Los Angeles Was Alive That Night! A Musicares Tribute To Bruce Springsteen DVD

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A Musicares Tribute To Springsteen – Columbia/Sony Music DVD o Blu-ray

Vi ho annunciato qualche giorno fa l’uscita di questo bel DVD, dedicato alla serata della associazione Musicares che onora il personaggio musicale dell’anno che più si è distinto per le sue attività filantropiche, ed ora che l’ho visto vorrei parlarvene perché è veramente bello. Ultimamente sono stati pubblicati vari DVD musicali interessanti relativi a concerti (dei Dukes Of September avete letto un paio di giorni fa, del Live In Amsterdam di Beth Hart e Joe Bonamassa, una vera bomba, leggerete a giorni, prima sul Buscadero e più o meno contemporaneamente sul Blog, come preferite), peccato non sia stato pubblicato a livello ufficiale un altro ottimo concerto tributo andato in onda sulla televisione americana CBS, The Night That Changed America: A Grammy Salute To The Beatles, con Paul McCartney e Ringo Starr sul palco a godersi le proprie canzoni eseguite da altri e poi nel finale in concerto anche loro.

bruce family

Stesso tipo di concerto anche questo di Musicares: Bruce Springtsteen, Patti Scialfa, la mamma e la sorella di Bruce, cugini vari, la figlia con fidanzato, membri assortiti della E Street Band, celebrità musicali e non nella platea a farsi “massacrare” in modo divertente dall’host della serata, Jon Stewart, presentatore, stand-up comedian, attore e critico, nativo di New York (ma con agganci familiari nel New Jersey, che servono a creare un clima di allegra presa in giro con il boss), con interventi piacevoli e abbastanza comprensibili anche per non chi non mastica l’inglese perfettamente: non ci sono sottotitoli. Dopo la lunga introduzione di Stewart parte il concerto-tributo e quì non si “scherza” più. Chi c’è lo avrete letto, come si comporta ve lo dico subito.

springsteen jon stewartalabama shakes

Aprono gli Alabama Shakes con una vibrante versione di Adam Raised A Cain, ma al di là della fantastica voce di Brittany Howard siamo nella media. Patti Smith Because The Night l’ha fatta miliardi di volte (anche Bruce), ma è sempre un piacere ascoltarla ed è anche l’occasione per scoprire l’house band della serata (non riportata nel libretto del DVD e citata fugacemente solo nei titoli di coda): comunque, senza nominarli tutti, tra i più noti ci sono Larry Campbell, chitarra, violino e mandolino, Shane Fontayne all’altra solista (“come è diventato vecchio!”) e il batterista Charley Drayton, già negli X-pensive Winos di Keith Richards, nei Divinyls, la band australiana della moglie Chrissy Amplett, in una nota di mestizia, scomparsa pochi mesi dopo questo concerto, soccombendo ad una lunga battaglia contro cancro e sclerosi multipla (il concerto è dell’8 febbraio 2013, lei morirà il 21 aprile). L’esecuzione dei brani si alterna tra il palco principale ed una piattaforma circolare in mezzo al pubblico per i brani acustici: proprio lì salgono Ben Harper, Natalie Maines e Charlie Musselwhite per una “discreta” versione di Atlantic City, un po’ fuori sincrono le voci di Harper, anche alla Weissenborn e Maines, che si riprendono nel finale e sempre gagliardo Musselwhite (Springsteen ricorderà a Charlie, nel discorso finale, che, anche se lui probabilmente non se ne accorse ai tempi, aprì per il grande armonicista all’inizio di carriera, quando era una sconosciuto). Ken Casey (dei Dropkick Murphys) regala ai presenti il momento irish-punk della serata, con una scatenata American Land. Uno dei momenti topici della serata è una fantastica versione di My City Of Ruins, fatta da Zac Brown e Mavis Staples, come se fosse un intreccio tra un brano della Band e un pezzo gospel, con un numeroso coro che dà un sapore “nero” ad un brano che rifiorisce in questo eccellente arrangiamento, Bruce e Patti tra il pubblico approvano.

mumfordkenny chesney

Di nuovo sul palco circolare per una ottima I’m On Fire nell’esecuzione dei Mumford and Sons: tutti e quattro attorno al microfono, con le voci che si intrecciano e l’accompagnamento, discreto ma efficace, di chitarra acustica, banjo, fisarmonica e contrabbasso. Possono dire quello che vogliono, ma sono bravi! Jackson Browne esegue da par suo una notevole American Skins (41 Shots), uno dei brani più politicizzati di Springtsteen, con la chitarra solista, sopra le righe, ma in questo caso efficacissima, di Tom Morello a sottolineare il pathos del brano, che nel finale diventa quasi una canzone alla Jackson Browne. Molto buona My Hometown nella rilettura appassionata di una sempre verde Emmylou Harris e bellissima e sorprendente, un altro degli highlights inattesi dell’evento, una One Step Up da brividi eseguita da Kenny Chesney (che ufficialmente rivaluto), solo chitarra acustica e piano, tenera e intensa, rivaluto anche la canzone. Eccellente anche Streets Of Philadelphia, un crescendo di emozioni, con Elton John che accarezza il suo piano e. ben coadiuvato da un quartetto notevole di accompagnatori, propone una versione corposa del brano della colonna sonora vincitrice, presumo in quel teatro, del Grammy nel 1995. Direi superiore all’originale, quantomeno “diversa”! Nella norma la divertente Hungry Heart cantata da Juanes con intro e finale in spagnolo, ma senza il classico call and response con il pubblico. E piacevole e onesto, ma nulla più, il duetto tra il “cappelluto” Tim McGraw e Faith Hill (poco utilizzata) per Tougher Than Rest, anche se la pattuglia country alla fine si è fatta onore.

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Tom Morello e Jim James dei My Morning Jacket si esaltano in un duello vocale e chitarristico nella “nuova versione” elettrica di The Ghost Of Tom Joad, che è sempre un bel sentire, anche se la sorpresa per i virtuosismi solistici di Morello è meno evidente rispetto alle prime volte, bella comunque. Notevolissimo, e anche questo sorprendente, il ribaltamento che subisce Dancing In The Dark da parte di John Legend, che come ricorda lo stesso Bruce nel discorso di accettazione del premio, diventa quasi un brano di George Gershwin, solo voce e piano e con una intensità ed una qualità veramente fuori dal comune.”Normale” ma ben fatta, per contro, Lonesome Day, ” Policizzata” (si può dire?) e molto ritmica, per quanto sempre coinvolgente. Chiude il concerto il “solito” Neil Young, più pazzarello del solito, con Crazy Horse al seguito, dove rientra Nils Lofgren per l’occasione, che esegue una violentissima Born In Usa, à la Young, con chitarre a manetta, ma pure con ironia, il tocco della majorettes non proprio di primo pelo che ballano sul palco ha i crismi della genialità, e il ripetuto urlo “Bruce” a fine canzone ha tutto l’affetto del personaggio per i colleghi musicisti che stima.

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Un altro Neil, Portnow, che è il presidente della NARAS (ma come ricorda lui stesso, più o meno allo stesso tempo degli esordi di Bruce, suonava il basso con la misconosciuta garage band dei Savages), consegna il premio a Springsteen che non può esimersi da uno dei suoi classici discorsi di ringraziamento, tra il serio e il faceto, che valgono quasi come una delle sue classiche introduzioni concertistiche https://www.youtube.com/watch?v=7jxS86fRNSQ . E ricorda lui stesso che in quegli stessi giorni si esibiva anche ai Grammy, in entrambe le occasioni, per fare della sana  promozione a Wrecking Ball, pubblicato da poco. E quindi via la giacca, maniche arrotolate e vai con We Take Care Of Our Own e Death Of My Hometown da quel disco (non la con la E Street Band, che arriva tra un attimo), ma con la house band della serata, aumentata da Patti Scialfa, Morello e Lofgren. Poi arrivano gli altri, Bittan, Tallent, Weinberg, Jake Clemons e partono a formazione allargata due versioni micidiali di Thunder Road e Born To Run, con il pubblico che su istigazione di Bruce ha abbandonato i tavolini da tempo e si accalca sotto il palco per il gran finale di rito, con tutti i partecipanti della serata ad intonare Glory Days, Neil Young e Patti Smith, come due “divinità benevole” sopra la batteria di Max Weinberg a dirigere i cori e gli altri che seguono generosamente il Boss, che stranamente sceglie Tim McGraw per cantare una strofa della canzone. Titoli di coda e tutti a casa: se siete già a casa e volete vederlo, uscite a comprarvi il DVD o il Blu-ray (filmati ufficiali su YouTube nulla), vale le 2 ore e 15 minuti che si passano davanti allo schermo! L’anno prossimo Carole King.

Bruno Conti