Anche Senza Il Suo Pard Abituale, Sempre Un Gran Bel Sentire! Jim Cuddy – Constellation

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Jim Cuddy – Constellation – Warner Music Canada

Questo Constellation suona come un disco dei Blue Rodeo, quindi bello (lo ammetto sono di parte  http://discoclub.myblog.it/2016/12/06/volta-degni-della-fama-blue-rodeo-1000-arms/ ). D’altronde Jim Cuddy è uno dei due leader e componenti storici della band canadese: forse qualcuno poteva aspettarsi un suono diverso in un suo disco solista (ma anche i precedenti tre non deviavano molto o per nulla dal sound del gruppo madre). D’altronde il gruppo ha uno stile ben definito, acquisito in decenni di carriera, con elementi country, rock, rimandi ai gruppi storici West Coast e ai Beatles per l’uso spesso celestiale delle armonie vocali, come pure alla Band, di cui in Canada per certi versi vengono considerati tra i principali eredi. E’ difficile che deludano o che si lancino verso nuove sonorità, tipo quello sciagurate delle ultime prove di gente come Arcade Fire, Mumford And Sons ed altri: a Milano si dice “Ofelè fa el to mesté”, “pasticciere fai il tuo mestiere”, ovvero continua a fare quello che sei bravo a fare. Del resto, se escludiamo Greg Keelor (l’altra metà dei Blue Rodeo), la presenza della band è comunque massiccia: ci sono Colin Cripps, il nuovo chitarrista aggiunto da quando Keelor, per problemi uditivi, ha dovuto ridurre di molto sul palco l’uso delle chitarre elettriche, il bassista storico Bazil Donovan, e tra gli ospiti, in un paio di brani, il tastierista Michael Boguski, ma anche la violinista Anne Lindsay ha suonato spesso con loro. Ci sono pure altri musicisti della scena canadese, il batterista Joel Anderson nel giro Oh Susanna, presente in un paio di brani di questo Constellation e anche Jimmy Bowskill, nuovo chitarrista degli Sheepdogs (di cui è uscito di recente il nuovo eccellente Changing Colours http://discoclub.myblog.it/2018/03/04/canadesi-dal-cuore-e-dal-suono-sudista-the-sheepdogs-changing-colours/ ), impegnato a mandolino e pedal steel

. Il risultato è un buon disco, mancano forse le solite armonie vocali fantastiche e gli interscambi tra Cuddy e Keelor, come pure i brani più melanconici e sontuosi di Keelor, ma la vocalità calda e partecipe di Cuddy, vicina a quella di gente come Richie Furay dei Poco, Dan Fogelberg, persino Don Henley, tanto per non fare nomi, garantisce quella fusione di generi ricordata prima, dove le ballate, il country, ma anche il rock chitarristico classico americano sono elementi imprescindibili. La voce è sempre chiara e cristallina, anche se i 62 anni la rendono un filo più profonda e vissuta, ma quando intona la deliziosa While I Was Waiting, classico alt-country-rock con elementi Jayhawks o Wilco, si riconosce subito il suo timbro inconfondibile, e il dualismo piano-organo aggiunge profondità al jingle-jangle delle chitarre; Where You Gonna Run, con il mandolino aggiunto di Bowskill, sembra uno dei brani più country dei primi Poco, comunque belle le armonie vocali e il violino guizzante della Lindsay, come pure il tocco della chitarra acustica solista e del piano, mentre Constellations è una di quelle ballate pianistiche romantiche (diverse da quelle più malinconiche di Keelor) tipiche del repertorio del nostro, con Amy Laing aggiunta al cello, atmosfere che evocano gli sterminati paesaggi del territorio canadese. Beauty And Rage, introdotta da piano elettrico ed organo, ha un sapore più pop ed orecchiabile, meno soddisfacente di altri brani, come per esempio Lonely When You Leave, una delle classiche canzoni mid-tempo di Cuddy  con l’interscambio tipico tra chitarre acustiche, elettriche, piano, organo e violino, un brano che mescola musica roots e pop di qualità, cantato in modo impeccabile con deliziosi contrappunti vocali.

You Be The Leaver è un’altra ballata acustica dolce ed avvolgente, forse un po’ di maniera ma efficace, giocata sul piano e sugli archi, fino ad un assolo di chitarra misurato e raffinato. One Thing Right, con Oh Susanna, Suzie Ungerleider alle armonie vocali, è più mossa e variegata, con mandolino e violino sempre in evidenza, sembra quasi un pezzo degli Eagles dei primi tempi, tra country e rock, Hands On The Glass è uno di quei brani rock e chitarristici che sono nel DNA di Cuddy, un tuffo negli anni ’70, con chitarre ruggenti, anche la pedal steel di Bowskill, in evidenza, come pure l’organo, e un bel crescendo strumentale nella parte centrale. Cold Cold Wind, parte lenta e circospetta, con chitarre acustiche, un mood country di vecchi tempi, poi entra le seconda voce di Oh Susanna, il violino della Lindsay, il mandolino e la canzone assume una pigra andatura “campagnola”, poi nel finale entra una slide, il suono si anima e parte una piccola jam elettrica bluesy tutta da gustare, Roses At You Feet, di nuovo un mid-tempo specifico dello stile di Cuddy, delicato e sognante, per quanto non memorabile, prima della conclusiva Thing Still Left Unsaid (forse un seguito di Things We Left Behind), uno dei brani migliori dell’album, dal ritmo febbrile e in crescendo incalzante https://www.youtube.com/watch?v=j4-V2p1DMOo , con l’organo di Boguski, il mandolino di Bowsill e le chitarre di Cuddy e Cripps che si scatenano nel finale, peccato che il brano si interrompa su una probabile jam che ci attendiamo nelle esibizioni live.

Bruno Conti

Ancora Una Volta Degni Della Loro Fama! Blue Rodeo – 1000 Arms

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Blue Rodeo – 1000 Arms – TeleSoul Records Canada

Ogni appassionato della buona musica ha una predilezione particolare per un gruppo o un solista, al di fuori dei grandi nomi più ricorrenti: il sottoscritto ce l’ha, tra gli altri, per i canadesi Blue Rodeo. Chi legge queste pagine virtuali avrà visto sempre giudizi più che lusinghieri di chi scrive per la band di Jim Cuddy e Greg Keelor, che considero una delle migliori in assoluto di quelle uscite nell’ultimo trentennio (come si vede dai video non sono più dei giovanotti), tra i migliori eredi della grande tradizione che ha avuto soprattutto nella Band l’esempio più fulgido nell’ambito Americana, country-rock, roots music, come diavolo volete chiamarlo, in generale tra i gruppi provenienti dal continente nord-americano. Dopo l’eccellente Live At Massey Hall dello scorso anno http://discoclub.myblog.it/2015/12/06/dei-migliori-album-dal-vivo-del-2015-blue-rodeo-live-at-massey-hall/ , i Blue Rodeo tornano con questo 1000 Arms, il loro quattordicesimo album di studio, che conferma una rinnovata verve del quintetto canadese, dopo le derive un filo più bucoliche del peraltro ottimo In Our Nature http://discoclub.myblog.it/2013/11/14/festeggiano-25-anni-e-spiccioli-di-carriera-con-un-grande-di/ , e del successivo album di carattere natalizio http://discoclub.myblog.it/2014/12/07/il-solito-disco-natalizio-blue-rodeo-merrie-christmas-to-you/ . Il gruppo raramente ha sbagliato un colpo, con loro si va a colpo quasi sicuro Nell’album in questione appare per l’ultima volta il membro aggiunto (ma in pratica fisso nella band da 17 anni) Bob Egan, sopraffino suonatore di pedal steel e mandolino fin dai tempi di Palace Of Gold. Ovviamente il gruppo ruota soprattutto intorno alle canzoni, alle voci e armonie vocali di Cuddy e Keelor, ma anche il secondo chitarrista (con Cuddy) Colin Cripps e il tastierista Michael Boguski contribuiscono con i loro tocchi di finezza al risultato finale, oltre al dancing bass inimitabile del veterano Bazil Donovan.

Al solito Jim Cuddy è quello dalla voce più solare, giovanile, che rimanda a Paul Cotton o Richie Furay dei Poco, mentre Greg Keelor ha un timbro più roco e crepuscolare, anche se il meglio lo danno, come di consueto, negli splendidi intrecci vocali che sono il loro marchio di fabbrica. E le canzoni di qualità non mancano neppure in questa occasione: che sia il country-rock riflessivo dell’iniziale splendida Hard To Remember, con il marchio di Keelor, tocchi jingle-jangle quasi byrdsiani, quelle armonie vocali immancabili e un suono caldo ed avvolgente https://www.youtube.com/watch?v=j44YVch6Qbk , oppure una solare I Can’t Hide This Anymore, un brano di Cuddy, che con il suo mandolino e le chitarre acustiche ed elettriche, sembra uscito da uno dei primi dischi dei Poco o degli Eagles. Molto bella anche la mossa Jimmy Fall Down dove fa capolino anche una armonica https://www.youtube.com/watch?v=dg0B_-eX-6I  o la riflessiva Long Hard Life, dove Jim Cuddy racconta di una relazione finita male con la consueta passione. Rabbit’s Foot di nuovo a guida Keelor, vira decisamente verso il rock, sembra un pezzo, e pure di quelli belli, di Tom Petty con gli Heartbreakers, di nuovo chitarre tintinnanti, ritmi incalzanti e intrecci vocali splendidi, fino ad un break chitarristico da manuale; 1000 Arms è una delle consuete ballate strappacuore di Cuddy, con la pedal steel sugli scudi, come se il country-rock degli anni ’70 non fosse mai tramontato.

Dust To Gold viceversa è uno di quei pezzi più “lunatici” ed ombrosi di Greg Keelor, con la pedal steel, l’organo e il piano a sottolineare l’atmosfera più cupa della canzone, sempre infiorata dalle loro armonie vocali inconfondibili https://www.youtube.com/watch?v=E4ZhU8aQEZ4 . Superstar, con un corno francese ad arricchire il sound, è uno dei consueti tuffi di Cuddy nell’amato songbook beatlesiano, a passo di carica e con una melodia accattivante, controcanti vorticosi ed interventi chitarristici e pianistici ficcanti https://www.youtube.com/watch?v=SXDSLFQv5NI ; Mascara Tears con Cuddy al Wurlitzer, è pero un brano crepuscolare di Keelor che sembra uscire da On The Beach di Neil Young, tra pedal steel e organo “piangenti”. Can’t Find My Way Back To You, un altro resoconto su un amore finito male di Cuddy (sono sfortunati questi ragazzi!) ha però una bella melodia vivace e mossa, ancora con tocchi younghiani, ma anche aperture country-blues deliziose, mentre So Hard To See è un’altra delicata ballata, questa volta di impianto decisamente acustico, con una spennellata di guitar-synth che fa le veci di una sezione archi e il piano e le chitarre acustiche a caratterizzarne il sound. A chiudere il solito pezzo epico che i Blue Rodeo ci riservano sempre per il gran finale: The Flame è uno dei loro classici brani in crescendo, firmato da Keelor (anche se sul disco tutte le canzoni sono marchiate Cuddy-Keelor), un organo quasi doorsiano, la solita pedal steel e le chitarre che scaldano l’atmosfera nella vibrante parte centrale strumentale. Gran finale per un ottimo album, ancora una volta degno della loro fama.

Bruno Conti

Uno Dei Migliori Album Dal Vivo Del 2015! Blue Rodeo – Live At Massey Hall

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Blue Rodeo – Live At Massey Hall – Warner Music Canada 

I Blue Rodeo sono una delle migliori band canadesi all time https://www.youtube.com/watch?v=y3C1SWVquXA , non per nulla sono nella Hall Of Fame musicale del loro paese, insieme a gente come Leonard Cohen, Neil Young, Joni Mitchell, Oscar Peterson, Bruce Cockburn e pochi altri, hanno vinto 11 Juno Awards (l’equivalente canadese dei Grammy, ed è un record assoluto) grazie ai tredici album di studio e ai quattro Live pubblicati. Dopo oltre 30 anni di carriera la qualità dei loro dischi non sembra scemare e se forse non hanno più raggiunto i vertici stellari dei primi album, titoli come Diamond Mine, Lost Together e Five Days In July, dischi dove la grande tradizione della musica canadese, quella discendenza che da Neil Young e dalla Band arriva a miriadi di band venute dopo: uno stile terso ed avvolgente, malinconico e coinvolgente, con tratti del country-rock migliore, roots music ed Americana, armonie vocali degne dei migliori Beatles o della Band ricordata, una capacità strumentale che non sfocia mai nel virtuosismo fine a sé stesso, ma che soprattutto nei dischi dal vivo ha la capacità a tratti di mandarti vampate di piacere al cervello. E in questo Live At Massey Hall ci sono due o tre brani che fanno questo effetto.

Forse ho esagerato, ma gruppi come quello di Jim Cuddy e Greg Keelor sono merce rara, due autori e due voci che si intrecciano e si differenziano in modo perfetto: Cuddy è quello dalla voce più squillante e dal mood compositivo più brillante e vivace, Keelor, con la voce più bassa ed arrochita dal passare degli anni è più malinconico e meditativo, ma è proprio l’unione dei due stili, che sono anche interscambiabili, che spesso rende affascinanti le loro canzoni. Nel caso di questo Live, registrato alla mitica Massey Hall di Toronto nel corso del tour 2014 per promuovere l’album In Our Nature, tutti gli elementi citati sono presenti, con la band, ampliata a sette elementi, da quando Keelor per problemi all’udito non può più suonare l’elettrica nei concerti, ha aggiunto altri due chitarristi all’organico ed è diventata una vera macchina da guerra, con Cuddy e Colin Cripps che si dividono gli assolo, mentre Bob Egan, ex Wilco, a pedal steel, mandolino, banjo, dobro e chitarra provvede ad un eccellente lavoro di coloritura del suono, aiutato dalla tastiere scintillanti di Michael Boguski  e dalla solida sezione ritmica con il nuovo entrato Glenn Milchem alla batteria e il veterano Basil Donovan al basso, che ogni tanto si lancia in mirabili momenti solisti, come nella parte finale della conclusiva Lost Together.

Tutto il concerto è fantastico,  ben cinque brani dall’ultimo eccellente In Our Nature http://discoclub.myblog.it/2013/11/14/festeggiano-25-anni-e-spiccioli-di-carriera-con-un-grande-di/ , ma anche molti classici dal passato, a partire dall’iniziale Head Over Heels (era su Five Days In July), con l’armonica quasi dylaniana di Jim Cuddy e un train sonoro degno del miglior country-rock grazie alla pedal steel di Egan,, subito con le armonie vocali che ti avvolgono e ti cullano; Rose Coloured Glasses era sul primissimo Outskirts, più malinconica e riflessiva, cantata da Keelor, con un jingle-jangle quasi byrdsiano, seguita da Bad Timing (sempre su Five Days In July), una stupenda ballata romantica con uso di fisarmonica, mentre Disappear è uno dei quattro brani che superano gli otto minuti, un pezzo rock splendido, chitarristico, con tanto di finto finale da chansonnier francese con la voce che allontanandosi dal microfono “scompare”, prima di lasciare spazio ad una lunga coda strumentale, dove il piano di Boguski rievoca certi pezzi epici di Springsteen. New Morning Sun e Tara’s Blues, sono due bellissime ballate estratte dall’ultimo In Our Nature, come pure Tell Me Again un piacevole e scanzonato brano country e la deliziosa When The Truth Comes Out, dove Cuddy siede al piano.

Finita la sezione dedicata al presente della band è la volta di uno classici assoluti dei Blue Rodeo, quella Diamond Mine che dava il titolo al loro album più bello, una versione “epica”, di oltre nove minuti, continui intrecci di chitarre elettriche e tastiere di grande fascino, e un finale strumentale in crescendo, uno dei momenti dove quasi ti viene da alzare il pugnetto, anche se si trovi a migliaia di chilometri e a due anni di distanza da quando il tutto accadeva, grande musica, che prosegue con Girl Of Mine, sempre dallo stesso disco, illustra il lato più gentile e riflessivo, prima di After The Rain, che era su Casino, altra perla dal loro songbook, degna della Band, di nuovo con Cuddy al piano e quelle armonie vocali incredibili da gustare a fondo. La raccolta e melancolica Paradise, è il quinto e ultimo brano tratto da In Our Nature, cantato con passione da Keelor, mentre l’armonica di Cuddy e il piano di Boguski cesellano note. Gran finale con una magnifica Five Days In May che rivaleggia con le più belle canzoni di Neil Young, per la sua tersa e cristallina bellezza, di nuovo florilegi di piano (fantastici), organo e armonica, prima di una jam chitarristica da brividi a concludere il tutto. Ma il concerto non finisce qui: sale sul palco la Devin Cuddy Band (il gruppo del figlio di Jim) per una corale e meravigliosa Lost Together, un brano dall’impianto vocale sontuoso che conclude in gloria un Live che conferma la band canadese tra i segreti meglio custoditi del rock internazionale, al di fuori dei confini del natio Canada. Da non perdere!

Bruno Conti

Non Il Solito Disco Natalizio! Blue Rodeo – A Merrie Christmas To You

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Blue Rodeo – A Merrie Christmas To You – Warner Music Canada

In questo periodo dell’anno si rinnova quella simpatica usanza del disco Natalizio, anzi per le abitudini (nord)americane siamo addirittura in ritardo, spesso i cosiddetti “album stagionali” escono quando l’estate è ancora in corso, o come dicevano i Righeira (citazione colta) sta finendo. Diciamo che, mentre l’album natalizio classico è quasi sempre una raccolta di brani celebri, anche pescati dalla tradizione religiosa, quello stagionale si rivolge più a canzoni, magari originali, scritte per l’occasione, che trattano di argomenti relativi al periodo invernale e non solo alle feste, ma è un sottile distinguo. Il CD di cui stiamo per parlare, questo A Merrie Christmas To You dei Blue Rodeo, direi che, nonostante il titolo, si colloca più nel filone dei dischi stagionali: sono dieci brani, due originali, scritti dalla inossidabile coppia Jim Cuddy/Greg Keelor, un traditional come O Come All Ye The Faithful, un super classico come Have Yourself A Merry Little Christmas, e sei cover di brani intonati al periodo, ma che sono anche l’occasione per la band canadese di rivisitare il songbook di alcuni grandi autori, Alex Chilton, Merle Haggard, Joni Mitchell, Paul Simon, Gordon Lightfoot e Robbie Robertson.

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E anche se io sono di parte, perché considero il gruppo canadese uno dei migliori gruppi sulla faccia del pianeta terra http://discoclub.myblog.it/2013/11/14/festeggiano-25-anni-e-spiccioli-di-carriera-con-un-grande-di/ , mi sembra che la missione di fare un bel disco di Natale per il 2014 (e per gli anni a venire) sia perfettamente riuscita. I Blue Rodeo, per chi scrive, sono sempre stati il vero anello mancante, tra i Buffalo Springfield, la West Coast e il country-rock, e il cosiddetto insurgent o alt-country di Uncle Tupelo, poi dei primi Wilco e Son Volt, i Jayhawks, e altri gruppi che nell’ultima decade del secolo scorso hanno tenuto alta la bandiera di questo movimento. Cuddy, Keelor e soci, sono venuti prima, unendo quel meraviglioso gusto della melodia mista al rock del connazionale Neil Young, e degli americani Stephen Stills e Richie Furay, poi anche nei Poco, con la grande tradizione della Band, per l’uso delle tastiere, e gli intrecci vocali mozzafiato presi sia dal country, quanto dalla West Coast music, come dai dischi dei Beatles, soprattutto lato McCartney. Tutti elementi che sono presenti anche in A Merrie Christmas To You, magari l’uso dei cori è meno accentuato,ma sempre presente, soprattutto nelle prime canzoni, dove le voci di Jim Cuddy e Greg Keelor operano più da cantanti solisti, ma è un piccolo appunto che poi si appiana nella seconda parte del CD.

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L’apertura è affidata alla bellissima canzone di Alex Chilton,Jesus Christ was born today, Jesus Christ was born”, con chitarre tintinnanti e cristalline e la voce di Keelor in evidenza https://www.youtube.com/watch?v=ZmBSFBLebiE , che lascia posto a quella di Cuddy per una deliziosa rilettura, nel solco della più pura tradizione natalizia di Have Yourself A Merry Little Christmas, con pedal steel e tastiere in bella evidenza https://www.youtube.com/watch?v=NzbGCAYrn0k e il nostro Jim che la propone quasi fosse un devoto del Paul McCartney più melodico (quale credo sia) con tanto di classici wooo wooo beatlesiani, molto piacevoli. Ancora pedal steel e organo sugli studi, ma in ritmi di puro country per una bellissima versione di If We Make It Through December, dal repertorio di Merle Haggard, cantata in solitario da Greg Keelor. Poi è il turno di una delle canzoni più belle di tutti i tempi che parlano del periodo di Natale (e non solo), River di Joni Mitchell, cantata stupendamente da Jim Cuddy, con piano, organo, pedal steel e le chitarre che si amalgano alla perfezione in un tutt’uno veramente emozionante, grande versione, con alcuni falsetti da brivido. O Come All Ye The Faithful, il brano tradizionale, è fatto come se fosse una canzone dei Fairport Convention, con l’organo al posto del violino, ma la stessa grinta del miglior folk-rock della band britannica https://www.youtube.com/watch?v=Kf312WUMCrs .

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Getting Ready For Christmas Day non la ricordavo tra i brani di Paul Simon, ma in effetti si trova sull’ultimo So beautiful or so what, versione molto à la Graceland, pimpante e ritmata, con un piano elettrico a menare le danze (l’ottimo Michael Boguski, peraltro grande protagonista in tutto al disco alle tastiere) che ricorda molto anche il sound di Get Back https://www.youtube.com/watch?v=1BCkg5z2QPg , ben supportato da, chitarra elettrica organo e mandolino (Bob Egan, nel resto dell’album alla pedal steel) a seguire i due brani nuovi, Glad To Be Alive e Home To You This Christmas, https://www.youtube.com/watch?v=IVVo0YlvftA  classici esempi di Blue Rodeo sound, melodie avvolgenti, grandi armonie vocali, chitarre spiegate, le immancabili tastiere, bellissime entrambe, come pure la cover, molto raccolta, di un pezzo del grande Gordon Lightfoot, Song For A Winter’s Night e la conclusione, per chiudere il cerchio, con la trascinante Christmas Must Be Tonight, scritta da Robbie Robertson per Islands, l’ultimo album della Band Mark I, ed eseguito dai Blue Rodeo, che in Canada ne vengono considerati gli eredi, in modo eccellente https://www.youtube.com/watch?v=O3TBdry3btQ . Come tutto l’album d’altronde, non solo un bel album natalizio, ma anche, volendo!

Bruno Conti

P.s Il CD è solo di import canadese, quindi non si trova facilmente!

Forse Un Nome “Misterioso” ? Oh Susanna – Namedropper

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Oh Susanna – Namedropper – Stella Records/Continental Song Records/IRD

Un nome, un mistero? Dietro un nome un po’ così, c’è una band molto autorevole, dove il fulcro è tale Suzie Elizabeth Ungerleider, ovvero la Susanna del nome, e questo spiega il cosiddetto “mistero”, che tale quindi non è. Nata nel Massachusetts, ma cresciuta a Vancouver, Canada, Suzie ha iniziato ad esibirsi come Oh Susanna circa a metà degli anni ’90, lasciando il suo lavoro di bibliotecaria e registrando un primo EP composto da sette brani, l’omonimo Oh Susanna (97), catturando subito l’attenzione dell’industria musicale, che le permise di debuttare con un album ufficiale Johnstown (99) https://www.youtube.com/watch?v=tF_DxtmORUA , con la collaborazione di Bazil Donovan (dei grandi Blue Rodeo), Peter Moore (Cowboy Junkies) e Bob Egan ( giro Wilco) confermando poi la sua crescita con i seguenti Sleepy Little Sailor (01) https://www.youtube.com/watch?v=bhbRSc9N_ao  e di nuovo un omonimo Oh Susanna (03,) espandendo il “sound”  verso una direzione roots-rock. Dopo una pausa per mettere su famiglia con il marito Cam Giroux (batterista della band Weeping Tile, gruppo canadese fondato dalla brava Sarah Harmer), ritorna in sala d’incisione per ottimi lavori come Short Stories (07) e il brillante Soon The Birds (11) dove venivano coinvolti più di 30 musicisti del paese delle “Giubbe Rosse”. https://www.youtube.com/watch?v=RQCuWwgIE_M e https://www.youtube.com/watch?v=gQBGPk780qE

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In questo nuovo progetto Namedropper, Suzie si prende una pausa nella scrittura dei brani, e pubblica una raccolta di canzoni scritte appositamente per lei da alcuni dei migliori cantautori del Canada, nomi molto famosi come Ron Sexsmith, Jim Cuddy, Amelia Curran, Melissa McClelland, Jim Bryson, e altri meno conosciuti, ma sempre validi, come Joel Plaskett, Royal Wood, Keri Latimer, Luke Doucet, Jay Harris, più altri ancora, del tutto sconosciuti, per quattordici diamanti grezzi che trovano nella voce e nel talento di Suzie il modo di risplendere. Il gruppo di musicisti che l’accompagna è composto dal produttore e polistrumentista Jim Bryson alle chitarre, mandolino, piano e tastiere , Eli Abrams al basso, il citato Cam Giroux alla batteria e percussioni, Dan Cutrona al pianoforte, e come ospite la collega Kathleen Edwards al violino, ritrovandosi a registrare il tutto nell’incantevole regione dell’Ontario, a Toronto, dove ora vive.

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Namedropper è un progetto di canzoni fondate sull’amicizia , non è causale che Suzie apra con la bellissima Oregon uscita dalla penna del suo caro amico Jim Bryson, a cui fanno seguito un trittico di brani Into My Arms, Goodnight e Cottonseed  ( firmati dai giovani emergenti) di una dolcezza infinita e disarmante. Wait Until The Sun Comes Up è immediatamente riconoscibile come un brano firmato da Sexsmith, con la tipica melodia simile a tante altre belle canzoni di Ron, mentre la seguente Mozart For The Cat è un mid-tempo regalato dalla McClelland https://www.youtube.com/watch?v=5LjKTdyu6Ic , passando poi per la pianistica Provincial Parks, il dolente incedere di Letterbomb, il folk di Loved You More, con un testo importante di Amelia Curran, e il ritmo brioso che si sviluppa in un pezzo come 1955. Le note di un pianoforte accompagnano la bellissima Savings & Loan dello sconosciuto Rueben Degroot (uno da tenere d’occhio), seguite dalle atmosfere retrò di This Guy, per arrivare alla traccia forse più incisiva del disco, una Dying Light proveniente dal “songwriting” di Jim Cuddy dei Blue Rodeo, una serenata che spezza le corde del cuore, e infine chiudere con un altro brano firmato da Sexsmith con Angaleena Presley (del trio femminile Pistol Annies) I Love The Way She Dresses, dove Susanna, come in tutto il lavoro, riesce pienamente a coinvolgerci.

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Senza uno straccio di contratto negli States dove il disco è stato autofinanziato con il sistema Kickstarter Campaign https://www.youtube.com/watch?v=AHTc3kkZOY4  (e una piccola distribuzione europea per merito della label olandese Continental Song Records), Oh Susanna resta confinata tra i segreti della scena folk canadese (ed è un vero peccato sia così, rispetto a molte colleghe folksingers meno valide ma più conosciute), e per chi vuole approfondire, in questo Namedropper, troverete una bella voce, belle canzoni, ottimi musicisti: cosa chiedere di più ad un album folk cantautorale? Se vi sentite orfani delle sorelle McGarrigle, vi consiglio una rapida adozione della nostra Suzie, credetemi non avrete modo di pentirvene.

NDT: Durante il processo di creazione di Namedropper, purtroppo a Suzie Elizabeth Ungerleider è stato diagnosticato un cancro al seno, ma l’amore e il sostegno di fans e amici hanno permesso a Susanna di terminare la registrazione e pare la cosa si sia risolta. Una ragione in più per voler bene a questa amica!

Tino Montanari

Festeggiano 25 Anni (E Spiccioli) Di Carriera Con Un Grande Disco! Blue Rodeo – In Our Nature

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Blue Rodeo – In Our Nature – Continental Song City/Blue Rose/IRD

Appartengo alla categoria di quelli che pensano che i Blue Rodeo siano una delle migliori band espresse dal rock degli ultimi trenta anni, sempre e comunque. Con due dei migliori autori e cantanti mai usciti dalla scena canadese: Jim Cuddy e Greg Keelor, con il sovrappiù di un ottimo bassista come Bazil Donovan, da sempre con loro. La critica più ricorrente (o il miglior complimento) che viene fatto alla loro musica è quella che i dischi sono sempre molto simili tra loro, ma secondo chi scrive è proprio questo il loro grande merito, il sound che hanno forgiato in questi anni è assolutamente perfetto, in un ambito più ampio che li inserisce nel filone country-rock-roots, Americana (anche se sono canadesi, il continente è quello), con mille rivoli e derivazioni che li uniscono alla Band, agli alfieri del country-rock anni 60/70 (Buffalo Springfield-Poco-Graham Parsons/Flying Burrito), ma anche al rock classico dei Beatles e dei Byrds (per l’eccellente uso delle armonie vocali e una facilità sopraffina nel creare melodie raffinate).

Forse giova loro il fatto di avere due leader, che fin dagli esordi, nella seconda metà degli anni ’80,i brani li firmano insieme Cuddy/Keelor, anche se poi si riconoscono quasi sempre la vena musicale e le voci, più tipicamente country-rock, dalle tonalità “alte”, dolce, ma in grado di essere più grintosa, per Jim Cuddy, più malinconica e riflessiva, dalle tonalità più “basse” per Greg Keelor, pur essendo in grado di essere interscambiabili. Di questo In Our Nature ho letto che è una sorta di ritorno alla forma migliore dopo un lunga assenza (veramente The Things We Left Behind era uscito quattro anni fa, ed era stato salutato, giustamente, come uno dei migliori in assoluto), ma i giudizi, anche il mio (grande-musica-dal-canada-blue-rodeo-all-the-things-we-left-b.html), sono assolutamente opinabili, quindi si accettano, ma si possono anche confutare. Per cui accetto il “ritorno alla forma”, ma è in corso già da parecchio tempo, ammesso che se ne sia mai andata, perché non ricordo dischi brutti dei Blue Rodeo, ma ammetto di essere parziale. La differenza rispetto al disco precedente risiede in un sound più rilassato, forse meno tirato a momenti (nel disco del 2009 c’erano alcuni lunghi brani con epiche cavalcate chitarristiche, tra Young e la psichedelia), frutto dell’ambiente più intimo in cui è stato registrato, ovvero nello studio situato nella fattoria di Greg Keelor dove era stato registrato, 20 anni fa, Five Days In July, uno dei loro dischi migliori in assoluto. Discograficamente parlando la band, tra l’altro, non è rimasta ferma in questo periodo: oltre ai dischi solisti di Cuddy e Keelor, sono uscite la ristampa potenziata di Outskirts, per il 25° dall’uscita originale e un bellissimo cofanetto 1987-1993, solo per il mercato canadese, che copre il periodo classico per la Warner Music, entrambi nel 2012.

E ora questo In Our Nature conferma il momento magico, l’aggiunta negli ultimi anni al nucleo originale, del multi strumentalista Bob Egan, già del giro Wilco, e dell’ottimo tastierista Michael Boguski (che copre il ruolo lasciato vagante dal grande Bob Wiseman, che era l’altro asso nella manica del gruppo nei primi anni) ha aggiunto una maggiore varietà di temi sonori, anche se l’apertura con New Morning Sun è puro Blue Rodeo sound, country-rock classico, con la voce di Cuddy in primo piano, su un tappeto di chitarre e tastiere fantastico e poi quelle armonie vocali incredibili, da ammazzare per averle, melodie ampie ed ariose che ricordano le terre sconfinate del Canada, le chitarre spiegate che si rincorrono dai canali dello stereo, gran musica, semplice ma irresistibile.

Wondering ha un’andatura più malinconica, supportata da uno splendido piano elettrico, dal suono liquido, su cui si innesta la voce maschia e matura di Keelor, che poi si intreccia nuovamente con quella degli altri componenti, un “uno-due” da stendere chiunque e siamo solo agli inizi. Over Me è decisamente country west-coastiano, con un bell’incidere elettroacustico, sempre Cuddy in questa alternanza dei solisti (tra CSN e i migliori America, che nei primi album erano un fior di gruppo). Anche Never Too Late ha quell’incedere, tra florilegi di acustiche ed elettriche, ricorda una Sister Golden Hair degli America, cantata dai Beatles o dalla Band, con un bellissimo dancing bass di Donovan, suono caldo ed avvolgente. When The Truth Comes Out aggiunge un bellissimo organo hammond al suono nitido delle chitarre, molto beatlesiane.

Paradise, Tell Me Again, nuovamente country-rock d’annata, la byrdsiana Mattawa, la stupenda ballata pianistica Made Up Your Mind (che poi diventa sontuosa nel finale), la title-track nuovamente sulle ali del piano elettrico, che si schiude in un finale quasi jazz-psych, la deliziosa In The Darkness,la folkeggiante You Should Know e la delicata Tara’s Blues, con una bellissima pedal steel, fino alla conclusione gloriosa con la lunga Out Of The Blue, una lunga ballata (scritta da Robbie Robertson) che sembra un incrocio tra il Dylan di Pat Garrett e i Procol Harum (quell’organo magico bachiano), ma è quintessenzialmente Blue Rodeo. Mi prostro e confermo la mia ammirazione incondizionata, sono veramente bravi!

Bruno Conti     

Questo Sarebbe Bello! Blue Rodeo: 1987-1993 Boxset

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Blue Rodeo:1987-1993 Boxset – Warner Music Canada – 8 CD

Credo di avere accennato all’uscita di questo cofanetto, e se non l’ho fatto rimedio subito, in quanto essendo iscritto alla newsletter dei Blue Rodeo, periodicamente ricevo mail che mi ragguagliano sulla loro attvità concertistica, soprattutto in questo periodo dove si festeggiano i 25 anni di carriera della band di Jim Cuddy e Greg Keelor (che comunque fortunatamente continuano a pubblicare album come solisti), ma il Canada non è proprio dietro l’angolo e quindi mi pare improbabile che li vedremo dalle nostre parti, o che il sottoscritto li possa vedere lassù!

Ma qualche tempo fa mi era arrivato l’avviso dell’imminente uscita di questo bellissimo (e costoso) Box di 8 CD, purtroppo disponibile solo sul loro sito o comunque di importazione canadese. I Blue Rodeo in Canada sono una sorta di istituzione e al sottoscritto piacciono moltissimo, come potete verificare in questo Post che avevo loro dedicato nel novembre del 2009, all’uscita dell’ultimo disco di studio grande-musica-dal-canada-blue-rodeo-all-the-things-we-left-b.html. Assodato che lì potete leggere il mio parere, questo Cofanetto da 8 CD è molto interessante sia per i fans che per chi vuole avvicinarsi alla loro musica, in quanto contiene i primi cinque album della band, forse i migliori con il doppio Live, più molti inediti e rarità.

Questo è il contenuto:

Blue Rodeo 1987-1993 (Warner Music Canada, 2012)

Disc 1: Outskirts (originally released as Risqué Disque/WEA 54718, 1987)

  1. Heart Like Mine
  2. Rose-Coloured Glasses
  3. Rebel
  4. Joker’s Wild
  5. Piranha Pool
  6. Outskirts
  7. Underground
  8. 5 Will Get You Six
  9. Try
  10. Floating

Disc 2: Outskirts Remixed (track list identical to Disc 1 – previously unreleased)

Disc 3: Diamond Mine (originally released as Risqué Disque/WEA 56268, 1989)

  1. Swells
  2. God and Country
  3. How Long
  4. Blues Piano
  5. Love and Understanding
  6. Girl of Mine
  7. Diamond Mine
  8. Now and Forever
  9. Percussive Piano
  10. House of Dreams
  11. Nice Try
  12. Fall in Line
  13. One Day
  14. Florida
  15. Fuse
  16. The Ballad of the Dime Store Greaser and the Blonde Mona Lisa

Disc 4: Casino (originally released as Risqué Disque/WEA 72770, 1990)

  1. Til I Am Myself Again
  2. What Am I Doing Here
  3. 5 A.M. (A Love Song)
  4. Montreal
  5. Last Laugh
  6. Trust Yourself
  7. Two Tongues
  8. Time
  9. After the Rain
  10. You’re Everywhere

Disc 5: Casino Demos (previously unreleased)

  1. If I Had a Heart (Demo)
  2. Always Have a Place for You (Demo)
  3. Til I Am Myself Again (Demo)
  4. What Am I Doing Here (Demo)
  5. 5 a.m. (A Love Song) (Demo)
  6. Montreal (Demo)
  7. Last Laugh (Demo)
  8. Trust Yourself (Demo)
  9. Two Tongues (Demo)
  10. Time (Demo)
  11. After the Rain (Demo)
  12. Photograph (Demo)
  13. Is It You (Demo)

Disc 6: Lost Together (originally released as WEA 77633, 1992)

  1. Fools Like You
  2. Rain Down on Me
  3. Restless
  4. Western Skies
  5. The Big Push
  6. Willin’ Fool
  7. Already Gone
  8. Flying
  9. Lost Together
  10. Where Are You Now
  11. Last to Know
  12. Is It You
  13. Angels

Disc 7: Five Days in July (originally released as WEA 93846, 1993)

  1. 5 Days in May
  2. Hasn’t Hit Me Yet
  3. Bad Timing
  4. Cynthia
  5. Photograph
  6. What is This Love
  7. English Bay
  8. Head Over Heels
  9. ‘Til I Gain Control Again
  10. Dark Angel
  11. Know Where You Go/Tell Me Your Dream

Disc 8: Odds and Ends (previously unreleased except where noted)

  1. Room for Rent (Demo)
  2. No Miracle, No Dazzle (Demo)
  3. Moon & Tree (Demo)
  4. Bad Timing (Demo)
  5. Dark Angel (Demo)
  6. Head Over Heels (Demo)
  7. What is This Love (Demo)
  8. Til I Gain Control Again (Demo)
  9. Shine On (Demo)
  10. We Walk Together (Demo)
  11. Tell Me Your Dream (Demo)
  12. Tell Me Your Dream (Outro Demo)
  13. Willin’ Fool (Demo)
  14. 5 Day Disaster Week (Demo)
  15. God and Country (Demo) (from Diamonds in the Rough – Atlantic EP PR-2710 (U.S.), 1988)
  16. The Ballad of the Dime Store Greaser and the Blonde Mona Lisa (Demo)
  17. Not My Time (Question of Love) (with The Drongos)

Nel loro canale ufficiale di YouTube trovate molti altri video interessanti, tra cui quelli, brevissimi, che parlano del cofanetto, BlueRodeoOfficial

Trenta brani, tra rarità ed inediti, più la versione remix dell’album completo Outskirts. Sto pensando se fare la pazzia. Recensore e blogger, ma anche appassionato della buona musica, al di là di generi e steccati!

Bruno Conti