Una Bella “Scoperta” Per il Nuovo Anno (Anche Se E’ Uscito Nell’Estate 2013)! Paul Handyside – Wayward Son

paul handyside wayward son

Paul Handyside – Wayward Son – Malady Music

Preparate il portafoglio, perché tra poco vi sentirete più leggeri. Non sempre per il sottoscritto è facile accostarsi ai nomi ”minori”, la tentazione ed il desiderio insieme, è quello di voler scoprire nuovi artisti e sottoporli al pubblico degli appassionati per farne oggetto di “culto”. Oltretutto la difficile reperibilità degli autori di volta in volta scoperti (come in questo caso), aumenta la curiosità ed il gioco di complicità che ne scaturisce. Fatta dunque questa precisazione, vorrei consigliare l’ascolto di tale Paul Handyside, inglese di Newcastle, ex leader di una delle tante misconosciute formazioni pop-rock degli anni ’80 (gli Hurrah!, una formazione post-punk http://www.youtube.com/watch?v=kH69uYYXLlA , e in seguito dei Bronze http://www.youtube.com/watch?v=5rj0fXCUvyw ), ma il sottobosco musicale inglese è talmente fertile e ricco di talenti (come il nostro Paul), che da solo basterebbe a riempire il sempre più vacuo panorama nostrano. Dopo anni a bazzicare infami clubs e piano bar londinesi e non, un po’ a sorpresa, a quasi vent’anni dallo scioglimento del primo gruppo, Handyside pubblica il suo primo disco solista Future’s Dream (07), un lavoro pop–folk colpevolmente passato quasi inosservato, composto da ballate cristalline con influenze gospel, accompagnate da un pianoforte e una chitarra, e dominate dal tono austero della sua voce, che svelano tutta la loro bellezza http://www.youtube.com/watch?v=_mAyQxF5rjw . Come il precedente lavoro anche questo Wayward Son è prodotto dal bravo Rob Tickell, che troviamo anche al basso e chitarre, con l’apporto dell’amico David Porthouse alla batteria e strumenti vari, ad assecondare Paul al pianoforte, chitarra e voce.

paul handyside future's dream

L’iniziale Glory Bound dall’incedere quasi country è un inno all’ipocrisia della guerra http://www.youtube.com/watch?v=2ip6wc4GxHE , mentre la seguente Carnival Girl è un valzer cadenzato, con organetto e armonica, perfetta da cantare in un “bistrot” parigino. He Loves Her Now è una grande canzone d’amore di altri tempi (che purtroppo tanti più blasonati colleghi non sanno più scrivere), mentre per l’ascolto di Precious And Rare con l’accompagnamento della chitarra di Rob, dovete procurarvi una buona scorta di fazzolettini, per riuscire a superare la commozione di una melodia di una bellezza disarmante (fin d’ora la segnalo come probabile canzone dell’anno) http://www.youtube.com/watch?v=QNMHCgwYb0g . La scaletta riparte con When The Good Times Roll Again, che viene arrangiata con strumenti “irish” e richiama alla mente certe ballate dei Pogues http://www.youtube.com/watch?v=_FdDfwSr1s4 , seguita dalla ballata pianistica Man Overboard, dal profumo retrò. Si cambia ancora ritmo con la spumeggiante Love Lies Elsewhere, mentre echi lontani del grande John Martyn si manifestano nella dolce Still Time Away, per poi passare al canto potente di Passing Through, dove viene evocata la morte di una persona cara. Chiudono un disco magnifico il madrigale riflessivo di Rose Of The Street  http://www.youtube.com/watch?v=PeBMh6RfdJM e la title track Wayward Son, una maestosa folk-song, dal crescendo turbinante, valorizzata da coretti quasi gospel.  

paul handyside 

Quello di Paul Handyside è un viaggio di vita e di musica che profuma di antico, cominciato negli anni ’80 e proseguito attraverso vari generi, fino ad approdare oggi con questo Wayward Son ad un songwriting più folk, più tradizionale, perché Handyside ha la voce di chi canta avventure e storie di sentimenti lontani, e personalmente spero di vederlo suonare le sue ballate in un ipotetico e lontano paradiso.

Tino Montanari

Un “Ultimo” Cofanetto, Uscita Autunnale, Tanto Per Gradire. John Martyn – The Island Years

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John Martyn – The Island Years – Island/Universal 17 CD+ 1 DVD – 30-09-2013

Uscirà solo alla fine di settembre, ma ve ne parlo già oggi, in quanto, come il cofanetto da 19 CD di Sandy Denny, uscito nell’autunno 2010, sarà pubblicato in una tiratura limitata destinata a sparire velocemente come era successo per la bionda collega di etichetta di John Martyn. Il prezzo dovrebbe essere intorno ai 200 euro e conterrà all’incirca l’equivalente di 5 CD di materiale raro od inedito oltre ad un DVD con rare performances video da varie trasmissioni della BBC: Old Grey Whistle Test, Sight and Sound – In Concert and A Little Night Music e un concerto completo Foundations Live at the Town and Country Club che era uscito solo una vecchia videocassetta.

Gli album contenuti saranno i seguenti:

London Conversation/ The Tumbler nel primo CD

Stormbringer! con Bverley Martyn nel secondo CD

The Road To Ruin sempre con la moglie Beverley nel terzo CD

Bless The Weather nel quarto CD

The Hanging Lamp, Richmond 14th May 1972 nel quinto CD. Questa è una delle chicche del box, si tratta del primo concerto di Martyn in cui fa uso del suo famoso pedale Echoplex con riverbero che verrà usato poi su disco in

Solid Air nel sesto CD, tornato singolo

Inside Out nel settimo CD

Live At Leeds nell’ottavo CD, che era uscito in versione doppia Deluxe torna singolo, ma secondo il compilatore del box John Hillardy, ci saranno ulteriori brani inediti

Sunday’s Child nel nono CD

The State Theatre, Sydney, Australia 14th August 1977 nel decimo CD, altro concerto inedito, un broadcast per la radio australiana mai pubblicato prima

One World 1 nell’undicesimo CD

One World 2 nel dodicesimo CD, questo e il successivo Grace and Danger dovrebbero essere le stesse versioni dei due doppi Deluxe, ma non è detto, anzi. Per esempio il secondo CD di One World contiene la versione completa di 18 minuti di Black Man At The Shoulder, di cui ai tempi Chris Blackwell aveva vietato la pubblicazione per presunte implicazioni razziste del tempo e che nelle bonus della Deluxe appare in una versione abbreviata di 5:54. Non c’è neppure nel quadruplo Ain’t No Saint, che comprende una trentina di inediti, tra i quali una versione di 7:19, questa.

Grace And Danger 1nel tredicesimo CD

Grace And Danger 2 nel quattordicesimo CD. Anche qui c’è una versione inedita di Hi-Heel Sneakers che non era nel materiale extra del doppio CD. E probabilmente ci sarà altro materiale inedito perché l’archivista Hillardy sta ancora completando il materiale, infatti il cofanetto che doveva uscire ad inizio settembre è slittato alla fine del mese. Nella cronologia della discografia finisce la prima fase di John Martyn con la Island, che pubblicherà i successivi Glorious Fool e Well Kept Secret per la WEA. Ma nel 1984 torna alla Island e pubblica

Sapphire nel quindicesimo CD

Piece By Piece nel sedicesimo CD

The Apprentice nel diciasettesimo CD. Non è un errore, questa è la versione originale dell’album, registrata nel 1987 e ancora una volta respinta da Blackwell, che quindi verrà ri-registrata da Martyn un paio di anni dopo e pubblicata dall’indipendente Permanent Records nel 1990, e quindi vede la luce per la prima volta nella versione originale.

Del disco numero 18, ovvero il DVD, abbiamo già detto. Questo è quanto so al momento, quando avrò ulteriori informazioni vi terrò informati.

Naturalmente nella confezione c’è anche un bel librone rilegato con fotografie rare e mai viste e un nuovo saggio del compilatore John Hillardy, scritto per l’occasione. Il contenuto mi sembra formidabile, dipende da quanti CD vi siete già ricomprati delle varie versioni rimasterizzate negli anni. Per chi ha poco materiale o molte disponibilità finanzarie, o entrambi, direi imperdibile!

E’ tutto anche per oggi, alla prossima!

Bruno Conti

Ma Allora Ditelo! Un’Altra Occasione Per Farsi Del Male (Finanziariamente)! Van Morrison – Moondance Deluxe Edition 30 Settembre 2013

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Van Morrison – Moondance Deluxe 4CD+Blu-Ray Audio – Expanded Edition 2 CD Warner Bros 30-09-2013

MOONDANCE: DELUXE EDITION

Disc One – Original Album Remastered

1. “And It Stoned Me”
2. “Moondance”
3. “Crazy Love”
4.  “Caravan”
5.  “Into The Mystic”
6.  “Come Running”
7.  “These Dreams Of You”
8.   “Brand New Day”
9.   “Everyone”
10. “Glad Tidings”

Disc Two – All Previously Unreleased

1.       “What do we call this Van?”
2.       “Caravan” (Take 1)
3.       “Caravan” (Takes 2-3)
4.       “Caravan” (Take 4)
5.       “Caravan” (Takes 5-6)
6.       “Caravan” (Take 7)
7.       “Caravan” (Take 8)
8.       “I’ve Been Working” (Early Version Take 1)
9.       “I’ve Been Working” (Early Version Take 2)
10.   “I’ve Been Working” (Early Version Take 5)
11.   “Nobody Knows You When You’re Down And Out” (Outtake)
12.   “I Shall Sing” (Take 1)
13.   “I Shall Sing” (Takes 2-3)
14.   “I Shall Sing” (Takes 4-6)
15.   “I Shall Sing” (Take 7)
16.   “I Shall Sing” (Takes 8-12)
17.   “I Shall Sing” (Take 13)

Disc Three – All Previously Unreleased

1.       “Into The Mystic” (Take 10)
2.       “Into The Mystic” (Take 11)
3.       “Into The Mystic” (Takes 12-13)
4.       “Into The Mystic” (Takes 14-16)
5.       “Into The Mystic” (Take 17)
6.       “Brand New Day” (Take 1)
7.       “Brand New Day” (Take 2)
8.       “Brand New Day” (Take 3)
9.       “Brand New Day” (Take 4)
10.   “Brand New Day” (Takes 5-6)
11.   “Brand New Day” (Take 7)
12.   “Glad Tidings (Take 1)
13.   “Glad Tidings (Takes 2-4)
14.   “Glad Tidings (Takes 7-8)
15.   “Glad Tidings (Take 9)
16.   “Caravan Redo” (Takes 1-2)
17.   “Caravan Redo” (Take 3)

Disc Four – All Previously Unreleased

1.       “Come Running” (Take 1)
2.       “Come Running” (Take 2)
3.       “Come Running” (Takes 3-4)
4.       “Come Running” (Take 5)
5.       “Come Running” (“Rolling On 4”)
6.       “Moondance” (Take 21)
7.       “Moondance” (Take 22)
8.       “Glad Tidings” (Alt. Version)
9.    “These Dreams Of You” (Alt Version)
10.   “Crazy Love” (Remix)
11.   “Glad Tidings” (Remix 1)
12.   “Glad Tidings” (Remix 2)
13.   “Glad Tidings” (Remix 3)
14.   “Caravan” (Remix)
15.   “These Dreams Of You” (Remix)
16.   “I Shall Sing” (Mix)

Disc Five – Blu-Ray Audio disc with high-resolution 48K 24 bit PCM stereo and DTS-HD Master Audio 5.1 surround sound audio of original album (no video)

MOONDANCE: EXPANDED EDITION

Disc One – Original Album Remastered

Disc Two – All Previously Unreleased

1.   “Caravan” (Take 4)
2.   “Nobody Knows You When You’re Down And Out” (Outtake)
3.   “Into The Mystic” (Take 11)
4.   “Brand New Day” (Take 3)
5.   “Glad Tidings” (Alt. Version)
6.   “Come Running”(Take 2)
7.   “Crazy Love” (Mono Mix)
8.   “These Dreams Of You” (Alt. Version)
9.   “Moondance” (Take 22)
10.   “I Shall Sing” (Take 7)
11.   “I’ve Been Working” (Early Version, Take 5)

Sto già piangendo, sia perchè è uno dei miei album preferiti in assoluto (con una facciata pressoché perfetta, parlando di vecchi vinili), sia perché scucire 70/80 euro o più per una valanga di versioni degli stessi 10 pezzi un po’ mi secca. Deciderò al momento, ma non essendo un feticista dell’articolo in sé o delle registrazioni surround, penso che mi accontenterò della versione doppia, che comprende sia i due “inediti” veri, I Shall Sing e Nobody Knows You When You’re Down And Out, che contiene le takes più significative estratte dalla Super Deluxe e mi farò prestare da amici facoltosi la suddetta per godere del resto.

Ci si fa del male finanziariamente, ma del bene a livello musicale, quindi sempre bene accette queste gradite sorprese.

Essendo Van Morrison, Van Morrison, questo è stato il suo commento:

A MESSAGE FROM VAN MORRISON.

Yesterday Warner Brothers stated that “Van Morrison was reissuing Moondance”. It’ is important that people realise that this is factually incorrect. I did not endorse this, it is unauthorised and it has happened behind my back

My management company at that time gave this music away 42 years ago and now I feel as though it”s being stolen from me again

18th July 2013

Che caratterino!

Alla prossima.

Bruno Conti

P.S.

Appena ho la lista completa dei brani contenuti in John Martyn The Island Years, altri 17 CD + 1 DVD di delizie sonore, sarà mia cura tenervi informati.

Non Il Miglior Clapton…Ma Quasi! Slowhand Super Deluxe

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Eric Clapton – Slowhand – 35th Anniversary Edition Polydor/Universal CD – Deluxe 2CD – Super Deluxe 3CD/DVD/Vinyl

Infatti, a mio modesto parere, il più bel disco di studio di Eric Clapton solista, lasciando da parte l’inarrivabile Layla And Other Assorted Love Songs pubblicato a nome Derek And The Dominos, è senza dubbio 461 Ocean Boulevard, uscito nel 1974, anche se Slowhand gli arriva giusto ad un’attaccatura (insieme al sottovalutato Money & Cigarettes del 1983, quello con Ry Cooder come seconda chitarra e Albert Lee, come terza).

Slowhand è comunque l’album più famoso di Clapton, il disco che ha usato il suo soprannome (pare ideato qualche anno prima dal produttore/manager Giorgio Gomelsky per scherzare sul tempo impiegato da Eric per cambiare una corda alla chitarra…anche perché altrimenti Manolenta non sarebbe un gran complimento per un chitarrista) e che contiene al suo interno, forse, i suoi due brani più noti dopo Layla (cioè Cocaine, che come tutti sapete è di JJ Cale, e Wonderful Tonight, dedicata a Pattie Boyd, ex moglie dell’amico George Harrison e sua compagna all’epoca).

Era quindi chiaro che prima o poi sarebbe arrivata un’edizione deluxe: curata dallo specialista in ristampe Bill Levenson, esce in versione singola con quattro bonus tracks, in versione doppia con un pezzo del concerto del 1977 all’Hammersmith Odeon (scelta incomprensibile, come si fa a proporre un concerto troncato sul più bello), ed in versione Super Deluxe con il concerto su due CD (forse neppure in questo caso completo, in quanto dura complessivamente poco più di novanta minuti), più Slowhand senza bonus su DVDAudio e vinile, il tutto in una confezione elegante ed anche innovativa (anche se il pezzo interno mi è rimasto in mano alla terza volta che lo estraevo…).

Il disco originale (prodotto dal grande Glyn Johns, e con dentro vecchi pards di Eric come Jamie Oldaker, Dick Sims e Carl Radle) penso lo conosciate tutti: dopo l’uno-due iniziale CocaineWonderful Tonight, due brani che conosce anche mia nonna che ha più di novant’anni, arriva l’altrettanto bella (e nota) Lay Down Sally, un brano scritto da Clapton (insieme a Marcy Levy e George Terry) ma nel più puro stile laidback di JJ Cale. Next Time You See Her è un’altra bella ballata a firma di Eric, subito seguita da We’re All The Way di Don Williams (uno dei preferiti di Eric), proposta in un delizioso arrangiamento tra country e soul.

Nella seconda parte spiccano la splendida May You Never di John Martyn e la bluesata (unica del disco) Mean Old Frisco, mentre The Core è un po’ tirata per le lunghe e lo strumentale Peaches And Diesel sembra più un brano incompiuto per il quale non è mai stato scritto il testo.

Tra le quattro tracce bonus, spiccano senz’altro la semiacustica Alberta e la fluida Greyhound Bus, ma il vero fiore all’occhiello di questa ristampa è senz’altro la parte dal vivo.

Un Clapton in forma smagliante, che suona veramente come un Dio, i soliti manici citati prima ad accompagnarlo ed un repertorio super (concerto registrato sette mesi prima dell’uscita di Slowhand, dal quale non viene pertanto proposto alcun brano): probabilmente il miglior live di Eric, alla pari con il famoso Just One Night uscito tre anni dopo.

Quattordici brani, quattro dei quali già usciti anni fa sul cofanetto Crossroads 2 (Further Up On The Road e Stormy Monday, due blues sontuosi, la splendida Tell The Truth e la reggae version di Knockin’On Heaven’s Door), gli altri dieci mai ascoltati prima d’ora.

Imperdibile l’inizio, con la bellissima Hello Old Friend, una delle migliori melodie mai uscite dalla penna di Eric, e la grande Sign Language, raramente proposta dal vivo: una delle più belle canzoni degli anni settanta di Bob Dylan, che però era su un disco di Clapton (l’ottimo No Reason To Cry, quello con la Band, proprio in duetto con Bob, una di quelle canzoni che ti fanno capire che Dio esiste…).

Per il resto, una solida Steady Rollin’ Man, una Badge da urlo (altro che mano lenta…), una I Shot The Sheriff di un quarto d’ora (io di solito non amo il reggae, ma qui cazzo se suonano!), per finire con una Key To The Highway perfetta.

E non è che quelle che non ho citato non meritino (forse solo Layla è un po’ tirata via, come se la dovesse fare per contratto), ma mi fermo qui se no il Bruno mi rimprovera che mi allungo troppo.

In definitiva, un cofanetto da avere assolutamente…a meno che non facciano come gli Who con il Live At Hull  e ci facciano uscire tra un anno il concerto all’Hammersmith da solo (magari con qualche altro brano aggiunto, giuro che vado a Londra e all’Eric gli spezzo le braccine, così il prossimo disco lo intitola Brokenhand).

Marco Verdi

P.S *NDB Posso tranquillizzare Marco, sul fatto delle tracce aggiunte, non sull’eventuale pubblicazione, perché lì dipende dalle case discografiche e non da Clapton, quindi lo faranno sicuramente! Il concerto è composto da quei 14 brani, lo testimonia un Bootleg intitolato Live In Great Smoke, Hammersmith Odeon April 27 1977, registrazione soundboard (ossia dal mixer), di cui non dovremmo sapere, ma esiste e ha pure una copertina. Come trovarlo non saprei, ma in rete…

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Le Raffinate Evoluzioni Di Un “Nuovo” Menestrello Scozzese. James Yorkston – I Was A Cat From A Book

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James Yorkston – I Was a Cat from a Book – Domino Recording 2012

Confesso di avere un debole per James Yorkston, cantautore scozzese di talento, dal curioso curriculum musicale. Trasferitosi adolescente ad Edimburgo (nativo di Kingsbarns, contea di Fife), James comincia come bassista per gli Huckleberry, una band di garage rock e punk, ma si stanca presto del genere e cambia rotta dedicandosi anima e corpo al folk, sua grande passione. Dopo l’uscita del primo singolo nel gennaio del 2001 per la Bad Jazz Records, Yorkston inizia un lungo cammino che culmina con la pubblicazione del suo primo album Moving Up Country (2002), che diviene addirittura disco dell’anno per la catena Rough Trade: il cast che condivide con James lo sviluppo del disco sono gli Athletes, musicisti originari di Edimburgo, ai quali viene affidata sia la sezione ritmica (basso e percussioni soft), che un grande dispiego di violino, tastiere, fisarmonica, flauto e armonica. Gli stessi Athletes lo accompagneranno anche nello splendido Just Beyond To River (2004), poi, rotto il sodalizio, seguiranno negli anni piccoli capolavori come Hoopoe (2005) un EP con sei “gioielli” inediti, The Year Of The Leopard (2006), Roaring The Gospel (2007) una raccolta di b-sides e singoli (editi solo in vinile) e il capolavoro When The Haar Rolls In (2008) (nel 2009 è uscito anche un disco di cover, Folk Songs).

Questo nuovo lavoro I Was a Cat from a Book, arriva dopo una pausa dovuta a gravi problemi personali (una rara malattia della figlia), e Yorkston si presenta con una nuova line-up di musicisti che comprende membri dei Lamb (Jon Thorne al basso), The Cinematic Orchestra (Luke Flowers alla batteria), Emma Smith al violino e vibrafono, John Ellis al pianoforte, e da illustri ospiti come Kathryn Williams e Jill O’ Sullivan, la bravissima cantante della band Sparrow & The Workshop.

Si parte con una ballata di disarmante bellezza come la dolce Catch, sfumata da un soffuso suono del pianoforte e dal leggero mormorio del violino, e a seguire Kath With Rhodes, splendido brano cantato in duetto con la cantautrice Kathryn Williams. Border Song, a mia memoria penso sia la cosa più “frenetica” che Yorkston abbia mai registrato, per tornare però subito alle sue atmosfere con This Line Says, una love-song minimale. Arriva, con Just As Scared il secondo duetto del lavoro, con la brava Jill O’Sullivan, un perfetto brano in area “swing-jazz”, dove primeggiano il piano di Ellis e il clarinetto di Sarah Scutt, mentre la melodiosa Sometimes The Act Of Giving Love si colora di tenui sfumature vocali e strumentali.

The Fire & The Flames è il brano più toccante del disco, una ballata straziante e intima, dove James racconta la malattia della figlia, un lamento con pizzicate di chitarra che ricordano il compianto collega scozzese Bert Jansch, le stesse coordinate che si riscontrano con la pastorale A Short Blues (la morte di un vecchio amico). Dopo queste meraviglie, il ritmo torna ad alzarsi con Spanish Ants, una filastrocca in crescendo suonata con la concertina da James, e punteggiata dal violino di Emma Smith, per poi chiudere con la placida Two e una sorprendente I Can Take All This, una sorta di folk-punk dove gli strumenti girano a mille e i musicisti danno sfogo alla loro versatilità (per rimanere in tema, la seconda cosa più frenetica che Yorkston abbia mai registrato!).

Quella di James Yorkston è una musica introspettiva che accompagna la voce malinconica ed intensa dell’autore, scivola lenta e meditativa su un soffice e meraviglioso tappeto acustico: ballate di una bellezza da togliere il fiato seguono le cadenze del canto di James, accompagnato da nitidi accordi di chitarra, da soavi fraseggi di violino, dal dolce fruscio delle spazzole della batteria, e dal morbido tocco di un pianoforte. Nell’intensità dei brani che compongono I Was A Cat From A Book, sembra di scorgere la magia del primo John Martyn o le trame strumentali e vocali del Nick Drake di Bryter Layter, soprattutto nell’esposizione sofferta delle liriche o nel trasporto emotivo del canto, che James riesce sempre e comunque ad emozionare in maniera profonda. Non è certamente musica per ascolti superficiali quella di questo artista schivo e dalla vita appartata (vive, beato lui, nelle highlands scozzesi), ma sarebbe un delitto che questo gioiello di cantautorato folk e un personaggio dalla classe davvero unica, passino inosservati.

Tino Montanari

“Piccoli” Dischi Di Culto. Hiss Golden Messenger – Poor Moon

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Hiss Golden Messenger – Poor Moon – Paradise Of Bachelors/Tompkins Square

Sono parecchi mesi che giro intorno a questo dischetto senza mai decidermi (o trovare il tempo di parlarne). E rimanda oggi, rimanda domani questo Poor Moon sta cominciando a farsi strada tra gli appassionati e avere un suo piccolo seguito di culto, insomma se ne parla! Il disco ha una storia particolare, avevo letto qualcosa su questi Hiss Golden Messenger lo scorso anno: la rivista Uncut aveva inserito il precedente album From Country Hai East Cotton tra i migliori del 2011 (ma uscito nel 2009), anche se il disco in giro non si vedeva neanche dipinto (e neanche ora se non per il download o a cifre folli nel formato fisico) e in seguito era circolato (?!?) anche un Bad Dept, con lo stesso titolo un CD e un EP, pubblicati a livello autogestito. Ma il tutto avveniva molto sottotraccia, senza clamore, per usare un eufemismo; qualcosa mi era capitato di sentire di straforo. Poi sempre su Uncut, nel numero di gennaio, quindi uscito a fine 2011, vedo la recensione di questo Poor Moon e mi dico, adesso me lo sento per bene, sempre per la tecnica San Tommaso (sentire di persona per eventualmente credere!). Ma, ulteriore delusione, tra le righe trapela che il disco è stato pubblicato solo in vinile in una tiratura limitata di 500 copie: questa volta ho insistito nelle mie ricerche e ho recuperato una “copia” del disco e devo dire che quello che avevo sentito mi aveva trovato d’accordo sulle 4 stellette assegnate. Poi al momento di recensirlo sul Blog mi sono detto, “ma vale la pena di parlare di un disco fantasma ai limiti della irreperibilità?”, e ho lasciato perdere. Ma poco tempo fa la Tompkins Square ha provveduto a distribuirlo in CD e si trova anche nelle nostre lande, per cui eccomi qua.

Genere (o file under): Country Got Soul. Questo è il punto di partenza! Ma i due signori (soprattutto quello barbuto con cappello) che vedete nella foto qui sopra hanno saputo creare un piccolo gioiellino sonoro. Dal comunicato stampa della distribuzione italiana (come al solito ripreso senza approfondire da alcuni pennivendoli italici):”Da Brooklyn, New York, un altro luminoso esempio di Americana in chiave contemporanea…Miscela musicale che non prescinde nemmeno dal grande folk britannico di John Martyn e Richard & Linda Thompson…Fantastica formazione già incensata da David Bowie che ha definito il loro suono come country mistico”. E poi ancora grandi paragoni con la Band. Pareri rispettabili, per l’amor di Dio e che quindi vi riporto. Ma Michael C.Taylor, la mente dietro tutto ciò, vive e opera nel North Carolina mentre è il suo compagno di avventura Scott Hirsch che effettivamente vive a New York dove lavora nel campo della musica per colonne sonore. I due, per molti anni, erano stati insieme in un gruppo, The Court And The Spark, che operando nella Bay Area non era mai arrivato al successo, neppure di culto. Ma questo Poor Moon, nella sua semplicità, segnala un salto di qualità sesquipedale nella cesellatura dei suoni (era un po’ che non citavo il Giuan Brera): musica campagnola e country, che non necessariamente sono la stessa cosa, folk e mistica, ricca di un soul molto minimale e di tanta spiritualità, serena e lineare: se dovessi definirla con un paragone e fare i nomi, mi ricorda (anche vocalmente) il Johnny Rivers di Slim Slo Rider, quando re-interpretava il Van Morrison bucolico del periodo americano oppure un Jim Croce più intellettuale ma anche, per l’utilizzo di effetti sonori presi dalla natura, tuoni, pioggia, versi di animali domestici e non, inseriti tra un brano e l’altro come usava fare il Mickey Newbury del periodo d’oro primi anni ’70. Avevo detto un paragone? Ne ho fatti tre, poco male!

Quello che importa è che il risultato finale è assolutamente valido ancorchè non originale, ma come mi capita di dire spesso, ormai, nulla più si crea ma se si reinterpreta il passato, basta farlo bene. Sono dodici brani, tra cui due brevi intermezzi strumentali, uno country/bluegrass acustico e uno più simile alle atmosfere del resto dell’album. Tra i musicisti che collaborano all’album c’è il batterista Terry Lonergan, il fratello di Mike Taylor, Graham che si occupa degli arrangiamenti di archi e fiati mentre i due si dividono i compiti a chitarre e tastiere e Taylor ha sviluppato anche un’insana passione per il basso, probabilmente mutuata dall’amore di entrambi per Curtis Mayfield e Keith Hudson da cui proviene la quota soul di questo “country mistico” o quantomeno quella del primo brano Blue Country Mystic appunto (ma anche in altri brani è presente); come dice lo stesso M.C. in una intervista, alle fonti del brano c’è anche una passione per quel basso funky che propelleva la “famosa ” Lowdown di Boz Scaggs citata musicalmente anche nel recente disco di Jeb Loy Nichols (spesso sono i piccoli particolari che fanno l’insieme). Quando la pedal steel, il violino o un banjo fanno la loro apparizione il suono si fa più country ma sempre con quel bel suono rotondo del basso che ancora il tutto e quell’incedere sereno e spirituale della musica con brani che hanno titoli come Jesus Shot Me In The Head, Under All The Land, O Little Light, Balthazar’s Song. Ma non sono i singoli brani che fanno la storia di questo album è tutto l’insieme che funziona: qualche eco anche del James Taylor più mosso o del citato John Martyn nella sua trasferta americana quando era accompagnato, guarda caso, da alcuni componenti della Band. E poi, oltre agli altri nomi ricordati, per il sottoscritto (magari incosciamente) tanto Van Morrison (che se non lo dici si inc…a). E poi la gioia della citazione è uno dei piaceri di questo “mestiere”, cita tu che cito anch’io si potrebbe dire, ogni tanto ci azzecchi anche!

Insomma, concludendo, “piccola” ma bella musica che merita di essere conosciuta.

Bruno Conti

Una Grande “Soul Singer”! Ruthie Foster – Let It Burn

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Let It Burn – Ruthie Foster – Blue Corn Music – 2011

Ruthie Foster è una eccellente cantante afro-americana nata e cresciuta in una piccola cittadina che risponde al nome di Waco in Texas, e che si è messa in mostra negli ultimi anni con un “sound” influenzato da folk, gospel, blues e soul. Paragonata più volte a grandi “vocalists” del passato come la sua favorita Aretha Franklin, Odetta, Irma Thomas e la compianta Etta James,  Ruthie rappresenta al meglio il lato più nero dell’attuale Texas Music. Nelle sue esibizioni “live” (ascoltare per credere il magnifico Live At Antone’s dello scorso anno) dove sicuramente meglio può liberare le sue potenzialità vocali, con un repertorio particolarmente ampio come influenze, dove spicca la sua voce, potente ma allo stesso tempo melodiosa, ricca di mille sfumature e di una ampia gamma di toni.

Il suo ultimo album in studio The Truth According To Ruthie Foster, uscito nel 2009 è stato subito nominato ai Grammy Awards, ed era un lavoro sorprendente per la sua intensità e per i suoni curati in ogni dettaglio, ma questo Let It Burn è sicuramente il lavoro della sua piena maturità musicale con il quale la cantante “texana” potrà aspirare a diventare un nome di spicco nel panorama dei big della musica internazionale. Il CD prodotto da John Chelew e registrato a New Orleans nei famosi Piety Street Studios offre un mix di brani originali, accoppiati a pregevoli e inattese cover di brani di artisti che vanno da Adele ai Los Lobos, da Johnny Cash ai Black Keys, C S N e John Martyn, e la vede accompagnata da un piccolo gruppo di validi musicisti che include George Porter Jr. dei leggendari Meters, Ike Stubblefield, Russell Batiste, Dave Easley, James Rivers, e da ospiti molto speciali come il gruppo dei Blind Boys Of Alabama, e William Bell  icona e anima della Stax Records.

Bella partenza con un perfetto brano “soul” Welcome Home, cantato e suonato splendidamente con i Blind Boys of Alabama. Set Fire To The Rain di Adele Adkins (che è poi “quella Adele”) viene riproposta con uno spigoloso fraseggio giocato con chitarra, basso e batteria. This Time noto cavallo di battaglia dei Los Lobos, viene stravolta in una versione soul-funky con tanto di Hammond. You Don’t Miss Your Water in duetto con l’autore William Bell, è una ballata superba con il sax di James Rivers a sputare note paradisiache. Capolavoro. Con Everlasting Light la Foster rende omaggio a una della band più intriganti degli ultimi anni, i Black Keys, con una interpretazione misurata. Ritornano i Blind Boys of Alabama con Lord Remember Me che inizia in perfetto stile gospel per poi diluirsi in un blues a cappella con coro e controcanto meraviglioso.

Una irriconoscibile Ring Of Fire stranoto brano di Johnny Cash, rivisitato  in versione delicata e intimista, dimostra la duttilità di Ruthie. Aim For The Heart transita nei paraggi della Louisiana con coloriture funky. Dalla penna di Robbie Robertson esce It Makes No Difference splendido brano (che in qualche passaggio ricorda A Change Is Gonna Come), cantato col consueto feeling e intensità “soul”. Altra cover, questa volta scritta da David Crosby Long Time Gone, in duetto con gli onnipresenti Blind Boys of Alabama. Don’t Want To Know una delle canzoni più belle di John Martyn, viene messa in risalto da un arrangiamento slow, da un suono pulito e lineare, dove la pedal steel segue il cantato di Ruthie. A dare maggior risalto alle sue qualità vocali ci pensa If I Had A Hammer, brano di Pete Seeger  sviluppato in chiave jazz, a dimostrazione del talento di questa “soul singer”. Chiude l’album The Titanic un tradizionale in forma gospel, arrangiato con il produttore John Chelew e cantato in duetto con i soliti B.B.O.A.

Con Let It Burn, Ruthie Foster porta l’ascoltatore in un viaggio personale, tramite la sua voce profondamente soul , con un tessuto sonoro spirituale che arriva direttamente al cuore. Questo è il CD che i suoi “fans” aspettavano, per il resto del mondo, una meravigliosa nuova amica. Tenete d’occhio questa “signora”, ne vale la pena.

Tino Montanari

Ma Gli Sarebbe Piaciuto Davvero? Johnny Boy Would Love This…A Tribute To John Martyn

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Johnny Boy Would Love This…A Tribute To John Martyn – Hole In The Rain – 2CD+DVD

Un po’ in anticipo visto che uscirà il 15 agosto (in Italia è Ferragosto ma nel resto del mondo è un giorno importante per le uscite discografiche): e la risposta al quesito posto nel titolo è “non lo so”! Secondo chi ha compilato amorevolmente questo doppio tributo, ovvero Jim Tullio (che appare anche come cantante), che già aveva prodotto l’ottimo album postumo di John Martyn Heaven and Earth uscito recentemente, gli sarebbe piaciuto, tanto che, visto che il progetto era iniziato nel 2009, aveva fatto in tempo a partecipare lui stesso in un paio di brani.

Non ho sentito nulla (o quasi) quindi vado ad impressioni e informazioni raccolte in rete ma sarebbe potuto piacergli, visto che ci sono i noti e gli ignoti, i musicisti fans e gli ammiratori “occasionali”, 30 tra solisti e gruppi, voci maschili e femminili, l’intero spettro sonoro come è giusto che sia per un musicista che è stato “universale” nella sua arte.


Beth Orton – Go Down Easy (John Martyn Tribute) di fotomuse

I due brani dove appare, alla chitarra, sono nella cover di Anna di Brendan Campbell e nella versione di You Can Discover di Cheryl Wilson dove “cicca” un accordo e lo fa sentire, mentre alla fine del brano esprime la sua approvazione per la voce della cantante cha pare abbia una voce meravigliosa ( Se è quella che ho sentito io, vagamente tipo una Mary Black americana, ma sound pessimo. Nda).

Tra gli highlights del doppio vengono segnalate la versione complessa di Small Hours di Robert Smith dei Cure che pare sia un fan dai tempi di One World, l’album del 1977 in cui appariva l’originale. Molto belle anche quelle di Hurt In Your Heart di Judie Tzuke, una delle mie preferite sin dagli anni ’70, e sempre in ambito voci femminili Couldn’t Love You More di Lisa Hannigan che si accompagna solo allo zither.

Poi ci sono due dei Blind Boys Of Alabama impegnati in Glorious Fool, gli Snow Patrol alle prese con una versione “rock” di May You Never. Non manca ovviamente Phil Collins che ha reinciso Tearing and Breaking. Bravi anche gli Swell Season (Glen Hansard e Marketa Inglova) con I Don’t Want To Know, Beck che fa Stormbringer e David Gray in Let The Good Things Come. E Beth Orton in Go Down Easy, molto bella, quella l’ho sentita (è il video qua sopra)!

Poi ci sono le preci: pensa se Van Morrison cantasse…o Barry Gibb…o i Rolling Stones…o Steve Winwood…o Mark Knopfler…e perché no Peter Gabriel e la lista dei desideri potrebbe continuare all’infinito ma visto che un tributo lo hanno comunque fatto (con DVD allegato, che include Making Of, dietro le quinte, filmati vari con interviste e performances degli artisti che hanno partecipato e filmati rari dello stesso John Martyn), questa è la lista di brani e relativi artisti:

Track Listing

Disc 1:

  1. Let The Good Things Come – David Gray
  2. Glorious Fool – Clarence Fountain & Sam Butler
  3. Small Hours – Robert Smith
  4. Stormbringer – Beck
  5. Over The Hill – Ted Barnes featuring Gavin Clark
  6. I Don’t Want To Know – The Swell Season
  7. Bless The Weather – The Emperors Of Wyoming (Butch Vig and Company
  8. Couldn’t Love You More – Lisa Hannigan
  9. Go Easy – Vetiver
  10. Solid Air – Skye Edwards
  11. You Can Discover – Cheryl Wilson
  12. The Easy Blues – Joe Bonamassa
  13. Dancing – Sonia Dada
  14. Certain Suprise – Sabrina Dinan
  15. One World – Paolo Nutini

Disc 2:

  1. May You never – Snow Patrol
  2. Go Down Easy – Beth Orton
  3. Fairytale Lullaby – Bombay Bicycle Club
  4. Fine Lines – Syd Kitchen
  5. Head And Heart – Vashti Bunyan
  6. Run Honey Run – Morcheeba feat. Bradley Burgess
  7. Angeline – Nicholas Barron
  8. Walk To The Water – John Smith
  9. Hurt In Your Heart – Judie Tzuke
  10. Road To Ruin – Jim Tullio
  11. John Wayne – Oh My God
  12. Rope Soul’d – The Blackships (feat. David McKellar)
  13. Back To Stay – Ultan Conlon
  14. Anna – Brendan Campbell
  15. Tearing and Breaking – Phil Collins         

Poi, appena esce il disco cercherò di approfondire il discorso dopo averlo ascoltato.

Bruno Conti

L’Ultimo Saluto Di Un “Vecchio Amico”. John Martyn – Heaven and Earth

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John Martyn – Heaven And Earth – Hole In The Rain Ltd

Iain David McGeachy, per tutti semplicemente John Martyn ha lasciato questa terra il 29 gennaio del 2009 in seguito ad una doppia polmonite. Questo Heaven and Earth, il suo testamento sonoro, esce a più di due anni dalla sua morte ed aveva comunque avuto una lunga gestazione. Secondo uno dei produttori Gary Pollitt questo disco esce esattemente come era stato concepito eccettuate delle piccole aggiunte effettuate dopo la scomparsa di Martyn.

Ad esempio l’aggiunta della seconda voce del suo grandissimo amico Phil Collins nell’iniziale Heel Of The Hunt un bel pezzo funky-jazz nello stile inconfondibile della seconda parte della carriera di John Martyn, quel Grace and Danger che narrava la fine della sua storia d’amore con la moglie Beverley, uscito nel 1980 e che vedeva appunto la partecipazione di Phil Collins alla batteria e alle armonie vocali, forse il disco che più di tutti seppe fondere la sua voglia di grande sperimentatore in ambito folk e rock con un suono più “facile” e comprensibile per tutti.

Ovviamente sia in quel disco (che peraltro Martyn considerava il suo migliore) che in questo siamo lontani dalla grandezza dei suoi dischi migliori, tipo Solid Air, Inside Out o One World, dove la sua voce e la sua chitarra spesso filtrata dalla pedaliera dell’Echoplex raggiungevano livelli di raffinatezza e ricerca sonora fantastici.

Il sottoscritto ha avuto un “incontro ravvicinato” con John Martyn nel maggio del 1979 in occasione del suo concerto italiano al Teatro di Porta Romana di Milano. Era un tour in solitaria ma con la sua chitarra e i pedali dell’Echoplex era in grado di creare sonorità ai limiti dell’incredibile. Personaggio “strano” e particolare, in bilico tra la poesia della sua canzoni e la brusca carnalità del suo essere scozzese, ricordo che entrando a metà pomeriggio nella sala deserta del teatro (davo una mano come collaboratore della radio che organizzava il concerto) per uno spuntino con un panino al salame seduto su una poltrona mi sentivo osservato e girandomi vidi un giovane uomo sulla trentina, riccioluto, i cui lineamenti mi dicevano qualcosa ma non sapevo chi era. Dopo avere guardato a lungo il mio panino mi si è avvicinato e mi ha borbottato qualcosa su dove poteva prendere il suddetto e dopo pochi minuti è rientrato con aria soddisfatta con spuntino al seguito e una quantità impressionante di lattine di birra che avrebbe consumato poi durante il concerto iniziando anche una gara di rutti con il pubblico e questo era nel suo personaggio. Naturalmente l’esibizione è stata stupenda!

La sua carriera da allora è stata ancora lunga e gloriosa con alti e bassi (soprattutto negli anni ’90) fino alla malattia del 2003 che lo ho portato all’amputazione della gamba, probabilmente generata dai lunghi anni di eccessi sul suo corpo. Lo spirito era ancora vivo e il suo ultimo album On The Cobbles uscito nel 2004 è stato quello che più di altri lo ha riavvicinato allo spirito dei primi dischi più “acustici” ottenendo anche ottimi riscontri dalla critica.

La sua voce in quel disco, e anche in questo, non era più (o non completamente) quel meraviglioso strumento in grado di spazialità e di “slurring” (ovvero la capacità di scivolare da una nota all’altra senza soluzione di continuità nella stessa emissione vocale che è diverso dal melisma): in questo disco, echi del vecchio splendore (sia pure su note più basse) si riscontrano nella bellissima ballata notturna che dà il titolo a questo CD Heaven and Earth, dove la voce di John Martyn improvvisa quasi fosse un jazzista sul tappeto del basso di Alan Thompson e la batteria di Arran Ahmun, con gli interventi del sax di Martin Winning e delle tastiere di Spencer Cozens quasi come ai vecchi tempi, sette minuti di pura magia che rendono ancora più triste la sua dipartita.

Non tutti i brani sono a questo livello: nove in tutto e abbastanza lunghi, ogni tanto il suono si perde in coordinate più banali, come in Stand Amazed dove la fisarmonica dell’amico Garth Hudson, l’elettrica di John Martyn e sax e piano elettrico non riescono a mascherare una certa ripetitività anche nell’uso di voci femminili di supporto non brillantissime, tra funk morbido quasi soul e voglia di improvvisare quasi a tempo di tango, il tutto un po’ irrisolto e tirato per le lunghe, “rimprovero” finale al cane Gizmo lasciato a testimoniare l’aria “familiare” di queste registrazioni avvenute nella sua casa di Woolengrance Thomastown in Irlanda.

Detto dell’ottima title-track, l’intro pianistico di Bad Company e alcuni interventi pungenti della elettrica di Martyn non sempre salvano il brano dalla “invadenza” delle voci femminili e il suo falsetto non è più vellutato come un tempo. I tempi più mossi di Could’ve Told You Before I Met You ci regalano la voce “legata” (sarebbe la traduzione ma slur rende meglio l’idea)  del nostro amico che si avvicina allo splendore dei tempi andati salendo e scendendo con grande vigore. In Gambler fa capolino anche una chitarra acustica, il basso fretless è in primo piano e i suoni più sommessi e raccolti ricordano il sound anni ’80, non il migliore ma sempre rispettabile nella sua discografia. 

Can’t Turn Back The Years è una cover di un brano di Phil Collins e la voce grave e profonda di John sovrasta dall’alto della sua classe quella di Collins per una ballata che riafferma la malinconia insita nella sua musica, tratto che aveva in comune con il vecchio “amico” Nick Drake con il quale condivideva questa passione per i sentimenti umani più autunnali e tristi. Bella canzone, anche se i coretti del buon Filippo non mi convincono a fondo, ma il brano è suo e quindi…

Un synth ci introduce ad un’altra bella ballata, Colour, ancora con echi del vecchio splendore nelle improvvisazioni vocali di Martyn ma senza raggiungere i vertici della sua produzione migliore, comunque anche nel suo “crepuscolo” si mangiava il 90% dei suoi concorrenti (forse solo con l’eccezione di Van Morrison e pochi altri).

L’ultimo brano, Willing To Work, è forse il migliore del lotto, con derive jazz vocali quasi al limite dello scat con una chitarra elettrica che riprende sonorità care al Martyn di One World o Inside Out. Anche se l’effetto jam ogni tanto prende il sopravvento sulla forma canzone in questo brano la sua capacità improvvisativa e vocale ricorda le sue migliori e uniche qualità.

Non un capolavoro ma un “saluto” a chi ha amato e seguito la sua musica lungo tutti questi anni da uno dei musicisti più “originali” degli ultimi 40 anni. Sarà quello finale?

Bruno Conti

Novità Di Maggio Parte I. John Martyn, Blind Boys Of Alabama, Tara Nevins, Eliza Gilkyson, Lou Reed, John Mayall Eccetera

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Anche Maggio inizia scoppiettante con una nutrita serie di uscite. Confermo i Fleet Foxes Helplessness Blues che vi avevo annunciato da mesi e che è veramente bello, il Live At Benaroya Hall della Brandi Carlile con orchestra al seguito, anche questo bellissimo e, solo per il mercato americano, il nuovo Stevie Nicks In Your Dreams, che uscirà a giugno in Europa.

Anche per il nuovo album postumo di John Martyn Heaven and Hell uscite differenziate. Stranamente esce prima negli Stati Uniti il 3 maggio, mentre il 17 sarà pubblicato anche in Europa. Quello che accomuna le uscite è la “stranezza” delle etichette, Liaison negli States e Hole In The Rain in UK, speriamo per la reperibilità in Italia. Questo era il disco al quale John Martyn stava lavorando poco prima della sua morte e che è stato completato da Gary Pollitt e Jim Trullio, pare sia molto bello con la consueta serie di ballate malinconiche, struggenti e intime come era caratteristica di questo fantastico cantautore, uno dei più grandi prodotto dalla terra d’Albione. Uno dei miei preferiti di sempre.

Tornano anche i Blind Boys Of Alabama con Take The High Road. Anche per il formidabile sestetto americano uscite differenziate, il 3 maggio in Usa per la Saguaro Road Records e la settimana successiva in Europa per la Proper Records (ma spero nell’Ird per una uscita alla pari). Si tratta di un disco country gospel, o meglio gospel con forti venature country. Vede la partecipazione di molti ospiti che duettano con i Blind Boys come d’altronde è nella loro tradizione: Jamey Johnson, che è anche il produttore, Willie Nelson, Vince Gill, Lee Ann Womack, Oak Ridge Boys e Hank Williams Jr. Divertimento garantito!

Jeffrey Foucault è uno dei migliori cantautori emergenti USA, questo è il suo ottavo album dopo quello di duetti con Mark Erelli (contando anche quello dei Redbird, ma escluso il recente Live). L’etichetta come di consueto è la Signature, esce il 3 maggio ma dalle nostre bande è gia disponibile. Sono con lui alcuni componenti della band di Ray Lamontagne (buon punto di riferimento se volete avere un’idea del genere), Van Dyke Parks e Kris Delmhorst (ottima cantautrice in proprio nonché moglie del bravo Foucault).

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Un po’ di materiale d’archivio. John Mayall che sarà in concerto questa estate a Vigevano nella stessa serata dei Black Country Communion di Bonamassa, pubblica il 3 maggio in America questo Howlin’ At The Moon (ma in Inghilterra è disponibile già da un po’). Si tratta di un CD che raccoglie materiale dal vivo registrato nel tour di reunion dei Bluesbreakers del 1982 tra Italia e Stati Uniti. Sono in formazione Mick Taylor e John McVie.

Uno “strano” disco di Lou Reed, Walk On The Wild Side Live, viene dal periodo d’oro, registrato dal vivo nel 1972 a New York. Si tratta di uno show radiofonico ed esce per la IMV Blueline?!? Il 3 maggio.

I Beautiful South, oltre ad essere molto bravi ed il gruppo che Paul Heaton ha formato dopo gli Housemartins, sono anche una delle formazioni britanniche di maggior successo commerciale di tutti i tempi. Non sorprende quindi che esista una valanga di materiale radiofonico e televisivo. Questo Live At the BBC è un cofanetto quadruplo (3CD + 1 DVD) che raccoglie 50 brani audio e 17 video dagli archivi gloriosi della BBC. Sessioni acustiche, registrazioni in concerto, partecipazioni a Top Of The Pops e a Later With Jools Holland. Di tutto e di più.

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Ce ne sarebbero ancora un tot ma concludiamo con un trio di voci femminili. Magari domani o dopo faccio un appendice sulle altre uscite interessanti. Tara Nevins da oltre 21 anni è una delle componenti dei grandi Donna The Buffalo ma ogni tanto pubblica anche un album da solista questo Wood and Stone che esce martedì 3 maggio per la Sugarhill è il secondo album solista (il primo era del 1999). Registrato nei magici studi di Levon Helm (che suona anche la batteria in un paio di brani) è prodotto da Larry Campbell (dopo l’ottimo ritorno degli Hot Tuna, lo so avevo promesso di parlarne, ma sono sempre in arretrato) che suona anche le chitarre. Molto bello.

Thea Gilmore è una delle migliori (e più prolifiche, 12 album a partire dal 1998) cantautrici britanniche. Questo nuovo John Wesley Harding è proprio quello che dice, cioè l’intero album di Bob Dylan rvisitato brano per brano. Etichetta Full Fill, ne esiste anche una versione Deluxe con un boxettino che include 12 cartoline. Un giusto omaggio al grande Bob per il suo 70° compleanno. Da quello che ho sentito velocemente è anche molto bello. Lei è proprio brava, se volete approfondiire anche gli album precedenti in studio e dal vivo sono molto belli.

Stesso discorso (a livello di bravura) per la texana Eliza Gilkyson (ma nativa della California, Hollywood per la precisione). Ha già fatto una ventina di album (lo so non si dovrebbe dire l’età delle signore, ma è del 1950) tra cui, detto per inciso, manco accreditata, se non nel libretto del CD, Eolian Minstrel di Andreas Vollenweider dove cantava e suonava la chitarra acustica. Non perché sia il suo migliore era solo una curiosità. Dal 2000 incide per la Red House Records e anche questo Roses At The End Of Times esce per l’etichetta di Greg Brown. A proposito tutto tace in quel di Iowa City dopo la partecipazione al bellissimo Hadestown di Anais Mitchell? Certo che no, ho controllato e dovrebbe uscire un nuovo disco proprio questo anno, Freak Flag. Lui è uno dei grandissimi cantautori americani, uno dei migliori e anche la moglie Iris Dement, pure lei ferma dal 2004, non scherza in quanto a bravura.

Alla prossima.

Bruno Conti