Dalle Strade Di Londra Al Grande Vintage Soul E R&R! Si Cranstoun – Old School

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Si Cranstoun  – Old School – Ruf Records

Si Cranstoun, cantante inglese, 40 anni, ha avuto una carriera particolare: proveniente da una famiglia della provincia profonda, con un babbo promotore di musica giamaicana nell’Inghilterra degli anni ’60, in seguito con i fratelli ha formato una band, The Dualers, che proponeva musica ska per le strade di Londra, quindi un perfetto busker, e non lo ha fatto per poco, le biografie parlano di circa venti anni on the road. Intorno al 2010 ha incontrato quella che sarebbe diventata la sua futura moglie e ha messo su famiglia, quindi ha abbandonato la strada (dove ai tempi anche l’allora premier Tony Blair gli ha dato la classica monetina) e iniziato a pubblicare dischi, prima a livello indipendente, con lo stile che però nel frattempo era mutato in un R&R, Rhythm & Blues e Soul vintage molto rigoroso, ma anche assai divertente. Quindi nel 2014 ha pubblicato un album Modern Life, per la East West del gruppo Warner, ottenendo un buon successo di critica e anche discrete vendite, probabilmente comunque non sufficienti per un ulteriore album con la stessa etichetta.

A questo punto interviene la Ruf che gli pubblica questo Old School, titolo quanto mai esplicativo, ma attenzione, dei 16 brani contenuti nel CD, solo due sono cover. E non vi ho ancora detto che questo signore ha pure una bellissima voce, paragonato di volta in volta a Sam Cooke, Otis Redding, soprattutto Jackie Wilson, con cui a tratti ha una somiglianza impressionante. Quindi tutte buone frequentazioni e referenze musicali. Aiutato da un gruppo dove non ci sono nomi noti, ma la formazione è corposa, con chitarra, piano, la sezione ritmica ed una di fiati con ben tre elementi, oltre allo stesso Si Cranstoun impegnato a chitarra, basso e tastiere. E il suono è veramente amabile e godibile, come pure il disco. Se già non vi eravate imbattuti con lui in passato vale la pena di farne la conoscenza: è musica revivalistica per amor di Dio, ma lo dichiara nei suoi intenti e poi è suonata e cantata con grande passione. Potrebbe essere una piacevole sorpresa, magari non vi cambierà la vita ma la renderà sicuramente più gradevole.

L’iniziale title track Old School rimanda a quel sound dell’era pre-Beatles, tra rock and roll e R&B, fiati e piano vorticosi, pensate ai vecchi Coasters, un tipo di approccio tipo quello di un altro grande vocalist misconosciuto della scena inglese, il bravissimo James Hunter http://discoclub.myblog.it/2016/02/22/forse-fin-troppo-vintage-sempre-gran-voce-james-hunter-six-hold-on/ . Vegas Baby, puro doo-wop misto a soul primordiale ricorda moltissimo i brani di Jackie Wilson tipo Reet Petite, tra assoli di trombone, fioriture vocali spericolate, senza mai dimenticare che stiamo parlando di music for fun, splendida e irresistibile, mentre Nighttime, più lenta, bluesy e riflessiva, evoca addirittura il miglior Sam Cooke, tra citazioni nel testo di vecchi brani dei tempi che furono, un delizioso assolo di piano di Neil Casey ed una atmosfera pigra e sorniona, ma appassionata. Anche Run Free, con i suoi woo-woo ripetuti ed il suo ritmo incalzante è Sam Cooke puro e non adulterato, di grande fascino, la voce scivola sulle note con grande leggiadria, ma anche con la giusta grinta. Right Girl, anche come titolo, ricorda il Billy Joel innamorato degli anni ’50, romantico e a voce spiegata e Jukebox Jump si spinge ancora di più nel passato con echi di Louis Jordan o ancora di più degli Sha Na Na (chi se li ricorda?), il ritmo si fa sempre più vorticoso, ma il divertimento non manca, con intrecci vocali anche raffinatissimi, credo sia lo stesso Cranstoun che moltiplica più volte la sua voce grazie al multi-tracking (antico nei gusti, ma moderno nell’esecuzione).

Anche un pizzico di cha-cha-cha nella languida Elise The Brasilian, sempre deliziosa, con Count On Me che getta nel calderone anche un pizzico di R&R melodico alla Buddy Holly con assoluta nonchalance. Insomma non ci si annoia mai in questo album, Si Cranstoun ha anche una bella penna, scrive canzoni ricche di melodia, come la bluesata e fiatistica Around The Midnight o la spensierata A Christmas Twist, ideale per i balli sotto l’albero, per non parlare di una Skinny Jeans propulsa da un pianino frenetico. E ancora Thames River Song, con tanto di fruscio fasullo di vinile d’epoca, che di nuovo ricorda il Sam Cooke d’antan, alle prese con il suo blues più raffinato, con tanto di assolo di armonica o Commoner To King, di nuovo alle prese con Jackie Wilson e le grandi voci del primo R&B e soul, fiati e piano a destra e manca e la voce sfavillante del nostro che titilla i padiglioni auricolari, non più usi a queste prelibatezze. Big Bess, una delle due cover, è un vecchio brano di Louis Jordan, fatto alla perfezione, in un tripudio di fiati scatenati, mentre Lover Please, firmata da Billy Swan, è di nuovo pura delizia sonora distillata. Si conclude con Happy Birthday, la nuova canzone che amerete farvi cantare al vostro compleanno, magari facendovi regalare o regalandovi questo piccolo gioiellino. Se amate tutti i nomi citati nella recensione non potete farvelo sfuggire. Consigliato di cuore!

Bruno Conti

Forse Fin Troppo Vintage, Ma Sempre Una Gran Voce Soul! James Hunter Six – Hold On!

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The James Hunter Six – Hold On! – Daptone Records

Noterete che nel titolo del Post ho detto forse, perché James Hunter,  a ben guardare, non vive di suoni del passato, ma abita in una sorta di mondo parallelo, dove Sam Cooke, Jackie Wilson, Ray Charles, Bobby “Blue” Bland, Solomon Burke e James Brown sono vivi e vegeti, e la “modernità” al limite può essere rappresentata da un giovane Van Morrison, che poi in effetti è stato il mentore e poi lo sponsor di Hunter, nell’aiutarlo a lanciare la sua carriera solista. Carriera iniziata nei lontani anni ’80 quando James, con lo pseudonimo di Howlin’ Wilf, muoveva i primi passi in questo mondo parallelo dove la musica era addirittura quella degli anni ’50, il primo R&B, il rock and roll primevo, i primissimi sommovimenti della soul music, un suono più crudo e meno rifinito rispetto a quello attuale, nel primo disco attribuito a Howlin’ Wilf & The Veejays  pubblicato nel 1986 dalla Big Beat, etichetta della Ace, alla quale Hunter aveva mandato dei demo. Il disco, Cry Wilf!, uscì all’inizio solo in vinile e la versione in CD solo dal 2006, ma è tuttora in catalogo, come pure un bellissimo DVD dal vivo Ya Ya, in circolazione dal 2007 per la Cherry Red https://www.youtube.com/watch?v=1fe03WPirlQ . Questi sono gli inizi, poi usciranno anche un EP, un disco dal vivo ed un altro album omonimo, mai ristampati in compact, prima che nel 1991 inizi la collaborazione con Van Morrison, che lo vuole con sé dal vivo, prima nel 1991 per alcune date e poi nel tour da cui verrà tratto A Night In San Francisco del 1994, e poi ancora in un paio di brani in Days Like This, dove appare con il suo vero nome di James Huntsman.

Van Morrison, che ha definito Hunter una delle migliori voci e dei segreti meglio custoditi del R&B britannico, poi renderà il favore apparendo come ospite, insieme a Doris Troy, nel disco di esordio di James Believe What I Say, dove addirittura i due duettano in Turn On Your Love Light https://www.youtube.com/watch?v=1QkMpMAteqU  Ain’t Nothin’ You Can Do. Poi, dopo un passaggio alla Ruf, Morrison gli farà avere un contratto alla Universal/Concord dove il nostro pubblicherà tre album, l’ultimo come The James Hunter Six, Minute By Minute, prodotto da Gabriel Roth, il co-fondatore della Daptone Records, che oltre ad essere di nuovo dietro alla console anche in questo Hold On!, lo pubblica pure per la propria etichetta. Anzi, per questo sesto album di James i due addirittura hanno deciso di optare per la registrazione su un vecchio nastro a 8 piste e in mono (e per quello al’inizio uso quel fin troppo, che però vuole essere assolutamente benevolo). Fin dal disco del 2006 People Gonna Talk Hunter esegue solo canzoni scritte di proprio pugno, niente cover, ma il profumo che si respira è ovviamente quello dei vecchi dischi della Brunswick (l’etichetta di Jackie Wilson), della SAR (quella di Sam Cooke), della Chess o della Stax, puro soul, ma arricchito da innesti twist, boogaloo, ska, blues, qualche tocco da crooner e tanta classe, oltre ad una voce melismatica ed espressiva come poche ce ne sono in giro nell’attuale panorama della musica, bianca o nera.

Sono dieci brani, per poco più di mezz’ora di musica, ma tutti da gustare con grande piacere, grazie anche all’eccellente band, con due fiati, un tastierista, molto bravo al piano e ottimo all’organo, e lo stesso Hunter alla chitarra: si parte sparati con il cantante di Colchester, dalla voce rauca e poderosa che. nel primo brano If That Don’t Tell You convoglia gli aspetti istrionici del grande vocalist Jackie Wilson, tra urletti e ritmi scatenati a colpi di sax e organo, per poi regalarci una splendida This Is Where We Came In , dove tra cha-cha-cha, bossa nova e soul, sembra di ascoltare un rinato Sam Cooke, con la sua voce splendida e vellutata, arricchita dai coretti dei backing vocalists, tra doo-wop e gospel, e quei whoo-whoa che erano il marchio di fabbrica del cantante di Clarksdale, delizioso anche il lavoro al piano di Andrew Kingslow; (Baby) Hold On. decisamente più mossa, è un bel soul-twist, dove sax, chitarra e ritmica ben spalleggiano il pirotecnico vocalismo del nostro amico https://www.youtube.com/watch?v=tsW1lq__vws . Something’s Calling, il primo singolo è una ballata soul, quasi da crooner https://www.youtube.com/watch?v=YCQsjLsVX8M , come amava anche Cooke, ma qui la voce è più profonda e vellutata, potrebbe ricordare Chuck Jackson,  grande cantore dell’uptempo soul newyorkese, magari meno noto ai più, ma è quello di Any Day Now I keep fogettin’ (l’ha incisa pure Bowie). A Truer Heart è un altro delizioso brano soul, con leggeri tocchi ska, sempre contrappuntato dai quei coretti che si insinuano sotto pelle e un breve break di armonica nella parte centrale, che è la ciliegina sulla torta di un dolce perfetto.

Free Your Mind (While You Still Got Time) è il momento James Brown dell’album, con la sua andatura mossa e funky, un must per gli artisti della Daptone, con James Hunter che rilascia qualche urletto tipico del Godfather of Soul e con la band che tenta anche qualche deriva à la Motown. Light Of My Life, ondeggiante e punteggiata dai fiati, è più leggera e scanzonata, arricchita da un breve assolo di organo che più vintage come sound non si può, mentre Stranded è uno di quei classici brani uptempo, con battito di mani, coretti e fiati avvolgenti, di cui Sam Cooke e  il suo discepolo Otis erano maestri, tra leggeri falsetto e piccoli urletti. Satchel Fool è uno strumentale latineggiante, con fiati sincopati, organo e la chitarra solista di Hunter a rievocare il sound fine anni ’50, con l’assolo di sax che cerca di aggiudicarsi il match con gli altri strumenti, qualcuno ha detto The Champs Tequila? Vince la bambolina! Per l’ultima canzone James Hunter ha tenuto uno dei brani migliori del disco, una In The Dark che è uno splendido mid-tempo soul che se non è degno delle migliori composizioni di Charles Brown Ray Charles poco ci manca e ci fa lasciare questo Hold On! con un sorriso compiaciuto stampato in volto.

Bruno Conti