Non Male Per Uno Morto Da 35 Anni! Bob Dylan – Fallen Angels

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Bob Dylan – Fallen Angels – Columbia/Sony CD

Il titolo del post si riferisce ad una clamorosa gaffe di Raffaella Carrà, che nel corso del suo programma The Voice, commentando la performance di Like A Rolling Stone da parte di un concorrente, ha asserito che Bob Dylan è morto da ormai 35 anni, confondendolo certamente con Bob Marley (e durante la consegna del meritato Tapiro da parte di Striscia La Notizia ha detto che con tutti quei Bob (!) si è confusa…certo perché esistono anche Bob Geldof, Bob Weir, Bob Hope, Bob Sinclar, Bobby Solo e Bob Aggiustatutto, povera Raffa bisogna capirla).

Tornando alle cose serie, Bob Dylan è vivo e vegeto ed anche piuttosto attivo discograficamente, se a distanza di poco più di un anno dall’apprezzato Shadows In The Night http://discoclub.myblog.it/2015/02/01/leggendeci-si-intende-bob-dylan-shadows-the-night/ , esce con un nuovo lavoro (il 20 Maggio per l’esattezza) intitolato Fallen Angels, che come già saprete prosegue il discorso del CD precedente, cioè la rilettura da parte dell’ex menestrello di alcuni standard della musica americana, tutti con il comune denominatore di essere stati interpretati anche da Frank Sinatra (tranne una piccola eccezione che vedremo tra poco). Così come il suo predecessore, anche Fallen Angels è stato inciso nei Capitol Studios di Los Angeles (pare addirittura che i brani provengano dalle stesse sessions, anche se non è sicuro) e vede Bob, in veste anche di produttore con il solito pseudonimo Jack Frost, accompagnato dalla sua touring band, formata da Charlie Sexton, Donnie Herron, Tony Garnier, Stu Kimball e George Receli. E l’approccio non è cambiato: Bob ed i suoi pards affrontano questi brani immortali con il consueto mood jazzato, notturno e discreto, preferendo alle orchestrazioni tipiche di questo genere di canzoni il metodo “per sottrazione”, rivestendo la voce particolare di Dylan versione crooner (che affronta i pezzi con un rigore formale inusuale per lui) con un accompagnamento in sordina, quasi a volume abbassato, proprio con lo scopo di omaggiare le melodie di questi evergreen.

Il risultato finale è ancora egregio, anche se personalmente preferisco di poco Shadows In The Night, forse per un maggior effetto sorpresa, ma anche per una più variegata gamma stilistica: infatti i brani di Fallen Angels vengono trattati tutti più o meno allo stesso modo, con arrangiamenti molto low-profile e con poche variazioni ritmiche, e forse c’è anche da considerare la possibilità che il meglio fosse confluito nel primo volume e che il secondo sia stato pianificato soltanto in seguito (dopotutto nella sua lunga carriera poche volte Bob ha pubblicato dei sequel, a memoria mi viene in mente la trilogia religiosa Slow Train ComingSaved Shot Of Love ed i due album acustici di classici folk e blues Good As I Been To You e World Gone Wrong). Comunque, considerando quanta porcheria gira nel modo musicale, avercene di dischi così. Ecco di seguito una breve disamina di otto dei dodici brani di Fallen Angels, in quanto quattro di essi erano già usciti un mese fa su un CD singolo per il mercato giapponese (ed in tutto il mondo in vinile per il Record Store Day), e quindi vi rimando al mio post dedicato http://discoclub.myblog.it/2016/04/08/gustoso-antipasto-attesa-maggio-della-portata-principale-bob-sinatra-scusate-dylan-melancholy-mood/ : tra parentesi ho deciso di non mettere gli autori dei brani (ben tre di essi portano la firma del grande Johnny Mercer), ma mi limiterò ad indicare alcune versioni tra le più note oltre a quelle di Sinatra.

Young At Heart (Perry Como, Tony Bennett, Bing Crosby, ma anche Shawn Colvin e Tom Waits) vede la steel di Herron come strumento dominante, il classico accompagnamento quasi in punta di piedi e Bob che canta in maniera fluida e discorsiva; Maybe You’ll Be There (The Four Aces, Gordon Jenkins, Gene Pitney, Diana Krall) è lenta e languida, aperta da un malinconico violino e con la voce quasi carezzevole di Dylan a prendere per mano l’ascoltatore, mentre Polka Dots And Moonbeams (Gil Evans, Sarah Vaughn, John Denver) è meno laconica nei suoni, ha un mood molto jazzato ed un bellissimo assolo di chitarra acustica nell’intro, subito doppiato dalla steel: Bob arriva dopo più di un minuto e mezzo, e la sua voce è quasi uno strumento aggiunto. All The Way (Billie Holiday, Neil Sedaka, Bobby Darin ma anche la nostra Mina), ancora raffinata e di gran classe, è una delle scelte migliori, un brano da assaporare in tarda serata, sul divano preferito e sorseggiando un cognac d’annata. Skylark (l’unica eccezione di cui dicevo prima, ancora Bing Crosby, Glenn Miller, Aretha Franklin ma niente Old Blue Eyes), ha una bella chitarrina pizzicata, il violino, batteria spazzolata ed il nostro che procede senza sbavature, magari cantasse con questa precisione anche i pezzi suoi; Nevertheless (Count Basie, Frankie Laine, Dean Martin, Liza Minnelli, Harry Nilsson, Rod Stewart e mille altri) non cambia ritmo, la canzone è bella ma qui Dylan è quasi sonnolento nel porgerla, anche se la band lo segue senza battere ciglio come al solito. On A Little Street In Singapore (ancora Miller, Dave Brubeck, Manhattan Transfer e pochi altri, forse il brano più oscuro della raccolta) è appena un po’ più mossa, ma tra tutte a mio parere è quella che meno si adatta alla vocalità di Bob, mentre con It Had To Be You (Ruth Etting, Ginger Rogers) si ritorna su atmosfere notturne, la voce è quasi lasciata da sola all’inizio, poi entra la band con la solita discrezione ed il pezzo è condotto in porto senza problemi.

Di Melancholy Mood, All Or Nothing At All, That Old Black Magic e Come Rain Or Come Shine vi ho già detto il mese scorso. Ancora un lavoro raffinato e di classe per Bob “Sinatra” Dylan, ma adesso, e credo di parlare a nome di molti, vorrei un bel disco di canzoni nuove, e possibilmente rock.

Marco Verdi