Torna Lo Springsteen Della Domenica: Una Full Immersion Nella Leggenda! Bruce Springsteen & The E Street Band – London 11/24/1975

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Bruce Springsteen & The E Street Band – London 11/24/1975 – live.brucespringsteen.net/nugs.net 2CD – Download

Il fatto che Bruce Springsteen sia uno dei migliori performer dal vivo nella storia della nostra musica è un fatto che si dà ormai per acquisito, ma c’era un tempo in cui il rocker del New Jersey era ancora un artista emergente che cercava di affermarsi con tanta fatica e tanto sudore. Se il tour del 1978 è giustamente diventato leggendario, stiamo comunque parlando di un musicista che era già famoso (almeno nel suo paese d’origine), e sono quindi gli show del 1975 quelli che hanno contribuito più di tutti a creare tale leggenda. In quell’anno Bruce era impegnato in una lunga ed estenuante tournée americana a supporto del suo terzo album Born To Run, ed aveva da poco avuto l’onore della famosa doppia copertina su Time e Newsweek, ma in novembre aveva fatto una breve puntatina in Europa per quattro concerti, due all’Hammersmith Odeon di Londra, uno a Stoccolma e l’altro ad Amsterdam, show che rimarranno gli unici in tutta la decade nel Vecchio Continente (infatti tornerà solo nel 1981).

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Lo show londinese del 18 novembre era già uscito nel 2005 come DVD (ed in seguito anche in doppio CD) all’interno del box set del trentennale di Born To Run, ma la seconda serata di sei giorni dopo era ancora inedita, almeno fino ad oggi,  visto che è stata scelta come nuova pubblicazione nell’ambito della benemerita serie di concerti live del Boss. E non si sarebbe potuto fare scelta migliore, in quanto London 11/24/1975 ci riporta letteralmente indietro con la macchina del tempo in un periodo in cui Bruce e la sua E Street Band avevano veramente i proverbiali occhi della tigre ed erano già un gruppo formidabile di musicisti, “il futuro del rock’n’roll” come aveva dichiarato nel ’74 il critico musicale e futuro produttore proprio del Boss Jon Landau. Non solo, ma questo secondo spettacolo londinese, oltre ad essere molto più lungo del primo (22 canzoni contro 16), è sempre stato ritenuto migliore sia dai fans che dallo stesso Springsteen, che il 18 novembre aveva a suo dire fornito una performance non del tutto soddisfacente innervosito dalla presenza delle telecamere. A me il doppio CD che documentava la prima serata era comunque piaciuto molto, ma questo del 24/11 è una vera bomba, con un Boss che regala ai presenti una performance fenomenale ben coadiuvato da un gruppo che era già una macchina da guerra, con la ciliegina di una setlist pazzesca specie nella parte finale.

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Un cocktail irresistibile di rock’n’roll, rhythm’n’blues e lunghe e fluide ballate pianistiche, con i nostri che rivisitano il meglio dei primi tre album di Bruce ed aggiungono una serie di cover da paura. Dopo un inizio con due pezzi dal nuovo disco (Thunder Road per sola voce, armonica, piano di Roy Bittan e glockenspiel di Danny Federici ed una Tenth Avenue Freeze-Out potente e concisa), il nostro guarda al suo passato prossimo con la soulful Spirit In The Night ed una drammatica e struggente Lost In The Flood https://www.youtube.com/watch?v=8DvTeI7-kLM , per poi tornare ai tempi recenti con l’uno-due formato da She’s The One e Born To Run (che non aveva ancora preso posto tra i bis). Dopo una sorprendente versione di undici minuti della hit dei Manfred Mann Pretty Flamingo https://www.youtube.com/watch?v=2OMF9B-UnLc  (che comunque ai tempi, a sua volta, con la Earth Band aveva inciso alcune eccellenti cover di Springsteen, contribuendo a spargere il verbo)), ecco un altro tuffo negli esordi con una breve ma sentita Growin’ Up ed una It’s Hard To Be A Saint In The City più vibrante che mai. A seguire, uno dei magic moments della serata, che vede i nostri (con Bittan su tutti) proporre due spettacolari riletture degli inni pianistici Backstreets e Jungleland, separati dai tre minuti scarsi della coinvolgente Sha-La-La delle Shirelles https://www.youtube.com/watch?v=8vWOaFPRXAo .

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Dopo le prevedibili ma sempre gradite Rosalita e 4th Of July, Asbury Park (Sandy) ecco il momento in cui lo show da grandissimo diventa leggendario: si parte con un raro omaggio ad Elvis con Wear My Ring Around Your Neck (suonata del Boss solo 14 volte in carriera), a cui fanno seguito i dieci fantastici minuti del Detroit Medley ed i nove di una commovente For You con Bruce da solo al pianoforte. Ma questo è solo l’antipasto, in quanto subito dopo arriva la classica When You Walk In The Room dei Searchers https://www.youtube.com/watch?v=qqJfsa1_wZg , una sontuosa Quarter To Three di Gary U.S. Bonds, i quasi undici minuti della sempre travolgente Twist And Shout ed un doppio tributo finale a Chuck Berry (ed al rock’n’roll) con Carol https://www.youtube.com/watch?v=dD7meTrv7YY  e Little Queenie. Un concerto che anche a distanza di 46 anni è in grado di mettere k.o. una mandria di tori, ed in più avrete la piacevole sensazione di rivivere in prima persona la nascita di un mito del palcoscenico. Alla prossima uscita, che riguarderà uno show newyorkese molto più recente (2009), ma con una notevole sorpresa in scaletta.

Marco Verdi

Lo Springsteen Della Domenica: L’Aria Di Casa Fa Sempre Bene! Bruce Springsteen & The E Street Band – Brendan Byrne Arena 1981

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Bruce Springsteen & The E Street Band – Brendan Byrne Arena 1981 – live.brucespringsteen.net/nugs.net 3CD – Download

Mi rendo conto che non è facile avere a che fare ogni mese con un album dal vivo di Bruce Springsteen e dover trovare nuovi aggettivi per descriverlo, dato che stiamo parlando del miglior performer di musica rock sulla faccia della terra e poi perché chi cura i suoi archivi live cerca sempre di scegliere per il meglio. A fianco quindi di concerti universalmente riconosciuti storici come Roxy 1975 oppure Agora Ballroom e Passaic 1978 spesso vediamo spuntare serate magari non così famose ma ugualmente spettacolari: è il caso per esempio della penultima uscita, Gothenburg 2012, show al quale nella recensione avevo attribuito un ipotetico punteggio di cinque stelle. Ebbene, a conferma che tutto è relativo, se al concerto in terra svedese di otto anni fa ho dato il massimo, per la performance di cui mi accingo a scrivere di stelle dovrei darne sei o sette.

Stiamo parlando infatti di una serata della tournée di The River del 1981 (il 9 luglio) alla Brendan Byrne Arena di East Rutherford in New Jersey, quindi il miglior tour di sempre del Boss (*NDB Confermo, io ero presente alla data all’Hallenstadion di Zurigo dell’11 aprile) assieme a quello del 1978, in una location “casalinga” nella quale il nostro è sempre stato portato a dare qualcosa di più. Il concerto, poco meno di tre ore, è quanto di più vicino ci sia alla perfezione, con il nostro e la sua E Street Band che riescono a mantenere la performance su livelli di assoluta eccellenza dalla prima all’ultima canzone ed una scaletta decisamente spostata sul lato rock’n’roll, anche se quando è il turno delle ballate i brividi e la pelle d’oca si sprecano. Già l’inizio, con una delle migliori Thunder Road mai sentite, è commovente (ci si può commuovere fin dalla prima canzone? In un concerto di Springsteen sì), ma poi abbiamo un uno-due al fulmicotone con Prove It All Night (grande assolo di chitarra) e The Ties That Bind, seguite dalla sempre splendida Darkness On The Edge Of Town. Dopo una versione quasi a cappella di Follow That Dream di Elvis ed una struggente Independence Day con tanto di dedica da parte di Bruce a suo padre, abbiamo due scintillanti Two Hearts e The Promised Land seguite da una folkeggiante e lenta ripresa dell’inno americano non ufficiale This Land Is Your Land, preceduto da un’invettiva del nostro verso un idiota del pubblico che ha fatto scoppiare un petardo (“Se lo individuate, buttatelo fuori a calci”) e dal capolavoro The River.

Dopo una maestosa Trapped di Jimmy Cliff ecco il momento più rock’n’roll della serata, con una sequenza da lasciare senza fiato che vede una dopo l’altra Out In The Street, Badlands, You Can Look (But You Better Not Touch), Cadillac Ranch e Sherry Darling. Dopo il consueto singalong di Hungry Heart Bruce dà il colpo di grazia al pubblico, invitando sul palco Gary U.S. Bonds e cantando con lui la travolgente Jole Blon e lasciandogli il microfono per una scoppiettante This Little Girl (brano scritto dal Boss). Ancora due toccanti ballate (l’inedita Johnny Bye-Bye e Racing In The Street) subito doppiate da due esplosive riletture di Ramrod e Rosalita; i bis, oltre ad una immancabile Born To Run, ci regalano due favolose versioni di Jersey Girl di Tom Waits (che il nostro non manca mai di eseguire quando si esibisce nel suo stato di nascita) e di Jungleland, che vede la solita prestazione strepitosa di Roy Bittan. Il finale, con un eccezionale Detroit Medley di un quarto d’ora, riesce a stendere i pochi spettatori ancora in piedi.

Altro concerto imperdibile quindi (cominciano ad essere tanti): il prossimo episodio dovrebbe farci tirare un po’ il fiato, in quanto vedrà Bruce sul palco come protagonista solitario in una serata svedese del 2005.

Marco Verdi

Un Bel “Debutto” Dal Vivo Per Un Texano Doc. Tracy Byrd – Live At Billy Bob’s Texas

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Tracy Byrd – Live At Billy Bob’s Texas – Smith Music Group CD – DVD

Tracy Byrd ha ormai superato i 25 anni di attività, ed è oggi uno degli acts di vero country più popolari in USA, avendo alle spalle diversi album e singoli che si sono piazzati nelle primissime posizioni delle classifiche di settore. Tracy da tempo appartiene al mondo di Nashville, ma non è uno dei tanti fantocci che girano nella capitale del Tennessee, bensì un musicista vero, autentico, autore di un country-rock robusto ed elettrico: non per niente è un texano, e si sa che in campo musicale spesso le origini contano, specialmente quando riguardano il Lone Star State. Byrd ha finora accumulato una decina di album in studio, ma stranamente non aveva ancora pubblicato un disco dal vivo: ora però il nostro ha riempito la casella con il cinquantunesimo episodio della fortunata serie Live At Billy Bob’s Texas, una serie di spettacoli che da anni si svolgono nel famoso locale del titolo che sorge a Fort Worth.

Il concerto (che esce separatamente anche in DVD) offre una panoramica esauriente sulla carriera di Byrd, uno che è abituato a rivestire le sue canzoni di sonorità ruspanti, elettriche e con le chitarre sempre in evidenza, grazie anche ad una band tostissima che comprende l’ottimo Zach Gonzalez alla solista, Marty Broussard alla steel (altra grande protagonista del suono), Vernon Emshoff alle tastiere, Dale Morris Jr. al violino e la vigorosa sezione ritmica formata dal bassista Kyle Hebert e Tyler Henderson, ai quali ovviamente sono da aggiungere la chitarra acustica del leader che conferma di avere anche una gran voce. Il Billy Bob’s Texas è quindi la location perfetta per Tracy e la sua band, grazie ad un pubblico sempre caldissimo ed alla tipica atmosfera da bar texano, ed i nostri ripagano l’audience con una performance intensa e coinvolgente. Diciannove i brani proposti, dall’iniziale It’s About The Pain, un rockin’ country trascinante e diretto, alla conclusiva ed irresistibile Watermelon Crawl, un percorso nel quale Byrd propone molti dei suoi successi più noti pescando anche qualche brano meno popolare scelto con cura all’interno della sua discografia.

Ovviamente i pezzi più apprezzati sono quelli più mossi, giusto a metà tra puro country e rock’n’roll, come la splendida Ten Rounds With Jose Cuervo, la travolgente I’m From The Country, ritmo e chitarre a tutto spiano, la vibrante Big Love, dal refrain che va subito a segno, la scatenata Holdin’ Heaven e la coinvolgente Drinkin’ Bone, con chitarre, steel e violino che creano un impasto sonoro difficile da ignorare. Il nostro non delude neppure nelle ballads, vero tallone d’Achille per molti countrymen di stanza a Nashville, dalla tersa Hot Night In The Country, che presenta una strumentazione comunque solida, alla pianistica I Want To Feel That Way Again, puro romanticismo da cowboy, passando per la bella Love Lessons, che sembra un classico lento alla George Jones, senza tralasciare Someone To Give My Love To, ballatona texana al 100% e Keeper Of The Stars, contraddistinta da una melodia struggente. Ci sono anche tre covers: un’ottima ripresa del classico di Waylon Jennings Lonesome, On’ry And Mean, bella robusta, una fluida e limpida Wildfire di Michael Martin Murphy e la scintillante Don’t Take Her She’s All I Got, brano scritto da Gary U.S. Bonds e già portato al successo da Johnny Paycheck.

Ora anche Tracy Byrd ha il suo bel disco dal vivo, e visti i risultati mi chiedo perché abbia aspettato tanto.

Marco Verdi

Lo Springsteen Della Domenica: Festa Bagnata, Festa Fortunata! Bruce Springsteen & The E Street Band – East Rutherford, NJ 9/22/12

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Bruce Springsteen & The E Street Band – East Rutherford, NJ 9/22/12 – live.brucespringsteen.net/nugs.net 3CD – Download

Eccoci al consueto appuntamento mensile con gli archivi live di Bruce Springsteen, e per l’esattezza con la penultima uscita della serie (l’ultima è già nota anche se non ancora in mio possesso fisicamente, e riguarda un concerto al Nassau Coliseum del 1980, due sere prima di quello “mitico” di fine anno): sto parlando di uno show tenutosi il 22 Settembre del 2012 al MetLife Stadium di East Rutherford nel New Jersey per il tour in supporto a Wrecking Ball. Il concerto in questione non ha un valore storico come altri del passato, ma è particolare per altri motivi: intanto si svolge a poche miglia dal luogo in cui il Boss è nato (ed è già il quinto live registrato ad East Rutherford che esce in questa serie), ma soprattutto Bruce trasforma la serata in un gigantesco “birthday party”, dato che lo scoccare della mezzanotte, quindi il 23/9, coincide con il suo 63° compleanno. Ma la cosa senz’altro più insolita è che la mezzanotte non arriva a fine concerto come spesso capita con il Boss, bensì a metà show, in quanto c’era stato un rinvio di ben due ore causa acquazzone che si era abbattuto sulla zona. Bruce non è però il tipo da annullare un concerto, soprattutto quando il suo pubblico aspetta paziente beccandosi più di due ore di pioggia battente senza battere ciglio: ecco quindi il nostro e la sua E Street Band salire sul palco ancora più carichi del solito e fregarsene di ogni time limit dovuto all’inizio in ritardo, e regalare un set di ben 34 canzoni per tre ore e mezza di musica, finendo di suonare alle due del mattino!

Ed il concerto è, manco a dirlo, strepitoso, con Bruce ed i suoi compagni che ripagano l’audience con una performance magnifica e di grande potenza, elaborando una scaletta di brani perfetti per far ballare tutti, limitando al minimo le ballate. Lo show inizia subito con una sequenza da togliere il fiato con Out In The Street, The Ties That Bind (entrambe le versioni tra le più perfette mai sentite), una rara Cynthia e la classica Badlands. Vista la situazione meteo non poteva mancare Who’ll Stop The Rain dei Creedence (formidabile come sempre), seguita da un potente uno-due tratto da Born In The U.S.A. formato da Cover Me e Downbound Train. Sette canzoni ed ancora nessuna da Wrecking Ball, ma ecco che Bruce rimedia con tre brani uno in fila all’altro tra i più coinvolgenti del nuovo album, cioè la bombastica We Take Care Of Our Own, la title track e lo strepitoso folk-rock Death To My Hometown. Finalmente un po’ di quiete con la toccante My City Of Ruins in una monumentale versione di 16 minuti, che confluisce nell’antica It’s Hard To Be A Saint In The City, una chicca non da poco dato che non viene eseguita spesso. E questo è solo il primo CD. Il party riprende con l’ingresso sul palco di Gary U.S. Bonds che duetta con il Boss in un’irresistibile e gioiosa Jole Blon e poi fa il bis con il saltellante e coloratissimo errebi This Little Girl, puro Jersey Sound.

Ancora festa grande con la trascinante Pay Me My Money Down (non c’è la Seeger Sessions Band ma lo spasso è lo stesso), il lato B Janey, Don’t You Lose Heart, pop song gradevole ed immediata, ed un’inattesa e sanguigna In The Midnight Hour di Wilson Pickett, suonata per la prima volta dal 1980 (brano più che appropriato dato che nel frattempo è giunta la mezzanotte e tutto il pubblico ha intonato Happy Birthday ad un commosso Bruce). Dopo un’intensa Into The Fire, pagina minore di The Rising, la solita magnifica Because The Night ed una vibrante She’s The One ecco un altro trittico di pezzi che non fanno prigionieri, cioè la scatenata Working On The Highway e le super-coinvolgenti Shackled And Drawn e Waitin’ On A Sunny Day (con immancabile ritornello fatto cantare ad un bambino stonato). E’ raro che Meeting Across The River venga suonata fuori dal contesto di Born To Run (cioè quando viene riproposto l’album dall’inizio alla fine), ma questa è una serata speciale e quindi eccola qua, seguita a ruota dalla sempre commovente Jungleland (Roy Bittan, che pianista!) e dalle immancabili Thunder Road (elettrica) ed appunto Born To Run, tra le quali si “intrufola” la peraltro non eccelsa Rocky Ground, unico momento in tono minore della serata (o dovrei dire nottata). Il finale è la solita esplosione rock’n’roll con Glory Days, Seven Nights To Rock e Dancing In The Dark sparate in fila, ed in coda la sempre bellissima Tenth Avenue Freeze-Out con annesso omaggio allo scomparso Clarence Clemons. Sono quasi le due ma non è finita, perché c’è un altro Happy Birthday al quale partecipa anche la band (con il ritorno sul palco di Bonds e l’apparizione di parenti vari, tra cui madre, sorella e suocera di Springsteen), e si finisce con otto fantastici minuti di Twist And Shout, che mandano finalmente tutti a dormire.

Questo East Rutherford 2012 non sarà uno show storico ai livelli dell’Agora Ballroom o di Passaic, ma come dicono in America siamo comunque di fronte a “one hell of a concert”!

Marco Verdi

Uno Dei Migliori Tour Di Sempre, E Non Solo Del Boss! Bruce Springsteen & The E Street Band – Wembley Arena, June 5 1981

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Bruce Springsteen & The E Street Band – Wembley Arena, June 5 1981 – live.brucespringsteen.net/nugs.net 3CD – Download

E’ opinione comune che la parte europea del tour 1980-81 di Bruce Springsteen & The E Street Band sia uno dei punti più alti del nostro come live performer, se non addirittura il più alto: personalmente ritengo questa tournée superiore anche a quella magnifica del 1978, soprattutto perché all’interno dei suoi concerti trovano ampio spazio le canzoni di The River, che giudico il capolavoro assoluto del rocker di Freehold. Mi sono quindi fregato le mani quando ho visto che il nuovo volume degli archivi live del Boss era incentrato su una di quelle serate (*NDB Per la serie “c’ero anch’io”, ero presente al concerto dell’11 Maggio all’Hallenstadion di Zurigo e non posso che confermare https://www.youtube.com/watch?v=PKUhjWSjsKQ ), e precisamente quella del 5 Giugno 1981 alla Wembley Arena di Londra: è la terza uscita di questa serie dal tour di The River, ma le due precedenti erano tratte dalla tranche americana (Nassau e Tampa).

E le premesse sono state rispettate, in quanto ci troviamo di fronte ad un live formidabile, con performances davvero imperdibili di Bruce e dei suoi sei compari (all’epoca mancavano ancora sia Nils Lofgren che Patti Scialfa), uno show che alterna momenti di grandissimo rock’n’roll ad altri in cui i nostri ci commuovono con ballate struggenti, ed in più con una scaletta spettacolare. Lo show inizia in modo insolito, in quanto Born To Run di solito veniva (e viene ancora oggi) eseguita verso fine serata, eppure non solo il brano funziona anche in apertura, ma credo che questa sia una delle più belle, potenti ed accorate versioni che abbia mai sentito. Seguono a ruota una splendida Prove It All Night, con grande assolo chitarristico, e la trascinante Out In The Street, che ci fa entrare definitivamente nel vivo del concerto, oltre ad essere la prima tratta da The River. Da quello storico album Bruce ne suonerà altre undici, alternando rock’n’roll davvero scatenati come You Can Look (But You Better Not Touch), una ruspante Cadillac Ranch e la travolgente Ramrod, a toccanti ballad come la splendida title track e le emozionanti Independence Day e Point Blank.

Non mancano le cover, ben sette, tra cui Follow That Dream, un brano poco noto di Elvis Presley rifatto in maniera molto più lenta, un’irresistibile versione del classico I Fought The Law, che tiene presente la rilettura dei Clash, la stupenda Who’ll Stop The Rain dei Creedence (che è già una grandissima canzone di suo), una This Land Is Your Land solo voce e chitarra (elettrica), ricca di pathos, ed una gioiosa e coinvolgente Jole Blon (che proprio in quel periodo Bruce aveva inciso in duetto con Gary U.S. Bonds), puro E Street sound, impossibile restare fermi. C’è anche una rarissima esecuzione di Johnny Bye Bye, che non è il noto pezzo di Chuck Berry ma un brano originale di Bruce, una toccante ballata sullo stile di Factory, davvero bella. Ovviamente non mancano i classici, tutti eseguiti in maniera sensazionale, da Darkness On The Edge Of Town a The Promised Land, da Badlands a Thunder Road, passando per Because The Night e Rosalita. Il finale vede nell’ordine una monumentale Jungleland, solito strepitoso showcase per le magiche dita di Roy Bittan, una commovente Can’t Help Falling In Love (ancora Elvis) ed una conclusione a tutto rock’n’roll con uno dei Detroit Medley più devastanti che abbia mai ascoltato.

So di essere monotono nel definire imperdibili queste uscite, ma se questa serata londinese fosse uscita all’epoca sarebbe entrato di diritto tra i grandi live album della storia del rock.

Marco Verdi

Lo Springsteen Della Domenica (Doppio): Dal Texas A New York, E’ Sempre Grande Rock. Bruce Springsteen & The E Street Band – Houston ‘78/MSG 2000

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Bruce Springsteen & The E Street Band – The Summit, Houston, TX, Dec. 8 1978 – nugs.net 3CD – Download

Bruce Springsteen & The E Street Band – Madison Square Garden, New York 07/01/2000 – nugs.net 3CD – Download

Oggi doppio appuntamento con gli archivi live di Bruce Springsteen, per due uscite molto ravvicinate tra loro ed entrambe decisamente degne di nota. Per la verità la prima delle due non era inizialmente programmata, ma è stata pubblicata a scopi benefici: infatti il ricavato delle vendite andrà ad un fondo speciale istituito da MusiCares in sostegno di chi ha subito danni a causa del devastante uragano Harvey, che lo scorso mese di Settembre ha infuriato sul Texas. E proprio in Texas, a Houston, si svolge il concerto di questo triplo CD: è il 1978, uno degli anni magici di Bruce, ed è la seconda uscita negli archivi a provenire da quel tour, dopo il leggendario Agora Ballroom di Cleveland. Per la verità questo show non è inedito, in quanto era uscito in DVD nel deluxe box di The Promise, ma è comunque un grande piacere riascoltarlo in versione audio, dato che si tratta di un concerto eccellente, che forse non raggiunge i livelli di Cleveland ma gli si avvicina molto, nonostante una qualità di registrazione non perfetta (ma più che accettabile); il Boss è in forma super, e la E Street Band lo segue di conseguenza, alimentando proprio in quel periodo l’alone di migliore rock’n’roll band del mondo che l’accompagnerà meritatamente fino ai giorni nostri.

Nella setlist c’è molto Darkness On The Edge Of Town (il disco era uscito quello stesso anno), a partire da Badlands, che apre la serata in maniera potente, seguita a ruota da una Streets Of Fire tesa ed affilata, con il primo assolo torcibudella dello show; tra i brani presi dall’allora nuovo album troviamo una scintillante title track, davvero splendida, una grandiosa Prove It All Night (con una strepitosa introduzione per piano e chitarra) ed una Racing In The Street più struggente che mai. C’è ovviamente anche un tributo al primo Springsteen, con una It’s Hard To Be A Saint In The City decisamente frenetica ed urgente ed il travolgente soul urbano di Spirit In The Night; ben tre canzoni anticipano di due anni The River, e cioè la toccante Independence Day, The Ties That Bind già diretta come un pugno ( e leggermente diversa dalla versione definitiva) e la drammatica e bellissima Point Blank. Tra i brani restanti, meritano senz’altro una menzione le straordinarie ballate Jungleland e Backstreets, un concentrato di forza e poesia, la rara The Fever, la sempre irresistibile Because The Night e, nei bis, tanto rock’n’roll con un formidabile Detroit Medley che supera i nove minuti ed un gran finale riservato a You Can’t Sit Down (The Dovells) e Quarter To Three (Gary U.S. Bonds).

Con il secondo triplo CD facciamo un salto in avanti di ben 22 anni: il concerto documenta la tappa finale del cosiddetto Reunion Tour, iniziato nel 1999 e nel quale Bruce riformava la “sua” band dopo ben undici anni, e per la prima volta con in formazione sia Little Steven che Nils Lofgren (il gruppo si era già rimesso insieme brevemente nel 1995 per gli inediti del Greatest Hits springsteeniano, ma non c’erano stati concerti). Anche questo live, tenutosi al Madison Square Garden di New York (l’ultimo di dieci consecutivi), era già uscito in parte sul doppio Live In New York City (insieme a brani tratti dalla serata del 29 Giugno), ma ascoltare lo show completo è tutt’altra cosa, dato che ci troviamo di fronte ad uno spettacolo davvero strepitoso, magico ed entusiasmante, che rende questa uscita tra le migliori della serie. Il Boss spazia in lungo e in largo per tutta la sua carriera con una scaletta formidabile, iniziando con la rara Code Of Silence, una rock song potente e perfetta per dare il via allo spettacolo; ci sono naturalmente molti classici riproposti sia nella maniera conosciuta (Prove It All Night, Two Hearts, The Promised Land, Badlands, Out In The Street, Born To Run, Thunder Road), sia con arrangiamenti diversi (una Born In The U.S.A. acustica e blues, com’era in origine, ed una The River più raffinata e con un leggero tocco jazz, ma sempre stupenda).

C’è poi un omaggio all’allora recente cofanetto Tracks con la scintillante My Love Will Not Let You Down, uno al Greatest Hits con la vigorosa Murder Incorporated, e perfino un assaggio dal futuro The Rising (Further On (Up The Road), splendida), oltre ad inediti come la controversa American Skin (41 Shots), la già nota cavalcata elettrica Light Of Day, la pianistica e toccante The Promise e la fluida Land Of Hope And Dreams, scritta proprio per il Reunion Tour (e che non mi ha mai fatto impazzire). Le chicche sono due riletture elettriche di pezzi tratti da Nebraska (Atlantic City e Mansion On The Hill, che diventa una fulgida ballata), una Youngstown più rock che mai (con uno strepitoso Lofgren), uno splendido doppio tributo agli esordi con The E Street Shuffle, piena di suoni e colori, ed una maestosa Lost In The Flood, ed una irresistibile Ramrod, rock’n’roll come se non ci fosse domani. Come finale, una commovente Blood Brothers, altro brano preso dal Greatest Hits, mai suonato prima dal vivo e con un verso in più scritto apposta per questa serata.

Ancora due concerti imperdibili quindi (e, a sorpresa, più il secondo del primo), in attesa del prossimo volume che ci farà tornare nei “favolosi” anni ottanta.

Marco Verdi

Ripassi Estivi 1: Tornando Sul Luogo Del Delitto. Graziano Romani – Soul Crusader Again

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*NDB Siamo entrati in quella stagione, quindi come tutti gli anni nel periodo “vacanziero” (per chi le fa), ci dedichiamo, oltre a novità e anticipazioni discografiche che comunque non mancheranno, ad alcune recensioni di album che per vari motivi durante l’anno sono scappate: un anno sono recuperi, un anno sono ripassi, in questo 2017 si è optato per la seconda opzione. Il primo post della serie, del tutto casualmente, tocca a Tino, come sempre buona lettura.

Graziano Romani – Soul Crusader Again – Route 61 Music

Questo signore è sempre stato uno degli artisti italiani più strettamente legati alla musica di Bruce Springsteen. Infatti tutta la sua carriera artistica lo testimonia, a cominciare dalla creazione dei “mitici” Rocking Chairs (il suo primo gruppo), una band simile, almeno nelle concezione, alla famosa E Street Band, con tanto di sassofonista (il bravo Max Marmiroli), e con diverse “cover” del Boss nel repertorio. Conclusasi l’esperienza dei Rocking, il “nostro” continua anche da solo a cantare e suonare la musica del Boss, fino a mettere in piedi un trio semiacustico i Souldrivers, il cui nome (guarda il caso) è preso dal titolo di un brano di Springsteen, e di conseguenza era quasi naturale che un artista che ha impostato il suo stile e ha tratto ispirazione dalla sua musica, realizzasse un disco completamente dedicato alle sue canzoni; Soul Crusader: The Songs Of Bruce Springsteen, meno naturale che a distanza di sedici anni, Graziano Romani (come i personaggi di Alfred Hitchcock) tornasse sul “luogo del delitto” con un nuovo capitolo della saga, pescando questa volta quasi completamente dal repertorio meno conosciuto, anche con brani “donati” dal Boss a cantanti  e amici come Gary U.S.Bonds e icone della Dance Music. tra le quali una insospettabile Donna Summer.

Le registrazioni dell’album sono state effettuate al Bunker Studio di Rubiera, e in minima parte ai Blue Velvet Studios di Modena, con una line-up che vede la potente sezione ritmica composta da Lele Cavalli al basso e Gigi Cavalli Cocchi alla batteria, lo storico Max Marmiroli al sassofono, il fido Erik Montanari e Fabrizio Tedeschini alle chitarre, Francesco Germini al pianoforte, con l’indispensabile sostegno di Franco Borghi e Andrea Rovacchi alle tastiere e percussioni, e con le armonie vocali di David Scholl e Paola Torricelli Romani.

Data la particolarità del lavoro, mi è sembrato giusto sviluppare il disco “track by track”:

Hold On (To What You Got) – Si parte con il primo brano recuperato da On The Line di Gary U.S. Bonds (se non ne siete in possesso recuperatelo insieme a Dedication), che viene rifatto da Graziano in una tosta versione molto “sixties”.

Protection – Devo riconoscere che questa me l’ero persa, tratta dall’album iniziale omonimo della Summer, viene riletta e le viene resa giustizia in modo convincente, con un bel lavoro del sax di Max.

Because The Night – Questo è sicuramente il brano più noto della raccolta, portato al successo da Patti Smith, cantato con passione da Romani in una bella e accorata versione “rock’n’soul”.

Club Soul City – Secondo estratto dall’album On The Line, una straziante ballata che non sfigura a confronto con l’originale di Gary U.S.Bonds, e questo credetemi è il miglior complimento per Graziano Romani.

Love’s On The Line – Con questo brano si conclude il trittico tratto da On The Line, una potente e trascinante rilettura in stile “Asbury Sound”, impreziosita dall’intrigante giro di armonica.

Man On The Top – Questa canzone viene dalle sessions di Born In The U.S.A. e poi fu recuperata su Tracks, rivisitata con energia e chitarre in gran spolvero, nonché, come al solito, interpretata con passione.

Life Me Up – Questo brano e la “chicca” dell’album (uscito anche in 45 giri per il Record Store Day con lato B When The Lights Go Out): è recuperata dalla colonna sonora di Limbo, film del regista di videoclip John Sayles, si tratta di una struggente ballata, che rimanda ai Rocking Chairs più intimi e passionali, dove svetta di nuovo il sax di Max.

Lion’s Den – Un’altra bella sorpresa, sempre tratta da Tracks, la quadrupla antologia di inediti e rarità uscita nel 1998, qui  rivoltata come un calzino in una rilettura scanzonata e spumeggiante, dove tutta la band sembra divertirsi a far muovere il piedino dell’ascoltatore.

I Wanna Be With You – Stranamente questa canzone (del periodo di The River e recuperata poi sempre su Tracks), è rimasta nascosta colpevolmente per molti anni, e meritoriamente Graziano le rende giustizia riproponendola in una torrida versione “rock”.

The Long Goodbye – Da Human Touch (uno dei dischi meno considerati del Boss) viene riproposto questo brano in versione elettroacustica, con un intrigante e pregevole intervento di Andrea Rovacchi all’harmonium.

Factory – Dal classico Darkness On The Edge Of Town viene ripescata Factory (di recente entrata anche nel repertorio di Lucinda Williams), con un arrangiamento molto più chitarristico e “folkie” rispetto all’originale, che mette ancora una volta in risalto la voce e la bravura di Romani.

The Promise – Questo brano Romani l’aveva già inserito nel disco tributo Light Of Day (uno dei migliori usciti, dedicati a Springsteen), una registrazione del lontano 2002, con una formazione composta oltre che da Graziano, da Fabrizio Tedeschini, Francesco Germini e Max Baldaccini alla batteria e Alex Class al basso, una splendida versione da cui si evince ancora una volta la voglia di cantare il Boss di Graziano.

Il risultato di questo Soul Crusader Again (come era stato per il precedente capitolo) è eccellente, perché Graziano Romani, per il sottoscritto, è di gran lunga il miglior cantante in lingua inglese del panorama italiano, e le sue passionali interpretazioni certificano una personalità e una originalità che temono pochi confronti anche in ambito internazionale. Il suo amore per Springsteen è dichiarato ed evidente, a suo favore giocano sia la passione che la conoscenza profonda del repertorio, anche quello marginale e minore del Boss (come dimostra questa raccolta): il tutto gli viene riconosciuto dai suoi “fans” che lo considerano come un “rocker” che lavora duro, uno che non ha mai gettato la spugna, e soprattutto non ha mai dimenticato le sue radici musicali, quelle sulle quali è cresciuto, ovvero il rock americano, il soul e rhythm and blues.

Tino Montanari