E Dopo L’Ex Marito E La Sua Band Principale, Anche La Piccola “Zingara” Ha Il Suo Triplo Antologico! Stevie Nicks – Stand Back 1981-2017

stevie nicks stand back box

Stevie Nicks – Stand Back 1981-2017 – Rhino/Warner CD – Deluxe 3CD

 Lo scorso anno mi sono occupato dell’ottima retrospettiva tripla Solo Anthology di Lindsey Buckingham https://discoclub.myblog.it/2018/10/16/un-esaustivo-viaggio-attraverso-la-carriera-solista-di-un-musicista-eccelso-ma-sottovalutato-lindsey-buckingham-solo-anthology/ , mentre ho soprasseduto per l’ennesimo greatest hits dedicato ai Fleetwood Mac (Don’t Stop), in quanto a parte un brano prima disponibile solo in download ed un paio di rarità prese dal vecchio box The Chain non presentava nulla che non fosse già noto. Ora è la volta dell’altro membro di punta dei Mac, ovvero Stevie Nicks, di pubblicare un triplo CD antologico che si occupa del suo periodo da solista (esiste anche una versione singola con il meglio dei tre dischetti), intitolato Stand Back 1981-2017. (NDM: mi scuso con Christine McVie se ho definito la Nicks “altro membro di punta”, ma il mio giudizio tiene conto della carriera fuori dal gruppo, e non è che quella della ex moglie del bassista dei Mac sia stata memorabile). Le mie sensazioni su questo triplo dedicato alla Nicks sono contrastanti, in quanto tra i 50 titoli compresi non c’è l’ombra di un inedito, mentre qualche chicca e rarità sì, ma alla fine penso che si poteva fare molto meglio, anche perché di retrospettive di Stevie sul mercato ce ne sono già altre (mentre quella dell’ex consorte Lindsey era la prima) e almeno una di esse, il box del 1998 Enchanted, di inediti ne conteneva eccome.

Sulla statura artistica della Nicks (non quella fisica, che è piuttosto limitata) penso di non dover spiegare nulla: dotata di una grande voce, Stevie è sempre stata un’ottima songwriter, ed anche se non fosse diventata popolare all’interno dei Mac sono convinto che sarebbe emersa comunque. Non tutto ciò che ha pubblicato da solista è stato impeccabile, ma a volte più per scelte sonore (leggi anni ottanta) che altro, ma all’attivo ha almeno un capolavoro (il “debutto” Bella Donna) ed altri buoni lavori di ottimo rock di stampo californiano; Stevie ha poi sempre avuto frequentazioni giuste in termini di musicisti, e di conseguenza nei suoi dischi troviamo nomi che solo a leggerli c’è da leccarsi i baffi: Tom Petty & The Heartbreakers al completo, Bob Dylan (nella cover della sua Just Like A Woman, dall’album Street Angel, assente però in questo triplo), Roy Bittan, Waddy Wachtel, Russ Kunkel, Tony Levin, Steve Lukather, Davey Johnstone, Kenny Aronoff, Bernie Leadon, gli stessi Buckingham e Mick Fleetwood…e qui mi fermo (ho volutamente omesso tutti quelli con cui ha duettato, anche perché buona parte li troviamo sul secondo CD). Ma veniamo appunto al contenuto di questo triplo.

CD1. Il primo dischetto offre una panoramica tratta dai vari album di Stevie, e stranamente Bella Donna è quello meno rappresentato con due sole selezioni, la potente e trascinante Edge Of Seventeen e la splendida e countreggiante After The Glitter Fades, una delle migliori ballate della bionda cantante di Phoenix. Ma non è che le belle canzoni manchino, a partire dall’orecchiabile Rooms On Fire, perfetto pop-rock californiano, per proseguire con la roccata Blue Denim, scritta con Mike Campbell che è anche responsabile del bel riff chitarristico, la toccante ballata pianistica Has Anyone Ever Written Anything For You, la pimpante e grintosa Long Way To Go e la squisita e bucolica For What It’s Worth (che non è quella dei Buffalo Springfield). Alcune scelte non potevano mancare, ma non incontrano i miei gusti a causa di sonorità troppo “ottantiane”, come il brano che intitola la raccolta (contraddistinto da un invadente synth), If Anyone Falls, una buona canzone che avrebbe beneficiato di un arrangiamento più leggero, Talk To Me, che invece sembra un brano commerciale alla Tina Turner, la quasi orripilante I Can’t Wait e Planets Of The Universe, una vibrante rock ballad dal suono però troppo gonfio.

CD2. Dischetto dedicato ai duetti, alcuni di essi davvero degni di nota, come la famosa e bellissima Stop Draggin’ My Heart Around con Tom Petty (presente come partner anche nella meno nota, ed anche meno bella, I Will Run To You), una divertente e gioiosa Santa Claus Is Coming To Town con Chris Isaak, un paio con Sheryl Crow (e You’re Not The One è piuttosto rara, in quanto proviene da un lato B di un singolo di Sheryl), le deliziose Leather And Lace e Too Far From Texas, rispettivamente con Don Henley e Natalie Maines, la bella e raffinata Cheaper Than Free con l’ex Eurythmics Dave Stewart, e la rockeggiante You Can’t Fix This con i Foo Fighters. Ci sono anche due duetti risalenti al 1978 con Kenny Loggins e Walter Egan, ed uno (la strepitosa Gold) del 1979 con John Stewart, che mi fanno domandare perché il periodo di tempo citato nel titolo dell’antologia parta dal 1981. Infine, avrei fatto a meno delle collaborazioni con i Lady Antebellum, addirittura due, LeAnn Rimes e Lana Del Rey. CD3. L’ultimo dischetto si occupa delle incisioni dal vivo, con alla fine una manciata di brani finiti su colonne sonore (ma ne mancano diversi). E qui è dove avrei insistito di più nel cercare di inserire degli inediti, invece di rivolgermi a versioni già conosciute, seppur di grande valore.

La maggior parte dei pezzi live fanno parte del songbook dei Fleetwood Mac, come Gold Dust Woman, Dreams, Angel e Rhiannon che sono tratti dal bonus CD della recente ristampa di Bella Donna, una Landslide con l’Orchestra Filarmonica di Melbourne (presa da un’altra antologia di Stevie, Crystal Visions) e Sara, che insieme alle cover di Crash Into Me della Dave Matthews Band e Circle Dance di Bonnie Raitt proviene dalle Soundstage Sessions, concerto dal quale possiamo riascoltare anche una travolgente Rock And Roll dei Led Zeppelin (che però è più rara in quanto compariva solo sul DVD), in cui la Nicks se la cava alla grandissima; come ultimo brano dal vivo, una strepitosa e “byrdsiana” rilettura del classico di Jackie DeShannon Needles And Pins ancora con Petty e gli Spezzacuori, che era sul  loro live del 1985 Pack Up The Plantation! Infine, cinque pezzi tratti da varie soundtracks, e se Blue Lamp (dal film Heavy Metal) e Sleeping Angel (da Fast Times At Ridgemont High) sono abbastanza note, If You Ever Did Believe, una rock song decisamente bella, e Crystal, entrambe dal film Practical Magic, lo sono molto meno. Il CD termina con la lenta ed intensa Your Hand I Will Never Let It Go, che essendo in origine sulla soundtrack di Book Of Henry del 2017, è il brano più recente della raccolta.

In definitiva, a parte il box Enchanted (che però si fermava al 1998), questo Stand Back 1981-2017 è la migliore antologia di Stevie Nicks presente sul mercato, ma ciò non toglie che si poteva fare qualcosa di più.

Marco Verdi

Una Gran Bella Compilation Ma…Che Razza Di Anniversario E’ Il Ventunesimo? VV.AA. – Appleseed’s 21st Anniversary: Roots And Branches

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VV.AA. – Appleseed’s 21st Anniversary: Roots And Branches – Appleseed 3CD

La Appleseed è una casa discografica fondata nel 1997 da Jim Musselman, un avvocato attivista ed appassionato di musica folk, che aveva l’ambizione di creare un’etichetta che si ispirasse all’età d’oro del cosiddetto folk di protesta, in auge in America negli anni cinquanta e sessanta, e a gloriose label del passato come la Smithsonian Folkways, con l’intento di creare un roster di artisti di spiccata rettitudine morale e con un debole per le cause umanitarie, oltre che per il recupero di canzoni popolari del passato. E Musselman ha visto in breve tempo realizzarsi il suo sogno, dato che negli anni hanno inciso per la Appleseed, tra i tanti, vere e proprie leggende del folk come Pete Seeger e Ramblin’ Jack Elliott, o comunque grandi artisti come Tom Paxton, Tom Rush, Eric Andersen e John Stewart, ed è riuscito a coinvolgere nei vari progetti (come i tre tributi a Seeger o l’album benefico per i senzatetto Give Us Your Poor) anche musicisti non affiliati all’etichetta ma sensibili a certe cause, come Bruce Springsteen e Jackson Browne. Già nel 2007 era uscita una compilation, Sowing The Seeds, che riepilogava il meglio dei primi dieci anni della label, ma ora con questo Roots And Branches Musselman ha fatto le cose in grande, celebrando il ventunesimo anniversario (scelta che in realtà capisco poco, l’unica cosa che mi viene in mente è che in America i 21 anni sono la maggiore età) con uno splendido triplo album, che raccoglie il meglio della Appleseed, appunto nel periodo trattato, mettendo in fila una bella serie di brani comunque rari (sfido infatti chiunque ad averli tutti) ed aggiungendo ben nove canzoni nuove di zecca, tra inediti e pezzi incisi apposta per il progetto.

I tre dischetti sono divisi per vari temi: Let Truth Be Told, che riunisce canzoni di denuncia sociale, The Wisdom Keepers, con artisti di spiccato carisma ed importanza, e Keeping The Songs Alive, che comprende brani della tradizione. Vorrei soffermarmi nel dettaglio sui nove inediti, che iniziano proprio con Bruce Springsteen che propone una intensa versione del classico di Seeger If I Had A Hammer (la presenza di Pete aleggia costante in questo triplo, sia come artista che come autore), molto folk e piuttosto lontana dal brano allegro che conosciamo: inizio lento e quasi drammatico, poi il ritmo prende corpo e gli strumenti si intrecciano abilmente, con un dominio di chitarre, banjo, violino e fisarmonica (Bruce usa musicisti insoliti per lui, con l’eccezione di Charlie Giordano, Soozie Tyrell, e della moglie Patti Scialfa), tanto che, per stare in tema, sembra un pezzo tratto dalle Seeger Sessions. L’amico del Boss Tom Morello si cimenta con una rilettura folk-rock di Dirty Deeds Done Dirt Cheap degli AC/DC, scelta strana anche se bisogna dire che del brano originale non è rimasto molto: versione discreta, ma non indispensabile, anche perché Morello come cantante non è il massimo. Bravissimo invece l’attore Tim Robbins con una strepitosa Well May The World Go (ancora di Seeger), arrangiata in puro stile Irish folk: gran ritmo, melodia squisitamente tradizionale e feeling enorme, sembrano quasi i Pogues. Splendida anche Across The Border, canzone di Springsteen (era una delle più belle su The Ghost Of Tom Joad) affidata alla voce di Tom Russell, un altro che più invecchia e più migliora: il brano, registrato insieme a Jono Manson ed alla fisa di Max Baca, sembra proprio scritto da Tom, ha il suo passo ed anche le sue tematiche.

Wesley Stace in arte John Wesley Harding rifà una sua vecchia canzone, Scared Of Guns (con un reading da parte della figlia), un pezzo molto elettrico e dal ritmo sostenuto, cantato con voce “costelliana”; Anne Hills ci delizia con una versione pura e cristallina del classico di Bert Jansch Needle Of Death, riuscendo ad emozionare con due strumenti in croce, ed anche Donovan non è da meno con una rilettura ricca di pathos della nota ballata di origini irlandesi Wild Mountain Thyme, incisa insieme a due leggende come Danny Thompson, ex bassista dei Pentangle, e lo straordinario drummer Jim Keltner. Gli ultimi inediti sono di due artisti che non sono più tra noi: Jesse Winchester commuove con Get It Right One Day, gentile e stupenda ballata nel suo tipico stile garbato (era incompleta, l’ha terminata Mac McAnally), mentre There Is Love ci fa risentire la voce del grande John Stewart, per un brano con un’intensità da brividi. Il resto del triplo è quindi composto da brani già editi, ma risentiamo (ed in alcuni casi sentiamo per la prima volta, dato che è difficile possedere il catalogo completo della Appleseed) con grande piacere collaborazioni come una meravigliosa versione dell’inno pacifista Bring Them Home ad opera di Pete Seeger, Billy Bragg, Anne Hills, Ani DiFranco e Steve Earle, un reggae decisamente orecchiabile come Kisses Sweeter Than Wine, che vede Jackson Browne duettare con Bonnie Raitt, la poco nota Stepstone di Woody Guthrie, un brano folk di straordinaria intensità che vede un quartetto formato da Joel Rafael, ancora Browne, Jimmy LaFave ed Arlo Guthrie, ed una spettacolare Bring It With You When You Come con David Bromberg e Levon Helm.

Poi, ovviamente, altre grandi canzoni come Give Me Back My Country, splendido country-rock, limpido e solare, ad opera dei Kennedys, o ancora Tom Morello che stavolta ci regala una versione corale e deliziosa dell’inno americano non ufficiale, cioè This Land Is Your Land, o di nuovo Springsteen con il superclassico folk We Shall Overcome, diversa da quella finita sulle Seeger Sessions. Il redivivo Al Stewart ci delizia con la scintillante folk song Katherine Of Oregon, bellissima, la Angel Band con la travolgente Jump Back To The Ditch, tra folk e gospel, Tom Rush con la squisita What I Know (che classe), Lizzy West And The White Buffalo con l’altrettanto bella Portrait Of An Artist As A Young Woman. Infine, non mancano emozionanti riletture di traditionals e brani di dominio pubblico, vere e proprie gemme tra le quali non posso non ricordare The Water Is Wide (John Gorka), Rovin’ Gambler (Ramblin’ Jack Elliott), John Riley (Roger McGuinn con Judy Collins), fino ad una fulgida Where Have All The Flowers Gone, tra le più belle folk songs di sempre, da parte di Tommy Sands, Dolores Keane e Vedran Smailovic. Una collezione preziosa quindi, sia dal punto di vista artistico che culturale, e perfetto regalo natalizio per qualsiasi appassionato di musica folk.

Marco Verdi

La (Non Poi Così Tanto) Strana Coppia Funziona Alla Grande! Dave Alvin & Jimmie Dale Gilmore – Downey To Lubbock

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Dave Alvin & Jimmie Dale Gilmore – Downey To Lubbock – Yep Roc CD

Devo confessare di non essere mai stato un grande fan di Jimmie Dale Gilmore, avendolo sempre considerato un personaggio di seconda fascia, forse anche terza. Uno che ha pubblicato appena otto album in trent’anni, nessuno dei quali imprescindibile, ed il progetto migliore in cui è stato coinvolto è quello del super trio dei Flatlanders, ma grazie soprattutto al contributo degli altri due membri, Joe Ely e Butch Hancock; in più, non ho mai sopportato molto la sua voce, a mio giudizio troppo sdolcinata e mielosa. Difficilmente mi sarei quindi avvicinato a questo disco se non fosse stato per la presenza di Dave Alvin, uno che invece non ha mai sbagliato un disco, sia con i Blasters che da solo (e tralascio tutti i progetti collaterali a cui ha partecipato, tipo Knitters e Pleasure Barons). Entrambi erano fermi dal 2011 in quanto ad album solisti https://discoclub.myblog.it/2011/07/04/elementare-watson-undici-album-undici-canzoni-dave-alvin-ele/  (ma nel frattempo Dave ha pubblicato due ottimi lavori con il fratello Phil), e questo Downey To Lubbock (dal nome delle città di origine dei due) è nato quasi per caso, pare su sollecitazione del presidente della Yep Roc, Glenn Dicker. E l’intuizione è stata giusta: Downey To Lubbock è un gran bel disco, un album in cui Dave e Jimmie ripropongono in maniera scintillante diversi brani del passato, con qualche decennio alle spalle fino a quasi un secolo, aggiungendo due brani scritti per l’occasione.

Non è la prima volta che Alvin si dedica al recupero di canzoni che appartengono alla storia della musica americana, lo aveva già fatto con Public Domain per quanto riguarda la tradizione e con West Of The West, nel quale si rivolgeva ad autori californiani contemporanei, ed anche nel primo dei due lavori in duo con Phil, Common Ground, che vedeva riprese alcune canzoni di Big Bill Broonzy. E Dave è stato il motore che ha dato il via a Downey To Lubbock, ha scelto le canzoni, ha portato in session musicisti a lui affezionati (tra cui nomi noti come Don Heffington, David Carpenter, la batterista delle Guilty Women, Lisa Pankratz, il bravissimo pianista Skip Edwards, ed in più una mezza leggenda come Van Dyke Parks) e ha arrangiato i brani con un taglio moderno, con una concezione simile a quella dell’ultimo Ry Cooder, anche se musicalmente siamo su livelli differenti. Gilmore si è “limitato” a cantare e a suonare la chitarra, ma devo dire che, pur non essendo diventato di colpo un suo estimatore, ho maggiormente apprezzato in questo disco la sua voce, in quanto invecchiando il suo timbro è migliorato e ha acquistato profondità, almeno a parer mio. Non siamo di fronte ad un disco di duetti, che non mancano comunque, ma spesso canta uno solo dei due e l’altro si occupa delle armonie: quello che però più importa, è che siamo di fronte ad un album di livello eccelso, con i nostri in gran forma e con un affiatamento difficile da prevedere se pensiamo che fino a non molto tempo fa i due si conoscevano appena.

Il CD inizia con la title track, canzone nuova di zecca scritta dalla coppia, un brano decisamente elettrico, un boogie-blues sanguigno e viscerale, forse nulla di nuovo dal punto di vista del songwriting ma suonato alla grande, con un ottimo intervento di Gilmore all’armonica e soprattutto un sensazionale assolo chitarristico di Alvin. Silverlake è una deliziosa ballata di Steve Young, suonata con classe e quasi in punta di dita: la voce di Jimmie Dale qui è perfetta, più vissuta di come la ricordavo, la melodia è splendida di suo, e come ciliegina abbiamo la fisarmonica di Parks ed i soliti, sontuosi ricami di Dave. Stealin’ Stealin’, brano degli anni venti del secolo scorso della Memphis Jug Band (ma l’hanno rifatta in mille, tra cui i Grateful Dead e Bob Dylan) è un blues elettroacustico coinvolgente e di grande presa, con le due voci che si intendono alla perfezione ed un arrangiamento che, pur rimanendo ancorato alla tradizione, dona freschezza ad un brano vecchio di un secolo; July, You’re A Woman, di John Stewart, è un’altra stupenda canzone di puro cantautorato: versione classica, ariosa (canta solo Alvin), calda e di grande pathos, specie nel ritornello corale. Buddy Brown’s Blues è una grandiosa versione di un blues reso popolare da Lightnin’ Hopkins, che parte acustica ma la band entra quasi subito: rilettura fluida e potente, con grandi interventi di sax (Jeff Turmes) e del piano di Edwards, con l’unica nota leggermente stonata della voce di Gilmore, forse non adattissima al blues.

The Gardens, cantata da Dave, è a mio giudizio il capolavoro del disco, una meravigliosa ballata in puro stile tex-mex, scritta dallo scomparso Chris Gaffney, sul genere di classici come Across The Borderline e She Never Spoke Spanish To Me, davvero splendida, una delle cover dell’anno. Abbiamo quindi tre classici in fila, tratti da un passato più o meno remoto: la famosa Get Together, scritta da Chet Powers (cioè Dino Valenti) ma portata al successo dagli Youngbloods, altra grande canzone ed altra versione bellissima, chitarristica e con uno strepitoso refrain a due voci, l’antico blues K.C. Moan, eseguito in maniera piuttosto canonica (ma Dave rilascia un paio di assoli torcibudella), ed il rock’n’roll Lawdy Miss Clawdy di Lloyd Price, in una festosa rilettura “alla Blasters”, ancora con l’ottimo piano di Edwards in evidenza (ed Alvin alla chitarra non lo dico nemmeno più). Billy The Kid And Geronimo, scritta da Dave, è una folk ballad tipica delle sue, cantata con voce calda e con un accompagnamento soffuso e di grande intensità, ed anche la parte vocale di Jimmie fa la sua bella figura; Deportee (Plane Wreck At Los Gatos) di Woody Guthrie non ha bisogno di presentazioni, è una delle più belle canzoni americane di sempre, ed i nostri la rifanno in maniera toccante, dandoci un altro highlight del CD (anche se avrei preferito la cantasse Alvin). Chiusura con un altro pezzo che ha diversi anni sul groppone: Walk On, di Brownie McGhee, in una scintillante versione tra rock’n’roll e gospel, con ancora Edwards grande protagonista.

Non trascurate questo Downey To Lubbock: siamo forse di fronte alla cosa migliore della carriera di Jimmie Dale Gilmore, mentre per Dave Alvin essere a questi livelli è “business as usual”.

Marco Verdi

Forse Il Più “Grande” Dei Beautiful Losers ! Guthrie Thomas – The Band Played On

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Guthrie Thomas – The Band Played On – Self-released Moon And Back Records

Per chi non lo conoscesse, il Dr. Guthrie Thomas (ebbene sì, ha anche una laurea in farmacia) nativo di Wichita Falls, Texas, era molto popolare (anche dalle nostre parti) intorno alla metà degli anni settanta e fino ai primi ottanta, tra i “cultori” della musica di qualità, con un cantautorato a cavallo tra folk e country, con innesti rock, che richiamava i suoi maestri dichiarati, John Prine, John Stewart e Gordon Lightfoot. Le sue prime incisioni (ormai introvabili) sono state Guthrie Thomas I (75) e Lies And Alibis (76) https://www.youtube.com/watch?v=IyYti_kvziM , seguiti da altri lavori (a cadenza più o meno annuale) tra cui vi segnalo Like No Other, Street Kid, La Belle Poisoneuse, e Dear Ginny in coppia con Ramblin’ Jack Elliott. Negli anni ’90 alcuni suoi dischi vengono pubblicati dalla Taxim Records, che meritoriamente ristampa “perle” come Buffalo e This One’s For Sara, dischi nuovi come The Writer (90), Through The Years (92) e lo splendido Midnight Train (96), distribuito anche in Italia dalla IRD, disco che conteneva un “trittico” da brividi, You Can’t Buy No Love Song, Lucky In Love e Tonight I’ve Got Loving On My Mind https://www.youtube.com/watch?v=ZRFEVEBSbww . La terza fase (quella più recente) lo vede vendere i suoi CD attraverso il proprio sito http://www.guthriethomas.com/ , titoli come Old Horses e Way Back When (raccolte di materiale vario, dove spicca la meravigliosa Sweet Virginia tratta dal secondo album per la Capitol Lies And Alibis https://www.youtube.com/watch?v=35PvE_AUfIs ), ma anche nuove canzoni inedite che vengono distribuite in Medicine Men, Mirror Images e Django, prima di arrivare a questo nuovo The Band Played On http://discoclub.myblog.it/2011/08/30/rieccolo-finalmente-non-uno-non-due-non-tre-ma-ben-qua/ .

Guthrie Thomas è un virtuoso della chitarra acustica, nonché maestro del “fingerpicking” (come Bruce Cockburn,  per citare un suo pari), e lo dimostra in queste undici canzoni tristi e amare, a partire dal brano iniziale, Passing Sorrow, asciutto e lancinante, seguito da una polverosa I Ain’t Goin’ Nowhere con echi di west-coast, dal folk-rock di Stand By You, e da una splendida serenata come la title track The Band Played On, mentre The Tower è un brano di grande forza interpretativa, elegante e seducente. Un violino lancinante introduce Full Moon Rising, un country-folk con rilevanti suoni di frontiera, inframmezzato da un intermezzo strumentale delicato come Only One, che fa da preludio all’imperiosa And Then There Were None, cantata con la sua tipica voce accorata, a cui fa seguito ancora una attraente ballata “texana” come The Bird With Wings, un altro brano strumentale Two Thousand Fifteen, dove viene evidenziata ancora una volta la bravura di Guthrie con la sua “Taylor acustica” https://www.youtube.com/watch?v=DvioL3xMpvk&spfreload=10 , andando poi a chiudere, sorprendentemente, con il ritmo “bluesy” di una tirata e coinvolgente No One But You, a confermare che siamo di fronte ad un artista poliedrico, capace di esprimersi in molteplici linguaggi musicali.

Guthrie Thomas, per chi scrive, è un “songwriter” eccezionale, eccentrico e sensibile (categoria da collocare, com’è noto, fra quelle meno sponsorizzate), un signore che ha attraversato ben quattro decenni di carriera, con un “palmares” di ben 49 album (tra vinili e CD), e 5 film, forse il più “noto” il documentario Questa terra, è la mia terra, sulla vita di Woody Guthrie, dove appaiono musicisti del calibro di Willie Nelson, Waylon Jennings, John Stewart, Gordon Lightfoot, Ramblin’ Jack Elliott, Arlo Guthrie, e ovviamente Bob Dylan. Questa nuova raccolta The Band Played On conferma ancora una volta le sue note qualità di narratore in musica e la sua sensibilità artistica, e in fondo non importa se i suoi dischi sono di difficile reperibilità, per il sottoscritto l’importante è che continui a farci sognare, emozionare e a volte piangere con le sue canzoni.

Tino Montanari    

NDT conclusiva. Se mi sono “infatuato” di questo cantautore, devo ringraziare il compianto “promoter” Carlo Carlini https://www.youtube.com/watch?v=p2FOdAsb3WU , e il titolare di questo “Blog”, che me lo hanno fatto conoscere ed apprezzare.

Novità Di Agosto Parte II. Reverend Peyton, Steve Vai, Robin & Linda Williams, John Stewart, Jerry Jeff Walker, Johnny Cash Festival

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Ecco gli altri titoli in uscità martedì 14 agosto, di cui non ci eravamo ancora occupati sul Blog (se comincio a usare il plurale maiestatis dovrò iniziare a preoccuparmi?).

Torna la piccola band di super revivalisti The Reverend Peyton’s Big Damn Band di cui mi ero già occupato con un Post per l’album precedente rev.%20peyton, quello dedicato alla musica di Charley Patton. L’ etichetta è sempre la One Side Dummy (ex casa dei Gaslight Anthem). Il disco si chiama Between The Ditches ed è decisamente più elettrico del precedente, anche se sempre molto legato alle tradizioni del Blues, non male devo ammettere, ci danno dentro veramente alla grande.

Pubblicato al solito dalla sua etichetta Favored Nations, nuovo album anche per Steve Vai, visto recentemente nella data italiana di Vigevano con Joe Satriani e Steve Morse. The Story Of Light, dodici brani dedicati agli amanti dei virtuosismi della chitarra elettrica. Questa volta il disco non è completamente strumentale, lo stesso Vai canta In The Moon And I e duetta con Aimee Mann in No More Amsterdam e ancora con Beverley McClennan (una partecipante al talent americano “The Voice”) in una versione del classico del blues, John The Revelator. Sul sito della stesso Steve Vai è prenotabile anche una versione CD+DVD http://www.vai.com/.

Robin And Linda Williams festeggiano quest’anno i 40 anni di carriera. I due veterani del country e bluegrass pubblicano questo These Old Dark Hills per la Red House. C’è anche una cover di uno Springsteen “minore” My Lucky Day, tratta da Working On A Dream. Belle canzoni e belle armonie vocali per una musica prettamente acustica con i due che si alternano come voci soliste nei 12 brani.

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Per la sezione “vecchie glorie” tre uscite interessanti.

John Stewart, scomparso nel 2008, si vede pubblicare da una di quelle etichette “dubbie”, la All Access, un CD che contiene la registrazione di un broadcast radiofonico tenuto nel lontano 1975 al famoso locale Ebbets Field di Denver, Colorado di fronte a ben 238 persone. Per i fans di Stewart e gli amanti della buona musica è l’occasione per ascoltare uno dei più sottovalutati, e bravi, cantautori della scena musicale americana in un concerto registrato quando era al top delle sue capacità. La qualità sonora è più che buona, radio FM americana stereo dell’epoca, il repertorio pure, forse la reperibiltà un po’ meno, ma con pazienza si trova. Queste le 14 tracce:

1. Intro
2. Runaway Fool of Love
3. Josie
4. Mazatlan
5. Friend of Jesus
6. Crows Landing
7. Wingless Angels
8. Survivors
9. Mother Country
10. July You’re a Woman
11. Wolves in the Kitchen
12. Summer Child
13. Lady & the Outlaw
14. Never Goin’ Back

Sempre nell’ambito del materiale d’archivio la May6 Entertainment pare abbia trovato più di 75 concerti registrati un piccolo locale di Austin, Texas, The Dixie’s Bar & Bus Stop. La prima uscita è questo DVD Live From Austin, TX Bar Bus Stop di Jerry Jeff Walker, registrato intorno alla metà degli anni ’80, sono due set elettrici completi con la Lost Gonzo band più un segmento acustico, ci sono tutti i classici del suo repertorio ( Mr. Bojangles c’è non temete!) ma anche Up Against The Wall Redneck Mother, L.A. Freeway e Desperados Waiting On A Train e tantissime altre per un totale di 26 brani. Vediamo quali saranno gli altri titoli di questa serie che dalla partenza sembra assai interessante. Solo zona americana, anche in questo caso non dovrebbe essere di facile reperibiltà.

Last But Not Least. In questi giorni è uscito il tributo “ufficiale” in CD+DVD per l’80° Anniversario della nascita di Johnny Cash di cui vi ho parlato diffusamente nei giorni scorsi. Ma alla fine di luglio, sia in CD che in DVD è uscito anche The Johnny Cash Music Festival 2011, pubblicato sul mercato americano dalla Spring House/EMI, si tratta della registrazione di un concerto tenuto il 4 agosto dello scorso anno. Se nel doppio pubblicato dalla Sony la famiglia Cash non appariva, qui ci sono tutti, anche alcuni di cui ignoravo l’esistenza: John Carter Cash, Laura Cash, Tommy Cash, Joanne Cash oltre naturalmente a Rosanne Cash che ha duettato anche con l’ex marito Rodney Crowell in No Memories Hangin’ Around mentre l’attuale marito John Leventhal suonava la chitarra. C’erano anche Kris Kristofferson, George Jones, Gary Morris, Bill Miller e un set gospel con Dailey & Vincent, questi i brani:

  1. Pickin’ Time 
  2. Sunday Morning Coming Down 
  3. Cry, Cry, Cry 
  4. Why Me 
  5. If I Were a Carpenter 
  6. Sunnyside 
  7. Ballad of Ira Hayes 
  8. No One Gets Out of Here Alive 
  9. Rock Island Line 
  10. Five Feet High and Rising 
  11. Suppertime 
  12. When the Roll Is Called Up Yonder 
  13. Daddy Sang Bass 
  14. Same Old Me 
  15. I Got Stripes 
  16. Wind Beneath My Wings 
  17. Hallelujah 
  18. After All This Time 
  19. No Memories Hanging ‘Round 
  20. Get Rhythm 
  21. Seven Year Ache 
  22. Radio Operator

L’edizione del 2012 è prevista per ottobre e oltre a molti degli artisti della scorsa edizione ci saranno anche Willie Nelson, Dierks Bentley e i Civil Wars. Il ricavato dei concerti e dei dischetti viene utilizzato per il restauro della Johnny Cash Boyhood Home di Dyess, Arkansas.

That’s all folks!

Bruno Conti