariff Martyrs https://www.youtube.com/watch?v=Ygr0V71O61E .

Christy Moore Iron_behind_velvet

The Iron Behind The Velvet – 1978 Tara ***1/2 con cinque brani nel recente triplo , mancano parecchie canzoni delle 12 di questo album, però riportate in versione dal vivo nel DVD contenuto nella confezione.

Chrsty Moore Liveindublin

Live In Dublin – 1978 Tara ***1/2 Lo stesso anno esce questo disco dal vivo, registrato in trio con Donal Lunny e Jimmy Faulkner, cinque pezzi vengono estratti per l’antologia rimasterizzata, forse avrebbe meritato anche Pretty Boy Floyd di Woody Guthrie https://www.youtube.com/watch?v=rcpyEPH–tc

H_Block_Album_by_Various_Irish_Folk_Artists

E ancora lo stesso anno esce la compilation antinucleare di artisti vari H-Block con 90 Miles From Dublin, una delle rare composizioni di Christy di quegli anni https://www.youtube.com/watch?v=W6BWiTVEhcM .

ChristyMooreAndFriends

E nel 1981 viene pubblicato Christy Moore And Friends dalla RTE, l’emittente di stato irlandese, con canzoni di Planxty, Stockton’s Wings, Ralph McTell e Mary Black, registrate dal vivo https://www.youtube.com/watch?v=I9L83z03C6w .

Gli Anni Warner 1983-1989

Dopo i due dischi con i Moving Hearts, Moore pubblica cinque/sei album per la WEA negli anni ‘80 che sanciscono la sua trasformazione in cantautore fatto e finito.

ChristyMooreTheTimeHasCome

The Time Has Come – 1983 WEA Ireland ***1/2 Registrato in coppia con Donal Lunny, contiene ben sei canzoni firmate da Christy https://www.youtube.com/watch?v=z90z6Z3-gDc , oltre a All I Remember di Mick Hanly, Section 31 di BarryMoore/Luka Bloom, Go Move Shift di Ewan MacColl e una nuova versione di Sacco And Vanzetti di Woody Guthrie. L’anno successivo esce quello che viene comunemente ritenuto uno dei suoi capolavori assoluti.

Christy Moore Ride On

Ride On – 1984 WEA Ireland ****1/2 Con la presenza fissa di Declan Sinnott a chitarre acustiche e violino, oltre a Lunny, il disco contiene la title track, una delle sue più belle canzoni di sempre https://www.youtube.com/watch?v=y6TSG-TRs_c , anche se porta la firma del grande Jimmy MacCarthy, brano poi registrato da decine di artisti nel corso degli anni, splendida la versione di Mary Coughlan https://www.youtube.com/watch?v=ftU2euHhLM8 , inoltre due a firma dello stesso Moore, come Lisdoonvarna e Viva La Quinta Brigada, tuttora nel suo repertorio live, nonché The City Of Chicago del fratello Barry, che poi la inciderà molti anni dopo come Luka Bloom, e due di Bobby Sands, il membro dell’IRA morto in prigione nel 1981, una Back Home In Derry insieme a Gordon Lightfoot https://www.youtube.com/watch?v=vMu6CNyn24o .

Christy Moore Ordinary551

Ordinary Man – 1985 WEA ***1/2 Un filo inferiore al precedente, ma con una strumentazione molto più ricca, contiene la celebre Delirium Tremens https://www.youtube.com/watch?v=7WyWTmYINfs  e, tra le migliori The Reel in the Flickering Light https://www.youtube.com/watch?v=_VSVzCsiI4w  e Quiet Desperation, oltre a St. Brendan Voyage.

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The Spirit Of Freedom – 1986 WEA *** dico benefico registrato nel 1983 per raccogliere fondi per i prigionieri politici, contiene le due canzoni di Bobby Sands.

ChristyMoore_UnfinishedR

Unfinished Revolution – 1987 WEA ***1/2 Album acustico prodotto da Donal Lunny, contiene The Other Side e The Bridge, scritte da Moore, oltre alla bellissima Biko Drum e la title track https://www.youtube.com/watch?v=qa3n0lu3AIM , nonché una ottima cover di A Pair Of Brown Eyes di Shane MacGowan dei Pogues https://www.youtube.com/watch?v=ARijcpeWRbo .

ChristyMoore_Voyage

Voyage – 1989 WEA **** l’ultimo album ad uscire negli anni ‘80 per la Warner, prodotto ancora da Donal Lunny, di nuovo con una strumentazione ricca e la presenza di svariati ospiti: Elvis Costello in Missing You https://www.youtube.com/watch?v=bCafNgZIgW4 , oltre ad essere l’autore di The Deportees Club, Sinead O’Connor in due canzoni, The Mad Lady And Me https://www.youtube.com/results?search_query=christy+moore+voyage+lady  e Middle Of The Island, oltre a Mary Black (se Christy è il re del folk irlandese, lei è la regina) che duetta in The Voyage https://www.youtube.com/watch?v=CkRSzhTeF34 . Eccellente anche una struggente versione di The First Time I Ever Saw Your Face https://www.youtube.com/watch?v=UK6qO0u7j-Y .

Gli Anni Della Consacrazione 1999-2020

Christy Moore Smoke_and_Strong_Whiskey

Smoke And Strong Whiskey – 1991 Newberry/Sony *** non un brutto disco ma con una produzione atratti fin troppo “esagerata” di Walter Samuel e Avert Abbing, che impiegano complessivamente ben sedici musicisti nell’album, tra i quali Sharon Shannon e Davy Spillane, oltre a Declan Sinnott e Eoghan O’Neill del giro Moving Hearts, comunque ci sono ben sei canzoni scritte dal nostro, quasi un record. In ogni caso spiccano Welcome To the Cabaret e una bella versione di Fairytale Of New York dell’amico Shane MacGowan https://www.youtube.com/watch?v=Fi1EIyss4YI .

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King Puck – 1993 Equator/Newberry ***1/2 Torna Donal Lunny alla produzione, c’è una ottima nuova versione di Before The Deluge di Jackson Browne https://www.youtube.com/watch?v=CwUP-9l6-8I e addirittura sette belle canzoni firmate da Moore, tra cui una lunghissima (13 minuti) e discorsiva Me And The Rose https://www.youtube.com/watch?v=0-xGLoV7DIQ , che poi diventerà un must delle sue elucubrazioni con il pubblico durante i concerti con conseguente sing-along.

Christy Moore Liveatthepoint

Live At The Point – 1994 Grapevine **** Dal vivo, si sa, Moore è una vera forza della natura ed in particolare in questo album, il primo dopo circa quindici anni. Il disco venne registrato in 12 diverse serate davanti a 50.000 persone complessivamente e ci presenta molti dei suoi classici e diverse chicche https://www.youtube.com/watch?v=kzhicxPANRo . Da avere.

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Graffiti Tongue – 1996 Grapevine **** Dopo il disco dal vivo Christy Moore decide di mantenere questo approccio, un uomo e la sua chitarra, suono scarno ma intenso, e per la prima volta nella sua carriera un intero album di canzoni nuove scritte tutte da lui, tra le quali vorrei citare almeno la bellissima Rory Is Gone, dedicata a Rory Gallagher, altre eroe nazionale irlandese scomparso l’anno prima https://www.youtube.com/watch?v=iTrs51PKueg .

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Traveller – 1999 Sony *** per l’ultimo disco della decade e del secolo, si tenta, anche a causa di una salute declinante per problemi cardiaci, che faceva temere per la sua carriera concertistica, di nuovo la strada di un suono più moderno e complesso, c’è anche The Edge degli U2: il disco non è male, per amor di Dio, ma certi usi di synth e batterie elettroniche in alcuni brani non mi convincono del tutto, anche se parte della critica era entusiasta. Si tratta di parecchie canzoni nuove, ancora scritte da Moore, con alcune riprese di classici del passato, tra cui una versione di Last Cold Kiss, costruita intorno alla voce del padre di Christy, Andy, morto ne 1956 e trasformata in un duetto virtuale, tra le nuove spicca The Sirens Voice sulla situazione dei rifugiati somali in Irlanda https://www.youtube.com/watch?v=Fo0Ag-toItk .

Christy Moore This_is_the_Day

This Is The Day – 2001 Sony ***1/2 Il sottoscritto preferisce di gran lunga questo album, co-prodotto da Donal Lunny e Declan Sinnott, che suonano con Moore nel CD e optano per un tipo di suono più tradizionale e raccolto, e benché per l’occasione ci sia solo una canzone scritta da Moore, la scelta degli altri brani è azzeccata: How Long di Jackson Browne https://www.youtube.com/watch?v=VNOpjGKFgWM , Jack Doyle di Jimmy McCarthy, Companeros di Ewan MacColl, Cry Like A Baby di Dan Penn, Victor Jara di Arlo Guthrie, tra le migliori. Dei restanti nove album che usciranno dal 2002 a oggi, ben quattro saranno dal vivo, segno di una ritrovata voglia di fare musica Live.

ChristyMoore_VicarStreet

Live At Vicar Street – 2002 Columbia Sony ***1/2 proprio questo album è un regalo inaspettato per i fans, che dopo quello del 1994 pensavano non ci sarebbero stati altri tour, e invece, in teoria per promuovere This Is The Day lo stesso trio di musicisti registra una serie di serate al famoso locale di Dublino a fine anno, con risultati, manco a dirlo, ottimi, anche se, stranamente, dell’ultimo disco troviamo una sola canzone, ma si sa che ogni tanto gli artisti non fanno la gioia delle case discografiche https://www.youtube.com/watch?v=4vA3Z2RDz20 .

Christy Moore Burning_Times

Burning Times – 2005 Sony International **** altro ottimo CD, sempre con la formula ristretta, solo lui e Declan Sinnott alle altre chitarre, oltre che produttore. Dodici canzoni, nessuna di Moore, ma una scelta eccellente per questo album dedicato a Rachel Corrie, una attivista americana uccisa da un bulldozer a Gaza nel 2003: Motherland di Natalie Merchant https://www.youtube.com/watch?v=0rDKiqyA0pM , ben due canzoni degli Handsome Family, Beeswing di Richard Thompson https://www.youtube.com/watch?v=ixi-jlc2PNM , The Magdalene Laundries di Joni Mitchell https://www.youtube.com/watch?v=BEOXhFv9MfI , The Lonesome Death Of Hattie Carroll di Bob Dylan, Changes di Phil Ochs. Una ennesima piccola meraviglia di questo gigante della musica irlandese, sempre più bravo.

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Live at the Point2006 2 CD Columbia/Sony **** Quarto album dal vivo, il più corposo della sua produzione con ben 35 canzoni: ancora una volta solo lui e Declan Sinnott propongono una ampia selezione di materiale, registrata nelle feste Natalizie tra fine 2005, inizio 2006 nel famoso locale di Dublino con una capacità posti di diverse migliaia di presenti https://www.youtube.com/watch?v=u8uQWCz0_mk . Ci sono canzoni da tutti i periodi della carriera di Moore, Planxty e Moving Hearts inclusi, e anche parecchie cover scelte con cura da chi ha compilato il CD. Peccato che (e non finisco mai di meravigliarmi) il DVD che esce, peraltro con un altro titolo, Christy Moore Live In Dublin 2006, contiene solo le canzoni del primo CD, boh. Comunque rimane uno di quelli indispensabili.

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Listen – 2009 Sony Music Ireland **** Ancora una volta registrato con Sinnott che lo produce e suona la chitarra, il disco prevede una sezione ritmica con Eleanor Healy, che oltre a suonare il basso, provvede anche alle armonie vocali, insieme a Wally Page, autore o co-autore con Christy di tre brani, che a sua volta ne firma tre, alla batteria Martin Leahy, Pat Crowley alla fisarmonica e Neil Martin al cello. Tra le canzoni ce ne sono tre già apparse in album precedenti, inclusa Rory’s Gone, quella dedicata a Rory Gallagher, una inconsueta, ma molto bella, versione di Shine On You Crazy Diamond dei Pink Floyd https://www.youtube.com/watch?v=-tZjbWkOjb0 come pure ancora una volta eccellente è tutto l’album.

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Folk Tale – 2011 Sony ***1/2 Sempre insieme all’inseparabile Sinnott, che per l’occasione inserisce anche una piccola sezione di archi, oltre a Tim Edey a accordion, chitarra e bouzouki, Gerry O’Connor banjo e violino e un paio di voci femminili, tutto il resto lo suona Declan. Il nostro amico scrive ben otto nuove canzoni, andando poi a pescare, come ha fatto peraltro in tutta la sua carriera nel songbook di vari autori irlandesi, anche poco noti. Tyrone Boys è dedicata ai guai dell’Irlanda, On Morecambe Bay alla tragedia di un migrante https://www.youtube.com/watch?v=4rR7wPofjbE , Haiti al terremoto avvenuto in Centro America, solo chitarra e la sua voce partecipe, profonda e solenne, non mancano le sue storie dedicate ad omicidi in giro per il mondo e la divertente Weekend In Amsterdam che diventerà un must dei suoi concerti https://www.youtube.com/watch?v=zp4d697VxTM , insomma il “solito” Christy Moore.

christy moore where i come from 3 cd

Where I Come From – 2003 3CD Sony Music **** è una strana compilation tripla con ben 45 brani: si tratta di un misto di canzoni nuove e ri-registrazioni di vecchi brani, tra cui spiccano North And South Of The River degli U2, parecchi brani di Donal Lunny, la title track scritta dal fratello Luka Bloom https://www.youtube.com/watch?v=fEO2hlqwjJg , parecchi pezzi di Wally Page. Non mancano alcuni pezzi registrati dal vivo e comunque sono coinvolti parecchi musicisti tra i quali spicca la voce femminile di Vickie Keating ,diventata in eguito una habitué nei suoi concerti. Anche questo consigliatissimo.

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Lily – 2016 Sony Music **** Per continuare il filotto di ottimi album esce quello che è a tutt’oggi il suo ultimo in studio, ancora una volta ricco di belle canzoni, strumentazioni rigogliose o più intime a cura al solito di Sinnott. “Solo” tre canzoni nuove di Christy Moore, tra le quali la splendida title track https://www.youtube.com/watch?v=Q0kjQTR4BKE , Lost Tribe Of The Wicklow Mountains e il tradzionale ri-arrangiato Green Growns The Laurel ed una splendida versione di Wallflower di Peter Gabriel https://www.youtube.com/watch?v=j4jnlt9DPtY . Se sarà l’ultimo disco della sua carriera (in considerazione anche dei 75 anni suonati) veramente un bel commiato. Ma il nostro amico, come riferito sulla rivista negli ultimi anni, ci regala anche due sontuosi doppi CD dal vivo

christy moore on the roadchristy moore magic nights

On The Road – 2017 2 CD Columbia Sony Music Ireland **** https://discoclub.myblog.it/2018/01/14/supplemento-della-domenica-forse-il-miglior-disco-ufficiale-dal-vivo-del-2017-christy-moore-on-the-road/

Magic Nights – 2019 2 CD Columbia Sony Music Ireland **** https://discoclub.myblog.it/2020/01/14/un-altro-doppio-cd-dal-vivo-formidabile-per-il-musicista-irlandese-christy-moore-magic-nights/

acquistabili anche in un elegante cofanetto da 4 CD intitolato, manco a dirlo Magic Nights On The Road, che se già non avete fa parte degli indispensabili della sua carriera. Quasi tutti gli album della sua discografia, non era ancora stato detto, sono stati spesso e volentieri al n° 1 delle classifiche irlandesi, o comunque almeno nella Top 10 e anche in Inghilterra Christy Moore ha avuto sempre un buon successo di vendite.

Piccola Appendice Finale

christy moore the box setchristy moore uncovered

Se il completista si annida in voi, oppure volete avere un cofanetto riepilogativo della sua carriera è consigliato anche The Box Set 1964-2004 – 6 CD Columbia Sony Music **** che pesca da tutti gli album usciti fino ad allora, ma è anche ricco di brani rari o inediti, ed infine a livello video vi consiglio, a parte i DVD dei Planxty ed il Live del 2006 ricordato poc’anzi, il bellissimo Christy Moore Uncovered **** uno splendido documentario uscito nel 2001, ricco di interviste, cenni biografici e parecchie canzoni https://www.youtube.com/watch?v=8GEqQ5QcYCo . E nel frattempo il nostro amico ha pubblicato una serie di video su YouTube intitolati The Lockdown Sessions, registrati a casa sua, questo è l’ottavo e ultimo episodio ihttps://www.youtube.com/watch?v=w-QmCd4sVvs&t=572s. , con una veloce ricerca trovate anche gli altri.

E’ tutto, lunga vita a Christy Moore, Re della musica folk irlandese.

Bruno Conti

Christy Moore Una Vera Leggenda Irlandese, Parte I

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Christy Moore 1970 1

Christopher AndrewChristyMoore nasce a Newbridge, nella Contea di Kildare, Irlanda, il 7 Maggio 1945, quindi hai ormai tagliato il traguardo dei 75 anni, e anche oltre 50 anni di carriera, visto che il primo album Paddy On The Road fu registrato con Dominic Behan ai Sound Techniques Chelsea di Londra nel 1969 e benché pubblicato da una etichetta importante come la Mercury ebbe una tiratura limitata in vinile di sole 500 copie, e poi in seguito, molti anni dopo, pubblicato anche in CDR a livello autogestito dallo stesso Christy, con una qualità sonora diciamo non impeccabile: stile musicale a grandi linee alla Dubliners https://www.youtube.com/watch?v=s1wF9Z0hpXY , con il nostro accompagnato da un gruppo di jazzisti assemblato da Behan, e come ebbe a dire lo stesso Moore, le affinità tra loro erano più intorno ad un boccale di birra che per motivi stilistici, benché il disco risentito oggi risulti piacevole, in parte influenzato anche dal nascente fenomeno del folk-rock britannico, da cui sarebbero uscite band come i Fairport Convention, gli Steeleye Span e i molti più raffinati Pentangle, oltre a decine di altre.

Christy Moore Paddy_On_The_Road_(1969)

Il nostro amico non era già più un giovane di belle speranze, considerando che aveva 24 anni, e nel Regno Unito dell’epoca molti erano quasi alla fine della carriera a quella età, George Harrison e Paul McCartney avevano solo 2-3 anni più di Moore. Comunque parecchi musicisti irlandesi si spostavano in Inghilterra dove c’erano molte più possibilità di lavorare, e anche la scena folk più tradizionale era in piena fioritura, tanto che che Christy Moore decide di tornare in Irlanda, dove nel 1972 viene pubblicato il suo primo vero album solista, ovvero

Christy Moore Prosperous_album_cover

Prosperous – 1972 Tara Music ***1/2, disco che prende il nome di una città delle Contea di Kildare, e dove il nostro amico, voce solista e chitarra, è affiancato da Andy Irvine, mandolino e mouth organ, Liam O’Flynn, uileann pipes e tin whistle e Donal Lunny, chitarra e bouzouki, che quasi subito dopo diventano i Planxty, ma nel disco in questione sono affiancati anche da Kevin Conneff, futuro Chieftains, al bodhran, Clive Collins al violino e Dave Bland alla concertina, entrando stilisticamente in contrasto con i citati Dubliners, più orientati verso un suono da pub, vicini ai Chieftains che cominciavano ad ampliare i loro orizzonti sonori, gli Sweeney’s Man, nei quali militavano proprio Irivine e Terry Woods, di lì a poco negli Steeleye Span e in futuro nei Pogues, oltre a Johnny Moynihan, prima nei Planxty e poi nei De Danann, dove andrà a sostituire proprio Irvine. Quindi come vedete c’era un forte intreccio e interscambio nel filone folk, prettamente più acustico e rigoroso, ma con nuove traiettorie sonore meno tradizionali rispetto alla tradizione, se mi scusate il bisticcio, anche se il repertorio veniva in gran parte da lì, come dimostra Prosperous, dove a fianco di un solo brano di Moore, la mossa e deliziosa I Wish I Was In England https://www.youtube.com/watch?v=e7SpMXFFRDE , c’erano ben sette traditionals arrangiati dallo stesso Christy, oltre ad un pezzo di Bob Dylan Tribute To Woody https://www.youtube.com/watch?v=fFkKmqcqOTI , uno dello stesso Guthrie The Ludlow Massacre https://www.youtube.com/watch?v=ktWxFtkL314 , che illustrano un approccio più cantautorale che già da allora è una caratteristica di Moore, ottime anche A Letter To Syracuse di Bill Caddick e Spancil Hill, famosa per un futuro duetto di Christy con un non più giovane, ma comunque sdentato ed “inebriato” Shane MacGowan https://www.youtube.com/watch?v=_iUEwB4ME3I , oltre a Raggle Taggle Gypsy ;Tabhair Dom Do Lámh  https://www.youtube.com/watch?v=RCJxHXax6LA poi nel primo Planxty.

christy moore the early years 1969-81

Ben sei delle canzoni del disco sono contenute in The Early Years 1969-1981 –2020 2CD +DVD Tara/Universal ****, che è stato il motivo scatenante di questo articolo e dalla cui recensione potete attingere per recuperare altre informazioni sul primo periodo della carriera di Moore. Nello stesso anno inizia la prima parte dell’avventura con i Planxty che si svolgerà in tre fasi e che accorpiamo qui sotto

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The Planxty Years 1972-1974 – 1979-1983 – 2004

PlanxtyAlbum

Planxty – 1973 Polydor/Shanachie****1/2 Uno dei dischi più belli dell’epopea del folk, ma lo sono tutti quelli della band: Christy Moore, Andy Irvine, Donal Lunny e Liam O’Flynn crearono una unità di intenti e una alchimia di suoni raramente riscontrati in altri gruppi dell’area celtica. Dall’apertura con il medley Raggle Taggle Gypsy / Tabhair Dom Do Lãmh, già presente in Prosperous, fino alla conclusiva The Blacksmith è tutto un susseguirsi di brani splendidi, Moore è il leader indiscusso, ma gli altri non sono dei semplici comprimari https://www.youtube.com/watch?v=SHefR3Ttd_c&t=6s . Tra reel, brani tradizionali arrangiati collegialmente, un brano di Ewan MacColl, una canzone di Andy Irvine, vari strumentali il disco, registrato a fine 1972 e pubblicato all’inizio del 1973. si ascolta con immenso piacere. Lo stesso anno esce

Planxty Wellbelowalbum

The Well Below The Valley – 1973 Polydor/Shanachie****1/2 Stessa formazione anche per questo album e pari risultati superbi, dodici brani in tutto https://www.youtube.com/watch?v=AcAPM-98JQw , con di nuovo solo un brano di Andy Irvine, mentre il resto è composto da traditionals arrangiati dalla band, quattro strumentali mi pare, tra gighe, reels e hornpipes, non vi ricordo i titoli del disco perché sono tutti eccellenti https://www.youtube.com/watch?v=0p3fN0RSmpM . L’anno successivo esce il terzo album

Planxty Coldblowplanxty

Cold Blow And The Rainy Night – 1974 Polydor/Shanachie****1/2 Già è bello dal titolo, fortemente evocativo. Per l’occasione c’è una novità significativa. In formazione entra anche il citato poc’anzi Johnny Moyniham a voce, bouzouki, violino e tin whistle, questa volta il repertorio è tutto tradzionale, proprio per sfizio vi ricordo la splendida iniziale corale Johnny Cope https://www.youtube.com/watch?v=4jjsK0-TfOk , la struggente title-track https://www.youtube.com/watch?v=si9gOQwanwc , e dal lato Moore la delicata e sognante The Lakes Of Pontchartrain, oltre alla lunga conclusiva The Green Fields Of Canada, veramente magnifica https://www.youtube.com/watch?v=iQWgdAew40o . Finita la fase uno, Christy torna alla carriera solista ma noi proseguiamo con gli altri album del gruppo.

Planxty Afterthebreak

After The Break – 1979 Tara/Shanachie***1/2 Esce Moyniham e arriva Matt Molloy al flauto, ex Bothy Band (con Lunny) e futuro Chieftains, sempre repertorio tradizionale arrangiato collegialmente, il vinile ha otto pezzi, nella versione in CD ne vengono aggiunti due. Prodotto da Donal Lunny ai Windmill Lane Studios di Dublino, l’album è forse leggermente inferiore ai tre precedenti, ma è comunque sempre un bel sentire: nel brano Smeceno Horo vengono unite le tradizioni irlandesi e bulgare https://www.youtube.com/watch?v=mHDPesWdFo8 , e una delle due bonus del CD è la bellissima canzone di Irvine The Bonny Light Horseman https://www.youtube.com/watch?v=Ooq3e_PnD68 . L’anno successivo arriva

Planxty Womaniloved

The Woman I Loved So Well – 1980 Tara/Shanachie**** Per l’occasione, oltre a Molloy che rimane come ospite, vengono inseriti in aggiunta Bill Whelan alle tastiere, Noel Hill alla concertina e Tony Linnane al violino: il disco si apre con una bella versione di un brano di Norman Blake True Love Knows No Season https://www.youtube.com/watch?v=7Msq5EubGZE , da notare un vorticoso strumentale The Tailor’s Twist con le uillean pipes di O’Flynn in evidenza e soprattutto https://www.youtube.com/watch?v=QteFInJBdG0 , mezza stelletta in più, per una epica versione di quasi 10 minuti della ballata Little Musgrave, che però tutti conosciamo come Matty Groves https://www.youtube.com/watch?v=vUTfv2P5oW4 . Altri tre anni di attesa e poi la terza reunion del gruppo con

Planxty Wordsandmusicplanxty

Words And Music – 1983 WEA/Shanachie***1/2 ancora line-up espansa con Bill Whelan, ora membro fisso e come ospiti i due violinisti Nollaig Casey e James Kelly, oltre a Eoghan O’Neill al basso elettrico, che nel 1982 era entrato a far parte dei Moving Hearts, altra band collaterale di Christy Moore di cui parliamo subito dopo l’excursus sui Planxty. In questo nuovo album da segnalare parecchi tradizionali tra i quali la lunghissima Lord Baker, arrangiata da Moore che la canta https://www.youtube.com/watch?v=qLFogBHY0Jo , una canzone di Irvine Aragon Mill , preceduta da uno strumentale https://www.youtube.com/watch?v=RzwwwMoGiCY e una ottima versione di I Pity The Poor Immigrant di Bob Dylan https://www.youtube.com/watch?v=60-eFNun2Ho . Altra lunga pausa e per la serie a volte ritornano, per la quarta volta, con un ottimo album dal vivo.

Planxty Live_2004_(Planxty)

Live 2004 – Columbia Sony Music Ireland anche in DVD**** Formazione originale a 4, si tratta di brani estratti da una serie di concerti in giro per l’Irlanda nel tour di quell’anno che riprende la storia da dove si era interrotta con grande fluidità ed eccellenti risultati, visto che dal vivo sono comunque strepitosi, e il DVD ha tre canzoni in più, con versioni magnifiche di tutti i loro classici https://www.youtube.com/watch?v=Nt4ySrsBBSQ .

Appendice 1 Planxty

Planxty Between_the_Jigs_and_the_Reels_-_A_Retrospective

Quatto anni fa esce una “piccola meraviglia” da non lasciarsi sfuggire, ecco quanto avevo scritto, mi cito: Between The Jigs And The Reels 2016 Universal Music **** una sorta di Santo Graal per i fans della band irlandese: un doppio album, CD+DVD, con il DVD come bonus (o se preferite due al prezzo di uno, anche dalla copertina non è chiaro il contenuto), anche con la sterlina che ultimamente dopo la botta della Brexit è risalita di valore, comunque a un prezzo veramente interessante, forse non di facilissima reperibilità, ma assolutamente fantastico per i suoi contenuti https://discoclub.myblog.it/2016/11/26/nuova-inattesa-sorpresa-dallirlanda-planxty-between-the-jigs-and-the-reel-cddvd/ . Il primo dischetto in effetti è “solo” un CD antologico, con 17 brani, tratti dalla loro discografia: ma comunque fondamentale anche per i completisti, con la presenza del raro singolo del 1981 Nancy Spain, che sul lato B presentava la suite composta da Donal Lunny e Bill Whelan, all’epoca in formazione, intitolata Timedance, da cui il secondo poi avrebbe preso spunto per creare la famosa serie di musiche e balletti conosciute in seguito come Riverdance.

planxty timedance

E l’altra chicca fu che il brano venne usato come pezzo da mandare in onda nell’intervallo dell’Eurovision Song Contest (il nostro Eurofestival per intenderci) tenutosi a Dublino il 4 aprile del 1981, con tanto di accompagnamento, insieme ai Planxty di una orchestra sinfonica e di una sezione ritmica https://www.youtube.com/watch?v=VnPI0qEDO5A . E lo si ritrova, in versione Live, anche nel DVD, estratto da un concerto del 1982 al National Stadium. E proprio la parte video è la grande sorpresa di questa confezione: 36 brani registrati per RTE, la televisione irlandese, tra il 1972 e il 1982, più o meno tutti inediti e il vero motivo per cui acquistare questo doppio, anche per chi ha già tutto di questa formazione, Ma che per non li conosce è comunque l’occasione per fare un incontro con uno dei più grandi gruppi della storia del revival del folk anglo-scoto-irlandese, tra innovazione e tradizione, guidato dai due grandi cantanti come Andy Irvine e Christy Moore, con l’ottimo Liam O’Flynn alle uilleann pipes e tin whistles, e il polistrumentista Donal Lunny, futuro catalizzatore anche della Bothy Band e dei Moving Hearts  (con Moore).

Appendice 2 Planxty

planxty one night in bremen

Per la serie la saga non finisce mai, nel 2018 la tedesca Mig Records pubblica One Night In Bremen ***1/2 altra ottima testimonianza di un concerto della band dell’aprile del 1979, nel corso della seconda reunion, 12 canzoni che testimoniano ancora una volta la grandezza del gruppo https://www.youtube.com/watch?v=4U1zAx-DTzI . Passiamo ora ai

Moving Hearts 1981-1985

moving hearts 1981-1985

Quattro album pubblicati tra il 1981 e il 1985, più una reunion nel 2007 per un Live a Dublino in CD+DVD, ma Christy Moore c’è solo nei primi due, ma che dischi ragazzi (non che gli altri siano brutti, visti a Milano dal vivo nel 1984 e anche senza Christy. con Mick Hanly alla voce, erano comunque un fior di gruppo)!

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Moving Hearts – 1981 Warner Music Group **** una delle prime band irlandesi nell’ambito folk celtico ad usare una strumentazione elettrica (non contiamo i gruppi scozzesi, inglesi o misti), forse con l’eccezione dei grandi Horslips, più vicini anche al rock: la formazione originale, con sette elementi prevedeva Christy Moore, voce, chitarra e bodhran, Donal Lunny, voce, bouzouki e synth, Declan Sinnott, chitarre elettriche ed acustiche, uno dei più grandi solisti usciti dalla Emerald isle, Davy Spillane, uilleann pipes, low whistle, un altro strumentista formidabile, Keith Donald sax tenore e soprano, Eoghan O’Neill, basso, anche fretless e Brian Calnan batteria. Questo album omonimo è un piccolo capolavoro: a partire dalla travolgente Hiroshima Nagasaki/Russian Roulette (siamo sempre negli anni del forte impegno anti-nucleare) https://www.youtube.com/watch?v=mAPXTVotR4w , una versione superba di Before The Deluge di Jackson Browne, che se la batte con l’originale https://www.youtube.com/watch?v=s5w5cuNbygg , un formidabile strumentale come McBrides dove girano a mille https://www.youtube.com/watch?v=C15AcKRQR3Q , solo per citarne alcune, ma tutto il disco è bellissimo. L’anno dopo esce

Moving Hearts Dark_End_of_the_Street_Moving_Hearts_LP

Dark End Of The Street1982 Wea ***1/2 Leggermente inferiore all’esordio, ma sempre un ottimo disco: ancora una volta Christy Moore non scrive nessuna canzone, ma come canta. La famiglia a livello autorale è rappresentata dal fratello Barry Moore, il futuro Luka Bloom, che scrive l’iniziale elegiaca Remember The Brave Ones https://www.youtube.com/watch?v=PwwIs9yES8U ; fantastica anche la versione folk-rock di uno dei classici assoluti del soul come Dark End Of The Street https://www.youtube.com/watch?v=yiAK4YvUFbE . Let Somebody Know una delle rare canzoni scritte e cantate da Declan Sinnott, sentire l’assolo https://www.youtube.com/watch?v=JibGMkwMUXo  e Allende, con un infervorata interpretazione di Christy Moore https://www.youtube.com/watch?v=2PLqhasAajg .

Fine della prima parte, segue.

Bruno Conti

Uno Strano Terzetto Allargato, Però Molto Efficace. Kacy & Clayton Marlon Williams – Plastic Bouquet

kacy & clayton + marlon williams

Kacy & Clayton Marlon Williams – Plastic Bouquet – New West Records

Kacy & Clayton, spesso pronunciati come una unica entità, sono in effetti una coppia di cugini canadesi, originari del Saskatchewan, che agiscono come duo sin dal 2011, all’inizio a livello indipendente, poi sono stati notati dalla New West che li ha messi sotto contratto, e anche da Jeff Tweedy , che ha prodotto i due album del 2017 e 2019, The Siren’s Song e Carrying On, entrambi premiati da ottimi riscontri della critica. Per completare, Kacy (Lee) Anderson è la vocalist ed autrice delle canzoni, mentre Clayton Linthicum è il chitarrista e strumentista tuttofare (che fa parte anche del giro degli ottimi Deep Dark Woods) che è il tessitore delle rarefatte ma raffinate costruzioni sonore del duo, che comunque ha anche una sezione ritmica fissa costituita da Mike Silverman alla batteria e Andy Beisel al basso, presente negli ultimi due album, mentre nel nuovo Plastic Bouquet si è aggiunto anche Dave Khan al violino.

kacy & clayton + marlon williams 2

Ma la novità più importante, al di là della fine della collaborazione con Tweedy, è l’imprevisto arrivo di Marlon Williams, cantautore neozelandese autore di uno splendido omonimo album di debutto nel 2016 (ma già nel 2015 Down Under), poi non del tutto confermato con il pur eccellente successivo Make Way For Love del 2018, che qualcuno aveva trovato troppo ridondante: il “problema”, se così lo vogliamo chiamare, sta nelle voce, ora eterea ora possente di Marlon, che è stata paragonata di volta in volta a Nick Cave ed Elvis, Johnny Cash e Roy Orbison ( e pure l’epigono Chris Isaak) , creando grandi aspettative per questa sorta di crooner folk. L’unione delle forze del trio, in questo album registrato e concepito tra Canada, Nuova Zelanda e Nashville, magari non sempre funziona del tutto, ma confrontato con le uscite di molti nuovi “fenomeni” della canzone, spesso presentati come dei Messia, è comunque sempre un bel sentire: undici canzoni originali, a firma Anderson e Williams, che producono anche il disco, a cavallo tra languori folk-country-rock dai sapori canadesi di Kacy e Clayton e la vocalità esuberante di Marlon https://www.youtube.com/watch?v=BgHpTL5Gx3k .

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Quando i due mondi si intrecciano però scatta la magia: come nel primo singolo I Wonder Why , dove tra eteree slide e atmosfere sognanti i due gorgheggiano, come novelli Gram ed Emmylou https://www.youtube.com/watch?v=gp9s-2QjRWI , oppure come nel delizioso honky tonk con pedal steel d’ordinanza e violino in sottofondo di Old Fashioned Man, cantata da Kacy Lee con Williams che novello Elvis, canta il secondo verso https://www.youtube.com/watch?v=pAbxAVTnJ0A . I’m Gonna Break It è pura country music, di quella sublime, con i due che si alternano alla guida e poi armonizzano dolcemente, delicata anche la languida Last Burning Ember affidata alla Clayton, sempre con il supporto di Marlon, più in territori folk-roots, ma sempre con richiami a certo country cosmico. Light Of Love sembra uno di quei vecchi duetti alla Nancy Sinatra/Lee Hazlewood, con lui più celestiale Orbison o Buckley che austero Lee https://www.youtube.com/watch?v=cYjk3Bb2f00 , mentre Arahura, dal nome di uno sconosciuto (ma non a lui evidentemente) fiume della Nuova Zelanda, evidenzia la perfetta intesa tra la voce fragile ma assertiva e gorgheggiante di Kacy che si appoggia su quella maschia di Williams https://www.youtube.com/watch?v=UZZya84eusU   , e ottimo anche il simil bluegrass della ondeggiante title track, dove è sempre la voce femminile a guidare le danze.

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Sarà pur sempre musica magari poco innovativa, ma quando è eseguita con passione come in questo album, non si può fare a meno di apprezzarla e fregarsene dei giudizi: interessante anche I’m Unfamiliar con un organetto vintage in evidenza, dove magari si sarebbe apprezzato maggiormente il timbro di Margo Timmins rispetto alla Anderson, ma non si può avere tutto https://www.youtube.com/watch?v=SCbDcNeT_tM . In chiusura Devil’s Daughter, che nonostante il titolo è più angelica che diabolica https://www.youtube.com/watch?v=Au43In2Yklw , un sommesso duetto sulle ali di due chitarre acustiche che conferma la validità di un disco che magari non entusiasma ma ti conquista lentamente.

Bruno Conti

Un Altro Piccolo Cofanetto Godurioso Per Il “Re Del Folk Irlandese”! Christy Moore – The Early Years 1969-81

christy moore the early years 1969-81

Christy Moore – The Early Years 1969-1981 – Tara Music/Universal Music Ireland 2CD + DVD – 2 CD

Nel 2017 e 2019, nel periodo appena prima del Natale, Christy Moore ha pubblicato due bellissimi album doppi dal vivo, On The Road https://discoclub.myblog.it/2018/01/14/supplemento-della-domenica-forse-il-miglior-disco-ufficiale-dal-vivo-del-2017-christy-moore-on-the-road/  e Magic Nights https://discoclub.myblog.it/2020/01/14/un-altro-doppio-cd-dal-vivo-formidabile-per-il-musicista-irlandese-christy-moore-magic-nights/ , poi uniti in un box Magic Nights On The Road, sempre edito dalla Columbia Sony irlandese. Anche quest’anno ne esce uno della rivale Universal Ireland, attraverso la propria etichetta Tara Music, che gestisce il catalogo del musicista dal 1969 al 1981, mentre gli anni centrali sono appannaggio della Wea, anche se il cofanetto da 6 CD The Box Set 1969-2004, copriva tutti i periodi. Vediamo cosa contiene The Early Years 1969-1981 (ricordando che ne esiste anche un versione solo con i 2 CD) https://www.youtube.com/watch?v=wlEg9Rz7cD8 .

christy moore the early years 1969-81 2 cd

Partiamo dal DVD non lunghissimo, circa 73 minuti, ma con diverso prezioso materiale della RTE, la televisione irlandese e una breve session della BBC del 1979, il resto viene dal 1979-1980-1981, meno due brani registrati nel 1969. Una piccola miniera d’oro per gli appassionati del folk e di Christy Moore in particolare: i primi dieci brani, i più interessanti, sono due sessions alla Abbey Tavern di Dublino Nord del 1980, con Declan McNelis e il compianto Jimmy Faulkner che si alternano alle chitarre, materiale in gran parte tradizionale, ma ci sono un paio di brani scritti da Ewan MacColl, in tre pezzi Paul Brady è presente a piano, harmonium e chitarra acustica, in particolare in una versione bellissima a tre chitarre di The Ballad Of Tim Evans, con grande assolo di Brady https://www.youtube.com/watch?v=w6iPvBoUak4 , mentre in Dark Eyed Sailor l’angelica seconda voce è quella di una giovanissima Mary Black https://www.youtube.com/watch?v=b249xyB75j0 . In Saint Patrick Was A Gentleman ci sono gli Stockton Wings ad accompagnare un sudatissimo Christy, mentre tra i brani più belli anche The Raggle Taggle Gypsy dei Planxty, 1913 Massacre di Woody Guthrie https://www.youtube.com/watch?v=PvnazELFb5k , due brani antinucleari (erano gli anni) The Sun Is Burning e House Down In Carne (The Ballad Of Nuke Power).

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Negli altri segmenti del DVD spiccano una splendida Last Cold Kiss, il vecchio pezzo scritto da Gail Collins e Felix Pappalardi per i Mountain, una sontuosa Deportee (Plane Wreck At Los Gatos) di nuovo di Woody Guthrie https://www.youtube.com/watch?v=f-pdyXnv1wg , per la BBC, Wave Up In The Shore a cappella, scritta dal fratello Barry Moore, molto più noto a noi tutti come Luka Bloom, ma pure tutto il resto del contenuto è da godere. Io sarei già contento così, ma ci sono anche i due CD (che potete acquistare, come dettto, anche a parte), con ben 38 canzoni, delle quali 14 mai uscite in questo supporto, e tutte le altre comunque di difficile reperibilità, solo in Irlanda, peraltro su dischetti digitali. Sarebbe troppo lungo parlare dei contenuti completi comunque vediamo almeno una disamina delle cose più interessanti: come curiosità gli ultimi tre brani del secondo CD, che cronologicamente sono i più vecchi, tratti da Paddy On The Road del 1969, disponibile solo come CDR riversato da vinile sul suo sito, e dove Moore è accompagnato da un gruppo di vecchi jazzisti, che in comune con Christy avevano solo la passione per la birra, comunque piacevoli e la classe già si intravede, anche se sembra di ascoltare i Dubliners  . Tra gli “inediti”: da Whatever Tickles Your Fancy del 1975, l’intensa Home By Bearna che sembra una canzone dei Planxty, One Last Cold Kiss, in versione elettrica, con Jimmy Faulkner alla solista, che anticipa il sound dei Moving Hearts, grazie all’intreccio tra il violino di Kevin Burke della Bothy Band e la sezione ritmica più rock, con un sound che ricorda Fairport Convention e Steeleye Span https://www.youtube.com/watch?v=nvV0pUIRrtY , stesso discorso anche per The Ballad Of Tim Evans, il pezzo di MacColl e Peggy Seeger e la ballata What Put The Blood, peccato non ci sia dallo stesso album Van Diemen’s Land.

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Dal disco omonimo del 1976, registrato oltre che con Burke, con Andy Irvine e Donal Lunny, che segna un ritorno ad un suono più folk, molto belle Nancy Spain, la cover di Sacco & Vanzetti di nuovo di Woody Guthrie, i due brani tradzionali Boys Of Mullabawn e Galtee Mountain Boy, oltre a Dalesman’s Litany, dove c’è anche Jimmy Faulkner. Se dovessi fare un appunto, peccato che i brani non siano in ordine cronologico, ma assolutamente alla rinfusa: comunque ci sono anche ben cinque canzoni dal bellissimo Live In Dublin 1978, tra le quali una sublime Black Is The Colour Of My True Love’s Hair (anche nel repertorio del fratello Luka Bloom) https://www.youtube.com/watch?v=_BSayZKazMI , l’intensa Clyde’s Bonnie Banks e una intricata Bogey’s Bonnie Belle, con tre chitarre acustiche, altri cinque brani vengono da The Iron Behind The Velvet, la deliziosa musicalmente The Sun Is Burning, presente anche nel DVD https://www.youtube.com/watch?v=gg5UN8xoE00 , la sognante (visto il titolo) John O’Dreams, che non si trovava nel vinile originale, e il medley tra Trip To Jerusalem con Two Reels: The Mullingar Races; The Crooked Road, con una grande prestazione anche strumentale di Christy a chitarra e bouzouki, il fratello Barry alla chitarra, Andy Irvine al mandolino, Noel Hill alla concertina, Tony Linnane al violino, Gabriel McKeon alle uilieann pipes e Jimmy Faulkner alla chitarra, sentire per credere.

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In gran parte di questi brani appariva come ingegnere del suono e produttore Nicky Ryan, eminenza grigia della musica irlandese e futura “mente” dei Clannad e di Enya. Le ultime due chicche sono le versioni in studio di House Down In Carne, (con Faulkner alla slide e Basil Kendricks alla pedal steel) https://www.youtube.com/watch?v=b_uFP_rh2l8  e 90 Miles To Dublin, i due brani antinucleari che ai tempi uscirono come singolo. Che dire, se volete conoscere il “primo” Christy Moore, quello che era più un interprete (ma poi nelle decadi successive avrebbe rimediato) che un autore, anche se tutti i brani tradizionali venivano arrangiati in preziose scritture dal musicista irlandese, e anche se avete già quasi tutto, vale le pena, perché il DVD è totalmente inedito e le canzoni, sentite tutte insieme, sono veramente rappresentative dell’arte di questo grande musicista. Quindi come lo giriate, ancora una volta un indispensabile ascolto per chi ama la buona musica.

Nei prossimi giorni anche un bel articolo retrospettivo sul grande folksinger irlandese.

Bruno Conti

Recuperi Di Fine Anno 2: Una Delle Più Belle Sorprese Del 2020. Jess Williamson – Sorceress

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Jess Williamson – Sorceress – Mexican Summer CD

Il 2020 è stato un anno molto positivo per quanto riguarda il rock al femminile, dal momento che abbiamo potuto godere di lavori splendidi come i nuovi album di Margo Price, Mary Chapin Carpenter ed Emma Swift, oltre a Lucinda Williams che nonostante non sia tra le mie preferite ci ha dato con Good Souls Better Angels uno dei suoi dischi migliori. Tra le “release” più positive dell’anno appena trascorso per quanto riguarda il gentil sesso merita anche di essere inserito Sorceress, ultimo lavoro della cantautrice texana Jess Williamson, album del quale non ci siamo occupati al momento dell’uscita, direi colpevolmente visto il livello eccelso della proposta. Devo confessare che, pur avendo alle spalle già tra dischi, non avevo mai sentito parlare della Williamson, e sono rimasto incuriosito leggendo diverse recensioni entusiastiche di Sorceress, entusiasmo che mi sento di condividere appieno. Jess è una cantautrice classica, cresciuta ascoltando i dischi di folk e country del padre, e negli anni ha maturato uno stile che fonde mirabilmente i due generi appena citati con uno squisito gusto pop di stampo californiano, cosa che è forse dovuta al fatto di essersi trasferita da anni a Los Angeles.

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Il suo penultimo album Cosmic Wink (2018) aveva già avuto critiche molto positive, ma Sorceress pone Jess su un livello decisamente superiore: stiamo infatti parlando di un disco davvero splendido, in cui lo stile classico della Williamson (che non è una cantautrice voce-chitarra-sonno, ma ha dalla sua verve e creatività) si sposa alla perfezione con la produzione moderna ma con sonorità “vere” nelle mani di Shane Renfro, Al Carson e Dan Duszynski, che non sono alla consolle tutti e tre contemporaneamente ma si dividono le varie canzoni occupandosi anche in gran parte delle parti strumentali. Un album maturo quindi, che riesce a coniugare in modo impeccabile una scrittura profonda ed intensa con linee melodiche immediate e fruibili, il tutto condito dalla voce di Jess, bellissima e sensuale. L’iniziale Smoke è una moderna folk song che parte per voce e chitarra e dopo un minuto circa si aggiunge una sezione ritmica pressante, una steel ed una chitarra baritono, per un crescendo sonoro costante e coinvolgente https://www.youtube.com/watch?v=vINgxOeiCoQ . As The Birds Are è una deliziosa ballata d’atmosfera sognante ed eterea, dotata di un bel motivo superbamente cantato ed un alveo musicale avvolgente, con i synth usati nel modo giusto; splendida Wind On Tin, pop-rock cadenzato ed orecchiabile, una canzone solare dal sapore californiano che ci fa entrare definitivamente nel disco https://www.youtube.com/watch?v=X9RXQcbzniA , mentre la title track è un’altra bellissima folk song nobilitata da un’esecuzione da brividi, perfetta nella sua essenzialità https://www.youtube.com/watch?v=-cwnCcMwBeg .

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Infinite Scroll sembra un brano anni 70, con un arrangiamento d’archi tipico del periodo ed una melodia di qualità che rivela l’influenza dei Fleetwood Mac https://www.youtube.com/watch?v=C8oFdsv-ZR8 ; Love’s Not Hard To Find è uno slow pianistico di grande effetto sia per la strumentazione piena e rotonda sia per la voce espressiva di Jess, veramente brava. Splendida e suggestiva anche How Ya Lonesome, ballatona che tra chitarre acustiche, pianoforte, un mood crepuscolare ed un motivo di base affascinante risulta tra le più riuscite (sembra quasi una versione femminile di Chris Isaakhttps://www.youtube.com/watch?v=S-nH1a6YUNM ; Rosaries At The Border è di nuovo un pezzo limpido e folkeggiante, stavolta con l’aggiunta di una leggera spolverata di psichedelia californiana, a differenza di Ponies In Town che è un incantevole bozzetto per voce, chitarra e poco altro. Chiusura con Harm None, soave ballata dallo sviluppo fluido e disteso con una steel che miagola sullo sfondo ed un maestoso crescendo finale con tanto di coro, e con Gulf Of Mexico, ennesima melodia magnifica esaltata da un arrangiamento che definire toccante è dir poco: un mezzo capolavoro, forse il brano migliore di un CD che, ascolto dopo ascolto, si conferma come uno dei più belli degli ultimi dodici mesi.

Marco Verdi

Il Signor Voight Si E’ Fatto In Tre! Chip Taylor – In Sympathy Of A Heartbreak/Dad & The Monkey/NY To Norway & Back

chip taylor 2020

Chip Taylor – In Sympathy Of A Heartbreak – Train Wreck CD

Chip Taylor – Dad & The Monkey – Train Wreck CD

Chip Taylor – NY To Norway & Back – Train Wreck CD

James Wesley Voight, più conosciuto come Chip Taylor, negli ultimi anni è diventato uno dei miei cantautori preferiti. Il suo stile pacato, le sue ballate profonde e toccanti cantate con voce calda e pastosa sono in grado di scaldarmi il cuore anche più quanto non facciano certi suoi colleghi maggiormente famosi e blasonati. Nel nuovo millennio Taylor ha anche preso un discreto ritmo nella pubblicazione di dischi nuovi, mantenendo tranquillamente la media di un album all’anno, e quindi mi ero stupito che dopo l’ottimo Whiskey Salesman del 2019 non ci fossero più notizie da parte del vecchio Chip https://discoclub.myblog.it/2019/07/06/quantita-e-qualita-non-sbaglia-un-colpo-chip-taylor-whiskey-salesman/ . Una rapida ricerca sul sito della sua etichetta, la Train Wreck Records, mi ha subito chiarito il dubbio, e ho scoperto che il nostro nel corso del 2020 ha pubblicato ben tre album differenti, tutti assolutamente senza alcuna promozione ed anche abbastanza difficili da reperire (sono in vendita solo sul sito citato poc’anzi), tre dischi senza grandi differenze stilistiche tra loro ma con genesi abbastanza diverse.

chip taylor in sympath of a heartbreak

In Sympathy Of A Heartbreak, che avrebbe dovuto essere il vero e proprio nuovo lavoro di quest’anno (ed è uscito inizialmente solo come download ma recentemente è stato stampato anche fisicamente) è stato ultimato verso la fine del 2019 e pubblicato nei primi mesi del 2020, Dad & The Monkey è stato completato appena prima che il Covid sconvolgesse le vite di tutti e messo in commercio molto prima del previsto, mentre NY To Norway & Back è, come recita il sottotitolo Songs From The Lockdown, una sorta di “instant record” figlio della pandemia. Cominciamo dal primo: In Sympathy Of A Heartbreak è un vero e proprio lavoro a due tra Chip, che canta e suona la chitarra acustica, ed il suo abituale collaboratore Goran Grini, musicista norvegese di origini slave che si occupa di tutti gli altri strumenti. Ballate lente, meditate e profonde nel tipico stile quasi sussurrato di Taylor, il cui modo di porgere i brani tra cantato e talkin’ è in grado di provocare più di un brivido lungo la schiena. Le mie preferenze tra le undici canzoni del CD vanno alla toccante title track e Together We’re Not Much, entrambe per voce, chitarra, piano e feeling enorme, la splendida It’s Hard To Sing This Song (ma sentite la voce, se non vi suscita emozioni è un vostro problema https://www.youtube.com/watch?v=FbzrGIXXHcc ), la breve ma intensa Thank You For The Offer, cantata quasi sottovoce, la bellissima Bad Bus Ride, con Grini che stende un background sonoro perfetto nella sua essenzialità https://www.youtube.com/watch?v=uRt5X0RnJ14 , le deliziose Little Girl In Blue e Senseless.

chip taylor dad & the monkey

Dad & The Monkey è invece un album pieno di canzoni autobiografiche come spesso Chip è uso fare, brani ispirati alla figura del padre Elmer e suonati con una strumentazione più elettrica (che non vuol dire rock), grazie anche all’ottima chitarra del fido John Platania ed al basso elettrico di Tony Mercadante (mentre qui Grini si limita agli archi sintetizzati in due pezzi, e non c’è la batteria https://www.youtube.com/watch?v=3U1dhxEmsN4 ). Le migliori sono la folkeggiante title track, cantata con voce ancora più calda del solito, Whatever Makes, dalla melodia semplice e lineare che somiglia vagamente a quella di Across The Borderline di Ry Cooder https://www.youtube.com/watch?v=FHl4q48XPTg , OK Guy, in cui Chip scandisce il ritno con delle…monete, le preziose Rockin’ Chair e Cowboy Music, con Platania che suona in punta di dita, le commoventi Other Days Like This e One More Night With Shadows e la quasi country Hey Joan Somebody.

chip taylor ny to norway & back

NY To Norway & Back è invece stato concepito in pieno isolamento, ed il titolo “spoilera” come sono avvenute le registrazioni: Chip ha inciso dei demo per voce e piano elettrico (e la chitarra in un brano solo), li ha inviati per email in Norvegia a Grini, il quale ha aggiunto parti di basso, organo e mellotron e li ha poi rispediti al mittente. Ed il disco, nonostante gli arrangiamenti più spogli che mai (o forse proprio grazie a ciò) è probabilmente il migliore dei tre, dieci bozzetti di pura poesia musicale e di grande forza interiore, con diversi momenti emozionanti. Qualche titolo, ma potrei citarli tutti: I Find Myself Looking At You https://www.youtube.com/watch?v=O57w8UxxxkU , In My New Beautiful World, Wounded, Easter Morning, Buy A Whiskey For A Friend  https://www.youtube.com/watch?v=bjK2SB26AHc e Which Wants What (formidabile quest’ultima, da pelle d’oca https://www.youtube.com/watch?v=NZY0h35cK34 ). Chip Taylor non delude mai, e questi tre dischi sono un perfetto modo di trascorrere le prossime serate festive (tanto per cambiare chiusi in casa): sinceratevi solo di avere a portata di mano un buon whisky, ma si possono ascoltare anche sorseggiando una bibita analcolica, la qualità non diminusice.

Marco Verdi

Anche Ai Giorni Nostri Sarebbero Una Grande Band! The Pogues – The BBC Sessions 1984-86

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The Pogues – The BBC Sessions 1984-86 – BBC/Warner CD

Oggi purtroppo non si parla più molto dei Pogues, gruppo anglo-irlandese tra i più originali degli anni ottanta, e perciò questo CD intitolato The BBC Sessions 1984-86 (già uscito in vinile per il Record Store Day ma con meno canzoni e solo riguardanti il biennio 1984-85) giunge più che gradito. Formatisi a Londra nel 1982, in breve i Pogues si affermarono come una delle band più creative e coinvolgenti del periodo con la loro fusione di musica tradizionale irlandese ed un punk-rock degno dei Clash (non a caso Joe Strummer farà brevemente parte del gruppo nel 1991), grazie a dischi uno più bello dell’altro ed esibizioni dal vivo letteralmente travolgenti. Musicalmente la band era un treno lanciato, ed era guidata dal particolare carisma del leader Shane McGowan, brutto, sdentato, con le orecchie a sventola ed un rapporto molto stretto con la bottiglia (penso che l’ultima volta che è stato sobrio facesse ancora le scuole medie), ma con una carica eccezionale sul palco ed un innato talento nel songwriting, al punto che, quando fu licenziato nel ’91 a causa della sua ormai cronica inaffidabilità, il resto della band pubblicò ancora due album piuttosto modesti e poi si sciolse.

The BBC Sessions 1984-86 documenta il meglio di sei sessions inedite che Shane e compagni tennero per la nota emittente britannica (tutte senza pubblico), partendo da quando non avevano ancora inciso neppure un disco e si chiamavano ancora Pogue Mahone (che in gergo irlandese significa “baciami il c..o”), fino ad uno show del novembre 1986 quando erano già una bella realtà avendo pubblicato i loro primi due album, Red Roses For Me e Rum Sodomy & The Lash, che nel CD sono rappresentati, tra canzoni finite sugli LP e b-sides di singoli, da ben dieci tracce ciascuno. Oltre a McGowan abbiamo Spider Stacy al tin whistle, James Fearnley alla fisarmonica, Jem Finer al banjo, Cait O’Riordan al basso (sostituita negli ultimi pezzi da Daryll Hunt) ed Andrew Ranken alla batteria, ai quali si aggiunge dal luglio 1985 Philip Chevron alla chitarra e mandolino. Le danze iniziano con la gioiosa Streams Of Whiskey, un folk-rock eseguito con grande energia e dal ritornello irresistibile, uno dei brani simbolo dei nostri, e proseguono con il meglio della loro produzione del periodo, come la coinvolgente rilettura del traditional Greenland Whale Fisheries, la splendida Boys From The County Hell (unico pezzo presente due volte insieme alla saltellante e strepitosa Sally MacLennane), dal ritmo forsennato e refrain accattivante, ed il noto standard The Auld Triangle, già un successo in passato per i Dubliners.

Ma gli highlights non si fermano certo qui, e possiamo goderci anche il formidabile strumentale Dingle Regatta, pura Irish music suonata con piglio da rock band, la filastrocca Poor Paddy On The Railway, punk-folk al 100%, l’inedito Connemara Let’s Go, con fisa e banjo in evidenza, la breve ma contagiosa Whiskey You’re The Devil (perfetta da ascoltare con una pinta di Guinness in mano), e Wild Cats Of Kilkenny, altro strumentale decisamente vibrante. Non mancano le ballate tipiche del gruppo, come la bellissima Navigator, un canto marinaresco dal chiaro sapore tradizionale, la toccante A Pair Of Brown Eyes, tra i classici assoluti di McGowan e soci, e la magnifica cover di Dirty Old Town di Ewan MacColl. Ci sono anche un paio di brani tratti dal film Straight To Hell, uno strano western con i Pogues e Strummer protagonisti, e cioè la suggestiva ed intensa folk ballad Danny Boy e l’indemoniata The Rake At The Gates Of Hell. I pezzi registrati nel 1986 sono in realtà un’anticipazione dell’album If I Should Fall From Grace With God del 1988 (forse il loro capolavoro), vale a dire la splendida title track, la cadenzata ballad Lullaby Of London e l’orientaleggiante e godibilissima Turkish Song Of The Damned.

I Pogues erano una grande band, e The BBC Sessions 1984-86 è qui per ricordarcelo.

Marco Verdi

La Conferma Di Una Delle Più Intriganti Band Americane A Guida Femminile. Native Harrow – Closeness

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Native Harrow – Closeness – Loose Records

Una delle più piacevoli sorprese dello scorso anno in ambito folk-rock e dintorni (e non solo, anche in generale) era stato l’album Happier Now dei Native Harrow, il primo con una distribuzione adeguata, dopo due dischi diciamo più autarchici, distribuiti in proprio https://discoclub.myblog.it/2019/07/18/un-duo-decisamente-interessante-lei-una-voce-affascinante-native-harrow-happier-now/ . Parliamo di gruppo, ma in effetti sono un duo, basato a New York, e che ruota soprattutto intorno alla bellissima voce di Devin Tuel, una autrice che rimanda a quella felice stagione dei cantanti folk fine anni ‘60, primi anni ‘70, che esploravano nuove strade sonore dove il folk si arricchiva di morbide derive rock e di arrangiamenti più complessi ed avventurosi.

La nostra amica aggiunge anche elementi attuali di certo alternative rock ed indie, quello più raffinato e ricercato: la Tuel si occupa di chitarre, elettriche ed acustiche, oltre che di “giocare” con la propria voce, che grazie alle possibilità delle tecniche di registrazioni viene spesso moltiplicata, frequentemente con risultati affascinanti, mentre il suo pard, coautore e co-produttore Stephen Harris, suona quasi tutto il resto, tastiere, basso elettrico ed acustico, oltre a molte altre chitarre, quasi a cascata, affidando l’uso della batteria ad Alex Hall, membro aggiunto, e ingegnere del suono, già presente nel precedente CD, e che suona anche vibrafono, percussioni ed altre tastiere, quindi il suono alla fine risulta molto ricco e spesso avvolgente.

Registrato come Happier Now in quel di Chicago tra fine 2019 e i primi giorni del 2020, quindi poco prima dell’avvento della pandemia, e permettendo alla band anche un piccolo tour prima dello stop alla musica live, Closeness si apre con la mossa e grintosa Shake, dove sulle ali di una chitarra elettrica fuzzy e mille altri strumenti si apprezza subito la vocalità calda e radiosa della Tuel che scalda il cuore dell’ascoltatore. The Dying Of Ages è molto anni ‘70, soffice e sinuosa, ma con una orecchiabilità che non è delitto di lesa maestà, bensì un pregio della musica dei Native Harrow, che cercano di non impegolarsi in un sound volutamente oscuro e troppo “moderno”, spesso senza costrutto, come ribadisce il folk più classico della dolce Smoke Burns, più intima e solenne, sempre con quella voce deliziosa e senza tempo in azione, c’è spazio anche per brani più ritmati ed immediati come Same Every Time, dove il suono di un Moog Synthesizer vintage e qualche breve citazione in francese aggiungono un fascino d’antan, mais oui. Carry On è del tutto degna delle migliori cose di Carole King e Laura Nyro, con retrogusti soul, piano e un organo filante, che fanno da apripista ad un bellissimo assolo della elettrica, il tutto che rimanda nuovamente ai gloriosi primi anni’70, con la voce celestiale di Devin in multitracking https://www.youtube.com/watch?v=d48A0HZXqbU .

If I Could addirittura vira verso un funky-folk ispirato dal sound di Bill Withers, con un approccio più bianco, ma sempre con la moltiplicazione dei ritmi e delle voci. In un album come questo non può mancare un chiaro accenno ad atmosfere jazzy, risolte nella notturna Turn Turn, dove vibrafono e organo rimandano anche allo stile felpato di Melody Gardot o di Rickie Lee Jones, bellissimo comunque; Even Peace, con il suo baroque pop potrebbe appartenere a qualche disco perduto di Judy Collins, o a una woman band, sempre la Tuel, che con le sue voci sovraincise ricorda i Mamas And Papas dei brani meno noti https://www.youtube.com/watch?v=cx_sNWHxBoI , e anche la squisita ballata pianistica Feeling Blue, ci rammenta le cantautrici che popolavano in quegli anni la West Coast (qualcuno ricorda la compianta Judee Sill, Wendy Waldman o la prima Carly Simon?), mentre per la conclusiva orchestrale Sun Queen, non possiamo non citare l’inglese Sandy Denny, oppure la “regina” assoluta Joni Mitchell, che aveva un timbro vocale diverso, ma in qualcuna delle sue diverse fasi ha sicuramente influenzato Devin Tuel, che aiutata dai suoi Native Harrow ci ha regalato un altro album di grande spessore e anche estrema piacevolezza.

Bruno Conti

Un Inatteso E Gradito Ritorno Della “Strana Coppia”. Leo Kottke & Mike Gordon – Noon

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Leo Kottke & Mike Gordon – Noon – ATO CD

Sinceramente ero convinto che Leo Kottke, grandissimo chitarrista acustico titolare di una lunga carriera iniziata a fine anni 60, avesse appeso definitivamente il suo strumento al chiodo, dal momento che il suo ultimo album Sixty Six Steps (il secondo in duo con Mike Gordon, bassista dei Phish, dopo Clone) risaliva ormai al 2005. Ho accolto quindi con molto piacere la notizia che Kottke stava per pubblicare della nuova musica e sempre insieme a Gordon: Noon, terzo disco in collaborazione con il musicista del Vermont, ci mostra che nonostante l’età, 75 anni, ed i tre lustri lontano dai riflettori il nostro non ha perso lo smalto ed è ancora in grado di dare del tu al suo strumento. Kottke è sempre stato giustamente considerato l’erede del geniale John Fahey, e probabilmente è il miglior chitarrista acustico della sua generazione (in possibile coabitazione con Bert Jansch), e Noon, pur non essendo al livello dei suoi lavori più celebrati, è un dischetto suonato benissimo che si lascia ascoltare con grande piacere.

Leo non ha perso la voglia di suonare, e le sue dita scorrono ancora che è una meraviglia nonostante negli anni 80 abbia dovuto adottare un approccio più classico e “tranquillo” a cause di una grave forma di tendinite: da parte sua Gordon lo accompagna con la solita puntualità che gli conosciamo coi Phish, ma si tiene quasi in disparte come se volesse riconoscere a Kottke la leadership del progetto (ed infatti Mike scrive e canta solo tre canzoni, mentre Leo ne compone il doppio e due sono cover). Prodotto da Jarod Slomoff, Noon ci regala quindi 40 minuti circa in cui i nostri suonano per il piacere di farlo, tra folk e musica d’autore con elementi blues e jazz qua e là: non ci sono solo i due leader in session, ma troviamo anche il compagno di Gordon nei Phish Jon Fishman alla batteria in cinque pezzi, Zoe Keating e Brett Lanier rispettivamente al violoncello e steel guitar in un brano a testa e lo stesso Slomoff ai cori. Il CD inizia con Flat Top, una folk tune strumentale dalla purezza cristallina, con i due amici che suonano con estrema fluidità, brano che confluisce subito nella prima cover: Eight Miles High è proprio il classico dei Byrds, ed è reinventata da capo a piedi trasformandosi da rock song psichedelica a canzone di stampo cantautorale in cui chitarra e basso si rincorrono percorrendo scale ascendenti e discendenti, e la voce arrochita di Kottke che intona la nota melodia (che è l’unico punto in comune con l’originale).

I Am Random, di Gordon, è un limpido brano cadenzato dal taglio melodico moderno vicino a certe cose dei Phish, ma con la chitarra di Leo che si adatta senza problemi (si sente il tono informale della session: al secondo minuto i due e Fishman sembrano incartarsi su loro stessi, poi ci ridono su e ricominciano a suonare come un attimo prima). Noon To Noon è una ballata di stampo folk-jazz (e qui sento tracce di Jansch), Kottke suona che sembrano in tre ed il basso non funge solo da mero accompagnamento, From The Cradle To The Grave è uno slow terso e delicato cantato a più voci, dalla struttura cantautorale e motivo gradevole, mentre How Many People Are You è un pezzo dalla ritmica spezzettata e leggermente swingato, con un pizzico di follia come da prassi con Gordon: forse non una grande canzone, ma è riscattata dalla prestazione chitarristica di Leo.

Con lo strumentale Ants siamo ancora in territori folk, una canzone purissima nella quale le dita di Leo lavorano di fino fornendo una delle migliori performance del CD, mentre Sheets è addirittura splendida, una ballata toccante e profonda che ci conferma (ma non ce n’era bisogno) che Kottke non è solo un grande chitarrista ma un artista completo. Alphabet Street di Prince è la cover che non ti aspetti, un brano che non ho mai amato ma che in questo arrangiamento tra country e blues guadagna diversi punti; il dischetto termina con la folkeggiante Peel, il più “normale” tra i pezzi scritti da Gordon, con un ottimo gioco di voci, e con la guizzante e melodicamente deliziosa The Only One, che oltre ad un titolo di canzone potrebbe essere anche un azzeccato soprannome per Leo Kottke, dal momento che ancora oggi suona la chitarra acustica come nessun altro.

Marco Verdi

Gli Anni Migliori Di Un Grandissimo Songwriter. John Prine – Crooked Piece Of Time

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John Prine – Crooked Piece Of Time: The Atlantic And Asylum Albums – Rhino/Warner 7CD Box Set

Una delle perdite più gravi di questo maledetto 2020 è stata certamente quella di John Prine, grandissimo singer-songwriter che al suo esordio era stato indicato come uno dei tanti “nuovi Dylan”, ma che in poco tempo riuscì ad affermarsi come uno dei più lucidi e talentuosi artisti in circolazione arrivando quasi al livello del grande Bob (che tra parentesi è sempre stato un suo sincero ammiratore). Oggi non sono qui per commemorare la figura di Prine (a tal proposito vi rimando al mio post di aprile https://discoclub.myblog.it/2020/04/08/uno-dei-piu-grandi-cantautori-di-tutti-i-tempi-a-73-anni-ci-ha-lasciato-anche-john-prine-ed-un-ricordo-di-hal-willner/ ), ma per parlare nel dettaglio del cofanetto da poco uscito Crooked Piece Of Time, un pratico box in formato “clamshell” che include i primi sette album del cantautore di Chicago, quattro pubblicati in origine dalla Atlantic e tre dalla Asylum, che vanno a formare il suo periodo sicuramente migliore e più fertile. I sette dischetti sono stati opportunamente rimasterizzati e sono presentati in pratiche confezioni simil-LP, con all’interno tutti i testi (tranne che nell’album Pink Cadillac) e con accluso un libretto che comprende le tracklist disco per disco (ma non i musicisti) ed un bel saggio dell’ormai onnipresente David Fricke, oltre ad un bellissimo ritratto di John in copertina realizzato appositamente per questo box dal pittore Joshua Petker.

Ma veniamo nel dettaglio al contenuto musicale del cofanetto (che ha anche un prezzo interessante, circa 40 euro).

John Prine (1971). Messo sotto contratto dalla Atlantic, che lo ha notato come opening act dei concerti di Kris Kristofferson, Prine entra in studio con il famoso produttore Arif Mardin (che sarà presente anche nei due album seguenti) e con musicisti del giro di Elvis (Reggie Young, Bobby Emmons, Bobby Wood e Gene Chrisman), oltre all’amico e collega Steve Goodman. John Prine è uno dei debutti più fulminanti della storia della nostra musica, il classico album da cinque stelle che a posteriori sembra più un greatest hits che un disco nuovo. Un vero capolavoro, con canzoni formidabili come Illegal Smile, Hello In There (il brano più bello di sempre sulle persone anziane), Sam Stone (pezzo del quale Roger Waters, grande fan di John, ha ripreso la melodia pari pari per la sua The Post War Dream, che apriva The Final Cut dei Pink Floyd), Paradise, Far From Me, Angel From Montgomery e Donald And Lydia: una sequenza impressionante, canzoni che molti autori non scrivono in una carriera intera.

Ma nel disco ci sono altri brani strepitosi come l’irresistibile country song Spanish Pipedream, l’elettrica Pretty Good (questa sì dylaniana), la divertente Your Flag Decal Won’t Get You Into Heaven Anymore, la prima di una lunga serie di canzoni dal testo esilarante, la vivace e swingata Flashback Blues.

Diamonds In The Rough (1972). Album diverso nelle sonorità rispetto al precedente, in quanto John si presenta con un ristretto gruppo di musicisti (tra i quali figura anche David Bromberg) e mette a punto un album influenzato dalla musica folk, country e bluegrass delle origini, nel suono più che nelle canzoni che sono tutte sue tranne la title track che è della Carter Family.

Anche qui i pezzi da novanta non mancano, come il puro country della limpida Everybody, la classica Souvenirs, una delle sue ballate più note, il scintillante folk tune The Late John Garfield Blues, le graffianti bluegrass songs The Frying Pan e Yes I Guess They Oughta Name A Drink After You, la deliziosa Billy The Bum, solo voce, chitarra e dobro ma un mare di feeling e l’intensa The Great Compromise, con John in completa solitudine.

Sweet Revenge (1973). Prine torna a sonorità più elettriche con un altro splendido disco, il migliore della decade dopo l’inarrivabile esordio, con sessionmen di Nashville non famosissimi ma che cuciono intorno alla voce del nostro un accompagnamento perfetto. L’album parte alla grande con il rock-soul-gospel della title track e poi mette in fila una serie di canzoni di primissima qualità: Please Don’t Bury Me e Grandpa Was A Carpenter sono due country-rock irresistibili, Dear Abby, acustica e dal vivo (a New York) fa morire dal ridere, Christmas In Prison è una delle sue migliori ballate di sempre.

Ma poi c’è l’ariosa Blue Umbrella che è una country song semplicemente sublime, il rock’n’roll di Onomatopeia, il delizioso valzerone The Accident, la pura e cristallina Mexican Home, per concludere con una trascinante cover del classico di Merle Travis Nine Pound Hammer.

Common Sense (1975). Registrato tra Memphis e Los Angeles con la produzione del grande Steve Cropper, questo album non contiene superclassici ma è sempre stato uno dei miei preferiti grazie ad una qualità compositiva media decisamente alta e ad un suono più rock del solito, merito anche degli interventi dello stesso Cropper, del bassista suo compagno negli MG’s Donald “Duck” Dunn, di Rick Vito alle chitarre, di una sezione fiati e con il contributo alle backing vocals da parte di Jackson Browne, Glenn Frey, J.D. Souther e Bonnie Raitt.

Gli highlights sono il rockin’ country con fiati dal sapore sudista Middleman, la squisita e solare ballata che intitola il disco, dal mood californiano (non per nulla partecipano Browne, Frey e Souther), l’honky-tonk Come Back To Us Barbara Lewis Hare Krishna Beauregard, dallo strepitoso ritornello con la Raitt alla seconda voce, le vibranti rock ballads Wedding Day In Funeralville e My Own Best Friend, quest’ultima con un godurioso intreccio di chitarre elettriche e slide, la caraibica e scoppiettante Forbidden Jimmy, l’errebi rockeggiante della notevole Saddle In The Rain e la stupenda ballata He Was In Heaven Before He Died, degna di stare sul primo album del nostro. Finale a tutto rock’n’roll con una travolgente cover di You Never Can Tell, classico di Chuck Berry.

Bruised Orange (1978). Prine, scontento di come la Atlantic gestisce la sua figura, si accasa alla Asylum per tre dischi (e le cose non andranno meglio), tentando senza successo di fare un disco con la produzione di Cowboy Jack Clement. Un po’ sfiduciato dall’esperienza John torna a Chicago e chiede aiuto all’amico Steve Goodman, che gli produce questo Bruised Orange che si rivela un altro grande lavoro, solo di poco inferiore a Sweet Revenge.

Si inizia alla grande con lo strepitoso country-rock cadenzato di Fish And Whistle ed il livello si mantiene alto anche alla distanza. There She Goes è un western swing decisamente gustoso, If You Don’t Want My Love, scritta insieme a Phil Spector, una languida ballata che svela il lato romantico di John, mentre le splendide That’s The Way The World Goes ‘Round, Bruised Orange e Sabu Visits The Twin Cities Alone sono giustamente entrate a far parte dei suoi classici. Infine, un cenno al brano che intitola questo cofanetto, che sembra Dylan con alle spalle The Band, ed alla deliziosa folk song The Hobo Song, con un maestoso coro che comprende ancora Browne ed anche Ramblin’ Jack Elliott.

Pink Cadillac (1979). Prine torna a Memphis e si fa produrre dai figli del mitico Sam Phillips, Jerry e Knox (ma due pezzi vedono alla consolle proprio il vecchio Sam): il problema però è che John questa volta non ha abbastanza materiale valido (ed anche quello che porta non è al livello solito), con il risultato che su dieci brani totali la metà sono cover.

Tra i pezzi originali segnalo la potente Chinatown, con chitarre e piano in evidenza, il rockabilly Automobile, l’elettrica e sanguigna Saigon e la ballata dal sapore soul Down By The Side Of The Road, forse il brano migliore del disco. Tra le cover spiccano i classici rock’n’roll Baby Let’s Play House e Ubangi Stomp e l’honky-tonk song di Floyd Tillman Cold War (This Cold War With You).

Storm Windows (1980). Ultimo album di John per una major prima di fondare la Oh Boy Records, Storm Windows è un altro disco splendido, registrato ai mitici Muscle Shoals Sound Studios di Sheffield, Alabama, sotto la produzione di Barry Beckett.

La ballata pianistica che intitola l’album è un mezzo capolavoro, ma poi abbiamo le due rock’n’roll songs Shop Talk e Just Wanna Be With You, una più coinvolgente dell’altra, la fulgida Living In The Future, brano rock tipico di Prine (quindi bello), la tersa ed incantevole country ballad It’s Happening To You, la cristallina Sleepy Eyed Boy, splendida anche questa, e la gentile One Red Rose.

Se non conoscete John Prine (ne dubito, se siete su questo blog) o più semplicemente non possedete tutti i suoi album, Crooked Piece Of Time è un cofanetto da non perdere.

Marco Verdi