Se Lo Dicono Tutti Sarà Veramente Così Bello? Questa Volta Direi Proprio Di Sì! Conor Oberst – Salutations

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Conor Oberst – Salutations – Nonensuch/Warner

Come sapete al sottoscritto non piace uniformarsi per forza ai giudizi critici (che comunque leggo per documentarmi) relativi ai nuovi dischi in uscita: preferisco sempre adottare l’infallibile metodo “San Tommaso”, o se preferite Guido Angeli, ovvero provare per credere, anzi meglio, ascoltare per credere. E quindi, se posso, compatibilmente con le qualità industriali di dischi che “devo” sentire ogni mese, cerco di ascoltare gli album che per vari motivi hanno stuzzicato la mia curiosità, anche se poi non sempre riesco a scrivere il resoconto delle mie impressioni: ma questa volta, come dico nel titolo, sì! Perché l’album in questione, nello specifico parliamo del nuovo Salutations, a firma Conor Oberst, mi pare proprio un ottimo album. Disco che nasce sulla scia della prova acustica Ruminations, pubblicata solo alcuni mesi or sono e che che conteneva dieci delle canzoni ora riproposte in versione elettrica nel CD, con l’aiuto del grande batterista Jim Keltner, che ha curato anche la co-produzione dell’album insieme a Oberst, e alla band roots-rock dei Felice Brothers, veri spiriti affini di Conor e di cui l’estate scorsa vi avevo segnalato l’eccellente Life In The Dark, un piccolo gioiellino http://discoclub.myblog.it/2016/07/06/antico-dylaniano-sempre-gradevole-felice-brothers-life-the-dark/, che si muoveva, come questo, su territori cari alla Band Bob Dylan, ma non solo. Quindi il solito retro-rock? Direi di sì, ma quando è fatto così bene è difficile resistere, e le 17 canzoni contenute in questo disco (le dieci di Ruminations più altre sette aggiunte per l’occasione) sono tutte veramente belle e non si riscontrano momenti di noia dovuti alla eccessiva lunghezza dell’album.

Oltre ai Felice Brothers e Keltner nell’album appaiono parecchi altri musicisti di pregio: dall’ottimo Jim James Blake Mills, Gillian Welch Maria Taylor alle armonie vocali, nonché M. Ward e il quasi immancabile, in un disco di questo tipo, Jonathan Wilson, a chitarre e tastiere in due dei brani più belli del disco, uno dei due, Anytime Soon, dove è anche coautore del pezzo, con lo stesso Oberst, Taylor Goldsmith dei Dawes, Johnathan Rice, frequente collaboratore di Jenny Lewis, in una sorta di meeting di alcuni dei “nuovi” talenti del suono westcoastiano, considerando pure che il tutto è stato registrato ai famosi Shangri-La Studios di Malibu. Quindi Dylan+Band+California, risultato: ottimo disco, che lo riporta ai fasti dei migliori album fatti con i Bright Eyes. Partiamo proprio con la citata Anytime Soon, un bel pezzo rock di impianto californiano, con la slide pungente di Wilson, che ricorda quella di David Lindley, a percorrerla e una melodia solare che si rifà al sound dei Dawes o del loro mentore Jackson Browne, ma anche con spunti beatlesiani.

Comunque fin dall’apertura deliziosa della valzerata Too Late For Fixate, con in evidenza il violino di Greg Farley e la fisarmonica di James Felice, che uniti all’armonica dello stesso Oberst, crea subito immediati rimandi alla musica del Dylan anni ’70 ( e anche la Band, ovviamente, grazie all’uso della doppia tastiera, affidata spesso a Felice); contribuiscono ampiamente alla riuscita anche i testi visionari e surreali, sentite che incipit: “Tried Some Bad Meditation/ Sittin’ Up In The Dark/They Say To Picture An Island/Cuz That’s One Place To Start/I Guess I Could Count My Blessings/I Don’t Sleep In The Park/With All My Earthly Possessions/In One Old Shopping Cart”, e ditemi chi vi ricorda. Anche la seconda canzone Gossamer Thin mantiene questa atmosfera sonora, con il riff circolare a tempo di valzer, sempre impreziosito dall’uso di violino, fisa ed armonica, oltre alle armonie vocali di Jim James, che rimane poi anche per la successiva Overdue, dove si apprezza il lavoro delle chitarre elettriche e quello di un piano Wurlitzer, molto alla Neil Young anni ’70, con il ritornello che ti rimane subito in testa.

Afterthought in veste full band acquisisce ulteriore fascino, anche grazie al lavoro preciso e variegato di Jim Keltner, uno dei più grandi batteristi della storia del rock, ancora splendide le armonie vocali corali dei Felice Brothers assortiti, il violino guizzante di Farley e l’armonica insinuante di Conor, sembra quasi di essere capitati in qualche outtake di Blonde On Blonde. Molto coinvolgente anche la delicata ballata Next Of Kin, già presente in Ruminations, che rimanda ai pezzi più belli di un altro cantautore che quando viene colto dall’ispirazione può regalare canzoni stupende, penso a Ryan Adams, e pure in questo testo ci sono deliziose citazioni d’epoca:  “Yeah I met Lou Reed and Patti Smith/It didn’t make me feel different/I guess I lost all my innocence/Way too long ago”. In Napalm il ritmo si fa più incalzante e bluesy, per continuare il parallelo con Dylan ci tuffiamo in Highway 61 con l’organo di Felice e le chitarre di Oberst a ricreare il sound dell’accoppiata Kooper/Bloomfield, con i dovuti distinguo, e senza dimenticare Farley che si dà sempre da fare con il suo violino.

Blake Mills aggiunge il suo guitaron e la baritone guitar per una intima e raccolta Mamah Borthwick (A Sketch), dove si apprezza anche la voce di Gillian Welch, splendida. Mentre nelle successive Till St. Dymphna Kicks Us Out e Barbary Coast (Later) appare anche un quartetto di archi e il pianoforte assurge a ruolo di protagonista, nel primo brano, a fianco degli immancabili violino, fisarmonica e armonica, senza dimenticare la chitarra elettrica di Ian Felice, sempre presente, con un lavoro sia di raccordo quanto solista; Barbary Coast addirittura mi ha ricordato certe cose del primo Van Morrison, quello californiano, con il prezioso apporto della voce di Maria Taylor. Tachycardia è un’altra ballata di ampio respiro, con doppia tastiera e armonica sempre in evidenza (ma è difficile trovare un brano non dico scarso, ma poco riuscito), mentre Conor Oberst canta sempre con grande trasporto e convinzione, mentre il violino e la chitarra di Mills ricamano sullo sfondo. Serena ed avvolgente anche la dolcissima Empty Hotel By The Sea, con mille particolari sonori gettati nel calderone sonoro di una ennesima riuscita canzone, con gli strumenti sempre usati con una precisione quasi matematica.

Del pezzo con Jonathan Wilson abbiamo detto. Counting Sheep è una ulteriore variazione sul tema sonoro dell’album, e nonostante il titolo è meno “sognante” di altri episodi, con le chitarre elettriche più graffianti e la bella voce della Taylor che ben supporta il nostro. Rain Follows The Plows, di nuovo con la presenza del quartetto di archi, assume un carattere quasi più barocco e complesso, grazie all’uso del piano elettrico e della chitarra elettrica di Blake Mills, presente per l’ultima volta, a fianco di violino,, armonica e tastiere, che, l’avrete ormai capito, sono gli strumenti più caratterizzanti dell’album. Di nuovo Gillian Welch a duettare con Oberst in You All Loved Him Once, altra love ballad di elevata qualità e delicatezza, con armonica e chitarra elettrica che deliziano i nostri padiglioni auricolari ancora una volta, una delle più belle canzoni del disco.

A Little Uncanny, con video prodotto dal bassista del disco (e dei Felice Brothers) Josh Rawson è uno dei pezzi più rock e mossi di questo Salutations, chitarristico ed incalzante, prima del commiato, Salutations appunto, dove ritornano il piano, la chitarra ed il synth di Jonathan Wilson, per un altro tuffo nel sound da singer songwriter californiano degli anni ’70, a conferma della qualità di questo lavoro che si candida fin d’ora tra le migliori prove di questo inizio 2017, e che vi consiglio caldamente!

Bruno Conti 

Quello Bravo Dei My Morning Jacket E’ L’Altro, Anche Se… Carl Broemel – 4th Of July

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Carl Broemel – 4th Of July – Stocks In Asia/Thirty Tigers

Ovviamente quello bravo, o meglio, quello più bravo, dei My Morning Jacket, è Jim James Yim Yames, a seconda di come si sveglia alla mattina, lider maximo della band, voce solista, autore di tutte le canzoni e una delle due chitarre soliste del gruppo. Di Carl Broemel si potrebbe dire che dal 2004 è il suo fedele Kit Carson, “seconda pistola” nelle epiche cavalcate chitarristiche della band di St. Louis e spalla ideale per le derive extra -rock di James, vista la sua passione anche per folk, soft-rock e comunque per un approccio più da singer-songwriter che applica ai suoi dischi solisti. L’anche se…l’ho aggiunto dopo il secondo o il terzo ascolto, perché ammetto che dopo il primo ero rimasto abbastanza deluso nel complesso dall’album, anche se, appunto, non avevo particolari aspettative, sapendo che quello bravo e più completo era l’altro. Broemel ha realizzato altri due album solisti, il primo, Lose What’s Left, realizzato nel 2004 primo di entrare nei MMJ, è una prova prettamente acustica, neanche l’ombra delle epiche cavalcate elettriche per cui poi è diventato famoso, ma anche neppure l’ombra di una chitarra elettrica, una mezz’oretta di folk da cantautore, forse piacevole, ma che non lo avrebbe certo reso una celebrità. Il secondo disco, All Birds Say, sono andato a risentirlo perché non lo ricordavo proprio, meglio ma neppure quello memorabile, sembra una via di mezzo tra un disco di George Harrison e uno di James Taylor, con steel, slide e acustiche, dove Broemel eccelle, spesso in evidenza, ma ripeto, niente per cui stracciarsi le vesti.

E invece 4th Of July mi sembra comunque migliore, non imprescindibile neppure questo, ma un disco dove le otto canzoni, di cui tre molte lunghe, quasi sei, oltre i sette e la title-track che supera di poco i dieci, sono decisamente più varie e ben concepite rispetto al passato: Carl ci ha lavorato con calma, in quasi tre anni e mezzo, nelle pause del lavoro dei My Morning Jacket, dei quali, il tastierista Bo Koster e il bassista Tom Blankenship hanno partecipato alle registrazioni del disco, insieme ad altri ospiti di pregio, in primis Laura Veirs Neko Case. Broemel questa volta non si esibisce al sax, almeno fino al finale, uno strumento che ogni tanto suona con i MMJ; ma le chitarre elettriche, la pedal steel e la slide sono spesso protagoniste di ottime incursioni strumentali. In particolare nella lunga 4th Of July, che nella parte centrale e conclusiva della canzone, ci regala due vere scariche di chitarra elettrica, furiosa, acida e psichedelica, come nei migliori brani della band, due assoli veramente fantastici che alzano il tasso qualitativo del disco. e se tutto il contenuto fosse stato di questa pasta saremmo a parlare di un mezzo capolavoro. Il brano parte in un leggero crescendo, sognante e pigro, poi entrano le voci di Neko Case Shelly Colvin, segue una pausa più riflessiva dove entra una chitarra acustica arpeggiata con valentia e poi il sound si anima sempre di più fino al climax dei ripetuti interventi della solista.

Anche il primo brano è molto valido e decisamente più complesso dei passati lavori di Broemel, una Sleepy Lagoon dal ritmo ondeggiante e molto laidback, tra pop e rock, con la chitarra sempre pronta ad animarsi in gradevoli interventi solisti, non dissimili da certe cose alla MMJ, con la voce di Broemel più convinta del solito. Non male puree la terza traccia, Rockingchair Dancer, quasi a tempo di valzer, con la seconda voce di Laura Veirs ad accompagnarsi a quella di Broemel, in un delizioso e delicato ondeggiare tra folk e morbido rock, che ricorda proprio quello gentile e poco mosso di un cavallo a dondolo. Il resto dell’album mi pare meno interessante dei primi tre brani. Anche se Snowflake, sulle ali di un piacevole groove della ritmica e una melodia molto seventies si dipana attraverso il fingerpicking dell’acustica e qualche intervento delle tastiere e dell’elettrica appena accennati e un cambio di tempo nel finale con fischiettata che forse ci potevano risparmiare. Landing Gear, l’altro brano che supera i cinque minuti, grazie alla pedal steel che l’attraversa, in congiunzione con la chitarra elettrica, ha un mood quasi Westcoastiano e pastorale, non dissimile da certi episodi meno movimentati di Jonathan Wilson, con un bell’intervento del piano di Koster e armonie vocali quasi beatlesiane.

In The Dark ritorna allo stile da cantautore folk, brano “carino” (in mancanza di termine migliore) ma poco incisivo, francamente succede veramente poco nel corso della canzone. E anche l’acustica e strumentale Crawkspace non rimarrà negli annali della musica. Rimane la conclusiva Best Of, dove Carl Broemel imbraccia il sax per l’unica volta nell’album, una ballata di nuovo sognante che rimanda, come ricordato all’inizio. a certe cose di George Harrison, citato per l’album precedente, mentre il timbro della voce del nostro amico mi ha ricordato per certi versi, non so perché, quella di Rufus Wainwright, una specie di vaudeville leggermente psichedelico e demodé, in virtù degli intermezzi strumentali sempre raffinati e gradevoli, ancorché un po’ fini a sé stessi, e tirati poi per  le lunghe negli oltre sette minuti del brano. Insomma, una buona prima parte e poi un graduale decadimento qualitativo, per un album che raggiunge la sufficienza a pieni voti ma non va oltre: magari l’aiuto di un produttore sarebbe stato importante in certi episodi,

Bruno Conti   

Recuperi Estivi. Un Gruppetto Di Voci Femminili 1: Sara Watkins – Young In All The Wrong Ways

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Sara Watkins – Young In All The Wrong Ways – New West

Visto che siamo in piena stagione estiva, come tutti gli anni è venuto il tempo dei “recuperi”, e quindi andiamo a recensire un po’ di quegli album che per varie ragioni, soprattutto di tempo ma anche perché ingiustamente dimenticati, non sono andati a finire sul Blog. Una serie di Post sarà dedicata ad alcuni dischi dove protagoniste sono le voci femminili, ma non mancheranno album di generi diversi, senza comunque trascurare le uscite del mese di agosto, alcune anche assai interessanti. Ma andiamo con ordine.

Oggi parliamo di Sara Watkins, cantante e violinista californiana sopraffina, che negli ultimi anni aveva momentaneamente accantonato la sua carriera solista prima per la reunion dei Nickel Creek nel 2014 http://discoclub.myblog.it/2014/05/27/ritorno-sulla-linea-tratteggiata-nickel-creek-dotted-line/ e poi nel 2015 per il delizioso quadretto d’assieme della Watkins Family Hour http://discoclub.myblog.it/2015/08/28/simpatico-affare-famiglia-amici-watkins-family-hour/. Ed ora, a quattro anni dal precedente Sun Midnight Sun, ritorna con il suo terzo album di studio, questo Young In All The Wrong Ways che ha avuto un esordio “sontuoso” nelle classifiche americane al 200° posto e la settimana successiva era già sparito, ma come sapete non è certo per questo motivo che recensiamo gli album, ci interessa la qualità e la buona musica e quelle ci sono in abbondante quantità. Si tratta del primo album con la nuova etichetta New West, ma alcune delle facce e dei nomi che la accompagnano sono quelli abituali: il fratello Sean Watkins alla chitarra, Benmont Tench, organo, piano, acustico e Wurlitzer, già presenti nei Watkins Family Hour. Più molte new entries, in rigoroso ordine alfabetico: Jay Bellerose alla batteria, il bravissimo Jon Brion a basso, chitarra e tastiere varie, Tyler Chester alle tastiere, Jim James Sarah Jarosz, vocalist aggiunti, come pure Aoife O’Donovan, Noam Pikelmy dei Punch Borthers, alla chitarra e Gabe Witcher della stessa band, che oltre a suonare decine si strumenti nel disco, ne ha curato gli arrangiamenti, la produzione ed è stato l’ingegnere del suono. E sono solo alcuni, i più conosciuti, poi ce ne sono molti altri utilizzati a french horn, arpa, cello, pedal steel, chitarre, contrabbasso (Paul Kowert, anche lui dei Punch Brothers), flauto, clarinetto, sax, una strumentazione ricchissima quindi.

Le dieci canzoni portano tutte le firma della Watkins, che ormai è diventata cantautrice a tutti gli effetti, con un album che non dimentica i vecchi amori per bluegrass e country, oltre a contenere elementi folk, ma poi spazia con eleganza in tutti gli stili, anche in ambito pop e rock (peraltro già usati con buon profitto nel disco del 2012), morbido quanto si vuole ma di buona sostanza. Prendiamo la title track che ruota attorno alla voce dolce ma grintosa della protagonista, come pure ad un suono decisamente rock, con chitarre elettriche ben presenti, una ritmica marcata e continui cambi di tempo, arrangiamenti raffinati e curatissimi di Witcher, che potrebbero ricordare sia le morbidezze di Norah Jones quanto lo stile più grintoso di Aimee Mann, o ancora della sua amica Fiona Apple,  ma pure Sarah Jarosz Aoife O’Donovan (con lei nella band I’m With Her), che curano le armonie vocali del pezzo, insomma una bella partenza. The Love That Got Away è una esile ballata che ruota attorno ad una strumentazione più parca, con piano, cello, forse un mandolino e poco altro a sostenere la deliziosa voce della Watkins, sempre sorretta da piccoli tocchi vocali aggiunti dagli ospiti. Molto bella anche la mossa One Last Time, con un po’ di picking country-bluegrass, elementi swing con il contrabbasso che guida il ritmo, la voce birichina e solare di Sara, armonie vocali deluxe, anche di Jim James, e i consueti continui cambi di tempo che tengono desta l’attenzione dell’ascoltatore, oltre a un breve assolo al violino, suo strumento di elezione. Move Me, il secondo singolo tratto dall’album, pur essendo il brano più lungo, è un’altra costruzione pop-rock di grande efficacia, e scorre con fluidità e semplicità, caratteristica di tutto l’album, improntato intorno alle grandi sensibilità dei musicisti utilizzati, qui Benmont Tench con pochi tocchi di organo rende magico un bel pezzo già dall’impianto sonoro solido, con la chitarra, presumo di Brion, a regalare grinta e spunti strumentali di gran classe.

Like New Year’s Day è un perfetto brano da cantautrice completa, una ballata avvolgente e raffinata, con una bella melodia che ti affascina e la voce che porge il testo con partecipazione e pathos, veramente bella, degna della migliore West Coast dei tempi d’oro. Say So potrebbe ricordare i Fleetwood Mac solari e californiani quando a guidare la canzone erano le voci di Christine Perfect e Stevie Nicks, pop di nuovo raffinato e di grande sostanza e con un bel crescendo incalzante, mentre Without A Word, con un piano Wurlitzer ammaliante e una chitarra acustica a guidare le linee melodiche della canzone, è una bella ballata di stampo folk-jazz, con le solite filigrane perfette della voce della Watkins, inquadrate dall’arrangiamento che ricorda i brani migliori della Norah Jones ricordata all’inizio. The Truth Won’t Set Us Free https://www.youtube.com/watch?v=9g2bQSfEswQ , malinconico racconto di un matrimonio finito male, ha però un drive sonoro movimentato, una sorta di honky-tonk country, dove il piano di Tench, il violino di Sara e una chitarra elettrica twangy alla Albert Lee o alla James Burton ci trasportano dalle parti delle Emmylou Harris Dolly Parton più pimpanti.

Per completare l’album mancano la malinconica Invisible, altra splendida ballata folkie ed intimista, di nuovo rivestita da Witcher con un arrangiamento complesso e di grande fascino, armonie vocali ad illuminarne la struttura leggermente cupa ma non triste. E per finire Tenderhearted, un brano che non sfigurerebbe nel songbook della migliore Emmylou Harris, una canzone che gli americani definirebbero “plaintive”, tradotto in italiano suona lamentoso, ma ci siamo capiti, anche se il dizionario non ci sorregge. Fino ad oggi forse il disco migliore e più completo della carriera di Sara Watkins, con tutte le sue anime musicali ben rappresentate. 

Bruno Conti

Ascoltate Ancora Un “Buon Consiglio”! Basia Bulat – Good Advice

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Basia Bulat – Good Advice – Secret City Records

Prosegue la carriera della bionda e non più giovanissima canadese Basia Bulat , membro onorario della comunità polacca dell’Ontario, che con Good Advice giunge al quarto capitolo discografico, un disco che segna un’ulteriore cambio di genere dopo il folk raffinato dei primi due album Oh, My Darling e Heart Of My Own, e il seguente Tall Tall Shadow dalla forma classica cantautorale, si giunge a questo ultimo lavoro che spazia anche nel pop d’autore (Sarah Blasko o in tempi meno recenti Stevie Nicks). Sorprendentemente la produzione dell’album, voluta dalla stessa Bulat, è affidata a Jim James dei My Morning Jacket, che suona pure gran parte degli strumenti, e che riesce a dare ai dieci brani di Good Advice un suono particolarmente ricco e vario (come succede sempre anche negli album della sua band), con arrangiamenti dai leggeri tratti“sixties” che valorizzano il nuovo percorso musicale di Basia.

Il brano d’apertura La La Lie  è trascinante con una forte connotazione relativa a quel periodo, a cui fanno seguito una ballabile Long Goodbye (perfetta forse per una discoteca alternativa), il sincopato disordine di Let Me In, passando per una perfetta “pop song” come In The Name Of, e per la più dolce. variegata  ed ammaliante Time. Si prosegue con la title track Good Advice forse il brano meno convincente del disco, per poi dare spazio ai due singoli tratti dall’album (firmati dalla stessa Bulat), una tambureggiante Infamous e la gioiosa e cadenzata Fool, condensando nelle ultime due tracce le cose migliori, una eterea e molto profonda The Garden, e una lunga e meravigliosa ballata quasi “gospel” come Someday Soon https://www.youtube.com/watch?v=nP7YMzPkoOw .

Le canzoni di Good Advice sono state arrangiate e registrate seguendo certe regole di quello che viene considerato il miglior “indie pop” del momento, e anche se personalmente la preferivo nelle versioni precedenti,meno alla moda e glamour (come ricorda pure l’immagine della copertina del disco), questo ultimo lavoro ascolto dopo ascolto riesce comunque ad attirare la giusta attenzione,  per merito della bella voce e della personalità di questa ragazza, a riprova di un talento che meriterebbe magari una maggiore attenzione da parte del pubblico e della critica di settore, che pure ha sempre guardato con favore ai suoi dischi (noi compresi http://discoclub.myblog.it/2010/02/24/piccoli-talenti-crescono-basia-bulat-heart-of-my-own/ e http://discoclub.myblog.it/2013/11/08/due-fanciulle-che-meritano-attenzione-basia-bulat-e-star-ann/).

Negli ultimi anni Basia Bulat ha condiviso il palco con colleghi affermati come gli Arcade Fire, i National, Nick Cave, Daniel Lanois, Sufjan Stevens, Andrew Bird, e altri meno noti tra i quali Beirut, Destroyer, Tune-Yards, Sondre Lerche e Owen Pallett, a dimostrazione che questa “biondina” di Toronto ne ha fatta di strada dal folk intimista degli esordi (quando veniva spesso paragonata alla grande Joni Mitchell https://www.youtube.com/watch?v=GPpcmqcqKZM ), fino ad arrivare a questo tentativo di pop in forma “elegante”, che rimanda sicuramente, per chi scrive, a Natalie Merchant e ai suoi 10.000 Maniacs.

Tino Montanari   

Una Band Sempre Più “Innovativa” ! My Morning Jacket – The Waterfall

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My Morning Jacket – The Waterfall – Ato Records/Capitol – Deluxe Edition

Devo ammettere che ad un primo e rapido ascolto (forse superficiale), questo nuovo lavoro dei My Morning Jacket non mi aveva particolarmente entusiasmato, ma risentendolo con più attenzione devo convenire che (come nel caso di tutti i lavori di questo gruppo), The Waterfall è un album complesso, un po’ fuori dalle righe, ma sicuramente innovativo e interessante. I My Morning Jacket arrivano da Louisville nel Kentucky ed hanno iniziato ad esistere verso la fine degli anni ’90, per merito di Jim James, leader, principale compositore, voce solista e autentico padre padrone della band, esordendo con The Tennessee Fire (99), un lavoro incentrato su una strumentazione elettroacustica, mentre il successivo At Down (01) presentava un suono più “indie-rock” con una più marcata impronta elettrica, andando a chiudere il “trittico” con il disco della svolta It Still Moves (03), dove l’impianto melodico è grandioso, la scrittura dei testi è in netta crescita, ed è resa ancora più suggestiva dalla voce di Jim.

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La svolta determinante della carriera del gruppo arriva con l’eccellente Z (05) con un “sound” che miscela jam e sonorità acide, che stanno tra Velvet Underground e Neil Young, tra Pink Floyd e Flaming Lips, disco che fa da preludio all’entusiasmante doppio CD dal vivo Okonokos (da sempre pietra angolare della discografia di ogni rock’n’roll band) per poi tornare in studio per Evil Urges (08) che riesce a combinare sonorità moderne e classico “american rock”, affidandosi poi alla collaborazione con il “guru” della nuova scena “indie-rock” Tucker Martine, con i suoni futuristici e psichedelici di Circuital (11), dimostrandosi ancora una volta una formazione per nulla prevedibile e parecchio innovativa.

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Dopo l’uscita negli anni di validi componenti, tra i quali  Johnny Quaid alle chitarre, Danny Cash alle tastiere, e i batteristi J.Glenn e Chris Guetig, l’attuale “line-up” della formazione vede sempre il leader Jim James alla chitarra e voce, Tom Blankenship al basso, Patrick Hallahan alla batteria, Bo Koster alle tastiere, Carl Broemel  (autore di un paio di ottimi dischi solisti) alle chitarre, andando registrare questo The Waterfall in California (e precisamente a Stinson Beach), in uno studio con bella vista panoramica sull’Oceano Pacifico e affidando ancora la produzione (temeraria) a Tucker Martine.

Si parte con l’iniziale Believe (Nobody Knows), una canzoncina pop leggera dal ritornello “scolastico” (che però dal vivo fa la sua bella figura e nel testo nasconde significati più profondi) a cui fanno seguito il “funky-pop” di Compound Fracture che richiama i primi Toto, la melodia di Like A River con echi del folk inglese degli anni ’70 https://www.youtube.com/watch?v=PAXj9zYjROc , le trame psichedeliche della lunga In Its Infancy (The Waterfall) https://www.youtube.com/watch?v=oT7xCWDQkXU , mentre Get The Point è un brano pop alla cantato alla McCartney https://www.youtube.com/watch?v=XIs-UA1M7q8 .

Le “cascate” di suoni ripartono con i riff indiavolati di una Spring (Among The Living), che a parte l’intrigante finale elettronico sembra un pezzo di Neil Young, per poi ritornare ancora alle sonorità anni ’70 con la melodia sognante di Thin Line, al classic-rock solido del pezzo più radiofonico del lavoro Big Decisions https://www.youtube.com/watch?v=gE3DgcECSn8 , alla ballata elettroacustica in stile Eagles di Hotel California di una Tropics (Erase Traces) https://www.youtube.com/watch?v=z2hUf9tf-0s , e chiudere con un’altra ballata piena di atmosfera Only Memories Remain, che fa il verso al compianto Roy Orbison. Le bonus tracks della Deluxe Edition comprendono un bel brano solo voce e chitarra Hillside Song, il pop leggero e molto orecchiabile di I Can’t Wait, e due versioni alternative di Compound Fracture e Only Memories Remain (decisamente inutili, buone solo per fare “grano”).

Guidati dal talentuoso Jim James (un frontman introverso e geniale), i My Morning Jacket ancora una volta si confermano un gruppo “diverso”, in quanto nelle canzoni di The Waterfall ci si trova di tutto, una miscellanea che parte dal rock anni ’70 alla psichedelia, e finisce con il genere americana e l’alt-country, una specie di “terra di mezzo” in cui sono maestri, con la loro musica che sarà anche derivativa, ma come in questo caso “la cascata” di suoni è fresca, piacevole e rinfrescante!

Tino Montanari

Bob Dylan Basement Tapes Complete E Lost In The River The New Basement Tapes, Costello Mumford T-Bone Burnett & Co. – Entrambi In Uscita A Novembre!

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Bob Dylan And The Band – The Basement Tapes Complete The Bootleg Series Vol. 11 – 6 CD Columbia Legacy 04/11/2014

Bob Dylan And The Band – The Basement Tapes Raw – 2 CD o 3 LP Columbia Legacy

E in principio furono questi…

bob dylan basement tapes

O meglio, in principio ci furono una serie di bootleg, uno in particolare, chiamato Great White Wonder, “uscito” nel 1969, che iniziò a svelare il contenuto di quella cornucopia di delizie che sarebbe stata nota come The Basement Tapes. Una serie di registrazioni, durate alcune mesi, avvenute nella cantina di una casa chiamata “Big Pink” a West Saugerties, sobborghi di Woodstock, New York, dove Bob Dylan, reduce dal suo misterioso incidente motociclistico, e Robbie Robertson, Rick Danko, Richard Manuel, Garth Hudson e, arrivato più tardi, Levon Helm, ovvero The Band, diedero alla luce (ma anche no) più di cento canzoni che avrebbero potuto cambiare ancora di più la storia della musica rock https://www.youtube.com/watch?v=1lD-64YsRg0 . Purtroppo, a parte qualche brano, che riuscì a scappare, i più noti I Shall Be Released, The Mighty Quinn, This Wheel’s On Fire e You Ain’t Going Nowhere, il resto delle canzoni rimase cocciutamente negli archivi di Dylan e della casa discografica, fino al 1975,  annoin cui venne pubblicato un doppio LP da parte della Columbia Records, con 16 brani di Dylan e 8 della Band, in rigoroso mono. Disco che fu un grande successo su entrambi i lati dell’oceano, entrando nei Top 10 sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito.

bob dylan basement

Ripubblicato in CD in varie occasioni, l’ultima quella che vedete effigiata più sopra, nel 2009, sempre con 24 brani. Quando negli anni ’90 inizio ad uscire la Bootleg Series si pensò che uno dei primi dischi a subire il trattamento Deluxe sarebbe stato questo e invece abbiamo dovuto aspettare fino al capitolo 11, ma alla fine ci siamo, il 4 novembre usciranno The Basement Tapes Complete, 138 brani registrati in quella “mitica” estate del 1967, The Summer Of Love,  raccolti in un cofanetto da 6 CD, che negli Stati Uniti è annunciato per la “modica” cifra di 150 dollari, oltre a due versioni, in 2 CD o 3 LP, definite Raw, che contengono 38 “highlights” estratti dal Box completo, con un libretto da 56 pagine ad illustrarne i brani contenuti. L’edizione Deluxe, con libro rilegato da 120 pagine, conterrà questi brani:

Disc: 1
1. Edge of the Ocean
2. My Bucket’s Got a Hole in It
3. Roll on Train
4. Mr. Blue
5. Belshazzar
6. I Forgot to Remember to Forget
7. You Win Again
8. Still in Town
9. Waltzing with Sin
10. Big River (Take 1)
11. Big River (Take 2)
12. Folsom Prison Blues
13. Bells of Rhymney
14. Spanish is the Loving Tongue
15. Under Control
16. Ol’ Roison the Beau
17. I’m Guilty of Loving You
18. Cool Water
19. The Auld Triangle
20. Po’ Lazarus
21. I’m a Fool for You (Take 1)
22. I’m a Fool for You (Take 2)

Disc: 2
1. Johnny Todd
2. Tupelo
3. Kickin’ My Dog Around
4. See You Later Allen Ginsberg (Take 1)
5. See You Later Allen Ginsberg (Take 2)
6. Tiny Montgomery
7. Big Dog
8. I’m Your Teenage Prayer
9. Four Strong Winds
10. The French Girl (Take 1)
11. The French Girl (Take 2)
12. Joshua Gone Barbados
13. I’m in the Mood
14. Baby Ain’t That Fine
15. Rock, Salt and Nails
16. A Fool Such As I
17. Song for Canada
18. People Get Ready
19. I Don’t Hurt Anymore
20. Be Careful of Stones That You Throw
21. One Man’s Loss
22. Lock Your Door
23. Baby, Won’t You be My Baby
24. Try Me Little Girl
25. I Can’t Make it Alone
26. Don’t You Try Me Now

Disc: 3
1. Young but Daily Growing
2. Bonnie Ship the Diamond
3. The Hills of Mexico
4. Down on Me
5. One for the Road
6. I’m Alright
7. Million Dollar Bash (Take 1)
8. Million Dollar Bash (Take 2)
9. Yea! Heavy and a Bottle of Bread (Take 1)
10. Yea! Heavy and a Bottle of Bread (Take 2)
11. I’m Not There
12. Please Mrs. Henry
13. Crash on the Levee (Take 1)
14. Crash on the Levee (Take 2)
15. Lo and Behold! (Take 1)
16. Lo and Behold! (Take 2)
17. You Ain’t Goin’ Nowhere (Take 1)
18. You Ain’t Goin’ Nowhere (Take 2)
19. I Shall be Released (Take 1)
20. I Shall be Released (Take 2)
21. This Wheel’s on Fire
22. Too Much of Nothing (Take 1)
23. Too Much of Nothing (Take 2)

Disc: 4
1. Tears of Rage (Take 1)
2. Tears of Rage (Take 2)
3. Tears of Rage (Take 3)
4. Quinn the Eskimo (Take 1)
5. Quinn the Eskimo (Take 2)
6. Open the Door Homer (Take 1)
7. Open the Door Homer (Take 2)
8. Open the Door Homer (Take 3)
9. Nothing Was Delivered (Take 1)
10. Nothing Was Delivered (Take 2)
11. Nothing Was Delivered (Take 3)
12. All American Boy
13. Sign on the Cross
14. Odds and Ends (Take 1)
15. Odds and Ends (Take 2)
16. Get Your Rocks Off
17. Clothes Line Saga
18. Apple Suckling Tree (Take 1)
19. Apple Suckling Tree (Take 2)
20. Don’t Ya Tell Henry
21. Bourbon Street

Disc: 5
1. Blowin’ in the Wind
2. One Too Many Mornings
3. A Satisfied Mind
4. It Ain’t Me, Babe
5. Ain’t No More Cane (Take 1)
6. Ain’t No More Cane (Take 2)
7. My Woman She’s A-Leavin’
8. Santa-Fe
9. Mary Lou, I Love You Too
10. Dress it up, Better Have it All
11. Minstrel Boy
12. Silent Weekend
13. What’s it Gonna be When it Comes Up
14. 900 Miles from My Home
15. Wildwood Flower
16. One Kind Favor
17. She’ll be Coming Round the Mountain
18. It’s the Flight of the Bumblebee
19. Wild Wolf
20. Goin’ to Acapulco
21. Gonna Get You Now
22. If I Were A Carpenter
23. Confidential
24. All You Have to do is Dream (Take 1)
25. All You Have to do is Dream (Take 2)

Disc: 6
1. 2 Dollars and 99 Cents
2. Jelly Bean
3. Any Time
4. Down by the Station
5. Hallelujah, I’ve Just Been Moved
6. That’s the Breaks
7. Pretty Mary
8. Will the Circle be Unbroken
9. King of France
10. She’s on My Mind Again
11. Goin’ Down the Road Feeling Bad
12. On a Rainy Afternoon
13. I Can’t Come in with a Broken Heart
14. Next Time on the Highway
15. Northern Claim
16. Love is Only Mine
17. Silhouettes
18. Bring it on Home
19. Come All Ye Fair and Tender Ladies
20. The Spanish Song (Take 1)
21. The Spanish Song (Take 2)

Non mi addentro ulteriormente nella disamina dei brani, in quanto so che, quando sarà il momento, nella vicinanza dell’uscita, l’amico Marco Verdi (ora impegnato in un trasloco, auguri o son cacchi tuoi, come preferisci!) saprà intrattenervi con dovizia di dettagli su questa importantissima uscita discografica.

lost on the river new basement tapes

Ma la storia non finisce qui. Infatti, lo stesso giorno, ma più probabilmente l’11 novembre, la Harvest/Universal pubblicherà questo Lost On The River – The New Basement Tapes che documenta, in due versioni, entrambe in singolo CD, ma una con 15 brani e l’altra Deluxe con 20 brani (MAH!?! Non capirò mai il perché), il risultato delle sessions tenute nel mese di marzo di quest’anno ai Capitol Studios di Hollywood da Elvis Costello, Rhiannon Giddens (Carolina Chocolate Drops), Taylor Goldsmith (Dawes), Jim James (My Morning Jacket) e Marcus Mumford (Mumford & Sons), sotto la produzione di T-Bone Burnett, al quale lo stesso Dylan aveva affidato i testi di due dozzine di brani “incompiuti”, che gli stessi artisti sopra citati hanno provveduto a completare ed incidere https://www.youtube.com/watch?v=Iq66_lWB7I4 . Si dice che ne siano stati registrati anche altri, per cui potremmo aspettarci ulteriori capitoli di questa operazione meritoria, ma per il momento quelli che verranno pubblicati sono i seguenti:

1. Down On The Bottom
2. Married To My Hack
3. Kansas City
4. Spanish Mary
5. Liberty Street
6. Nothing To It
7. Golden Tom Silver Judas*
8. When I Get My Hands On You
9. Duncan And Jimmy
10. Florida Key
11. Hidee Hidee Ho #11
12. Lost On The River #12
13. Stranger
14. Card Shark
15. Quick Like A Flash*
16. Hidee Hidee Ho #16*
17. Diamond Ring*
18. The Whistle Is Blowing*
19. Six Months In Kansas City (Liberty Street)
20. Lost On The River #20

*Deluxe Edition only

The-New-Basement-Tapes-Lost-On-The-River-Box-Set-Fan-Poster

C’è anche un sito http://store.universalmusic.com/thenewbasementtapes/ , dove per soli 120 dollari potete comprare la versione limitata in cofanetto per fan, quella che vedete qui sopra.

In un brano, Kansas City, Johnny Depp ha sostituito Costello che si era dovuto assentare per la durata di una session. Il tutto è stato ripreso dal regista Sam Jones, per un documentario Lost Songs: The Basement Tapes Continued, che verrà trasmesso sul canale Showtime negli Stati Uniti il 21 novembre e poi, chissà, magari uscirà in DVD e Blu-Ray. Non dovrebbero esserci altri musicisti coinvolti, i partecipanti, che hanno registrato tutto in presa diretta, come nell’album originale, hanno provveduto a registrare anche la parte strumentale, scambiandosi ai vari strumenti nel corso delle diverse takes delle canzoni.

Ovviamente anche di questo, come del Dylan, se ne parlerà ancora a tempo debito.

Bruno Conti

Novità Di Febbraio Parte I. Eels, Ron Sexsmith, Jim James, Holly Williams, Ethan Johns, Robin Trower, Chris Stamey, Chris While & Julie Matthews, Seeds

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Prime pubblicazioni del mese di Febbraio, in data martedì 5, che si vanno ad aggiungere ai già annunciati Mavericks, Townes Van Zandt, Ben Harper, Richard Thompson confermati in uscita per la prossima settimana (a proposito di Richard, ma non se ne sentiva la mancanza, è cascato l’occhio, torna la settimana prossima il mitico Richard Clayderman con Romantique su etichetta Decca, me ne sono accorto perchè, o ha fatto un patto con il diavolo, o fa come Guccini che riciclava la foto di Via Paolo Fabbri, è uguale a 30 anni fa). Chiudiamo questa parentesi non edificante chiedendoci: perché a lui fanno fare ancora i dischi mentre fior di musicisti vengono regolarmente scaricati dalle loro case discografiche? Non si sa! O meglio si sa, perché ha venduto 80 milioni di copie dei suoi album in giro per il mondo, ma non è bello lo stesso.

Torna Mark E. Everett, figlio dello scienziato Hugh Everett III, nonché leader degli Eels, con il nuovo disco Wonderful, Glorious, su etichetta E Works distr. Universal. Non manca l’immancabile versione doppia Deluxe limitata, con questo contenuto:

Tracklist
1. Bombs Away
2. Kinda Fuzzy
3. Accident Prone
4. Peach Blossom
5. On The Ropes
6. The Turnaround
7. New Alphabet
8. Stick Together
9. True Original
10. Open My Present
11. You’re My Friend
12. I Am Building A Shrine
13. Wonderful, Glorious

Tracklist Bonus CD Deluxe
1. Hold On To Your Hat
2. Your Mama Warned You
3. I’m Your Brave Little Soldier
4. There’s Something Strange
5. Happy Hour (We’re Gonna Rock)
6. That’s Not Really Funny – Live At KEXP Seattle/2011
7. In My Dreams – Live At First Avenue Manhattan/2010
8. Prizefighter – Live At First Avenue Manhattan/2010
9. Looking Up – Live At Great American Music Hall, San
Francisco/2011
10. What I Have To Offer – Live At KEXP Seattle/2011
11. I Like The Way This Is Going – Live At KEXP
Seattle/2011
12. Spectacular Girl – Live At KEXP Seattle/2011
13. Summer In The City – Live At KEXP Seattle/2011

Anche il canadese Ron Sexsmith, come di consueto su Cooking Vinyl, pubblica il nuovo album Forever Endeavour. Da quello che ho sentito, come sempre, ottimo album. Produce Mitchell Froom in quel di Santa Monica, California e nel disco suonano, tra gli altri, Greg Leisz alla pedal steel, Bob Glaub al basso e Pete Thomas alla batteria, oltre agli archi a cura del Calder Quartet (ma ci sono una valanga di altri musicisti, Matt Chamberlain, Don Heffingto, Davey Faragher, Val McCallum, Darrell Leonard, eccetera). Quattordici brani, di cui uno era già apparso in una versione cantata da Faith Hill e le ultime due canzoni sono state scritte insieme al paroliere inglese Don Black, quello che di solito scriveva per Andrew Lloyd Webber e John Barry, infatti uno dei brani, Morning Light, pensavano di proporla a Tony Bennett.

Usando per la prima volta il nome Jim James e non Yim Yames (e in futuro magari userà anche quello vero James Olliges), torna il leader dei My Morning Jacket, con un disco solista Regions Of Light And Sound of God, Coop/Universal, molto introspettivo e ricercato, sembra quasi un disco dei Beatles (o di Harrison o Lennon) fatto in collaborazione con un altro fuori di zucca, ma bravo, come Sufjan Stevens (ma la serie sugli Stati americani che fine ha fatto?), psichedelia, pop, arrangiamenti anche elettronici ma raffinati, molto interessante anche se non di immediata fruibilità, ma uno può sentirli attentamente i dischi, non c’è nulla di male. 

holly williams highway.jpgethan johns if not now.jpgchris stamey lovesick.jpg








Holly Williams, per darle i titoli che le spettano, è la nipote di Hank Williams e quindi la figlia di Hank Williams jr. e la sorellastra di Hank Williams III. Se poi aggiungiamo che è pure brava, siamo contenti per la pubblicazione di questo nuovo album, il terzo, e il primo per la propria etichetta, la Georgiana Records, visto che la Universal l’ha mollata (ma si è tenuto stretto Clayderman, giustamente!). I primi due dischi, The Ones We Never Knew del 2004 e Here With Me del 2009, erano entrambi belli ma questo The Highway mi sembra il migliore. Prodotto da Charlie Peacock (quello dei Civil Wars) in quel di Nashville, ma dalla parte giusta della città, vanta una lista lunghissima e mostruosa di musicisti, ne cito uno, Doug Lancio, il chitarrista di Hiatt, e alcuni ospiti a duettare con lei: Dierks Bentley, la signora Martin ormai lanciata con il country (dice niente? Gwyneth Paltrow meglio), Jakob Dylan e Jackson Browne. Non male!

Quel tipo che sbircia dalle tende del palcoscenico è Ethan Johns, figlio di Glyn, a sua volta grandissimo produttore, che infatti fa il suo mestiere anche per l’occasione, producendo il suo debutto come solista  con questo If Not Now Then When, titolo che mi pare perfetto. Per la verità nel 1992 la Polydor aveva pubblicato un Indipendent Years scomparso nella notte dei tempi. In questo nuovo CD, pubblicato per la propria etichetta, la Three Crows Music, Johns, che suona praticamente tutti gli strumenti da solo, si fa aiutare da alcuni suoi “clienti”, Laura Marling, Danny Thompson e il suo grande amico, Ryan Adams. Una piacevole sorpresa.

Chris Stamey invece, di dischi, da solo o con i Db’s (l’ottimo Falling Off The Sky nel 2012) ne ha pubblicati una valanga. Questo nuovo si chiama Lovesick Blues, esce per la Yep Rock ed è più folk-pop-rock con belle armonie, rispetto alle reunion dei Db’s e dei Big Star a cui ha partecipato. In un brano intitolato You n me n XTC secondo voi chi collabora? Esatto, Andy Partridge! Due “armonisti” pop a confronto.

robin trower roots.jpgchris while julie matthews.jpgseeds a web of sound.jpg








Ultime tre uscite per questa settimana (ma di altri titoli ci saranno recensioni apposite, aspettate e le leggerete), un vecchio rocker, due folk ladies e delle leggende della psichedelia.

Ennesimo nuovo album per Robin Trower. Gli ultimi, a parte i Live e i due con Jack Bruce, non mi avevano entusiasmato, sempre per lo stesso problema, lui come cantante, si ostina ma non lo è, e quelli che ha scelto ultimamente per aiutarlo non possono reggere il paragone con Jim Dewar, grande vocalist nei suoi dischi anni ’70 e prima ancora, nei Procol Harum, con Gary Brooker. Questo Roots And Branches per la V12 Records è un disco di “”classici”, e lui se ne intende avendone suonati molti, da A Whiter Shade Of Pale in giù, ma questa volta niente Jimi Hendrix (di cui, come chitarrista, è il più grande epigono vivente) ma si ritorna al blues, al soul e perfino al rock and roll. E quindi vai con Hound Dog, The Thrill Is Gone, Litte Red Rooster, I Believe To My Soul, That’s Allright Mama, Born Under A bad Sign, per citare le più famose, suonate questa volta in punta di chitarra, se si può dire. Ma cantano lui e tale Richard Watts (non è che siano pessimi, ma c’è di meglio). Per esempio, visto che nel disco suona l’armonica il grande Paul Jones (Blues Band e Manfred Mann), non era il caso di lasciare fare a lui?

Due che invece cantano alla grande sono Chris While e Julie Matthews, che,prima l’una e poi l’altra, e infine insieme, sono state per molti anni le cantanti della Albion Band di Ashley Hutchings, insieme a cui hanno scritto anche molti pezzi per il gruppo. Ma, anche se non sembra, o non si sa, di dischi insieme ne hanno già fatti una decina, oltre a molti da soliste e con il giro Fairport Convention, spesso a Cropredy. Questo Infinite Sky, molto buono, illustra sia il lato folk britannico del duo. che la passione per la musica roots americana della While, che si estrinseca in una bella serie di canzoni che si trovano su questo CD edito dalla Fat Cat Records. Indicato, e anche consigliato, a chi ama Sandy Denny, Kate Rusby, ma anche Christine Collister o Helen Watson e altre cantanti di questo tipo. Al limite si farà un po’ fatica a trovarlo, ma basta cercare in rete.

Per finire, ennesima ristampa di A Web Of Sound dei Seeds, la band psichedelica di Sky Saxon, di cui erano già uscite varie edizioni nel corso degli anni, ma questa sembra quella definitiva, doppia, edita dalla Big Beat/Ace, presenta la versione stereo, quella mono, un tot di tracce inedite, per un totale di 32 brani. Se volete controllare, un classico del 1966:

 

Disc: 1

  1. Mr Farmer
  2. Pictures & Designs
  3. Tripmaker
  4. I Tell Myself
  5. A Faded Picture
  6. Rollin’ Machine
  7. Just Let Go
  8. Up In Her Room
  9. The Wind Blows Your Hair (Version 1) (2013)
  10. Dreaming Of Your Love (Version 2) (2013)
  11. Out Of The Question (Version 4) (2013)
  12. I Tell Myself (Take 1) (2013)
  13. Pictures & Designs (Take 14) (2013)
  14. Just Let Go (Take 4) (2013)
  15. A Faded Picture (Take 1) (2013)
  16. Disc: 2

  17. Mr Farmer
  18. Pictures & Designs
  19. Tripmaker
  20. I Tell Myself
  21. A Faded Picture
  22. Rollin’ Machine
  23. Just Let Go
  24. Up In Her Room
  25. Pretty Girl
  26. Moth And The Flame
  27. I’ll Help You (Carry Your Money To The Bank)
  28. Cry Wolf
  29. Plain Spoken
  30. The Gardener
  31. One More Time Blues
  32. Creepin’ About
  33. Buzzin’ Around

Direi che per oggi può bastare, alla prossima.

Bruno Conti