Ecco Un Altro Che Non E’ Capace Di Fare Dischi Brutti! Chip Taylor – A Song I Can Live With

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Chip Taylor – A Song I Can Live With – Train Wreck CD

James Wesley Voight, fratello del famoso attore Jon Voight e quindi zio di Angelina Jolie, noto nel mondo musicale con lo pseudonimo di Chip Taylor, è un cantautore classico, di quelli ormai sempre più rari, e da vari anni a questa parte pubblica dischi con una continuità sia quantitativa che qualitativa disarmante. Chip deve la sua fama principalmente a due canzoni, Angel In The Morning e soprattutto Wild Thing, scritte in passato e portate al successo rispettivamente da Merrilee Rush e dai Troggs, ma ha anche una lunga carriera discografica, piuttosto avara di soddisfazioni ma di grande livello artistico. Solo negli ultimi anni ha pubblicato alcuni tra i più bei dischi di puro cantautorato usciti sul mercato, dal semi-antologico New Songs Of Freedom, ai bellissimi Songs From A Dutch Tour e Yonkers, NY, all’ambizioso triplo The Little Prayers Trilogy, allo straordinario Block Out The Sirens Of This Lonely World, il preferito dal sottoscritto tra quelli elencati. A Song I Can Live With arriva a meno di un anno dal buon Little Brothers http://discoclub.myblog.it/2016/06/30/cantautori-cosi-ne-fanno-piu-chip-taylor-little-brothers/ , e devo dire che è persino meglio: Taylor propone dodici canzoni nuove di zecca nel suo consueto stile pacato ed acustico (ma il pianoforte ha un’importanza fondamentale nell’economia del suono), brani semplici e lineari ma dalle melodie toccanti, dove la grande protagonista è la sua voce calda e profonda, invecchiata ma di grande fascino, quasi sussurrata e con le sue tipiche pause e sospiri che sono ormai una delle caratteristiche principali del suo modo di fare musica.

Chip al solito si circonda di pochi musicisti, ma di alto livello, a partire dall’ormai abituale partner Goran Grini, ottimo pianista ed arrangiatore norvegese di origine slava, passando per il superbo chitarrista John Platania, per anni alla corte di Van Morrison, fino al noto Greg Leisz, steel guitarist supremo. Un disco di ballate, dal sound spoglio (non c’è neppure la batteria), ma forse anche per questo ancora più intenso: peccato per l’assenza dei testi all’interno della confezione, in quanto Chip è sempre molto interessante anche dal punto di vista lirico. Crazy Girl apre il disco con un delicato duetto tra chitarra acustica e piano, subito seguito dalla voce calda del nostro, che alterna momenti di puro talkin’ ad altri in cui tira fuori all’improvviso una melodia toccante, con il tocco geniale di un corno in sottofondo. Sentite Until It Hurts, più che altro parlata: pochi oltre a Chip sono in grado di provocare brividi con due accordi in croce ed il solo uso della voce (bello anche il riferimento nel testo alle morti di David Bowie e Lou Reed, con la rievocazione di una cena tra l’ex Velvet Underground ed Eric Andersen); New York In Between è pura e limpida, una vera songwriter’s tune, con un motivo semplice e struggente ed il solito pianoforte discreto ma indispensabile.

Young Brooks Flow Forever è da pelle d’oca, e la voce quasi impastata di Taylor è protagonista in positivo, a pari merito con il piano di Grini, un musicista dalla chiara impostazione classica; Little Angel Wings è ancora dominata dal talkin’ intenso del nostro, ed un flauto combinato con la steel di Leisz dona un pizzico di colore, mentre Joan Joan Joan, ancora pianistica (e dedicata a sua moglie), è deliziosa. Siamo solo a metà disco, ma anche le altre sei canzoni sono sullo stesso (alto) livello, a partire dalla splendida (ed ancora causa di ripetuti brividi) Hey Lou, seguita dalla più cupa Senorita Falling Down, mentre la title track è una canzone tipica del nostro, magari già sentita ma dallo straordinario impatto emotivo (e qui la steel è decisamente l’arma in più). Il CD si chiude con altre tre gemme, tra le quali la più brillante è senz’altro la bellissima Save Your Blues And Your Money, nobilitata da un motivo di prim’ordine ed un accompagnamento scintillante anche se scarno. Chip Taylor si conferma con A Song I Can Live With uno dei migliori cantautori in circolazione, ed i suoi album con cadenza annuale ormai sono diventati una piacevole abitudine.

Marco Verdi

Di Cantautori Così Non Ne Fanno Più! Chip Taylor – Little Brothers

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Chip Taylor – Little Brothers – Train Wreck/Ird CD

Nonostante abbia scritto brani come Angel In The Morning (grande successo per Juice Newton nel 1981 e prima ancora nella Top Ten USA del 1968, cantata da Merrilee Rush), ma soprattutto la celeberrima Wild Thing, il pezzo che da solo ha praticamente definito l’intera carriera dei Troggs (e di cui Jimi Hendrix suonò una versione formidabile al Monterey Pop del 1967), Chip Taylor (nome d’arte di James Wesley Voight, come è anche indicato sulla copertina del CD di cui mi accingo a parlare) è da sempre considerato un outsider, quasi un personaggio di secondo piano, soltanto perché non ha mai avuto successo come artista solista, ma solo come autore per conto terzi, soprattutto con i due brani citati prima. Attivo come performer dall’inizio degli anni settanta, Taylor ha inciso molto, interrompendosi solo per un lungo periodo che comprendeva tutti gli anni ottanta (il nadir di popolarità per molti musicisti “originali”) e metà circa dei novanta, ricominciando però con regolarità solo dagli anni duemila, sia da solo che in coppia con la brava Carrie Rodriguez. Chip è sempre stato un cantautore puro, di stampo classico, voce, chitarra e poco altro, ma con una straordinaria capacità di costruire melodie intense ed immediatamente fruibili, unite ad un feeling non comune; con gli anni poi la sua voce ha assunto tonalità calde e pastose che in diversi casi sono state l’arma in più per far funzionare a dovere le sue canzoni: il suo stile rilassato, confidenziale, a metà quasi tra cantato e parlato, è uno dei suoi marchi di fabbrica, e negli ultimi anni raramente ha sbagliato un colpo.

https://www.youtube.com/watch?v=xIjn5C0RDKc

Infatti, a partire dallo straordinario New Songs Of Freedom del 2008 (ma anche andando a ritroso) , che era una sorta di compilation con però diversi brani nuovi, il nostro non ha mai deluso, e in alcuni casi (parlo almeno per me) ha addirittura entusiasmato: tra i suoi lavori più riusciti ricordo senz’altro il bellissimo Songs From A Dutch Tour (che a dispetto del titolo non è un live), lo splendido Block Out The Sirens Of This Lonely World, uno dei miei dieci dischi del 2013 http://discoclub.myblog.it/2013/06/27/una-trasferta-norvegese-chip-taylor-block-out-the-sirens-of/ , e l’ambizioso triplo CD The Little Prayers Trilogy di due anni orsono. E poi uno che come chitarrista utilizza John Platania, cioè il bandleader per anni di “Mr. Esigenza” Van Morrison (compreso nel leggendario live It’s Too Late To Stop Now, appena ristampato http://discoclub.myblog.it/2016/06/14/sempre-stato-difficile-fermarlo-nuova-versione-espansa-piu-dei-live-piu-belli-sempre-van-morrison-its-too-late-to-stop-now-ii-iii-iv-dvd/ ), non è certo un personaggio qualunque (in Norvegia gli hanno pure dedicato un tributo http://discoclub.myblog.it/2013/03/16/dalla-norvegia-con-passione-paal-flata-wait-by-the-fire-song/.

Ora Chip torna con un CD nuovo di zecca, Little Brothers, nel quale ci regala otto brani nuovi di zecca, di stampo autobiografico (e non è la prima volta, lo aveva già fatto in Yonkers, NY http://discoclub.myblog.it/2009/11/07/chip-taylor-yonkers-ny/ ), a partire dalla copertina che lo vede ritratto in una foto di quando era bambino assieme ai suoi due fratellini (cioè il famoso attore Jon Voight, e quindi Chip è anche lo zio di Angelina Jolie, e Barry Voight che è un famoso geologo e vulcanologo). Anche in questo disco Taylor ci delizia con una serie di ballate acustiche di rara intensità, alternandole con brevi racconti parlati nel suo tipico stile, accompagnato da pochi ma validissimi compagni di viaggio: oltre al fido Platania, abbiamo il bravissimo Goran Grini al piano ed organo (oltre che alla produzione) e un paio di bassisti che si alternano, Bill Troian e Grayson Walters, alcuni sporadici backing vocalist (tra cui i suoi nipoti) e nessuna batteria. Il disco si apre con Barry And Buffalo, una tipica canzone delle sue, in cui all’inizio Chip parla, accompagnandosi alla chitarra, in perfetto relax (ma a me, sarò parziale. piace pure quando parla), per poi infilare all’improvviso un ritornello cantato da brividi, complice anche il pianoforte di Grini. E poi anche le pause ed i sospiri del nostro fanno parte della struttura ritmica del brano. Bobby I Screwed Up è più canzone, Chip canta da subito (anche se quasi sussurrando), l’accompagnamento chitarristico è forte seppur acustico, e l’organo fornisce un prezioso background, mentre con Enlighten Yourself siamo ancora in pieno talkin’, anzi all’inizio Taylor parla proprio, come se raccontasse una storia (ci sono anche dei suoni di clacson!), poi comincia ad arpeggiare la chitarra ed introduce una melodia molto intensa, quindi ricomincia a parlare in fretta, e faccio fatica a stargli dietro, per poi finire ancora con la parte cantata, il tutto in maniera decisamente informale, ma non priva di fascino.

La title track è un altro talkin’, ma stavolta la musica non abbandona mai il brano, grazie anche ad un refrain semplice ma diretto e ad un bel connubio tra la chitarra di Platania e l’organo di Grini, risultando piacevole e raffinato. Refugee Children, anch’essa anticipata da una lunga introduzione parlata (strano!), è una toccante ballata nella quale viene fuori la particolare bravura del nostro nel creare grande pathos con solo chitarra, piano, basso e la sua voce profonda (sul finale c’è anche un coro di bambini, per una volta non fuori posto, visto l’argomento della canzone). St. Joan, dedicata a sua moglie, è un altro gran pezzo di cantautorato puro, tre strumenti in croce (ma che bel pianoforte), una voce calda ed un motivo semplice ma in grado di trasmettere grandi emozioni; Time Goes By e Book Of Hope proseguono sulla stessa linea, anzi sono ancora più lente ma forse, specie la seconda, ancora più struggenti. Il CD si chiude con una breve ripresa di Enlighten Yourself: in definitiva ancora un album davvero riuscito per Chip Taylor, un cantautore di quelli di cui hanno buttato via lo stampo.

Marco Verdi