Passeggiando Sulle Strade Polverose Del West. The White Buffalo – On The Widow’s Walk

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The White Buffalo – On The Widow’s Walk – Snakefarm/Universal Record – CD – LP 29-05Download 17-04

Bisogna riconoscerlo, questo ragazzone non sbaglia un colpo. Stiamo parlando di Jake Smith a.k.a. The White Buffalo, che con Matt Lynott alla batteria, e Christopher Hoffee alle chitarre e basso, danno vita e voce alla formazione dei Jelly Crew. Storia singolare e direi anche fortunata, quella di questo musicista californiano che, pur essendo in circolazione da circa una ventina d’anni, deve la visibilità e un relativo successo dalla ribalta offerta (come già detto in altre occasioni) dalla serie televisiva Sons Of Anarchy e dalla relativa colonna sonora, che ha permesso al buon Jake Smith di allargare di molto il bacino del suo pubblico e di suonare davanti a platee sempre più ampie e sparse nel mondo, anche nel nostro paese (era pure in programma un concerto all’Alcatraz di Milano, rinviato per il Covid).

A partire dall’EP Prepare For Black & Blue (10) e Once Upon A Time In The West (12), il percorso è proseguito regolarmente con Shadows, Greys & Evil Ways (13), Love & The Death Of Damnation (15), e a distanza di tre anni dall’ultimo lavoro Darkest Darks, Lightest Lights (17) https://discoclub.myblog.it/2017/10/23/ancora-sulle-strade-della-california-white-buffalo-darkest-darks-lightest-lights/ , continuano il loro progetto artistico con questo settimo lavoro On The Widow’s Walk, composto da undici brani per una quarantina di minuti di sano “folk-rock” all’americana, con la produzione affidata all’amico e collega Shooter Jennings che suona anche pianoforte e tastiere, con la particolarità che il tutto è stato registrato in presa diretta nell’arco di una sola settimana.

On The Widow’s Walk (come alcuni lavori precedenti) è una sorta di “concept-album” che si apre con la geniale e bella Problem Solution, che parte in modo energico con la voce calda e baritonale di Jake, per poi cambiare ritmo con l’ingresso del pianoforte di Jennings e diventare più pacata, mentre la seguente The Drifter è costruita sugli stilemi della classica ballatona “country”, per poi cambiare di nuovo ritmo con la batteria cadenzata di No History, un brano che ricorda il miglior Steve Earle, e passare ad una canzone da cantautore classico come Sycamore, con un “sound” lento e ricco di “pathos”.

Si riparte con il folk crepuscolare di Come On Shorty (chissà perche la mente corre al Cat Stevens prima della conversione islamica ?), per poi dimostrare che sotto la barba e un “corpaccione” c’è un cuore tenero, nella ballata più bella del disco, una delicata e malinconica Cursive, costruita intorno al piano del produttore e la voce incredibile di Smith. Come da prassi subito dopo si passa alle accelerazioni rock (alla Counting Crows) di Faster Than Fire, mentre la “title track” Widow’s Walk è un perfetto pezzo radiofonico da sentire e risentire sulle strade assolate californiane.

La successiva River Of Love And Loss è una canzone scarna e inquietante, con la voce profonda di Jake che segue le note di una chitarra e in sottofondo il lamento di un violino, un insieme che trasmette un senso di dolore, seguita da una meravigliosa e cinematografica The Rapture, dai ritmi “dark” e oscuri con un crescendo di “ululati” da parte del buon Smith, e andare infine a chiudere con un’altra tenera ballata I Dont’t Know A Thing About Love, guidata dal pianoforte, archi e violino, il modo migliore per chiudere un lavoro splendido, dove si può trovare folk, blues, country, rock stradaiolo, suoni vari e tanto altro ancora. Mi viene colpevolmente il dubbio che i White Buffalo (un moniker perfetto), senza il colpo di “fortuna” citato all’inizio avrebbero continuato il loro percorso da “country hobosper percorrere in lungo e in largo gli States come una band tra tante (quindi un tipico caso di “sliding doors”), invece di diventare un gruppo essenziale, soprattutto nella persona del loro leader, un autore e narratore di spessore, un gigante dall’animo sensibile, che narra storie di vita vissuta, di perdenti, dell’America ben raccontata da Jack Kerouac (delinquenti, ubriaconi, reduci di guerra) senza mai perdere un briciolo di dignità.

On The Widow’s Walk è merito dell’accoppiata perfetta White Buffalo e Shooter Jennings (il “compagno di merende” ideale anche per i prossimi lavori), con l’apporto dei Jelly Crew, un lavoro dove domina la voce di Jake Smith un incrocio tra Eddie Vedder e Johnny Cash (baritonale intensa e calda), insomma il disco giusto per scappare dal periodo che stiamo vivendo.Imperdibile per tutti i “Bikers”, per le atmosfere alla Easy Rider, ma anche per gli amanti della musica “Americana”. *NDT Dopo alcuni rinvii, finalmente il disco esce in formato fisico venerdì 29 Maggio, prima era disponibile solo per il download.

Tino Montanari

 

Ancora Sulle Strade Della California! White Buffalo – Darkest Darks, Lightest Lights

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White Buffalo – Darkest Darks, Lightest Lights – Unison/Earache Records

Quando devo parlare dei White Buffalo alias Jake Smith, non posso non immaginare questo corpulento ragazzone come uno dei tanti “bikers” che scorazzano e imperversano sulle strade della California (come nella famosa serie televisiva Sons Of Anarchy, da cui è stato saccheggiato varie volte, per utilizzare le sue canzoni nelle colonne sonore dello show), in sella alla leggendaria Harley Davidson. A soli due anni di distanza dall’ultimo lavoro in studio Love And The Death Of Damnation http://discoclub.myblog.it/2015/09/25/altre-storie-moderno-storyteller-the-white-buffalo-love-and-the-death-of-damnation/ , il nostro amico si ripresenta con questo nuovo lavoro prodotto da Ryan Dorn e Bruce Witkin (anche ingegnere del suono, multistrumentista e bassista), registrato negli Unison Studios di Los Angeles, con una nuova “line-up” della band, composta per l’occasione dal batterista Abe Laboriel Jr. (Paul McCartney), che si alterna con Matt Cynott e dal tastierista Michael Thompson (Eagles e Don Henley), per un altro viaggio emozionante, dove come sempre ogni canzone ha un significato reale.

Il “focus” di questo disco è come sempre la sua voce versatile, che possiamo apprezzare a partire dall’iniziale Hide And Seek, brano con in primo piano una sezione ritmica granitica, che si manifesta anche nella successiva Avalon, mentre con Robbery si viaggia verso atmosfere diverse, con un suono lievemente “jazzato”, seguita da una ballata romantica e intimista come The Observatory. Si riparte di nuovo con il sound muscolare di una camaleontica Madam’s Soft, Madam’s Sweet, a cui fa seguito l’intrigante e accelerato blues di Nightstalker Blues, e ancora una “ballad” accorata e struggente come If I Lost My Eyes, passando anche per la galoppata western Border Town/Bury Me In Baja, con la band in grande spolvero. La parte finale vede tornare in primo piano la sezione ritmica con una coinvolgente The Heart And Soul Of The Night, per andare infine a chiudere con una ulteriore ballata incantevole I Am The Moon, supportata da pochi accordi di chitarra, la  magnifica voce di Jake Smith e poco altro.

Arrivato con questo Darkest Darks, Lightest Lights al sesto album (sicuramente un disco più elettrico rispetto ai precedenti), il nostro “biker” rimane un cantautore difficile da decifrare, in quanto in questo breve lavoro (solo 34 minuti) si spazia dal rock stradaiolo al folk, dal blues al country con sfumature soul, confermando di essere un musicista completo, dotato, come detto, di una voce notevole e particolare, un autore che scrive canzoni con testi forti che parlano spesso di fuorilegge, eroi perdenti e mancati (almeno nei primi album), come pure di sofferenze, tradimenti e dolori, capace anche di manifestare dolcezza e amore, tramite una rilettura personale che scava nella storia e nella cultura di alcune problematiche radici Americane. Quindi se volete conoscere il mondo di White Buffalo o Jake Smith, che dir si voglia, non dovete fare altro che acquistare e ascoltare i suoi dischi, e se non siete astemi  magarisorseggiare del buon Bourbon, mentre sognate di viaggiare su una Harley Davidson d’annata.

Tino Montanari