Il Periodo Più Celebrato Del Gruppo Fusion Per Antonomasia. Weather Report – The Columbia Albums 1976-1982

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Weather Report – The Columbia Albums 1976-1982 – Music On CD/Sony 6CD Box Set

Miles Davis è stato probabilmente il più grande musicista jazz di tutti i tempi, ma oltre ad essere un genio il trombettista di Alton aveva anche un’altra dote: quella di circondarsi di accompagnatori di altissimo livello, che in molti casi avrebbero intrapreso una illuminata carriera per loro conto, come per esempio John McLaughlin, Chick Corea e Herbie Hancock. Nel biennio 1969-70 Davis pubblicò In A Silent Way e Bitches Brew, due album rivoluzionari in cui il leader fondeva per la prima volta elementi rock in un tessuto jazz creando un suono mai sentito prima: nella band che lo accompagnava avevano una grande importanza (anche come compositori) un tastierista austriaco di nome Joe Zawinul ed un sassofonista del New Jersey, tale Wayne Shorter, che sfruttando un’amicizia che li legava già da un decennio, decisero di formare una sorta di “spinoff band” insieme al bassista Miroslav Vitous. Nacquero così i Weather Report, che in pochi anni divennero la più popolare band del neonato genere “fusion”, cioè una miscela di jazz, rock, musica etnica, funky, avant-garde e, nel loro caso, anche elementi pop negli anni di maggior successo. La bravura di Zawinul e Shorter (gli unici membri sempre presenti nelle varie incarnazioni del gruppo dal 1971 al 1986) è stata proprio quella di rendere popolare ed alla portata di un vasto pubblico un genere musicale da sempre ritenuto elitario, mantenendosi in perfetto equilibrio tra arte e commercio in modo da accontentare sia gli appassionati sia coloro che di jazz forse compravano due-tre dischi all’anno.

Ora Sony via Music On CD rimette in circolazione ad un prezzo più che vantaggioso (intorno ai trenta euro) un box sestuplo già pubblicato nel 2011 e da tempo fuori catalogo: The Columbia Albums 1976-1982 (NDM: la mia copia in copertina riporta erroneamente la scritta “album” invece di “albums”…senza volerlo possiedo una rarità?) comprende i lavori pubblicati dal gruppo, cinque in studio ed un live, durante il periodo di maggior successo, ed insieme al cofanetto quadruplo Forecast: Tomorrow uscito nel 2006 è sicuramente il modo migliore per approcciarsi al mondo delle “Previsioni del Tempo”. Il sottotitolo di questo boxettino in formato clamshell (che riporta anche una dozzina di bonus tracks dal vivo sparse in quattro dei sei dischetti, due delle quali inedite) potrebbe essere “The Jaco Years”, dal momento che un elemento fondamentale nella lineup di quegli anni era Jaco Pastorius, talentuosissimo bassista che rivoluzionò l’approccio allo strumento: esperto della tecnica “fretless”, Pastorius era infatti capace di fraseggi di basso assolutamente geniali ed innovativi, ed il suo strumento si trovava spesso a fungere da solista (in quegli stessi anni il suo fondamentale contributo era riscontrabile anche nei dischi di Joni Mitchell): purtroppo la sua carriera, ma soprattutto la sua vita, vennero troncate nel 1986 a soli 36 anni per le conseguenze di una stupida rissa in un locale di Fort Lauderdale.

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Ma esaminiamo nel dettaglio i dischetti contenuti nel box dedicato a questo “dream team” del jazz-rock, nel quale gli unici musicisti che cambiano sono i batteristi (Alex Acuna, Chester Thompson, Narada Michael Walden, Tony Williams e, dal ’78 all’82, il grande Peter Erskine) ed i percussionisti (ancora Acuna, Manolo Bandrena e Robert Thomas Jr.), con l’alternarsi a seconda degli anni della formazione a quattro a quella a quintetto. Black Market del 1976 è insieme al seguente l’album più famoso dei nostri, un disco dove peraltro Pastorius compare solo in due brani dato che negli altri è ancora presente il vecchio bassista Alphonso Johnson. Il disco è assolutamente godibile dalla prima all’ultima canzone, con punte di eccellenza nella vivace e solare title track, piena di intriganti soluzioni melodiche e ritmiche https://www.youtube.com/watch?v=U7_vNpVXubA , la splendida ed avvolgente Cannon Ball, la potente Gibraltar, con Zawinul che fa i numeri alle tastiere https://www.youtube.com/watch?v=8TcQSLYyQnE , e la ritmata e funkeggiante Barbary Coast, con il basso di Jaco in grande evidenza. Heavy Weather (1977) è l’album più famoso e più venduto dei Weather Report, grazie soprattutto alla popolarità della pimpante ed orecchiabile Birdland, uno dei rari brani della band ad essere uscito anche come singolo https://www.youtube.com/watch?v=Ae0nwSv6cTU . Ma non sono da meno l’elegantissima e suadente A Remark You Made https://www.youtube.com/watch?v=boNCY0Ai44M , il funky scattante della breve Teen Town, la notevole Palladium, jazz-rock di gran classe, e la strepitosa Havona, roboante pezzo con eccellenti performance strumentali di tutti i membri del gruppo https://www.youtube.com/watch?v=boNCY0Ai44M .

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Anche Mr. Gone (1978) è un buon lavoro, anche se lievemente più “leggero” dei suoi due predecessori. Qui l’influenza di Pastorius è evidente (ascoltate i suoi virtuosismi nella peraltro piuttosto statica Punk Jazz), e gli episodi migliori sono The Pursuit Of The Woman With The Feathered Hat, ipnotica, con una melodia circolare che si apre gradualmente ed elementi di musica etnica https://www.youtube.com/watch?v=eE38JtY75bo , il piacevole pop-jazz Young And Fine, con il sax tenore di Shorter protagonista, la rarefatta e misteriosa The Elders e l’insinuante e cadenzata title track, dominata dallo straordinario lavoro di basso da parte di Jaco https://www.youtube.com/watch?v=s-btnDSY5R0 . Per contro, la danzereccia River People non rende giustizia alla bravura dei nostri. 8:30 è un album dal vivo pubblicato nel 1979 che rivela in maniera eccelsa che la dimensione live si addiceva alla perfezione alla musica del gruppo, con performance trascinanti, dilatate e con grande spazio per le improvvisazioni strumentali in cui i nostri erano maestri.

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Abbiamo quindi versioni “definitive” di vari classici della band come Black Market, Teen Town, A Remark You Made, Birdland https://www.youtube.com/watch?v=x9B-dSkvqB4  ed il travolgente medley Badia/Boogie Woogie Waltz https://www.youtube.com/watch?v=TZAr_lub6GQ , oltre ad una breve ma applaudita rilettura dell’evergreen di Miles Davis, ma scritto di Zawinul, In A Silent Way. I quattro pezzi finali sono brani registrati in studio, tra i quali spiccano la spigliata e diretta Brown Street   ed il puro jazz di Sightseeing https://www.youtube.com/watch?v=8zec9ABOE5k . Night Passage del 1980 è meglio di Mr. Gone, ed affiorano qua e là influenze africane ed orientali. La scorrevole ed immediata title track https://www.youtube.com/watch?v=_vxhUebW_-U , la notturna e raffinata Dream Clock, la mossa ed “africaneggiante” Port Of Entry, con Jaco formidabile https://www.youtube.com/watch?v=uGtWSlmilRc , ed una bella cover ricca di swing di Rockin’ In Rhythm di Duke Ellington sono i pezzi salienti. E veniamo a Weather Report, che nel 1982 metterà fine all’avventura di Pastorius all’interno della band (lascerà per perseguire una carriera solista che, come abbiamo visto, avrà breve durata). Il suono si fa più radiofonico ed anni 80, seppur non disprezzabile: la mini-suite in tre parti N.Y.C. fa la parte del leone https://www.youtube.com/watch?v=gDCHFgeoiY4 , ma non sono male anche la frenetica Volcano For Hire ed il lounge-jazz di classe Current Affairs https://www.youtube.com/watch?v=zS6-r_E0pgY Un box quindi imperdibile se avete mancato la prima uscita di qualche anno fa: con una cifra abbordabile vi porterete a casa un pezzo di storia della musica fusion.

Marco Verdi

Discepoli Winteriani. Jay Willie Blues Band – Rumblin’ And Slidin’

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Jay Willie Blues Band – Rumblin’ And Slidin’ – Zoho Music

Nella nostra ricerca geografica in giro per gli Stati Uniti, alla ricerca di gruppi che fanno Blues, mi sembra che dalle parti del Connecticut non fossimo ancora passati: o almeno di una band ivi residente, in quanto poi la Jay Willie Blues Band dichiara di fare Texas Blues, e da quello che si ascolta si potrebbe forse credergli, vista anche la presenza in formazione di Bobby T Torello, uno dei batteristi storici di Johnny Winter, aggiunta ad una certa qual venerazione per la musica di quest’ultimo. Rumblin’ And Slidin’ è il terzo album di questo quartetto  https://www.youtube.com/watch?v=Jkm5q6fNdrw che vede le due chitarre di Jay Willie, anche alla slide e Bob Callahan, alla guida delle operazioni e un paio di ospiti di qualità a dare man forte, l’ottimo Jason Ricci all’armonica in alcuni brani e Suzanne Vick che canta Fly Away, uno dei brani più noti di Edgar Winter https://www.youtube.com/watch?v=vcFNzuKsBHY .

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D’altronde un CD che parte con Rumble di Link Wray e si chiude con con For What It’s Worth di Stephen Stills, per definizione “dovrebbe” essere buono. Sono dieci brani, che spaziano in tutte le tematiche del Blues, quello “forte” e quattro bonus dal vivo poste in coda del dischetto. Loro lo hanno definito Texas Blues Music ma tra le influenze, oltre a Winter, citano anche la J Geils Band, Elvin Bishop, Canned Heat, Leslie West, che certo texani non sono, e tra i meno noti, James Montgomery e i Monkey Beat di Jim Suhler, oltre naturalmente ai grandi delle dodici battute, e per questo nelle note del libretto si parla anche di “electric post-Chicago rock-blues” (questa me la segno)! https://www.youtube.com/watch?v=3pTNhUvXUQA

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In effetti, ricorda Torello, Johnny Winter gli disse più volte che non era capace di suonare il blues e come il suo stile venisse più dagli Allman Brothers che dal blues classico, più che un rimprovero un complimento, a mio modo di vedere, ma sono punti di vista. La recente aggiunta alla formazione è il bassista Steve Clarke https://www.youtube.com/watch?v=T33kDhvoirs , uno che ha suonato con Mike Stern, Yellow Jackets, Tower of Power, e quindi aumenta la quota funky-fusion della band. Ma si nota poco, almeno a giudicare dall’iniziale cover di Rumble https://www.youtube.com/watch?v=4RQK6JSPISk , dove il turbolento drumming di Torello si scontra con la fluentissima armonica di Ricci, un vero virtuoso dello strumento, più dalle parti di John Popper che dei nomi classici, con le chitarre che si limitano ad una coloritura del brano. Ma già in Dirty la slide di Jay Willie cerca di farsi largo, in un brano che però non pare memorabile, tra voci filtrate ed accenni di rap, molto meglio una lunga versione di Key To The Highway, dove i duelli tra le chitarre e l’armonica sono più pertinenti al genere, anche se il problema è quello solito, né Willie Callahan hanno una gran voce, quindi il paragone con la J Geils Band, dove c’era Peter Wolf o i Canned Heat, con Bob Hite e Alan Wilson, è francamente improponibile, ma livello musicale parzialmente ci siamo https://www.youtube.com/watch?v=vnrm-I3H4o8 .

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In Bad News di Callahan, più sul R&R, si aggiunge il sax di Ted Stakush in sostituzione dell’armonica, mentre Rotten Person, scritta e cantata da Torello, vira verso il Sud con una bella slide, ma quando arriva qualcuno che ha una bella voce, come Suzanne Vick, si sente la differenza, nella piacevole ballata di Edgar Winter, Fly Away, con l’armonica di nuovo in bella evidenza, magari poco blues ma godibile, ancorché non memorabile. Altri due brani di Bob Callahan, Come Back, una blues ballad e il funky di The Leetch, si salvano grazie agli interventi dei solisti ma non brillano https://www.youtube.com/watch?v=3NMaw-xHBN8 , più vitale il classico It Hurts Me Too, in una versione che peraltro non entrerà negli annali della musica. Caballo, finalmente, è quel Texas rock-blues di cui tanto si era parlato, grintoso ed energico, come sono i quattro brani finali dal vivo, registrazione meno brillante ma il suono si fa più sporco e vitale, prima in Hold Me Tight Talk Dirty, con le chitarre finalmente fumiganti, in una ottimaTore Down https://www.youtube.com/watch?v=8vd0PgMREHU , nel classico Rhythm & Blues della Mercy, Mercy, Mercy scritta da Joe Zawinul per Cannonball Adderley e che si avvale del sax di Stakush, e nella citata canzone di Stills, più rock dell’originale, ma che non turberà i sonni dell’autore.

Bruno Conti