Passato E Futuro Mirabilmente Fusi In Uno Splendido Album Da New Orleans. Walter Wolfman Washington – My Future Is My Past

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Walter “Wolfman” Washington – My Future Is My Past – Anti- Records

Anche Walter “Wolfman” Washington fa parte di quella pattuglia di “arzilli vecchietti” (il musicista di New Orleans va ormai per i 75 anni) che ultimamente stanno realizzando una serie di ottimi album, dove l’età sembra non incidere su una freschezza e una ispirazione veramente invidiabili. Washington era da una decina di anni che non realizzava un nuovo album, ma con questo My Future Is My Past ci consegna forse il miglior disco della propria carriera. E lo fa con un cambio non indifferente di stile, per questa ultima fatica che lo allontana (non del tutto, soprattutto l’elemento funky https://www.youtube.com/watch?v=GjF66Hpg04w ) dai classici blues e soul che lo hanno sempre caratterizzato, fin dai tempi in cui era il chitarrista della band di Johnny Adams, il grande crooner soul, ma Wolfman ha suonato anche con Irma Thomas e Lee Dorsey ad inizio carriera, poi dagli anni ’80 con la sua band, i Roadmasters, quindi una lunga carriera per il nostro, più noto come chitarrista blues, infatti non per nulla i suoi zii erano Lightnin’ Slim e Guitar Slim, in ogni caso un musicista in possesso di una voce vellutata.

Ma, come dicevo poc’anzi, in questa occasione, convinto dal sassofonista (e produttore) dei Galactic, Ben Ellman, e sulla falsariga di quel bellissimo CD Tributo a Allen Toussaint dello scorso anno di Stanton Moore https://discoclub.myblog.it/2017/07/21/da-new-orleans-con-ritmo-galattico-per-allen-toussaint-stanton-moore-with-you-in-mind/ , presente peraltro alla batteria nelle sessioni per questo album, ha realizzato un’opera dove ci sposta verso il soul morbido più raffinato, ma anche il jazz, ancor di più, con piccoli tocchi dell’amato blues, certamente grazie agli altri componenti del trio di Moore, l’organista e pianista David Torkanowsky e il bassista James Singleton, oltre agli ospiti, sempre alle tastiere, Jon Cleary e Ivan Neville, e ad una ispiratissima Irma Thomas (solo in un brano), che duetta con Washington in una versione da sballo del soul lento Even Now, che era uno dei classici di Johnny Adams, e viene riletto in modo splendido, con le due voci appassionate e gli strumentisti che quasi ci accarezzano con passione e classe infinita, un capolavoro. Se tutto il disco fosse su questi livelli sarebbe stato un album da 5 stellette, ma anche così c’è comunque parecchio da godere. Si tratta quasi sempre di cover, alcune tratte dai dischi passati di Wolfman, altre scelte con cura da Ellman, il risultato è comunque notevole: Lost Mind, un vecchio brano di Percy Mayfield, che contiene il motto di questo disco “My Future Is My Past”, solo la voce e una chitarra acustica, è un piccolo gioiello di equilibri sonori tra jazz e canzone classica americana.

What A Difference (A Day Makes) il pezzo di Dinah Washington, e poi portato al successo nuovamente da Esther Phillips, viene rallentato ad arte, con il contrabbasso di Singleton e l’organo di Singleton a cesellare note sotto la voce da crooner jazz di un altro Washington, come fosse un novello Nat King Cole, e anche Save Your Love For Me è tenue ed elegante, solo la chitarra elettrica e la voce di Walter, che mi pare abbia un timbro quasi alla John Martyn. I Don’t Want To Be A Lone Ranger di Johnny Guitar Watson, è un’altra sciccheria sonora, con organo, basso, percussioni e chitarra a sottolineare la voce sublime del nostro https://www.youtube.com/watch?v=LY4i-sA0Fds , mentre in Steal Away, Washington lavora di fino pure alla chitarra, oltre che alla voce, in uno swing-jazz-blues di gran classe https://www.youtube.com/watch?v=Ryk6Axnt2Tw . E anche She’s Everything To Me, un’altra cover di Johnny Adams, è eseguita con un feeling immane, I musicisti quasi godono alla fine dei pezzi, ma pure gli ascoltatori: I Cried My Last Tear era un brano del cugino Ernie k-Doe (quello di Mother-In-Law), un pezzo tipico di New Orleans trasformato in una ballata pianistica con Jon Cleary strepitoso allo strumento, ma anche il nostro incide con la solista, per una interpretazione di cui Ray Charles sarebbe stato fiero. E anche Johnny Hartman avrebbe approvato la rilettura splendida della ballata I Just Dropped To Say Hello dall’omonimo album Impulse del grande vocalist jazz https://www.youtube.com/watch?v=m28QYerT7Ig , infine Are You The Lady, l’unico brano originale di Washington, non sfigura con le altre tracce, un’altra canzone incantevole, un blues jazzato, con il trio più solista del nostro quasi ipnotici, e che chiude in bellezza un album sorprendente da non lasciarsi sfuggire se amate la buona musica!

Bruno Conti

Comunque Lo Si Giri Un Gran Bel Disco! Samantha Fish – Chills & Fever

samantha fish chills & fever

Samantha Fish – Chills And Fever – Ruf Records

All’incirca ogni paio di anni la giovane chitarrista e cantante di Kansas City si presenta con un nuovo album e ogni volta cerca di stupire il proprio pubblico con proposte sempre fresche, varie ed accattivanti. Dopo i primi due album prodotti da Mike Zito (ma c’era stato anche un disco dal vivo autoprodotto Live Bait, che l’aveva fatta conoscere ai tipi della Ruf), inframezzati da un paio di album della serie Girls With Guitars, nel 2015 Samantha Fish si era trasferita in quel di Memphis, Tennesse (ma non solo, anche Louisiana e Mississippi) per registrare sotto la produzione di Luther Dickinson l’eccellente Wild Heart, un disco che univa lo stile più rock ed immediato dei primi due dischi, con le radici roots e blues del nuovo album, dove accanto alle notevoli doti di chitarrista metteva in mostra anche un costante miglioramento dal lato vocale, con influssi soul nel suo cantato http://discoclub.myblog.it/2015/06/10/giovani-talenti-si-affermano-samantha-fish-wild-heart/ .

Passano altri due anni e per questo nuovo Chills And Fever la troviamo in quel di Detroit, Michigan, sede ai tempi della gloriosa Tamla Motown, ma anche di una florida scena rock, e poi, in tempi più recenti, di una nuova ondata di talenti in ambito garage-rock e neo-soul: con la produzione di Bobby Harlow, vecchio sodale di Jack White agli inizi della loro carriera a Detroit, nei Go,  impegnato anche con altre band del circuito alternativo locale, tra cui i Detroit Cobras, gruppo etichettato come “Garage Rock Revival, e che, anche se non pubblicano nuovi album da una decina di anni, sono tuttora in attività, come testimonia la loro presenza nel nuovo disco della Fish: ben quattro di loro, Joe Mazzola alla chitarra ritmica, Steve Nawara al basso, Kenny Tudrick alla batteria e Bob Mervak, al piano elettrico e organo, innervati da un paio di fiati ingaggiati in quel di New Orleans, Mark Levron alla tromba e Travis Blotsky al sax. Lei si è infilata in un corpetto sexy, un paio di pantaloni leopardati e armata della sua chitarra elettrica ci regala un ennesimo disco di valore, dove tutti gli elementi citati ci sono, ma il risultato è un album dove il suono si nutre di soul, R&R, qualche deriva garage e punk, ma solo nell’attitudine, visto che il CD ha un sound molto raffinato e ricco di elementi vintage, attraverso una nutrita serie di cover che pescano nel passato, con la voce della brava Samantha sempre più autorevole e ricca di mille nuances.

L’apertura è affidata ad una scintillante He Did It, un vecchio brano delle Ronettes che era anche nel repertorio dei Detroit Cobras, con i vorticosi interventi della chitarra, un ritmo incalzante, i fiati sincopati, la voce pimpante della Fish, veramente splendida, e un’aria di festa e good time music che mettono subito l’ascoltatore in una gioiosa condizione d’animo. La title track, anche se forse non provoca “brividi e febbre”, è una vera delizia nu-soul, più che alla versione di Tom Jones di inizio anni ’60,  si ispira allo stile sexy e felpato della Amy Winehouse del periodo in cui era accompagnata dai Daptones, con piano elettrico e fiati che affiancano la voce felina della brava Samantha, che inchioda anche un breve e misurato solo della sua solista in modalità wah-wah; e pure Hello Stranger, con un organo alla Timmy Thomas, ed uno splendido e raffinatissimo arrangiamento soul, rimanda all’originale di Barbara Lewis, un’altra musicista nativa di quell’area, con la voce della nostra amica sempre accattivante e un intervento della solista di gran classe. It’s Your Voodoo Working, è stata una hit minore per tale Charles Sheffield, cantante R&B misconosciuto della Louisiana, una ulteriore piccola perla di questo Chills And Fever, musica che fa muovere mani e piedi, senza dimenticare il lavoro sempre di fino della chitarra.

Hurt’s All Gone, scritta da Jerry Ragovoy, la faceva Irma Thomas, ed è uno splendido midtempo di stampo soul, con fiati e chitarra sempre incisivi, mentre ignoro di chi fosse You Can’t Go, ma è un altro vorticoso errebi dove tutto fila a meraviglia, soprattutto la chitarra di Samantha. Either Way I Lose era nel repertorio di Nina Simone, e questa versione cerca di mantenere, riuscendoci, lo stile raffinato della grande cantante nera, Never Gonna Cry è un’altra oscura rarità di tale Ronnie Dove (?!?), una malinconica love ballad di stampo sixties, che fa il paio con Little Baby, un brano che ha il ritmo e la stamina della famosa Shout degli Isley Brothers, incalzante e irresistibile, con il lavoro della solista sempre perfetto. Che altro aggiungere? Crow Jane è il vecchio pezzo di Skip James, con la Fish alla cigar box guitar, per l’unica concessione al blues puro, ma anche le restanti Nearer To You, You’ll Never Change, la lunga Somebody’s Always Trying, con un assolo di chitarra micidiale, e la cover del vecchio successo di Lulu I’ll Come Running Over, quasi alla Blues Brothers, sono altri ottimi esempi di soul e R&B suonati e cantati con piglio e convinzione, Non si sa se apprezzare di più il lavoro della voce, della chitarra o la produzione di Harlow. Comunque lo si giri un gran bel disco.

Bruno Conti