Il Lungo Addio: Un Doppio Sguardo Nel Passato Della Grande Band Scozzese. Runrig – One Legend-Two Concerts

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Runrig – One Legend-Two Concerts: Live At Rockpalast 1996 & 2001 – MIG/WDR 4CD/2DVD Box Set

Il lungo addio alle scene dei Runrig, storica folk-rock band scozzese (una vera istituzione in patria), dovrebbe essersi definitivamente chiuso con il live celebrativo The Last Dance uscito nel 2019 https://discoclub.myblog.it/2019/10/14/e-con-questo-bellissimo-live-siamo-davvero-giunti-forse-al-gran-finale-runrig-the-last-dance-farewell-concert/ , ed è perciò con grande piacere che accogliamo questo One Legend-Two Concerts, ennesimo episodio della fortunata serie Live At Rockpalast che documenta concerti del passato in terra di Germania trasmessi all’epoca in televisione. Come suggerisce il titolo, questa volta i tipi della Rockpalast hanno fatto le cose in grande, pubblicando ben due concerti completi dei Runrig sia in versione audio che video, per un totale di quattro CD e due DVD in un pratico box in confezione clamshell. Il cofanetto ci presenta quindi il gruppo delle Ebridi in due momenti diversi della carriera, a Dusseldorf il 3 febbraio 1996 ed a Colonia il 15 dicembre 2001, due serate che vedono il gruppo in momenti molto diversi nonostante ci siano solo cinque anni tra uno show e l’altro https://www.youtube.com/watch?v=lAN01onpzQU .

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Lo spettacolo del 1996 infatti è uno degli ultimi con il leader e cantante storico Donnie Munro, che da lì a poco abbandonerà la band per entrare in politica, mentre quello del 2001 vede alla voce solista Bruce Guthro, che ha guidato il gruppo fino allo scorso anno: c’è anche un cambio di tastierista (Brian Hurren al posto di Peter Wishart), mentre il chitarrista Malcolm Jones, il percussionista Calum MacDonald e la sezione ritmica formata da Rory MacDonald e Iain Bayne sono al loro posto in entrambe le serate. Lo stile però rimane lo stesso (con una leggera preferenza da parte mia per il secondo show), brani folk-rock elettrici e trascinanti, veri e propri inni per i fans del gruppo, alternati a ballate profonde e suggestive, con una qualità compositiva di alto livello che ci fa perdonare un’occasionale magniloquenza nei toni: la grandezza del gruppo si vede anche dal fatto che, a distanza di appunto soli cinque anni, le due scalette hanno brani al 90% diversi, con sole tre ripetizioni (Skye, Flower Of The West e Loch Lomond). Per la verità l’inizio del primo concerto non è dei migliori, in quanto l’uno-due tra Day In A Boat e Nothing Like The Sun sembra più musica new age che rock, ma le cose migliorano subito con la roccata City Of Lights, forse un po’ ruffiana ma trascinante al punto giusto e dotata di una di quelle melodie che hanno fatto la fortuna del gruppo.

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Altri highlights di uno show che vi farà comunque trascorrere due ore piacevoli (ripeto, a parte qualche tentazione radiofonica i Runrig erano una grande band) sono la deliziosa Rocket To The Moon, dal refrain irresistibile, l’intensa Road And The River, ballata dai toni solenni, il medley The Mighty Atlantic/Mara Theme https://www.youtube.com/watch?v=4YjxnvMLfwg , con splendido assolo chitarristico finale  , la classica The Greatest Flame, uno slow pianistico coi fiocchi, la saltellante ed Irish-oriented Healer In Your Heart, dal motivo corale che lascia il segno, l’evocativa ed orecchiabile Only The Brave ed uno strepitoso finale, tre canzoni per 25 minuti di musica, con la potente Alba, la lunga e fluida Flower Of The West e la popolare Loch Lomond (il loro primo successo) in una notevole versione di quasi nove minuti, un pezzo che anche il pubblico tedesco mostra di conoscere a memoria https://www.youtube.com/watch?v=mV5D3hdYcNo .

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Il secondo concerto come ho già detto presenta una setlist molto diversa, ma la sostanza non cambia: grandi canzoni alternate ad altre più normali, ma con l’innata capacità dei nostri di trascinare il pubblico, e Guthro che ha una voce più diretta di Munro ed uno stile meno declamatorio. Tra i brani più coinvolgenti ci sono l’arioso folk-rock Saints Of The Soil https://www.youtube.com/watch?v=KjEGNCCn0eE , le suggestive ballate Book Of Golden Stories e One Thing, il gaelic rock di A Dh’Innse Na Firinn, la pulsante Protect And Survive, altra melodia vincente, la strepitosa Every River, una delle loro ballate più emozionanti, le travolgenti gighe rock Pride Of The Summer (con un verso improvvisato in tedesco) e An Sabhal Aig Neill, il singalong di The Stomping Ground e gli straordinari nove minuti di Maymorning, con Guthro che gioca ad improvvisare Jingle Bells https://www.youtube.com/watch?v=4TzNLxz_Er8 . Finale con il solito inno Loch Lomond e, visto che siamo a dieci giorni da Natale, un breve accenno a Silent Night  .

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Nella discografia dei Runrig gli album dal vivo non mancano di certo, ma questo One Legend-Two Concerts è indubbiamente difficile da bypassare.

Marco Verdi

Dalla Scozia Energia “Celtic-Rock”! Mànran – An Dà Là – The Two Days

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Mànran – An Dà Là – The Two Days – Mànran Records

*NDB Come ogni tanto capita, siamo un po’ in ritardo sull’uscita, visto che è uscito un annetto fa circa, ma perché non parlarne comunque, se merita?

I Mànran, per chi già non li conoscesse, sono un sestetto scozzese apparso nel panorama musicale nel 2013 con l’ottimo The Test (puntualmente recensito all’epoca dall’amico Bruno http://discoclub.myblog.it/2013/09/22/gaelic-folk-rock-manran-the-test-5704913/ ), ma per dovere di cronaca, come ricordato in quel post, avevano esordito con l’album omonimo The Mànran nel 2011, e dopo quattro anni di tour e concerti pressoché costanti, tornano con questo “burrascoso” nuovo lavoro An Dà Là – The Two Days (deriva da una espressione “gaelica” indicativa di grande cambiamento), e nel loro caso si riferisce ai vari cambiamenti nelle “line-ups” del gruppo, e musicalmente in una ancora maggiore potenza nelle tracce strumentali, e in una incredibile energia che fluisce nei brani folk-rock. Va detto comunque che la musica non è cambiata di un millimetro, con canzoni che si basano sempre sulle radici tradizionali celtiche e influenze logicamente contemporanee, e vede l’attuale line-up composta dai membri storici Ewen Henderson al violino, highland pipes e voce, Ryan Murphy a wooden flute e uilleann pipes, Ross Saunders al basso e voce, Gary Innes alla fisarmonica, con l’inserimento di Craig Irving alle chitarre e voce, e Mark Scobbie alla batteria e percussioni, con un risultato che porta un tonificante “sound” che invita alla danza e quindi a muovere il piedino.

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https://www.youtube.com/watch?v=2slfyIUZ65s

Il brano iniziale è lo strumentale Fiasco, e incarna perfettamente l’approccio della band alla musica tradizionale, con largo uso di violino, highland pipes, uilleann pipes e wooden flute, mentre la seguente Trod è una bel brano danzante cantato in “gaelico”, che precede un altro brano strumentale come la “tiratissima” Inspector, per poi omaggiare il cantautore folk canadese (ma nato in Scozia) David Francey, con la bella Pandora, cantata con trasporto dalla voce principale del gruppo Ewen Henderson dopo l’uscita dal gruppo del vecchio cantante Norrie Maclver. Altro giro e altro strumentale in una danza frenetica come Parallels, dove il violino e la fisarmonica dettano il ritmo, mentre Autobahn parte con una lunga introduzione musicale prima di terminare con una elegia cantata in gaelico, seguita da una sorta di traduzione letterale-musicale di Fios (composta dal bardo William Livingston), su un tessuto sonoro dal ritmo tambureggiante, a cui fa seguito ancora un classico energico rock gaelico come Alpha, dove la band ci trascina in un vertice di voci, pipes varie e fisarmonica. Con Alone arriva la prima ballata dell’album, una cover di Ben Harper (cercatela su Live From Mars), cantata al meglio da Craig Irving, come pure la title-track An Dà Là – The Two Days, un’intrigante e struggente brano cantato in versione bilingue da Ewen, prima della sarabanda finale con due infuocate e frenetiche “jigs” come Strong e Hour, dove la band si esprime a livelli altissimi di talento individuale, con una sezione ritmica granitica guidata dal bravo Mark Scobbie.

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https://www.youtube.com/watch?v=9eQZu5a9jBw

I Mànran attualmente volano alto, non solo nella natia Scozia, ma in concerti e festival vari dove sono invitati, in giro per il mondo, merito, come detto, degli arrangiamenti trasversali e dell’abilità strumentale dei musicisti del gruppo espressa in ogni brano, e che ha nel suo sviluppo una varietà di temi sonori in modo che la musica prodotta conservi la freschezza della primaria stesura originale. Anche se non forse raggiungeranno i livelli di gruppi storici come Tannahill Weavers, Runrig, Wolfstone, Capercaillie, o anche dei poco conosciuti, ma bravi Rock, Salt & Nails, per il sottoscritto i Mànran rimangono nell’attuale panorama musicale folk celtico, un solido gruppo di riferimento per le vecchie e nuove generazioni, il tutto certificato anche dal fatto che in patria sono veramente famosissimi.

Tino Montanari

Gaelic Folk Rock. Manran – The Test

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Manran – The Test – Manran Records – 2013

Sono un sestetto, vengono dalla Scozia, questo The Test è il loro secondo album (anche il primo, omonimo, del 2011, è un buon album, fateci un pensierino), fanno del folk-rock, o meglio del celtic-rock, meglio ancora, visto che usano molto quel linguaggio, del gaelic rock. Quindi discendono e si ispirano sicuramente ai Runrig (e anche  ai Capercaillie), altra band scozzese, di cui riprendono anche un brano in questo disco. Il loro stile è sicuramente influenzato dal rock, vista la presenza di una sezione ritmica e la presenza di chitarre acustiche e tastiere (suonate anche da Phil Cunningham, il produttore del disco e, nell’ordine, anche lui scozzese ed ex componente dei grandi Silly Wizard), ma soprattutto molto folk, contrassegnato dalla presenza di parecchi brani tradizionali e da diverse composizioni in gaelico (caratteristica che hanno in comune anche con i Waterboys, dei quali eseguivano nel primo album Sunny Sailor Boys o Maraiche Nan Aigh, per dirla in gaelico e perché no, pure i Clannad, altra band che ha fatto grande uso della lingua celtica, che proprio in questi giorni pubblica un nuovo disco di studio, dopo tanti anni).

Caratteristica della band è quella di avere nel proprio repertorio molto materiale strumentale, lunghe gighe e reels, dove violino, highland pipes e whistle, suonate da Ewen Henderson e uillean pipes e flauto di legno, suonati da Ryan Murphy, si amalgamano con una sezione ritmica molto marcata, à la Moving Hearts (per ricordare un’altra banda molto amata nel passato, anche se non hanno un Christy Moore in formazione): MSR, posta in apertura, fonde le due anime, lunghe improvvisazioni strumentali con improvvisi cambi di tempo, si alternano a sezioni cantate in gaelico da Norrie MacIver che è il cantante del gruppo, nonché chitarrista.

L’energia e la grinta sono palpabili ma si stemperano nella bella ballata mid-tempo Tamhasg (con questi titoli mi si impastano anche i tasti del PC) (Shadow per gli amanti della lingua inglese) e nella incalzante Dhèanainn Sùgradh, che in inglese farebbe I Will Sport With The Black-Haired Girl, misteri delle lingue antiche. 10k Tattie è un medley solo strumentale di tre brani, dal sound tipicamente folk, sempre con l’immancabile sezione ritmica presente a sottolineare le evoluzioni dei solisti del gruppo, che oltre ai citati Henderson e Murphy, si avvale anche dell’ottimo Gary Innes all’accordion, i continui cambi di tempo sono all’ordine del giorno, come nel buon folk-rock che si rispetti.

Per dimostrare che a scuola hanno studiato anche l’inglese ecco un’altra bella ballata, Maria (aah che sollievo!), scritta per la parte musicale dal bassista Ross Saunders, anche se trattasi di medley con Kerlou, naturalmente in gaelico, molto evocativo nel suo andamento. The Test, a dimostrazione della democrazia compositiva che vige nel gruppo, porta la firma del batterista Scott Mackay, e questo è  inglese, ragazzi, un bel brano melodico quasi pop-rock, con le tastiere di Cunningham a sottolineare gli inserti tradizionali degli strumenti a corda e fiato, fondamentalmente una bella canzone. Jigs, come evidenzia il titolo è un altro lungo medley strumentale che profuma di vecchi brani di Fairport Convention o Steeleye Span, trascinante e spumeggiante come si conviene al buon folk (rock).

Tillidh Mi( I’ll Return) è la cover dei Runrig di cui vi dicevo in apertura di recensione, tratto dal primo album Play Gaelic e scritta ai tempi dai fratelli MacDonald, secondo me è un pezzo di rock gaelico, ho come questa impressione! The Fishing Boat, una collaborazione tra Lisa Sinclair, cantante scozzese a me sconosciuta e il pianista jazz islandese Astvaldur Traustasson (ma allora ditelo con ‘sti nomi) che illustra nuovamente il lato più melodico e riflessivo dei Manran e Overtime, un nuovo lungo vorticoso medley diviso in quattro parti, concludono più che degnamente il nuovo lavoro di questa band, che comincia a farsi conoscere in giro per il mondo e che sento di consigliare spassionatamente agli amanti del genere, forse non un capolavoro, un poco semplicistico in alcuni momenti, ma sicuramente un disco dai fondamentali solidi, il cuore batte ai giusti ritmi. Naturalmente, file under folk!

Bruno Conti