Vecchie Glorie Alla Riscossa! Dion – New York Is My Home/Jack Scott – Way To Survive

dion new york is my home

Dion – New York Is My Home – Instant CD

Jack Scott – Way To Survive – Bluelight CD

Questo post fa parte della serie “due al prezzo di uno”, in quanto questi due arzilli vecchietti appartenenti alla “golden age of rock’n’roll” (per dirla con Ian Hunter, che anche lui ha i suoi annetti) hanno pubblicato quasi in contemporanea i loro due nuovi lavori e, se il primo è sempre stato molto attivo durante tutta la sua carriera, il secondo ritorna a sorpresa dopo una lunghissima assenza dalle scene.

https://www.youtube.com/watch?v=xuqI7yid3ew

Dion Di Mucci, 77 anni a Luglio, non ha mai smesso di fare dischi, dagli esordi newyorkesi (è del Bronx) con i Belmonts, gruppo con il quale mosse i primi passi ed ebbe i primi successi di classifica, fondendo elementi di rock and roll, doo-wop e rhythm’n’blues, passando per i primi anni sessanta (il momento di maggior fama), con singoli di grande popolarità quali Runaround Sue, Ruby Baby e The Wanderer, per poi attraversare lunghe fasi con poche soddisfazioni commerciali, nelle quali si reinventò folksinger, si fece produrre da Phil Spector (Born To Be With You, 1975) e, in seguito ad un’importante crisi mistica, incise anche diversi album a sfondo religioso. Nel 1989 il clamoroso comeback con lo splendido Yo Frankie!, un disco che ci faceva ritrovare un rocker tirato a lucido e ancora capace di fare grandi cose (e con ospiti come Lou Reed e Paul Simon, altri newyorkesi doc e suoi grandi fans); da allora, Dion non ha mai smesso di pubblicare album, tutti di livello dal discreto al buono, con un progressivo avvicinamento negli ultimi anni a sonorità più blues (e ben tre CD dedicati alla musica del diavolo).

New York Is My Home è il suo album nuovo di zecca, un disco che, come suggerisce il titolo, è un sentito e sincero omaggio alla sua città, da lui sempre amata e mai abbandonata: otto nuove canzoni e due cover, il tutto cantato con la solita voce giovanile (davvero, non sembra un quasi ottantenne) e suonato in maniera diretta da una manciata di musicisti tra i quali spicca Jimmy Vivino, grande chitarrista (e pianista), già collaboratore di vere e proprie icone quali Al Kooper, Phoebe Snow, Levon Helm, Laura Nyro, Johnnie Johnson e Hubert Sumlin, e coadiuvato da Mike Merritt al basso, James Wormworth alla batteria e Fred Walcott alle percussioni. Un buon disco, che ci conferma il fatto che Dion ha ancora voglia di fare musica e non ci pensa minimamente a tirare i remi in barca, anche se qualche calo durante i 38 minuti di durata c’è (pur non scendendo mai sotto il livello di guardia) e, cosa strana dato che è nelle mani dell’esperto Vivino, la produzione è un po’ troppo statica e rigida, laddove alcuni brani avrebbero beneficiato di una maggiore profondità del suono.

Aces Up Your Sleeve apre il disco con un rock urbano diretto e potente, una chitarrina knopfleriana e la solita voce chiara e limpida del leader, un bell’inizio; Can’t Go Back To Memphis è un rock-blues solido e chitarristico, con un gran lavoro di Vivino alla slide e Dion (che non è mai stato un bluesman) che risulta convinto e convincente. Ed ecco la tanto strombazzata title track, brano in cui il nostro duetta con Paul Simon, e sinceramente date le attese pensavo a qualcosa di meglio: la canzone è sinuosa, fluida e ben suonata, ma è priva di una melodia che rimanga in testa e, nonostante la voce inconfondibile di Paul, fa fatica ad emergere. The Apollo King è puro rock’n’roll, e anche se non è un brano epocale ha ritmo e groove a sufficienza; Katie Mae è un blues di Lightnin’ Hopkins, uno shuffle di buona fattura, forse un tantino scolastico (anche se uno come Vivino è nel suo ambiente naturale), mentre I’m Your Gangster Of Love torna su territori rock, un brano gradevole e con un’ottima chitarra, anche se è in pezzi come questo che sarebbe servito un maggior lavoro di produzione.

La grintosa e rocciosa Ride With You, un altro rock’n’roll tutto ritmo e slide, precede I’m All Rocked Up, altro saltellante rock tinto di blues, non male; chiudono il CD la bella Visionary Heart, una ballata elettrica molto ben costruita ed evocativa, un pezzo che ci fa ritrovare per un attimo il Dion di Yo Frankie!, e I Ain’t For It (un classico di Hudson Whittaker alias Tampa Red), jumpin’ blues divertente e spigliato, tra i più riusciti del lavoro. Non il miglior disco di Dion quindi, ma un album più che discreto che ci fa comunque apprezzare nuovamente un artista che dovremmo ringraziare solo per il fatto che continui a fare dischi e non sia andato in pensione come altri suoi coetanei ancora in vita.

jack scott way to survive

In pensione era invece dato Jack Scott, rock’n’roller canadese che con Dion condivide le origini italiane (si chiama infatti Giovanni Domenico Scafone), il quale ebbe il suo momento d’oro tra il 1959 ed il 1964, periodo in cui pubblicò sei album ed una serie di singoli che ebbero un buon successo (My True Love, What In The World’s Come Over You, Burning Bridges, oltre alla bellissima The Way I Walk, della quale ricordo una cover strepitosa di Robert Gordon con Link Wray https://www.youtube.com/watch?v=WBa1JPXuWAE ) e che gli fecero guadagnare il soprannome di “miglior cantante rock’n’roll canadese di tutti i tempi” (anche perché Ronnie Hawkins era americano di origine). Oggi, a 80 anni suonati, ed a più di cinquanta dall’ultimo LP (solo pochi singoli negli anni 60/70), Scott torna a sorpresa con un nuovo lavoro, un disco intitolato Way To Survive, che ci riporta un artista dimenticato ma ancora in grado di dire la sua, con una voce calda ed estremamente giovane (altro punto in comune con Dion), ed una serie di canzoni (perlopiù covers) gradevoli e suonate con classe da un manipolo di musicisti sconosciuti ma validi (l’album è inciso in Finlandia, dove a quanto pare Jack è ancora popolare, con sessionmen locali di cui non dico i nomi anche perché sono più degli scioglilingua che altro). Un disco raffinato e volutamente old fashioned, nel quale spiccano maggiormente le ballate, vero punto di forza per Scott anche in gioventù, ma dove non mancano di certo i pezzi più mossi e rock, anche se in molti momenti si respira una piacevole atmosfera country.

Anzi, diciamo pure che Way To Survive è quasi un country album, a cominciare dalla fluida I Just Came Home To Count The Memories (scritta da Glenn Ray ed incisa, tra gli altri, da Bobby Wright e in anni recenti da John Anderson), per proseguire con la splendida Ribbon Of Darkness (Gordon Lightfoot), arrangiata alla maniera di Johnny Cash, il classico di Hank Williams Honky Tonk Blues, il rockabilly Hillbilly Blues (Little Jimmy Dickens) e l’oscura ma bella You Don’t Know What You’ve Got (unico successo di Ral Donner, un misconosciuto rocker dei primi anni sessanta). Sul versante rock abbiamo l’iniziale Tennessee Saturday Night, un vivace pezzo suonato alla Jerry Lee Lewis (che pure l’ha incisa in passato), il remake di Wiggle On Out, un boogie che Jack aveva già pubblicato in passato, ed una versione di Trouble molto vicina a quella più famosa ad opera di Elvis Presley, anche se più rallentata. Per chiudere con il brano più bello del CD, la sontuosa Woman (Sensuous Woman), di Don Gibson, una fantastica country ballad suonata e cantata alla grande, con un evocativo coro alle spalle di Jack ed una melodia toccante.

In definitiva, due dischi gradevoli, anche se siamo lontanissimi dal capolavoro: meglio Jack Scott di Dion (che però ha scritto quasi tutte le canzoni di suo pugno), e ci mancherebbe dato che ha avuto 50 anni di tempo!

Marco Verdi