Un Cantautore Anomalo E Pure Il “Bluesman” Non Scherza. Bill Carter – Bill Carter

bill carter bill carter

Bill Carter – Bill Carter – Forty Below Records

Bill Carter, da non confondere con il semi-ritirato ex leader degli Screaming Blue Messiahs, è un musicista americano, texano per la precisione, la cui reputazione come autore è per certi versi inversamente proporzionale a quella come artista in proprio: infatti il musicista, basato ad Austin, pur avendo una cospicua discografia che conta su una decina di album (compreso questo) viene ricordato soprattutto come colui che ha scritto Why Get Up?, per l’album Tuff Enuff dei Fabulous Thunderbirds, e sempre con la moglie Ruth Ellsworth (nonché con Layton, Shannon e Wynans) Crossfire, apparsa su In Step di Stevie Ray Vaughan, e arrivata al n°1 delle classifiche Mianstream Rock di Billboard. Con la moglie ha firmato pure un redditizio brano per uno spot di una ditta di cereali, che gli ha permesso con il ricavato di campare per diversi anni nel difficile mondo della musica (tutto fa curriculum), ma sempre per SRV anche Willie The Wimp, oltre a brani incisi da  Robert Palmer, Counting Crows, Storyville, Omar and The Howlers, Brian Setzer Orchestra, Ruth Brown, John Anderson e Waylon Jennings.

Lo scorso anno, sempre per la piccola etichetta Forty Below Records (la stessa che pubblica gli ultimi album di John Mayall), aveva rilasciato un buon album come Innocent Victims And Evil Companions, dove apparivano Charlie Sexton, Danny Freeman e Kimmie Rhodes, in quella consueta miscela che fonde blues, rock e roots music texana, sin dai lontani tempi dell’esordio del 1985, disco dove appariva la crema dei musicisti del Lone Star State, a partire da Jimmie Vaughan, poi bissato nel 1988 in Loaded Dice, l’unico pubblicato da una major, la Epic, e con un brano Na Na Ne Na Nay, firmata con Stevie Ray. Da allora si è sempre arrabattato, partecipando anche al progetto West Memphis 3, scrivendo per Damien Echols un brano, Anything Made Of Paper, che poi in coppia con Johnny Depp ha eseguito al David Letterman Show.

Ora, dopo oltre 30 anni di onorata carriera, ha deciso di incidere questo album che è una sorta di summa e riassunto del suo lavoro, disco inciso in solitaria, dove rivisita molti dei brani più celebri del suo repertorio in veste acustica. E devo dire che, anche se lo preferisco in veste elettrica, l’album omonimo giustifica le antiche radici della sua famiglia, proveniente dal Kentucky, che sono legate ad A.P. Carter della leggendaria Carter Family. L’apertura è ovviamente affidata alla celebre Crossfire, e il buon Bill, che è anche un discreto chitarrista acustico e possiede una buona voce, rende giustizia al suo pezzo più famoso, con una versione intensa dagli elementi più roots e folk che blues; a seguire Why Get Up, dove con chitarra e armonica cerca di replicare il drive blues-rock del pezzo dei Fabulous Thunderbirds, in parte riuscendoci, anche se la canzone in veste elettrica aveva ben altro risultato.

Discorso che vale un po’ per tutti i brani di questo CD: un disco onesto e sentito, ma che non ci fa mai sobbalzare sulla poltrona, ribadendo lo status di Carter soprattutto come autore più che come interprete. Comunque la versione, con armonica quasi dylaniana di Anything Made Of Paper, ha molti elementi del miglior cantautorato texano, con una bella melodia e un refrain cantabile, che appassiona l’ascoltatore alla storia “incredibile” che racconta. Jacksboro Highway è un altro brano ambientato nelle vaste distese del Texas, e l’aveva incisa anche John Mayall in un suo disco del 1990, la versione da folksinger di Bill Carter comunque non dispiace. Il disco ha un suono scarno e minimale, ma, ripeto, pur non essendo indimenticabile, si lascia ascoltare con piacere, non è un brutto disco, se amate i dischi di musicisti dall’aria intensa e vissuta qui potreste trovare pane per i vostri denti, come conferma la movimentata vicenda di Willie The Pimp. Sono tutte canzoni che sarebbero ideali per essere interpretate da musicisti diversi. Come dite? Lo hanno fatto. Ah già, è vero!

Anche Paris, ancora con un eccellente lavoro all’armonica, è nuovamente una canzone dall’afflato melodico ed avvolgente, anche in veste acustica, come pure Eva Bible, che invece vira decisamente verso un approccio blues dalle parti del Mississippi. That’s What I’m Doing Here, con qualche piccola percussione sparsa ad integrare il sound, è un’altra buona composizione del nostro, che anche in versione “ridotta” mantiene il suo tocco autorale, poi ribadito di nuovo nella complessa ed incalzante Fire On The Wire, che con una veste elettrica probabilmente farebbe un figurone (se non l’avesse già incisa su Unknown, il disco del 2013). Stesso discorso per la conclusiva Richest Man che era su Loaded Dice, l’album del 1988, anche se le versioni acustiche di Bill Carter pur non avendo l’allure e la classe, che so di un Richard Thompson, non sono per nulla disprezzabili.

Bruno Conti