Il Diavolo Secondo Ray Wylie Hubbard – Tell The Devil I’m Gettin’ There As Fast As I Can

Ray Wylie Hubbard Tell the Devil

Ray Wylie Hubbard – Tell The Devil I’m Gettin’ There As Fast As I Can – Bordello Records/Thirty Tigers

Parafrasando un vecchio detto “non c’è due senza tre”, dopo The Grifter’s Himnal (12), e The Ruffian’s Misfortune (15) http://discoclub.myblog.it/2015/04/17/grande-vecchio-texano-doc-ray-wylie-hubbard-the-ruffians-misfortune/ , torno a parlarvi sul Blog di Ray Wylie Hubbard, un vero musicista di culto della scena musicale texana, in occasione dell’uscita di questo nuovo lavoro, dal titolo lunghissimo che per comodità abbreviamo in Tell The Devil…, il diciassettesimo della sua carriera (se non ho sbagliato i conti con il pallottoliere). Proseguendo nelle tematiche degli ultimi lavori e miscelando sempre più sacro e profano, Hubbard porta negli studi di registrazione The Zone a Dripping Springs, Texas, un manipolo di validi musicisti, a partire da suo figlio Lucas Hubbard (sempre più bravo) alle chitarre elettriche, Kyle Schneider e Joseph Mirasole  che si alternano alla batteria, l’ottimo Jeff Plankenhorn a dobro, lap steel guitar e mandolino (e ottimo cantautore anche in proprio), Pat Manske al basso, e il grande Bukka Allen (BoDeans, Joe Ely, Alejandro Escovedo e figlio di Terry Allen) all’Hammond B3, con l’aggiunta di validi “turnisti” locali tra i quali Edward Braillif, Billy Cassis, Jack O’Brien, Lisa Mednick Powell, Curtis Roush e con il produttore Mike Morgan, che è anche il proprietario degli studi di registrazione, i quali, tutti insieme a Ray Wylie (armonica, chitarra acustica e elettrica, e voce), danno vita ad undici brani “diabolici”, con la partecipazione non secondaria di ospiti vocali di grande valore come Lucinda Williams, Patty Griffin, Eric Church; canzoni intrise come al solito di rock, blues, e sonorità voodoo, con una spruzzata abbondante di country texano.

I sermoni si aprono con la spettrale God Looked Around (ispirata dal Libro Della Genesi), con un bel giro di armonica che la caratterizza, a cui fanno seguito lo sporco blues di Dead Thumb King, le sonorità voodoo di una ossessiva Spider, Snaker And Little Sun, un tributo a “Spider” John Koerner, Dave “Snaker” Ray e Tony “Little Sun” Glover,  passando poi per lo sferzante groove di Lucifer And The Fallen Angels, un lungo viaggio letterale nell’inferno, che Hubbard dice essere stata ispirata da Turn the Page di Bob Seger. Con l’acustica Open G Hubbard dimostra di essere anche un chitarrista slide di prim’ordine, mentre la tagliente ballata House Of The White Rose Bouquet racconta la storia di un rapporto tra un giocatore e una “Lady”, preludio alla meravigliosa Tell The Devil I’m Gettin’ There As Fast As I Can, cantata in duetto con Eric Church e Lucinda Williams (una voce talmente personale che si riconosce anche in punto di morte), con uno splendido finale chitarristico, e che sempre secondo l’autore si rifà alle sonorità di Rod Stewart in Maggie May, con mandolino e organo in evidenza, per riscoprire pure le sonorità “psichedeliche” in The Rebellious Sons, suonata al meglio con i Bright Light Social Hour (una poco conosciuta rock band “psichedelica”di Austin). Ci si avvia alle “fiammate” finali con il blues ballabile di Old Wolf  (con tanto di ululato simulato), una sofferta melodia alla Townes Van Zandt come Prayer, e chiudere in gloria questa favola “rock-blues con la delicata In Times Of Cold cantata in duetto con la brava Patty Griffin, con solo accompagnamento di chitarra acustica e armonica.

Questo signore ha superato i settanta (e li dimostra tutti guardando la cover del CD), ma sono anche cinquant’anni che Ray Wylie Hubbard è in pista fra palchi e studi di registrazione, e questo nuovo Tell The Devil….prosegue nel solco degli ultimi due dischi citati ad inizio Post, disco che lo certifica ancora una volta come una figura di culto nell’ambito della scena musicale “texana”, con il suo cocktail affascinante composto da rock, blues e roots music, e per chi lo segue da sempre c’è la certezza che dalla sua penna usciranno comunque eroi e perdenti che non sono né buoni né cattivi, ma che lottano e si dibattono tra il bene e il male. Personaggio difficilmente “etichettabile”, Ray Wylie Hubbard per chi lo conosce ed ama sta diventando sempre più importante disco dopo disco,  ed al quale manca soltanto (e per chi scrive, fortunatamente) la celebrità, che non arriverà neppure dopo questo lavoro, da assaporare comunque con gusto fino all’ultima nota.

Tino Montanari