Come Per Altre “Colleghe”, Voce Non Memorabile, Ma Chitarrista Notevole! Ally Venable – Heart Of Fire

ally venable heart of fire

Ally Venable – Heart Of Fire – Ruf Records

Evidentemente Mike Zito, che le aveva prodotto il precedente Texas Honey, uscito nel 2019 (come anche il Blues Caravan 2019) https://discoclub.myblog.it/2019/05/11/una-donna-chitarrista-da-aggiungere-alla-lista-garantisce-mike-zito-ally-venable-texas-honey/ , era impegnato con le numerose uscite della propria etichetta Gulf Coast Records, e quindi per questo nuovo Heart Of Fire, il quarto album della giovane chitarrista e cantante texana Ally Venable, ci si è affidati alle capaci mani di Jim Gaines, un altro dei maghi della console in ambito blues, lo scorso anno alla guida dello strepitoso Believe, l’album di Albert Cummings https://discoclub.myblog.it/2020/02/11/il-disco-della-consacrazione-per-uno-dei-nuovi-fenomeni-della-chitarra-albert-cummings-believe/ . Per il nuovo album della Venable Gaines ha convocato negli studi di Stantoville, Tennesse una piccola pattuglia di ottimi musicisti, tra i quali spicca il meno noto dei fratelli Dickinson, Cody alla batteria, e qualche ospite in grado di valorizzare alcune canzoni dell’album, che vediamo a breve. I brani sono undici in totale, ben nove firmati da Ally, un paio con l’aiuto di Vance Lopez, tra i quali a mio parere spicca una strepitosa Tribute To SRV, un pezzo strumentale nel quale la 21enne dà libero sfogo alla sua tecnica chitarristica, che non si discute, in un blues lento dove viene evidenziato anche il feeling e il gusto sopraffini che impiega in questa lunga improvvisazione, dedicata a quello che è sempre stato l’eroe musicale della Venable https://www.youtube.com/watch?v=PAzYPlF0Ux4 .

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Come già dicevo, parlando del precedente Texas Honey, il punto debole della nostra amica risiede nel fatto di non avere, a mio parere, una voce fenomenale, non scarsa, come si suol dire adeguata, forse un po’ “leggerina”, ma non si può avere tutto nella vita, visto che Ally è anche molto avvenente (anche se da ragazzina era cicciotta, vedi https://www.youtube.com/watch?v=u0T5iu1Eijw . Ma aldilà dei pregi estetici la Venable prosegue nella sua lenta ma inesorabile crescita a livello qualitativo: il repertorio è sempre virato verso un blues-rock robusto anziché no, aggressivo e potente, come dimostra subito con la vorticosa title track, dove il pedale cry baby del wah-wah è subito premuto con vigore, mentre il risultato complessivo è vigoroso e altamente energetico con la band che la segue come un sol uomo  ; nella successiva Played The Game, l’atmosfera si fa più swampy, ci si avvia verso le paludi della Louisiana con una insinuante e minacciosa slide, mentre Rick Steff dei Lucero è ospite all’organo, la voce è quella che è, “accontentiamoci” https://www.youtube.com/watch?v=GkL_c7q5YYc ! Ma a dimostrazione che la stoffa c’è, la cover dell’oscuro bluesman anni ‘20 Perry Bradford in Hateful Blues, brano che però cantava Bessie Smith, miscela rigore e fremiti rock, di nuovo con la slide in grande spolvero  https://www.youtube.com/watch?v=NC5fLhzfUYU.

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Per la successiva Road To Nowhere si fa aiutare da Devon Allman che duetta con lei e aggiunge la sua chitarra in un brano che ha anche un certo appeal southern, misto a un tocco radiofonico che forse le viene dal suo grande amore per Miranda Lambert, altro punto di riferimento, ma quando parte l’assolo di Devon non ce n’è per nessuno https://www.youtube.com/watch?v=p9JfsN4pcpI . Un altro che come axemen non scherza (ma vocalmente non è una cima) è Kenny Wayne Shepherd , che scatena tutta la sua potenza nel vibrante blues-rock di impronta sudista Bring On The Pain, uno dei due scritti con Lopez, dove i due si scambiano sciabolate con le chitarre nella jam strumentale https://www.youtube.com/watch?v=cjhvksgDvT4  e anche nella successiva Hard Change, la seconda scritta con Lopez, una certa vena zeppeliniana viene a galla, con riff a destra e a manca e con la sezione ritmica che picchia di brutto mentre Ally strapazza la sua Gibson con libidine https://www.youtube.com/watch?v=WgsGiUS1xU4 .

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E anche in Do It In Heels, a parte il titolo “modaiolo”, prevale la modalità fabbro ferraio e qualche retrogusto vicino alle Heart, che notoriamente erano discepole degli Zeppelin; e pure in Sad Situation non si scherza, wah-wah come piovesse, riff e ritmo che vanno di pari passo, fino al selvaggio ed immancabile assolo che Jimmy Page avrebbe approvato https://www.youtube.com/watch?v=Mlm7UZ5Hd8s . Nell’altra cover, una sorprendente Use Me di Bill Withers, si punta invece sulla raffinatezza, basso funky, congas santaniane (se esiste l’aggettivo), anche se l’arrangiamento complessivo non mi convince del tutto, detto del superbo tributo a SRV, la conclusiva What Do You Want From Me è un’altra orgia di wah-wah, con assolo liberatorio nel finale, ma manca quel quid che altri pezzi hanno. Comunque la ragazza è brava: per chi ama il suo blues ad alta gradazione rock!

Bruno Conti

George Thorogood: Mr. Bad To The Bone! Parte II

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(MANDATORY CREDIT Ebet Roberts/Getty Images) UNITED STATES - JULY 13: Photo of LIVE AID and Bo DIDDLEY and George THOROGOOD; w/ Bo Diddley at Live Aid (Photo by Ebet Roberts/Redferns)

(MANDATORY CREDIT Ebet Roberts/Getty Images) UNITED STATES – JULY 13: Photo of LIVE AID and Bo DIDDLEY and George THOROGOOD; w/ Bo Diddley at Live Aid (Photo by Ebet Roberts/Redferns)

Seconda Parte.

Gli Anni Della Consacrazione Commerciale E La Conseguente Discesa 1985-1999

Dopo tre anni di concerti infiniti ( ne parliamo a fine articolo) si arriva al nuovo album di studio, nell’anno della partecipazione al Live Aid esce

George_Thorogood_Maverick

Maverick – 1985 Emi America – ***1/2 Dove arriva il nuovo produttore Terry Manning, partito con il soul Stax e poi passato anche per i Led Zeppelin fino ad approdare agli ZZ Top, un’altra band che di boogie e blues se ne intendeva, il suono si fa un più duro e mainstream, ma i nostri ci danno dentro comunque, come dimostra l’uno-due iniziale di Gear Jammer che va di slide, e I Drink Alone, un altro dei grandi cavalli di battaglia di Thorogood, che complessivamente firma ben quattro canzoni https://www.youtube.com/watch?v=4E9ydw_aDMg , notevole anche la famosa Willie And The Hand Jive di Johnny Otis, l’unico singolo che in carriera entrerà nella Top 100, forse perché sembra in tutto e per tutto un brano alla Bo Diddley https://www.youtube.com/watch?v=AuNOkGnEme8 . Insomma la qualità dei dischi comincia a diminuire, benché il tocco country di What A Price di Fats Domino e ldela conclusiva The Ballad Of Maverick e il rockabilly di Dixie Fried di Carl Perkins non sono per niente male, e una minacciosa e sospesa Crawling King Snake di Sor John Lee Hooker, e ben due Chuck Berry il medley Memphis/Little Marie e Go Go Go, dimostrano che il tocco magico non è scomparso. Dopo altri tre anni, e il primo disco ufficiale dal vivo arriva

George Thorogood BornToBeBad

Born To Be Bad – 1988 EMI *** Ancora Terry Manning in cabina di regia, suono sempre troppo secco e anni ‘80, anche se alcuni brani tirano di brutto, come l’iniziale Shake Your Money Maker dell’amato Elmore James dove Thorogood va di bottleneck con libidine  https://www.youtube.com/watch?v=pNKFePZk3rQ , come pure in Highway 49 di Big Joe Williams, rock’n’roll per You Can’t Catch Me e I’m Ready quella di Fats Domino, un po’ di R&B scatenato in Treat Her Right a tutto sax, blues nella “cattiva” e ululante Smokestack Lightning e nel train time di I’m Movin’ On, successo di vendite e fama sempre stabili. Dopo altri tre anni si entra nella nuova decade, con l’arrivo di un nuovo chitarrista Steve Chrismar che appare in

George Thorogood BoogiePeople

Boogie People – 1991 EMI ***1/2, con un suono decisamente più grintoso e sul versante blues-rock e classic rock, come testimonia l’iniziale If You Don’t Start Drinkin’, molto buona Long Distance Lover a tutta slide, il classico boogie Mad Man Blues di John Lee Hooker, come pure la cover acustica di I Can’t Be Satisfied di Muddy Waters, solo voce e chitarra con bottleneck, non un granché la title track, ottima la “lupesca” No Place To Go di Howlin’ Wolf https://www.youtube.com/watch?v=7burMF7K-Lk  , seguita da una gagliarda Six Days On The Road e dalla tirata Born In Chicago, con ottimo lavoro della solista, un tuffo nel country con la piacevole Oklahoma Sweetheart e l’omaggio R&R all’amato Chuck Berry con la riffatissima Hello Little Girl. Quindi un buon disco, che però non ha successo e segnala un declino del successo di Thorogood, che procede anche con il successivo

George Thorogood -Haircut

Haircut – 1993 Capitol *** Un solo pezzo firmato da George, su, indovinato, i canonici dieci: produce ancora Manning, Get A Haircut è un brano divertente ma non essenziale, questa volta ci sono tre canzoni a firma Wiilie Dixon, due per Howlin’ Wolf, tra cui la classica Howlin’ For My Baby, oltre a I’m Ready che ogni tanto Thorogood incide in studio, bene anche Cops And Robbers con il tipico drive sonoro del suo autore Bo Diddley https://www.youtube.com/watch?v=l7QKNP-C-CU , l’immancabile John Lee Hooker di Want Ad Blues e una “strana” Gone Dead Train, un pezzo cantato in origine da Randy Newman nella colonna sonora di Performance, il film con Mick Jagger https://www.youtube.com/watch?v=dSgWQSVGgig . Anche questo disco non rientra nella categoria degli indispensabili. Dopo quattro anni arriva l’ultimo CD per la Capitol, anche questo, per usare un eufemismo, non particolarmente brillante, parliamo di

George Thorogood RockinMyLifeAway

Rockin’ My Life Away – 1997 Capitol **1/2 Prodotto dalla band insieme a Waddy Wachtel(!), variazione sul tema ci sono 12 brani, alcuni anche inconsueti: Trouble Every Day di Frank Zappa, che in questa versione sembra un brano della J.Geils Band, anche vocalmente https://www.youtube.com/watch?v=UT6DRjA8k7s , mentre in Night Rider si va di slide, ma il brano è moscio, anche in The Usual, una bella canzone di John Hiatt il suono non sembra particolarmente brillante, e così via, anche il country Living With the Shades Pulled Down di Merle Haggard non acchiappa più di tanto, si salvano, a fatica, Manhattan Slide di Elmore James, il R&R della title track, e la cadenzata Blues Hangover di Slim Harpo. Non un brutto disco, ma manca la grinte e per un disco di Thorogood è una eresia: per il successivo album, l’ultimo del millennio

George Thorogood Half_a_BoyHalf_a_Man

Half a Boy/Half a Man – 1999 CMC *** torna Terry Manning alla produzione, un po’ meglio, ma niente di che. C’è anche una nuova etichetta del gruppo BMG, ma la collaborazione durerà per un solo album, più un Live: per confondere le idee si prova con 11 canzoni, solo un Chuck Berry e un Fats Domino, poi brani abbastanza oscuri di Keith Sykes B.I.G.T.I.M.E., la title track di Nick Lowe, un pezzo poco noto di Solomon Burke come Be Bop Grandma https://www.youtube.com/watch?v=gawgzsAqL4I  , ma anche due canzoni firmate da Willie Dixon, una per Little Walter e una per Magic Sam, in quota Blues, e Double Shot, tra R&R e R&B. Dopo una pausa di quattro anni, nuovo secolo, nuova casa discografica, nuovo produttore

george thorogood 2000's

Gli Anni 2000, Con Colpo Di Coda Finale.

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Ride ‘Til I Die – 2003 Eagle Records***1/2 Dietro la consolle c’è Jim Gaines, uno che di solito di blues ne capisce (ma non sempre), però questa volta ci siamo, anche l’arrivo di Jim Suhler, altro chitarrista coi fiocchi, controfiocchi e pappafico, alza il livello, forse non tutte le canzoni sono all’altezza, però: Greedy Man, scritta dal sassofonista jazz Woody Shaw è un ottima partenza, con la slide di George che si confronta con il sax di Hank Carter alla ultima apparizione con i Destroyers https://www.youtube.com/watch?v=y-ZyrDQpAu4 , Sweet Little Lady è un buon pezzo rock dove Thorogood e Suhler che sono anche gli autori se le suonano di gusto, Don’t Let The Bossman Get You Down è un gagliardo blues elettrico di Elvin Bishop del 1991, mentre anche il pezzo di JJ Cale Devil In Disguise subisce il trattamento boogie à la Destroyers, poi ripetuto nella ruvida She’s Gone di Hound Dog Taylor https://www.youtube.com/watch?v=0c7H3mWWwK8 , The Fixer è un robusto rock-blues scritto da Tom Hambridge il batterista/produttore. You Don’t Love Me, You Don’t Care, un brano di Bo Didley, sembra La Grange parte 2, veramente potente, poi si va di R&R con My Way di Eddie Cochran, e niente male anche That’s It I Quit, un tipico pezzo di Nick Lowe, e pure come country ci siamo, I Washed My Hands In Muddy Water, un pezzo che anche Elvis Presley incise in Elvis Country è veramente delizioso https://www.youtube.com/watch?v=QfofoLFQLhU , Move It di Chuck Berry è una garanzia, come pure la title track, un pezzo di John Lee Hooker, in versione acustica ma trascinante. Tre anni dopo arriva

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The Hard Stuff – 2006 Eagle Records ***1/2 Altro buon album, il 13° in studio prodotto nuovamente da Gaines, addirittura ben 15 brani (e nel precedente ce ne erano 13): con il nuovo sassofonista Buddy Leach, che è tuttora con i Destroyers, e una scelta del materiale interessante, grazie anche alla presenza di Rick Steff, alla fisarmonica e piano, e dell’aggiunta di Tom Hambridge, come co-produttore e autore di quattro canzoni, tra cui la esplosiva title-track https://www.youtube.com/watch?v=j1lCNtLQ1mM , la riffatissima I Did’t Know e Any Town U.S.A che sembra un brano del Mellencamp più rock https://www.youtube.com/watch?v=2THiY8mV148 . Ottime Hello Josephine di Fats Domino, che grazie alla fisa sembra, un pezzo cajun https://www.youtube.com/watch?v=3mxdw8j8iOI , Little Rain Falling una bella blues ballad con uso sax, scritta da Jimmy Reed, Dynaflow Blues di Johnny Shines dove George si esibisce alla acustica con bottleneck, una scatenata Rock Party scritta dal musicista contemporaneo texano Holland K. Smith, che sembra un pezzo dei migliori Rockpile o Blasters. Eccellente anche una rispettosa cover di Drifter’s Escape di Bob Dylan, la turbolenta Give Me Back My Wig del vate Hound Tog Taylor, la magnifica Taking Care Of Business, con profumi di Louisiana, grazie al suo autore Rudy Toombs, e un superbo lavoro del nostro alla slide https://www.youtube.com/watch?v=uEi2CN-KbfA , che poi si ripete nella vorticosa Huckle Up Baby di John Lee Hooker. Questo è il Thorogood che ci piace, che poi torna alla Capitol per l’ultimo album pubblicato nella decade

George Thorogood TheDirtyDozen

The Dirty Dozen – 2009 Capitol *** Anche se è una mezza fregatura, perché a fianco di sei brani nuovi tutti belli, ci sono sei canzoni tratte dai vecchi dischi della EMI. Il produttore è ancora Jim Gaines: le sei canzoni nuove sono tutte cover, Tail Dragger, Willie Dixon per Howlin’ Wolf, solita formula dei Destroyers, ovvero sano rock-blues tirato https://www.youtube.com/watch?v=beGfipR1mIY , Drop Down Mama è di Sleepy John Estes, un boogie con slide, una sorta di southern rock nordista, vista l’origine del nostro, Run Myself Out Of Townè un pezzo degli Holmes Brothers, un bel roots-rock, Born Lover di Muddy Waters, sempre con bottleneck a manetta, è un boogie rock travolgente, Twenty Dollar Gig tra R&R e R&B, con sax in evidenza e Let Me Pass di Ellas McDaniel completano il CD a tempo di robusto Bo Diddley beat.

george thorogood live in boston 1982 first edition

La nuova decade parte con il botto: intanto nel 2010 viene pubblicato il Live In Boston 1982 ****, dalla Rounder, la vecchia etichetta di George,che è stato diciamo la causa scatenante per questo articolo. All’inizio dell’anno successivo esce un altro eccellente album della discografia del musicista di Wilmington, ovvero l’ottimo

George Thorogood 2120_South_Michigan_Ave.

2120 South Michigan Avenue – 2011 Capitol **** Stiamo parlando dell’indirizzo dei famosi Chess Studios a Chicago, una delle mecche del blues, dove anche i Rolling Stones registrarono negli anni ‘60. Il produttore è di nuovo Tom Hardbridge, e come ospiti appaiono Buddy Guy, in una strepitosa rilettura di Hi-Heel Sneakers, un brano di Tommy Tucker dove i due chitarristi, soprattutto Guy, se le “suonano” di santa ragione https://www.youtube.com/watch?v=rhQtXHN8TvM , e anche Charlie Musselwhite è presente in due brani, prima una vibrante My Babe e poi nella title track, attribuita a Nanker Phelge, che era lo pseudonimo che usavano i Rolling Stones per le composizioni collettive, a piano ed organo per questo strumentale molto sixties anche Kevin McKendree, che insieme a Tommy McDonald e Hambridge, suona in alcuni brani del CD, quando non appaiono i Destroyers https://www.youtube.com/watch?v=SYMQQzIOFyg . Ottimi anche i due brani dell’accoppiata Thorogood/Hambridge, la potentissima Going Back a tutta slide e Willie Dixon’s Gone, altra blues song tosta e poi una sequenza di classici del blues, Seventh Son, Spoonful, Two Trains Running, Mama Talk To Your Daughter, Help Me, Chicago Bound e del rock and roll, Let It Rock e Bo Diddley, tutti eseguiti in modo brillantissimo con Thorogood in grande spolvero https://www.youtube.com/watch?v=u7UlDyUcV4I . Sembrava essere un ritorno di George ai livelli della prima parte di carriera, e invece cala il silenzio. Concerti dal vivo ne escono un paio, uno del 2013 e uno registrato nel 1980, ma per un nuovo album di studio, dobbiamo attendere fino all’uscita dell’unico album solo di George Thorogood

george thorogood party of one

Party Of One – 2017 Rounder/Spinefarm ***1/2 che esce 40 anni dopo il debutto omonimo, un album principalmente acustico, anche se il nostro amico non resiste ed in alcuni brani tira fuori la sua Gibson elettrica: produce di nuovo Jim Gaines ed il disco è proprio bello, anche se il titolo è “rubato” da un disco di Nick Lowe del 1990, I’m A Steady Rollin’ Man di Robert Johnson, apre le procedure, acustica con bottleneck e grande intensità https://www.youtube.com/watch?v=zKhgnxbsGlw , Soft Spot di Gary Nicholson è una via di mezzo tra Cash e il Presley ‘68 in modalità unplugged, Talahassee Women è un pezzo anni ‘30 che assomiglia a certe cose del primo Rory Gallagher, Wang Dang Doodle di Willie Dixon regge anche in versione acustica, come pure una delicata Boogie Chillen di John Lee Hooker. Eccellente anche No Expectations degli Stones, solo voce e acustica con bottleneck https://www.youtube.com/watch?v=qSyh5tC94l8 , Bad News di John D. Loudermilk sembra nuovamente un pezzo del Johnny Cash anni ‘60, mentre Down The Highway era su The Freewheelin’ Dylan, anche questa fatta molto bene, e Got To Move di Elmore James non si può fare senza una elettrica, ma The Sky Is Crying evidentemente sì, sempre in modalità slide. Dal lato tradizionale anche un Brownie McGhee e un Hank Williams, altre due canzoni del vecchio Hook, tra cui una One Bourbon, One Scotch, One Beer, dal vivo in solitaria e a chiudere una Dynaflow Blues dylaniana, alla faccia di chi pensa che i dischi di Thorogood siano tutti uguali  , saltiamo le sette antologie e veniamo ai dischi dal vivo.

george thorogood livegeorge thorogood live let's work together

Il primo, l’omonimo Live – 1986 EMI *** non è però rappresentativo della vera forza dei concerti del nostro, un po’ come era stato per Springsteen con il suo cofanetto ufficiale dal vivo, questa data registrata in Ohio, pur contenendo molti classici non soddisfa a fondo, intendiamoci non parliamo di un brutto album, d’altronde Who Do You Love? https://www.youtube.com/watch?v=mYcob11rKHc , Bottom Of The Sea di Muddy Waters, Night Time, I Drink Alone, One Bourbon, One Scotch, One Beer, Madison Blues, una attesissima Bad To The Bone, The Sky Is Crying e Reelin’ And Rockin’ danno l’idea del suo carisma di performer, e neppure Live: Let’s Work Together – 1995 Capitol *** registrato in due date del 1994 a Saint Louis e Atlanta, pur essendo più che rispettabile, soddisfa del tutto: non ci sono brani in comune con il Live del 1986, il pubblico è comunque entusiasta già da prima che inizi il concerto, il suono è più brillante e presente, ma come detto non convince a fondo, ottime No Particular Place To Go di Chuck Berry e Ride On Josphine con il classico Diddley Beat, il country-boogie di Cocaine Blues, una galoppante I’m Ready, Get A Haircut molto stonesiana  , la pimpante Move It On Over e la dirompente Let’s Work Together, oltre alla conclusiva Johnny B. Goode, presentata come inno nazionale del R&R e che se la batte con la versione di Johnny Winter https://www.youtube.com/watch?v=xZYcBFqaca0 .

george thorogood live in '99george thorogood live 30th anniversay

Anche Live In ‘99 – 1999 CMC *** è un disco dal vivo di discreta qualità (parliamo sempre del prodotto discografico, il perfomer non si discute), con punte di eccellenza nelle “solite” Who Do You Love?, una colossale anche se spezzettata One Bourbon, One Scotch, One Beer, l’uno-due di Get A Haircut/Bad To The Bone e la conclusiva You Talk To Much. Finalmente con Live 30TH Anniversary Tour – 2004 Capitol ***1/2 ci siamo, suono potente e presente, preceduto dal suo solito saluto al pubblico “How Sweet It Is”, vengono presentate, a fianco delle immancabili Who Do You Love, One Bourbon…, The Sky Is Cryng e Bad The Bone, anche I Drink Alone, lo slow blues Don’t Let The Bossman Get You Down, una scatenata Sweet Little Lady https://www.youtube.com/watch?v=cH3Twc55od8  e nella parte finale Greedy Man, The Fixer molto garage, That’s It I Quit e Rockin’ My Life Away.

george thorogood live in boston 1982george thorogood live at montreux 2013

Nella seconda parte della decade escono forse i due Live mgliori in assoluto, insieme alla recente strepitosa ristampa potenziata di Live In Boston 1982 – 2020 2 CD Rounder/Universal **** https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_n-_3nWNtXXXuc083M4gGHqJL1fvbOy13M , ovvero Live At Montreux 2013 – CD DVD e Blu-ray Eagle Records **** con qualità audio/audio superba e qui mi cito: “anche i “malcapitati” (o fortunati) del Festival di Montreux dopo lo “Smoke On The Water” dei tempi che furono vedono di nuovo il fumo alzarsi dai locali del casinò, ma è quello dell’energia che sprigiona da questo uomo, sempre uguale ma sempre diverso nei sentimenti che ti ispira. Sarà solo Rock’n’roll ma minchia (scusate), che grinta, non ha nulla da invidiare a quella delle origini, voce e chitarra sono ancora oggi incredibili, la bandana non manca mai e lui è sempre una forza della natura https://www.youtube.com/watch?v=wZwHXdUVBuQ , il “solito” George Thorogood, grazie di esistere!” I brani sono più o meno quelli abituali, forse troviamo le inconsuete Rock Party e Tail Dragger, ma confermo quanto detto sette anni fa.”

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Anche per il successivo Live At Rockpalast – Dortmund 1980 – MIG Made In Germany 2CD+DVD ****, ma pubblicato nel 2017, rispolvero quanto scritto nella recensione originale, faccio una cover di me stesso: “per l’occasione siamo a Dortmund, quindi in “trasferta” rispetto alla più famosa location della Grugahalle di Essen, ma comunque anch’essa teatro di memorabili serate dal vivo, preservate per i posteri dalla emittente radiotelevisiva WDR, nella serie Rockpalast. Per la precisione è il 26 novembre del 1980, il nostro amico aveva appena pubblicato quello che sarebbe stato il suo terzo e ultimo album per la Rounder, More George Thorogood And The Destroyers. La prima cosa che colpisce l’occhio è la scelta del repertorio: su 15 brani (sia nella versione DVD, immagini un po’ buie, ma efficaci, come nel doppio CD https://www.youtube.com/watch?v=1zHsAyyS1_Y ), uno solo porta la firma di Thorogood, il resto è una scorribanda nelle pieghe del miglior blues e R&R d’annata, suonato a velocità supersonica, ma quando e dove serve, capace anche di momenti di finezza e abbandono (non molti, ma ci sono)! Chuck Berry, John Lee Hooker e Elmore James sono i più “saccheggiati”, ma tutto il Gotha della grande musica viene omaggiato.” Quindi da allora ad oggi poco è cambiato, se non la forza e la consistenza del suo repertorio. Dopo la lunga pausa dai concerti a causa del Covid il nostro amico è pronto a ripartire non appena la situazione lo consentirà. Direi che è tutto, leggete con attenzione e poi se volete approfondire, con il classico “celo manca” scegliete con cura.

Bruno Conti

Il Disco Della Consacrazione Per Uno Dei “Nuovi” Fenomeni Della Chitarra. Albert Cummings – Believe

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Albert Cummings – Believe – Mascot/Provogue – 14-02-2020

Era quasi inevitabile che anche Albert Cummings, uno dei migliori chitarristi americani, prima o poi sarebbe approdato alla Mascot/Provogue: lui stesso ha detto di essere onorato per essere finito nella stessa etichetta di Joe Bonamassa, Walter Trout ed Eric Gales (e aggiungo io, decine di altri virtuosi della chitarra). Il nostro amico viene da Williamstown, Massachusetts e ha inciso finora non molti album (otto, compresi due live), visto che la sua carriera discografica ufficiale è partita solo intorno al 2000, quando aveva superato i 30 anni da tempo. “Scoperto” da Chris Layton e Tommy Shannon, a cui si era poi unito Reese Wynans, fu il primo musicista a registrare un intero album con i Double Trouble del suo idolo Stevie Ray Vaughan, dopo la scomparsa di quest’ultimo, e di cui quest’anno ricorre il 30° Anniversario dalla morte (come passa il tempo!): il disco From The Heart, uscito nel 2003, fu registrato proprio in Texas, con la produzione di Layton e Shannon. Da allora, quasi tutti i dischi successivi, usciti per la Blind Pig Records, sono stati prodotti da Jim Gaines https://discoclub.myblog.it/2012/09/13/un-ulteriore-virtuoso-della-6-corde-albert-cummings-no-regre/ , che torna dietro alla consolle anche per questo Believe, registrato in una delle mecche assolute della musica americana, i FAME Studios a Muscle Shoals, Alabama.

Nello stile di Cummings quindi per l’occasione, insieme all’immancabile blues, troviamo anche forti elementi soul, rock e country ( già presenti in dischi passati e nell’educazione musicale di Albert che nei primi passi fu però occupata dall’utilizzo del banjo e dalla passione per il bluegrass, poi sostituita dalla scoperta di SRV): il disco, in uscita il 14 febbraio, è probabilmente il migliore in assoluto di Cummings, che comunque raramente, se non mai, ha tradito le aspettative dei fan del blues elettrico, con una serie di album notevoli, dove accanto alle indubbie doti tecniche applicate alla sua Fender Stratocaster, si apprezza anche una eccellente vena di autore di canzoni, rendendolo una sorta di “cantautore” del blues-rock. Qualche cover ci scappa sempre, pochissime per la verità, Live esclusi, un B.B. King qui, un Merle Haggard là, e un brano di Muddy Waters, in tutti i suoi album, ma per il nuovo disco ce ne sono ben quattro (anzi  cinque), l’iniziale Hold On (manca I’m Comin’, ma il brano è proprio quello di Sam & Dave, scritto da Isaac Hayes), e per parafrasare potrei azzardare un  “I’m Cummings”, ma temo il linciaggio per la battuta, e quindi mi limito a dire che è una versione molto calda, in un florilegio irresistibile di fiati e voci femminili di supporto, con Albert che si conferma anche cantante di buona caratura , oltre che chitarrista sopraffino, con un assolo ”ispirato” da quel Duane Allman la cui immagine lo guardava dalle pareti degli stessi studi in cui si trovava lui in quel momento.

Già che siamo in tema di cover,  troviamo  pure una delicata e deliziosa Crazy Love di Van Morrison, trasformata in una bellissima deep soul ballad, anche grazie alla presenza del tastierista Clayton Ivey, uno di quelli che suonava ai tempi nei dischi prodotti a Muscle Shoals e proprio in chiusura di CD, una intensa e scoppiettante Me And My Guitar di Freddie King, con un assolo fiammeggiante che è un misto di tecnica raffinata e feeling. Venendo agli altri brani, come negli album precedenti le canzoni a livello di testi toccano i temi del working man (in fondo Cummings ha sempre lavorato in una azienda di costruzioni di famiglia), delle difficoltà economiche, questioni amorose e così via, niente trattati psicologici, ma uno sguardo sul quotidiano, con una attitudine compartecipe, mentre musicalmente il tema R&B e southern soul rimane anche nella ritmata Do What Mama Says, sempre con fiati, coriste e tastiere a profusione, mentre al solito la chitarra lavora di fino anche a livello di riff, con Red Rooster  (anche in questo caso se gli aggiungete Little è  quella di Howlin’ Wolf e Stones) che è un blues di quelli duri e puri, con una solista “cattiva” il giusto che impazza alla grande; Queen Of Mean è di nuovo un torrido “soul got soul” (?!?), il suono tra Stax e Hi records che usciva dai Fame Studios, e ancora oggi dai dischi di Delbert McClinton, Marc Broussard e altri praticanti del genere.

Con Get Out Of Here, che aggiunge elementi country e sudisti, sempre cantati con voce ricca di impeto e passione da Cummings, che comunque rilascia un torrido assolo dei suoi, tagliente, ripetuto e vibrante. Tra le cover in effetti c’è anche quella di My Babe, Willie Dixon via Little Walter, sempre con quello spirito “sudista” e “nero” che caratterizza tutto l’album, come ribadisce una ottima It’s All Good dove gli elementi country e soul sono ancora presenti negli arrangiamenti lussureggianti della produzione di Gaines che sfrutta al meglio i musicisti degli storici studi dell’Alabama, e Albert lavora comunque di fino con le eleganti volute della sua solista, che poi si scatena,  di nuovo con misura e classe, nel blues carnale Going My Way che cita nel testo il titolo dell’album, una visione ottimistica e piena di speranza “You can have anything you want, all you need to do is believe.” Lasciando all’eccellente Call Me Crazy il pezzo più blues, dove Cummings dà libero sfogo alla sua solista in un tour de force di grande intensità, con il wah-wah che impazza nel finale in omaggio al suo “maestro” Stevie Ray Vaughan. Un delle migliori uscite di inizio anno!

Bruno Conti

Anche Se Thorogood Ed Acustico Sarebbero Due Termini Antitetici, Comunque Un Buon Disco. George Thorogood – Party Of One

george thorogood party of one

George Thorogood – Party Of One – Rounder/Universal

Quando, alcuni mesi fa, hanno cominciato a circolare le voci che parlavano di un disco acustico di George Thorogood, devo ammettere di essere rimasto perplesso: come ricordo nel titolo del Post, “acustico” e Thorogood sono due termini che per definizione fanno a botte. Se uno pensa al musicista del Delaware i termini che vengono in mente sono boogie, R&R, la potenza sonora della sua band, i Destroyers, e quindi “elettricità”, ma naturalmente il minimo comune denominatore è il Blues, con la B maiuscola. Perciò forse anche Party Of One comincia ad assumere un senso: certo nella musica del nostro, oltre ai classici dei grandi delle 12 battute, nel corso degli anni e nei suoi dischi e concerti, c’è sempre stato posto per brani scritti anche da musicisti che non frequentano quei lidi, da Hank Williams Chuck Berry, Carl Perkins, gli Isley Brothers, ovviamente Bob Dylan, ma anche Zappa, John Hiatt, Merle Haggard, e moltissimi altri, visto che il buon George non è mai stato un autore prolifico. Anche del repertorio di Johnny Cash Thorogood era uso eseguire Cocaine Blues dal vivo, ma non ricordo cover di brani dei Rolling Stones suonate dal vivo o in studio dal chitarrista, anche se non escludo che ce ne siano state.

Partiamo proprio dalla cover di No Expectations inserita in questo disco: la canzone è già bella di suo, quindi si parte subito bene, ma la versione di George è comunque bellissima, mantiene lo spirito pastorale ed intimo di questa splendida ballata, suonata su una acustica in modalità slide, forse anche un dobro, Thorogood la canta con dolcezza e grande intensità, mostrando una finezza di tocco che non sempre si accosta al suo stile, il suono è intimo e raccolto, con Jim Gaines, di cui non sempre amo le produzioni, che ottiene un suono limpido e cristallino, per me il pezzo migliore dell’album. Mentre di Johnny Cash viene ripresa Bad News, una delle canzoni non tra le più note del “Man In Black”, di cui George adotta in pieno lo stile vocale, tra country e rock, tipico di Cash, con un arrangiamento incalzante ma non travolgente, chitarra acustica e dobro in evidenza, un pezzo più mosso, ma sempre suonato e cantato con gran classe. Questi sono i due brani al centro di questo Party Of One, ma l’album si apre con una I’m A Steady Rollin’ Man di Robert Johnson, che se non ha la potenza di fuoco tipica dei dischi con i Detroyers mantiene il tipico train sonoro di George, quell’incalzare inesorabile del ritmo, con la chitarra elettrica con bottleneck e la voce, temprata dallo scorrere del tempo, ma ancora gagliarda, che “spingono” la canzone, anche se l’ingresso della sezione ritmica che ti travolge un po’ mi manca.

Quando imbraccia l’acustica, in questo alternarsi di stili che caratterizza l’album, per interpretare Soft Spot, un pezzo del texano Gary Nicholson, l’atmosfera si fa rurale, tra country e folk, quasi da cantautore, per poi tornare al blues tirato di Tallahassee Woman, un brano di John Hammond Jr., che rende omaggio allo stile rigoroso del grande bluesman bianco, manca la sezione ritmica ma non la grinta, e il bottleneck viaggia che è un piacere. Wang Dang Doodle è uno dei super classici di Willie Dixon, pensi subito a Howlin’ Wolf Koko Taylor, ma pure questa versione acustica, con Thorogood impegnato anche all’armonica, ha un suo perché, come pure la cover di Boogie Chillen, un brano che Thorogood ha suonato mille volte, in omaggio ad uno dei suoi maestri, quel John Lee Hooker di cui George è una sorta di discepolo, il tempo boogie è intricato anche nella versione acustica, che mostra ancora una volta l’estrema perizia del nostro pure in versione unplugged, per quanto, mi ripeto, Thorogood elettrico è una vera forza della natura, mentre in questa veste è “solo” un bravo musicista. Detto dei due brani nella parte centrale del CD, il disco prosegue con un inconsueto omaggio al primo Bob Dylan, quello di Freewheelin’, e lo fa con un brano non conosciutissimo, Down The Highway che però ben si sposa con lo stile travolgente del musicista di Wilmington, in definitiva un pezzo blues, che se mi passate il termine, viene “thorogoodato”!

Non poteva mancare un brano di un altro dei “Santi Protettori” di George, Elmore James, di cui viene coverizzata a tutta slide e grinta, la poderosa Got To Move, seguita dalla ancor più nota The Sky Is Crying, uno dei veri classici del blues, un pezzo che hanno suonato tutti, da Clapton a Stevie Ray Vaughan, Albert King, per non dire dello stesso George che l’aveva già incisa sia su Move It On Over che nel Live Thorogood, con il “collo di bottiglia” che fa piangere il cielo e il blues. In mezzo troviamo anche un brano di uno dei maestri del folk-blues, quel Brownie McGhee, di cui viene reinterpretata con gusto e classe una brillante Born With The Blues. Per il gran finale si torna a John Lee Hooker, di cui prima viene ripresa una non notissima, ma assai gradita, The Hookers (If You Miss ‘Im… Got ‘Im”), con il solito boogie di Hook, sospeso e sempre sul punto di esplodere, come pure nel grande cavallo di battaglia di entrambi, una One Bourbon, One Scotch, One Beer, questa volta in versione acustica ( e con tanto di citazione di Stevie Ray Vaughan aggiunta nel testo). In mezzo ai due brani una bella versione di Pictures From Life’s Other Side, una canzone country di Hank Williams che nella versione di George diventa quasi un brano alla Johnny Cash, con acustica e dobro che si intrecciano con brio e garbata finezza. In coda al CD, come bonus, un altro pezzo di Robert Johnson, Dynaflow Blues, ancora le classiche 12 battute che sono l’anima della musica di Thorogood.

Buon disco, come si evince dalla recensione, e ci mancherebbe, ma a parere di chi scrive e per parafrasare una famosa pubblicità, tra liscio e F….lle, lo preferisco comunque “gasato”, in tutti i sensi.

Bruno Conti