La Buona Vecchia Songwriters’ Music – Mike Cross – Crossin’ Carolina

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Mike Cross – Crossin’ Carolina – MiMa-MuBo CD

Mike Cross è in giro da quasi quarant’anni (il suo primo disco, Child Prodigy, è del 1976), periodo nel quale ha inciso una quindicina di album, ma non ha mai conosciuto la benché minima ombra di successo. Per lui infatti, la definizione di cult artist calza a pennello: ottimo cantautore, eccellente chitarrista, con una vena che spazia dal country al blues al folk, si è conquistato una bella reputazione con le sue esibizioni dal vivo, creandosi un seguito di pochi ma fedeli ammiratori. http://www.mikecross.com/

Ha inciso per anni per la Sugar Hill, ma negli ultimi tempi sembrava essere sparito dalla circolazione (almeno discograficamente, dato che non ha mai smesso di esibirsi): Crossin’ Carolina, il suo nuovo album, esce un po’ a sorpresa, a ben tredici anni dalla sua ultima fatica, At Large In The World. Ma Mike non ha perso la sua vena: Crossin’ Carolina è un bel disco, suonato e cantato con estrema finezza, nel quale Cross ci dimostra che non ha perso la voglia di scrivere belle canzoni, né di suonarle con il suo piglio raffinato e gentile. Chitarrista sopraffino, predilige le atmosfere acustiche (anche se non disdegna qua e là qualche bella svisata elettrica), ed i suoi brani, tutti autografi tranne uno (Train 45, un traditional), si lasciano ascoltare con estremo piacere, in quanto fondono in maniera armonica diversi stili (come già detto, folk, country, blues e anche bluegrass, il tutto proposto con estrema classe).

Musica d’altri tempi, non è una sorpresa che non venda molto. L’album si apre benissimo con la title track, un irresistibile rock’n’roll di impronta elettroacustica, con Mike molto bravo alla resonator, gran ritmo e feeling in dosi massicce. In Streamside sono solo in tre (Mike, un bassista ed un batterista), ma il suono riempie la stanza come se fossero in dieci, una ballata acustica e gentile, cantata dal nostro con grande finezza; Hawkeye Sam è una folk song spedita nel ritmo ma suonata esclusivamente con strumenti acustici: Cross canta una melodia molto gradevole, che ha nei cromosomi qualcosa del Paul Simon più classico, quello senza contaminazioni. Planting By Moonlight è una gran bella canzone: sempre di base acustica, ha un motivo di prim’ordine vagamente anni sessanta, che fa emergere le qualità di Mike come songwriter. Black Cat Magic è puro country-blues, tempo veloce (quasi da bluegrass) con Mike, questa volta all’elettrica, che lascia scorrere le dita libere regalandoci momenti di puro piacere; Song For April è invece una classica ballata, molto bella nel suo incedere, che con un paio di strumenti in più ed un tamburo di latta, anche Jimmy Buffett potrebbe fare sua.

Huddie’s 12-String Blues è un godibilissimo blues acustico (dedicato a Leadbelly), con un azzeccato intervento all’elettrica di tale Patrick Cross (parenti?), mentre Runnin’ For The Rest Of My Life è dominata da una slide cooderiana, e la breve ed elettrica Guillotine Blues è, come da titolo, un blues affilato, peccato che duri poco più di due minuti. L’album si chiude con la già citata Train 45, un bluegrass vero e proprio che se non fosse cantato avrei potuto attribuire anche a John Fahey, e, come bonus, con una versione completamente acustica di Huddie’s 12-String Blues. Un gradito ritorno, un disco di gran classe per un musicista poco noto, e che probabilmente stava per essere dimenticato anche dai suoi estimatori.

Marco Verdi

John Fahey – The Master Of The American Primitive Guitar. 1978 Live At Audimax Hamburg

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 John Fahey – 1978 Live At Audimax Hamburg -Blast First Petite

Quando la prima immagine si sofferma sul “solito” presentatore del leggendario Rockpalast non siamo alla Grugahalle di Essen ma nel più intimo Audimax di Amburgo e il pubblico è comunque numeroso e attento. In quel 17 marzo del 1978 sale sul palco quello che viene presentato come The Master Of The American Primitive Guitar ossia John Fahey, o meglio dovrebbe salire perchè quando l’immagine si apre e Alan Bangs (ovvero la “voce storica” del Rockpalast) lascia la sedia per fare posto al musicista in questione non succede nulla, il pubblico rumoreggia divertito perché evidentemente vede qualcosa che noi non vediamo, fuori dall’inquadratura della telecamera. Poi finalmente arriva un eccentrico signore barbuto, in giacca e con occhiali e qui parte un altro siparietto, prima con la preparazione delle sue chitarre e dei suoi fingerpicks, poi si toglie gli occhiali e confessa di avere paura di suonare e l’imbarazzo viene percepito da un pubblico divertito ma compartecipe che si diverte anche alla cerimonia della svestizione della giacca.

Poi però una delle “leggende” della musica popolare americana inizia a suonare e il tempo si ferma. Si ritorna alla fine degli anni ’50 quando un giovane musicista nativo di Washington ma cresciuto a Takoma Park pubblicò appunto per la Takoma Records da lui fondata il suo primo disco Blind Joe Death che avrebbe dato il via a una lunga storia durante la quale Fahey avrebbe scoperto e lanciato anche Peter Lang e Leo Kottke ma soprattutto pubblicato una serie incredibile e straordinaria di dischi dove la chitarra acustica venne sviscerata fino al profondo del suo essere in uno stile per cui venne coniato il termine “American primitivism” mutuandolo dalla pittura, una tecnica che fondeva le sue influenze, musica sinfonica, il blues delle origini, la musica popolare country e bluegrass imparata da Jimmie Rodgers e Bill Monroe, per trasformarli in fantastici florilegi di arpeggi sempre più complessi con il passare degli anni.

Torniamo sul palco, John Fahey è nel pieno della sua maturazione artistica anche se da lì a poco per motivi finanziari avrebbe dovuto vendere la Takoma. Il concerto si apre con On The Sunny Side Of The Ocean seguita senza soluzione di continuità dalla complessa Hawaiian Two Step, il pubblico sembra rapito dalla prodigiosa tecnica del chitarrista americana e si gode la lunga Lion dai complessi giri armonici e dalle intricate improvvisazioni di Wine And The Roses. Il regista si sofferma di tanto in tanto sulla “chierica” di Fahey ma perlopiù segue, spesso in primo piano, le evoluzioni delle mani sulla chitarra vera festa per gli appassionati dello strumento ma anche gli amanti della buona musica si ritrovano a gustare uno dei più grandi musicisti partoriti dalla scena americana in una serata di grazia.

Sono dieci brani che non vi sto a ricordare tutti anche perché mi sembra di averli già citati nella anticipazione sulla uscita e comunque i titoli non sono poi così importanti trattandosi di brani strumentali, giusto per la cronaca e cosa stiamo ascoltando a livello di repertorio. Circa a metà concerto cambia chitarra, sfodera il suo bottleneck e procede a dimostrare la sua tecnica anche alla slide con lo strumento utilizzato a mo’ di lap steel o dobro appoggiato sul grembo, poi torna alla chitarra “tradizionale” anche se nel suo caso il termine è riduttivo. Si tratta di circa un’oretta di musica o poco più con una interessante e breve intervista alla fine dove John Fahey con imbarazzo, timidezza ma anche piacere parla di Leo Kottke, che gli ha insegnato a suonare più veloce, Bill Monroe che è stata una delle sue maggiori influenze e il fatto che ancora dopo trenta anni la ricerca dei ritmi è il suo principale interesse e non la tecnica in sé stessa. Nel 1996 Fahey con l’eredità del padre fonderà anche la Revenant Records una etichetta nata con l’intento di pubblicare oscuri dischi di Blues e Old Time Music di artisti spesso dimenticati con cura e grande attenzione anche alle confezioni. Proprio la Revenant quest’anno, nel decimo anno dalla sua scomparsa, ha pubblicato quel bellissimo cofanetto quintuplo intitolato Your Past Comes Back To Haunt You: The Fonotone Years 1958-1965 che unito a questo eccellente DVD andrebbe investigato con assoluta urgenza. Se avete seguito e amato Jack Rose negli ultimi anni con John Fahey risalite alla genesi di tutta (o quasi) la musica acustica. Non è musica facilissima ma ne vale la pena perchè vi rende la giornata più “piena”!

Bruno Conti

Novità Di Ottobre Seconda Parte Della Parte II. Radiohead, Marketa Irglova, William Shatner, John Wesley Harding, ZZTop Tribute, Rich Robinson, John Fahey, Ozark Mountain Daredevils Eccetera

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Altri dischetti in uscita questa settimana. Partiamo con il doppio album di Remix dei Radiohead Tkol Rmx 1234567 che esce per la XL Recordings al prezzo di un singolo album. Già The King Of Limbs non mi era parso un disco fantastico adesso abbiamo un ulteriore doppio di 19 brani, tutti quelli che erano usciti come remix in 12″, de gustibus. Per chi ama il genere remix, non i Radiohead, secondo me.

Marketa Irglova (che per qualche strano motivo ero convinto si chiamasse Inglova) era la ragazzina ceca del film Once e, prima e dopo, in coppia con Glen Hansard nel gruppo degli Swell Season. Nel frattempo, in una pausa sabbatica del gruppo ognuno ha lavorato ad un progetto solista, per primo esce questo Anar per la Anti Records. Registrato negli Stati Uniti, che sono la sua nuova patria dopo il trasferimento da Dublino, nel frattempo si è pure sposata (non con Hansard) con un ingegnere del suono. Il disco unisce il suo amore per la musica classica, il piano e cantanti come Joni Mitchell e Kate Bush. Negli Swell Season era quella che cantava meno ma il disco è bello.

Un ennesimo tributo, questa volta agli ZZTop A Tribute From Friends esce per la Show Dog Nashville/Universal questa settimana e dalla ascoltata veloce che gli ho dato…Preferisco non esprimermi sembra un disco degli Aerosmith più picchiati che rifanno i pezzi del trio texano e infatti i M.O.B. del primo brano sono Steven Tyler, Johnny Lang e la sezione ritmica dei Fleetwood Mac. Ma la loro versione di Sharp Dressed Man non è neppure malaccio. Mi chiedo cosa c’entrino Filter, Nickelback, Wolfmother, Coheed & Cambria, Mastodon, Duff McKagan e altri che se allargate la copertina del disco riuscite a leggere, con la musica degli ZZTop. Salverei la versione di Tush di Grace Potter and The Nocturnals e promuoverei Jamey Johnson che ci regala una versione fantastica di oltre 8 minuti di La Grange. Un album tutto così l’avrei preso subito, mi accontenterò di un EP con i 3 brani buoni.

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Questo è un terzetto di uscite dalla non facile reperibilità, per usare un eufemismo. Uno dei migliori gruppi country-rock della storia, gli Ozark Mountain Daredevils, pubblicano un nuovo doppio album registrato in concerto. Si intitola Alive & Wild ed esce per la New Era Productions solo sul suolo americano dove è stato registrato nell’autunno del 2010. Costa un botto, un po’ per la distribuzione e un po’ anche perché è stato realizzato utilizzando solo materiale ecologico, niente plastica nella confezione. Ci sono tre dei membri originali della formazione e il sound è più country-folk che country-rock a giudicare da quello che ho sentito, con le magiche armonie vocali delle origini affaticate dal tempo che passa. Insomma piacevole ma non indispensabile, se non avete nulla di loro meglio investire su uno dei Twofer della BGO che accoppiano il primo omonimo a It’ll Shine When It Shines e The Car Over The Lake a Men From Earth, i primi due prodotti dal grande Glyn Johns e che rivaleggiano con il meglio di Eagles, Poco o Flying Burrito Brothers.

John Wesley Harding è uno dei cantautori “sconosciuti” più longevi e più bravi in circolazione, inglese ma americano d’adozione ha già pubblicato 19 album e tre romanzi e si vi capita di sentirlo per sbaglio in un blind test ha la voce quasi identica a Costello (e anche lo stile si avvicina), ironico e caustico, basta leggere i titoli delle canzoni, nel nuovo album The Sound Of His Own Voice che esce in questi giorni per la Yep Rock, ce n’è una che si chiama There’s A Starbucks (Where the Starbucks Used To Be). Il disco è co-prodotto con Scott McCaughey (quello dei R.E.M., Baseball project, The Minus Five) e l’ingegnere del suono è Tucker Martine (Decemberist, My Morning Jacket) e marito di Laura Veirs che appare nell’album con 4 dei Decemberists stessi, Peter Buck, Rosanne Cash e John Roderick dei Long Winters. Ad un primo ascolto mi sembra uno dei migliori della sua carriera, consigliato se lo conoscete già ma anche come disco in generale.

Il CD delle Pistol Annies Hell On Heels in America è già uscito da più un mese per la Sony Nashville e mi ero dimenticato di proporlo. Si tratta di un disco di ottimo country con un trio di voci femminili, in cui la più famosa è sicuramente Miranda Lambert, ma anche le altre due Ashley Monroe e Angaleena Presley sono molto brave. Country delle “radici” tipo quello che fa abitualmente la Lambert della quale ai primi di novembre uscirà anche il nuovo album da solista Four The Record sempre country ma con la giusta dose di rock.

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E’ lui o non è lui? Certo che è lui! William Shatner alias il Comandante Kirk (ma anche Tj Hooker) torna a colpire gli appassionati di Star Trek con un nuovo album, questa volta addirittura doppio, per la Cleopatra Records, Seeking Major Tom, che fra un mesetto uscirà anche in Europa. Ma quello che stupisce è la quantità di musicisti famosi che riesce a raccogliere intorno ai “suoi progetti musicali”, questa volta, guarda caso, le odissee spaziali. Leggete chi c’è e cosa suonano e cantano sotto il suo vocione declamante:

01. Major Tom (feat. The Strokes’ Nick Valensi and Zakk Wylde on guitar and and Mike Inez (Alice In Chains) on bass)
02. Space Oddity (David Bowie) [feat. Ritchie Blackmore (ex-Deep Purple) on guitar and Alan Parsons on keyboards)
03. In a Little While (U2) (feat. Manuel Göttsching from Ash Ra Tempel on guitar)
04. Space Cowboy (Steve Miller) (feat. Brad Paisley on guitar and vocals)
05. Space Truckin’ (Deep Purple) (feat. Deep Purple drummer Ian Paice and Johnny Winter on guitar)
06. Rocket Man (Elton John) (feat. Steve Hillage (ex-Gong member) on guitar)
07. She Blinded Me With Science (Thomas Dolby) (feat. Bootsy Collins on bass and Patrick Moraz (ex-Yes and Moody Blues) on keyboards/synth)
08. Walking on the Moon (The Police) (feat. Toots (Toots & the Maytals) on vocals)
09. Spirit in the Sky (Norman Greenbaum) (feat. Peter Frampton on guitar)
10. Bohemian Rhapsody (Queen) (feat. John Wetton (Asia) on bass and vocals)
11. Silver Machine (Hawkwind) (feat .Wayne Kramer (MC5) on guitar and Carmine Appice (Vanilla Fudge/Rod Stewart) on drums)
12. Mrs. Major Tom (feat. Sheryl Crow)
13. Empty Glass (The Tea Party) (feat. Michael Schenker (UFO/Scorpions) on guitar)
14. Lost in the Stars (Frank Sinatra version) (feat. Ernie Watts on saxophone)
15. Learning to Fly (Pink Floyd) (feat. Edgar Froese (Tangerine Dream) on guitar and keyboards)
16. Mr. Spaceman (The Byrds) (feat. Dave Davies (The Kinks) on guitar)
17. Twilight Zone (Golden Earring) (feat. Warren Haynes (Gov’t Mule/Allman Brothers) on guitar)
18. Struggle
19. Iron Man (Black Sabbath) (feat. Zakk Wylde on guitar and vocals)
20. Planet Earth (Duran Duran) (feat. Steve Howe (Yes) on guitar)

Non gli sfugge nessuno: alcune sono piacevoli come la versione di Rocket Man o Mrs. Major Tom l’unica cantata da Sheryl Crow. Altre sono da sentire per crederci: Bohemian Rhapsody con John Wetton alla voce ve la raccomando. Altre ancora sono credibili, Walking On The Moon con Toots Hibbert in fondo era già reggae di suo e Silver machine degli Hawkwind con Wayne Kramer degli MC5 e Carmine Appice dei Vanilla Fudge è quasi bella! Ma Dave Davies dei Kinks che fa Mr. Spaceman dei Byrds e Ritchie Blackmore e Alan Parsons che fanno Space Oddity non me le sarei mai aspettate. Anche perchè ovviamente sono gli altri che conoscono lui, dubito che Shatner avesse mai sentito nominare Manuel Gottsching degli Ash Ra Tempel prima di questo disco!

Dale Watson è uno dei re del rockabilly moderno, ma anche dell’honky tonk, e questo The Sun Sessions registrato ai famosi Sun Studios di Nashville, Tennessee (ma non li avevano chiusi)? è proprio bello. Pubblicato dalla Red House, sembra un disco di Elvis dei tempi d’oro ma più ancora sembra un album perduto della prima produzione di Johnny Cash. Boom Chicka Boom!

Martina McBride è una delle più famose cantanti country americane, negli anni ’90 rivaleggiava come popolarità (e spesso cantavano insieme) con Garth Brooks. Questo Eleven che esce per la Republic Nashville sarà mica l’undicesimo della sua carriera? Mi sa di sì! Comunque se vi piace il country e amate le belle voci c’è in giro di peggio (ma anche di meglio, tipo la Miranda Lambert citata prima)! Una canzone che tratta il tema del cancro è sempre benvenuta anche se farcita di buoni sentimenti, ma ci sta, le intenzioni sono ottime!

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Quello che vedete raffigurato qui sopra è il nuovo album di Sharon Jones and The Dap-Kings ma anche no! Mi spiego meglio. Se leggete le anticipazioni in giro per la rete (quelle poco informate) parlano del nuovo fantastico album di Sharon Jones. Sul fantastico possiamo essere d’accordo perché lei è proprio brava, sul nuovo dobbiamo intenderci. In effetti si tratta di una raccolta di materiale uscito in dischi in vinile, b-sides, compilations, colonne sonore, brani natalizi e altro materiale registrato tra il 2004 e oggi e raccolto in questo Soul Time pubblicato dalla Daptone Records/Goodfellas. E’ comunque un bel sentire visto che lei ha una gran voce (la James Brown femminile) e per quei due o tre che non lo sanno i Dap-Kings erano quelli che suonavano spesso nei dischi di Amy Winehouse. 

Il nuovo cofanetto di John Fahey Your Past Comes Back To Haunt You The Fonotone Years 1958-1965 pubblicato dalla Dust To Devil/Revenant Records ha un solo difetto, o meglio due, la reperibilità e il prezzo. Per il resto si tratta di un box di cinque CD che come dice il titolo raccoglie il materiale registrato nei primi anni della sua carriera, molti brani appaiono per la prima volta su CD ed è l’occasione per ascoltare uno dei più grandi chitarristi acustici della storia agli albori della sua carriera. Sono 115 brani rimasterizzati ed inseriti in un box che contiene anche il primo libro scritto sulla storia di John Fahey, uno dei più grandi visionari ed improvvisatori della storia dello strumento, per chi scrive alla pari con Robbie Basho. Non l’ho mai visto in concerto (Robbie Basho sì, fine anni ’70, non mi chiedete la data, di tutti i posti, all’Anteo di Milano, se non ricordo male non era manco amplificato, tanto eravamo tutti a pochi passi dal palco improvvisato, un personaggio stranissimo ma un musicista fantastico) ma ho sentito tutti i suoi dischi e vi posso assicurare che se vi piace la musica “coraggiosa” qui c’è materiale molto interessante, aldilà del prezzo, credo si andrà verso i 100 euro. Ma il materiale della Dust To Devil/Revenant è sempre interessante, sono quelli che avevano pubblicato il cofanetto di inediti di Captain Beefheart, Grow Fins.

Rich Robinson è il fratello “meno bravo”, si fa per dire, dei Black Crowes, il chitarrista e questo Through A Crooked Sun è il suo secondo album da solista dopo Paper del 2008 e il Live acustico con il fratello Chris Robinson, Brothers Of A Feather registrato prima della reunion del gruppo. Non è male, la voce non è al livello di quella del fratello (ovviamente) ma ci sono belle ballate, pezzi rock e molta chitarra come è giusto. Etichetta Spunk.

Direi che per questa settimana è tutto.

Bruno Conti