Il Ritorno Di Un’Artista Decisamente Trasformata. Maria McKee – La Vita Nuova

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Maria McKee – La Vita Nuova – Fire Records/Afar CD/Book

Era da diversi anni che non sentivo parlare di Maria McKee, per l’esattezza dal 2007 quando la cantante losangelena aveva dato alle stampe il discreto Late December. Dopo lo scioglimento dei Lone Justice, una delle più fresche e migliori rock’n’roll bands degli anni ottanta, Maria sembrava destinata ad una luminosa carriera solista, impressione confermata dal suo splendido secondo album You Gotta Sin To Get Saved, un’accattivante miscela di rock, pop, Americana ed errebi che fu uno dei dischi più riusciti del 1993 (nonché il suo lavoro più venduto). Life Is Sweet del 2006 non era malaccio, ma negli anni seguenti Maria si era persa un po’, con pochi album pubblicati e nessuno di essi che si elevasse da un grigio anonimato. In questi tredici anni di silenzio di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, e La Vita Nuova (titolo ispirato dall’omonima opera di Dante) ci restituisce una McKee completamente trasformata rispetto a quella che avevamo lasciato nel 2007. In questo tempo Maria si è spostata a Londra, ha letto molto, soprattutto i classici (non solo Dante ma anche poeti anglosassoni come W.B. Yeats e William Blake), ma principalmente è stata la sua vita privata ad essere sconvolta, dato che ha scoperto ben dopo la cinquantina di essere attratta in misura maggiore dalle persone del suo stesso sesso, cosa che le ha fatto cambiare radicalmente il modo di rapportarsi col prossimo e, non ultimo, l’ha portata a separarsi dal marito Jim Akin (ma non artisticamente, dato che l’ex consorte è indicato come produttore del nuovo lavoro).

La Vita Nuova è quindi il lavoro più personale di Maria dal punto di vista dei testi, con canzoni di chiara ispirazione letteraria che trattano dell’amore nelle sue varie sfaccettature, ma è per quanto riguarda la musica che il cambiamento è più radicale: siamo infatti alle prese con un disco di ballate molto discorsive (qualche detrattore potrebbe definirle verbose), canzoni dalla vena intimista e profonda ma con melodie decisamente poco immediate, lontanissime dalle atmosfere dei primi lavori da solista e soprattutto da quelle rock’n’roll del periodo Lone Justice. La McKee è un’artista nuova (ed il titolo del disco è perfettamente in tema), che più che da Tom Petty è influenzata dalle ballate classiche di Joni Mitchell e dalle atmosfere eteree di Kate Bush, ed i brani riflettono questa nuova visione musicale: pochi strumenti (suonati in gran parte da Maria stessa, più Akin al basso e Tom Dunne alla batteria), spesso coadiuvati da un’orchestra di 19 elementi che aggiunge pathos alle composizioni. Un album bello ma non facile, che se approcciato con la dovuta attenzione non mancherà di emozionare l’ascoltatore. L’iniziale Effigy Of Salt è una ballata morbida e molto discorsiva, cantata con voce squillante e con un sottofondo musicale che contrappone una base rock ad interventi orchestrali non invasivi. Page Of Cups si stacca un po’ dal resto del lavoro, in quanto è un folk-rock elettrico con un’aria vagamente sixties, un pezzo chiaramente influenzato dal fratello di Maria, Bryan MacLean, chitarrista, membro fondatore ed anche co-autore dei Love (proprio la leggendaria band guidata da Arthur Lee), scomparso negli anni novanta a soli 52 anni: la melodia è abbastanza complessa e poco memorizzabile, ma rimane comunque scorrevole.

Bella la pianistica Let Me Forget, una rock ballad dal motivo intenso e diretto, una strumentazione fluida ed il solito background a base di archi: un gran bel pezzo. I Should Have Looked Away è costruita esclusivamente intorno al pianoforte ed alla voce avvolgente di Maria, un brano a cui non manca il feeling nonostante la strumentazione ridotta all’osso, mentre Right Down To The Heart Of London inizia con la medesima struttura ma il suono si arricchisce subito con l’arrivo dell’orchestra per quasi sette minuti in crescendo, un pezzo che denota una notevole maturità compositiva. La title track è una ballata full band ancora con un motivo molto articolato, cantata alla grande e con un arrangiamento reso maestoso dagli archi; Little Beast è un intenso bozzetto per voce e piano, ed è seguito dalla lunga (più di sette minuti) Courage, una rock ballad che parte piano (voce, chitarra acustica, pianoforte ed un riff elettrico nelle retrovie) e a poco a poco si arricchisce di suoni ed anche il ritmo si fa cadenzato: indubbiamente uno dei pezzi centrali del CD. Ceann Brò è più sul versante folk che rock, con la linea melodica che ricorda certe cose della Mitchell, The Last Boy e I Never Asked sono ancora pianistiche e profonde (meglio la seconda, con un motivo migliore e meno ripetitivo), l’espressiva Just Want To Know If You’re Alright è invece a metà tra le atmosfere tipiche del disco e l’ispirazione che deriva ancora dal suono dei Love. L’album termina con la struggente Weatherspace, in cui vedo ancora tracce della bionda Joni, e con la lenta ed acustica However Worn, decisamente interiore.

La Vita Nuova è quindi un lavoro di alto spessore artistico, che ci fa scoprire il lato più profondo della personalità di Maria McKee: un disco bello ma non per tutti, e specialmente non per quelli che hanno ancora in testa il periodo Lone Justice e quello appena seguente.

Marco Verdi

Alla Scoperta Della “Joni Mitchell” Neozelandese. Nadia Reid – Out Of My Province

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Nadia Reid – Out Of My Province – Caroline Records/Spacebomb/Universal

Ammetto, con colpevole ritardo, che non conoscevo questa Nadia Reid, giovane cantautrice neozelandese di Port Chalmers (figlia di un’attrice teatrale), giunta oramai al suo terzo disco, dopo l’esordio passato quasi inosservato di Listen To Formation, Look For The Sign (15), e del seguente Preservation (17), due lavori che però, nonostante la poca visibilità ottenuta, per gli addetti ai lavori facevano già presagire un’ulteriore crescita potenziale, che puntualmente si è verificata con questo nuovo lavoro Out Of My Province, registrato nella lontana America e precisamente a Richmond in Virginia, presso lo studio della Spacebomb Records di Matthew E. White, insieme all’arrangiatore e co-produttore Trey Pollard (all’opera soprattutto con White, ma anche con i Waterboys), con l’aiuto di musicisti del valore dal fidato Sam Taylor alle chitarre elettriche, Cameron Ralston al basso, Brian Wolfe alla batteria e percussioni, Daniel Clarke alle tastiere, e da un’importante sezione fiati composta da J.C. Kuhl, Marcus Tenney, Toby Whitaker, Taylor Barnett, a suonare tromba, trombone e sassofono, e naturalmente Nadia Reid voce, chitarra acustica e elettrica.

La batteria che apre All Of My Love è come un colpo al cuore, con la bellissima voce della Reid che si adegua a tastiere, arpeggi di chitarra, e al suono degli archi, canzone seguita da una High & Lonely che parte solo con chitarra e voce, poi si apre quando entrano basso e batteria, e la canzone assume un tono diverso diventando una grande folk song, per poi passare ad una pop song raffinata e dal ritmo intrigante quale Oh Canada, con la mente che immediatamente ti trasporta in quel meraviglioso posto. Si prosegue con i toni delicati di Heart To Ride con in sottofondo di nuovo una sezione archi che accompagna la voce di Nadia, per poi cambiare il ritmo con la batteria che detta il passo nella “folkeggiante” Other Side Of The Wheel, e una rock song in stile Joni Mitchell anni ’70 come Best Thing, che parte acustica per poi finire elettrica ancora sulle note di un’orchestra d’archi (e si nota molto la mano di Pollard), mentre la lenta I Don’t Wanna Take Anything From You è fieramente sussurrata. Ci si avvia alla fine conThe Future che richiama certe cose dei Mazzy Star (a proposito, di recente ci ha lasciato David Roback), il folk avvolgente dal tocco romantico e malinconico di Who Is Protecting Me, e chiudere infine con la coinvolgente e acustica Get The Devil Out, quasi solo per voce e chitarra, ma di cui si intuiscono le potenzialità melodiche “full band” https://www.youtube.com/watch?v=VoRc9nBYwHo , evocate da questa ragazza che viene dal freddo della Nuova Zelanda.

Dopo aver provveduto ad ascoltare attentamente anche i due dischi precedenti https://www.youtube.com/watch?v=Yay24OXOW3k  e https://www.youtube.com/watch?v=y_Yt-_DS3bI , posso assicurare che Nadia Reid è il nuovo nome da aggiungere alla lista delle cantautrici di riferimento folk di questi ultimi anni, in quanto la scrittura di questa singer-songwriter è eccelsa, in più è anche dotata di una voce calda e affascinante che ricorda a mio parere le tonalità vocali appunto della giovane Joni Mitchell, e che propone una musica che coinvolge, con un “sound” folk molto americano, arricchito in questo Out Of My Province dagli arrangiamenti sofisticati del bravo Trey PollardQuindi per i pochi o tanti che già la conoscono forse non dico nulla di nuovo, invece per tutti gli altri a occhio penso che possa piacere a chi ascolta i dischi di Angel Olsen, Jolie Holland, Laura Marling, e per chi ha amato la stessa Mitchell, magari Sandy Denny, Carol Noonan, Paula Frazer dei Tarnation, insomma con l’ascolto di questo disco la Reid conquisterà il cuore di tutti gli amanti della buona musica.

*NDT: Per quanto mi riguarda, si candida fin da ora ad essere uno dei migliori dischi dell’anno (e sia Mojo che Uncut lo hanno nel frattempo eletto disco del mese)!

Tino Montanari

Più Che Natalizio, Direi Un Album “Invernale”! Judy Collins & Jonas Fjeld – Winter Stories

judy collins winter stories

Judy Collins & Jonas Fjeld – Winter Stories – Wildflower/Cleopatra CD

Quest’anno il mio personale contributo ai dischi natalizi si è limitato al bellissimo e solare Llegò Navidad dei Los Lobos https://discoclub.myblog.it/2019/10/22/tra-los-angeles-ed-il-messico-il-natale-arriva-prima-los-lobos-llego-navidad/ , un lavoro che come ho scritto di stagionale aveva solo i testi delle canzoni; anche l’album di cui mi accingo a scrivere oggi in teoria potrebbe passare per ispirato al Natale, ma in realtà i brani al suo interno non trattano della festività, ma hanno l’inverno come tema principale (e nemmeno tutti). Sto parlando di Winter Stories, ottimo album che vede per la prima volta esibirsi insieme la leggendaria folksinger Judy Collins, 80 anni e non sentirli, ed il songwriter norvegese ma dal cuore americano Jonas Fjeld, diventato popolare nei primi anni novanta per due splendidi album registrati in trio con Rick Danko ed Eric Andersen. Ma non basta: per dare più profondità al suono i nostri hanno chiamato come backing band i Chatham County Line, gruppo country-bluegrass originario di Raleigh, North Carolina e titolare di una corposa discografia in proprio.

E Winter Stories (distribuito dalla nostra “amica” Cleopatra, etichetta che qualche volta, raramente, ci azzecca) si rivela un disco molto bello, dal suono ricco e decisamente roots, un album buono per tutte le stagioni in cui la classe sopraffina dei protagonisti viene fuori alla grande. Judy e Jonas duettano come se lo avessero fatto per anni (ma in più di un brano canta Judy da sola), e talvolta alle lead vocals possiamo ascoltare anche il frontman dei CCL Dave Wilson, mentre il resto della band (John Teer, mandolino e violino, Greg Readling, basso, steel ed organo, Chandler Holt, banjo, Russell Walden, piano, e Bill Berg, batteria) fornisce un background sonoro di tutto rispetto. Le undici canzoni si dividono tra cover, brani vecchi di Judy e Jonas rifatti ed anche tre pezzi nuovi di zecca, scritti per l’occasione da Fjeld con membri dei CCL. La Collins come autrice è presente con tre episodi del suo passato, tutti a tema invernale: la fulgida Mountain Girl, dotata di una melodia limpida e scorrevole e da un accompagnamento da perfetta country song appalachiana (e la voce è ancora bellissima), la folk ballad dal motivo toccante The Fallow Way, cantata e suonata benissimo, e l’intensa e drammatica The Blizzard, con Judy che si accompagna magnificamente al piano.

Abbiamo poi due pezzi anche dal passato di Fjeld: la profonda e vibrante country song Angels In The Snow (che era sul primo album con Danko ed Andersen), con il primo verso cantato in norvegese ed un bel refrain a due voci, e la pianistica e struggente Frozen North (scritta insieme a Hugh Moffatt), unico episodio con il songwriter scandinavo protagonista alla voce in solitudine. I tre brani nuovi iniziano con la lenta e raffinata title track, con un ritornello dal giusto pathos che contrasta apertamente con il ritmo contagioso di Bury Me With My Guitar On, puro bluegrass con ottima prestazione di Teer al mandolino, mentre Sweet Refrain è un brano tenue ed intenso che fonde in maniera mirabile canzone d’autore, roots music ed un tocco di bossa nova. Infine ci sono le cover, a partire da una splendida ripresa di Northwest Passage che apre il CD, grandissima canzone del canadese Stan Rogers (e rifatta in passato anche dal fratello Garnet), una folk song purissima e toccante resa ancora più bella dal contrasto tra la voce cristallina di Judy, quella calda di Jonas (che ricorda un Warren Zevon “invecchiato”) e quella pulita alla Jackson Browne di Wilson: forse il pezzo migliore del disco.

River è proprio il classico di Joni Mitchell, ballata magnifica che Judy tratta con grande rispetto fornendo un’interpretazione di gran classe, mentre Highwayman non ha bisogno di presentazioni: brano di Jimmy Webb che è tra i più belli del songbook americano di sempre, grazie anche alla celebre cover di Willie, Waylon, Kristofferson e Cash (e ricordo anche la stupenda rilettura “al femminile” di quest’anno delle Highwomen), ed anche qui abbiamo Judy che canta in solitudine nonostante la canzone si presti al duetto, regalandoci comunque una versione deliziosa ed emozionante. Un ottimo album quindi questo Winter Stories, uno di quei lavori che riscaldano il cuore: perfetto da suonare la notte del 25 Dicembre nonostante le tematiche più invernali che natalizie.

Marco Verdi

Anche Quest’Anno Ci Siamo: Il Meglio Del 2019 Secondo Disco Club, Parte III

Proseguiamo con la pubblicazione delle liste del meglio del 2019 dei collaboratori del Blog, questa volta tocca a Tino Montanari. Come vedete sono molto creative e diverse tra loro, ognuno le imposta in modo differente, anche con categorie di fantasia, comunque visto che vogliono essere anche dei suggerimenti, delle segnalazioni delle cose più interessanti e sfiziose uscite nel corso dell’anno (nonché pure per il piacere e il divertimento di chi le scrive), qui e là vengono arricchite da video, link a post del Blog e qualche commento inserito dal sottoscritto.

Bruno Conti

P:S Visto che il Post è un po’ lungo e carico di materiale potrebbe caricarsi con lentezza.

POLL 2019

 leonard cohen thanks for the dance

 Disco Dell’Anno

Leonard Cohen – Thanks For The Dance

Canzone Dell’Anno

Leonard Cohen – The Hills

https://discoclub.myblog.it/2019/11/24/il-testamento-postumo-di-leonard-thanks-for-the-dance-leonard-cohen/

Concerto Dell’Anno

Eric Andersen Trio (Featuring Scarlet Rivera) – Spazio Musica Pavia

https://discoclub.myblog.it/2019/11/15/in-attesa-di-futuri-sviluppi-concerto-evento-a-spazio-musica-di-pavia-eric-andersen-scarlet-rivera-eric-andersen-trio-09112019-dal-nostro-inviato/

tom petty the best of everything

Cofanetto Dell’Anno

Tom Petty And The Heartbreakers – The Best Of Everything 1976-2016

*NDB Non è proprio un cofanetto, visto che si tratta di un doppio CD, ma è comunque un modo per tenere vivo il ricordo del biondo rock che ci manca sempre più.

the band the band 2 CD

Ristampa Dell’Anno

The Band . The Band 50th Anniversary

joni mitchell 75 movie

Tributo Dell’Anno

Various Artists Joni 75: A Birthday Celebration 

joe bonamassa live at sydney opera house

Disco Rock

Joe Bonamassa – Live At The Sydney Opera House

https://discoclub.myblog.it/2019/10/23/sia-pure-in-ritardo-ma-non-poteva-mancare-un-suo-nuovo-album-nel-2019-joe-bonamassa-live-at-the-sydney-opera-house/

robert randolph brighter days

Disco Rock-Blues

Robert Randolph & The Family Band – Brighter Days

Proprio in questi giorni è entrato nella cinquina delle nominations ai Grammy come Best Contemporary Blues Album

https://discoclub.myblog.it/2019/08/19/tra-blues-gospel-e-rock-un-chitarrista-eccezionale-con-la-produzione-di-dave-cobb-robert-randolph-family-band-brighter-days/

Disco Folk

Dervish – The Great Irish Songbook

Disco Roots

Tom Russell – October In The Railroad Earth

old crow medicine show live at the ryman

Disco Country

Old Crow Medicine Show – Live At The Ryman

mavis staples we get by

Disco Rhythm & Blues

Mavis Staples – We Get By

teskey brothers run home slow

Disco Soul

Teskey Brothers – Run Home Slow

peter frampton band all blues

Disco Blues

Peter Frampton Band – All Blues

https://discoclub.myblog.it/2019/06/10/una-dichiarazione-di-intenti-sin-dal-titolo-a-sorpresa-un-eccellente-disco-peter-frampton-band-all-blues/

Disco Jazz (??) *NDB Diciamo fusion.

Spyro Gyra – Vinyl Tap

vent du nord territoires

Disco World Music

Le Vent Du Nord – Territories

Disco Gospel

Marc Cohn & Blind Boys Alabama – Work To Do

creedence live at woodstock

Disco Oldies

Creedence Clearwater Revival – Live At Woodstock

Disco Live

archie roach the concert collection

Archie Roach – The Concert Collection 2012-2018

https://discoclub.myblog.it/2019/06/22/forse-il-canto-del-cigno-di-un-grande-aborigeno-australiano-archie-roach-the-concert-collection-2012-2018/ *NDB Forse, perché prossimamente vi presenteremo sul Blog un nuovo CD di Archie Roach.

cheap wine faces cd

Disco Italiano

Cheap Wine –  Faces

the irishman soundtrack

Colonna Sonora

Various Artists – The Irishman

runrig the last dance

Dvd Musicale

Runrig – The Last Dance

Il Meglio Del Resto 

Chris Knight – Almost Daylight

jimmy barnes my criminal record

Jimmy Barnes – My Criminal Record

paul kelly live at sydney opera house

Paul Kelly Live At Sidney Opera House

Nick CaveGhosteen

Van Morrison Three Chords And The Truth

christy moore magic nights

Christy Moore – Magic Nights

*NDB Questo è bellissimo, sarà anche nella mia lista dei migliori dei migliori del 2019, recensione prossimamente sul Blog, prima la leggerete sul Buscadero (tanto è sempre mia).

Jon Brooks & The Outskirts Of Approval – Moth Nor Rust II

doug seegers a story i got to tell

Doug Seegers – A Story I Got To Tell

anderson east alive in tennessee

Anderson East – Alive In Tennessee

*NDB Facciamo un’eccezione visto che è uscito solo in vinile, ma lui è veramente bravo.

Neil Young – Colorado

mary black orchestrated

Mary Black Orchestrated

Recensione sul Blog nei prossimi giorni!

Carrie Newcomer – The Point Of Arrival

janiva magness sings john fogerty

Janiva Magness – Change In The Weather Sings John Fogerty

Mavis Staples – Live In London

beth hart war in my mind deluxe

Beth Hart – War In My Mind

Rickie Lee Jones – Kicks

Lisa Hannigan & Stargaze – Live In Dublin

Loreena McKennitt – Live At The Royal Albert Hall

jude johnstone living room

Jude Johnstone – Living Room

https://discoclub.myblog.it/2019/11/09/canzoni-dal-salotto-di-casa-jude-johnstone-living-room/

allison moorer blood

Allison Moorer – Blood

 

The Delines – The Imperial

black sorrows live at the palms

Black Sorrows Live At The Palms

https://discoclub.myblog.it/2019/05/22/un-altro-disco-che-quasi-non-ce-un-mitico-locale-australiano-per-una-grande-band-black-sorrows-live-at-the-palms/

goats don't shave out the libe

Goats Don’t Shave – Out The Line

subdudes lickskillet

Subdudes – Lickskillet

The Steel Woods – Old News

Purple Mountains – Purple Mountains

doobie brothers live from the beacon theatre

Doobie Brothers – Live From The Beacon Theatre

over the rhine love and revelation

Over The Rhine – Love & Revelation

whiskey myers whiskey myers

Whiskey Myers – Whiskey Myers

session americana north east

Session Americana – North East

Tino Montanari

Cofanetti Autunno-Inverno 2. L’Usignolo Dagli Occhi Azzurri: Prima Parte. Judy Collins – The Elektra Albums, Volume One (1961-1968)

judy collins the elektra albums volume one

Judy Collins – The Elektra Albums, Volume One (1961-1968) – Edsel/Demon 8CD Box Set

A Maggio di quest’anno Judith Marjorie Collins, detta Judy, ha compiuto 80 anni, e per celebrare l’evento la Edsel ha pubblicato ben due cofanetti con la sua discografia completa fino al 1984, cioè fino a quando la folksinger di Seattle ha inciso per la Elektra, leggendaria etichetta fondata negli anni cinquanta da Jac Holzman. La Collins è considerata giustamente una delle più grandi cantanti folk di tutti i tempi, e nonostante non abbia mai raggiunto la popolarità di Joan Baez, dal punto di vista vocale le due non erano molto distanti, anche se come statura artistica Joan è sempre stata uno o due passi avanti (ci sarebbe poi anche Carolyn Hester, che però ha avuto una carriera decisamente più di basso profilo). Nel corso degli anni Judy ha comunque pubblicato più di un disco di valore, scegliendo con grande perizia le canzoni (è sempre stata principalmente un’interprete, anche se con gli anni ha maturato una buona capacità di scrittura) ed eseguendole con estrema raffinatezza e con la sua splendida voce da soprano a dominare il tutto. *NDB Gli ultimi due, quello in coppia con Stills https://discoclub.myblog.it/2017/09/24/alla-fine-insieme-stephen-e-judy-blue-eyes-e-forse-valeva-la-pena-di-aspettare-stills-collins-everybody-knows/  e in precedenza il disco di duetti di cui mi sono occupato sul Blog https://discoclub.myblog.it/2015/09/23/76-anni-il-primo-album-duetti-judy-collins-strangers-again/ La Collins iniziò da ragazza gli studi musicali a Denver, in Colorado, dove si era spostata con la famiglia, ed inizialmente la sua formazione era quella di una pianista classica: in breve tempo, complice l’innamoramento per il cosiddetto “folk revival” (unito ad una propensione all’attivismo sociale), imbracciò la chitarra acustica e si spostò a New York, dove nel 1960 iniziò ad esibirsi nei locali del Greenwich Village, finché non fu notata appunto da uomini della Elektra e messa subito sotto contratto.

Oggi mi occupo del primo dei due cofanetti The Elektra Albums, che come recita il sottotitolo copre in otto CD il periodo degli anni sessanta nella quasi totalità: stiamo parlando dei dischi migliori di Judy (senza bonus tracks ma con un bel libretto ricco di foto e note ed una rimasterizzazione sonora adeguata), in cui vediamo album dopo album la sua crescita artistica da giovane e un po’ ingenua cantante ad artista completa che “invaderà” anche territori country e rock, spesso incidendo canzoni di altri autori in anticipo sulle versioni originali.

CD1: A Maid Of Constant Sorrow (1961). Un discreto esordio, in cui Judy si esibisce in trio con un’altra chitarra (Fred Hellerman) ed un banjo (Erik Darling). Il tono è perlopiù drammatico e certe interpretazioni sono leggermente enfatiche e declamatorie, e perciò forse si tratta del suo lavoro più datato. Tutti i brani tranne uno (la poco nota Tim Evans di Ewan MacColl) sono tradizionali, e Judy fornisce comunque limpide versioni della title track, The Prickilie Bush (quasi un bluegrass), Wild Mountain Thyme, Oh Daddy Be Gay e Pretty Saro.

CD2: Golden Apples Of The Sun (1962). Stessa struttura in trio del primo disco (ma stavolta due chitarre più basso, ed i compagni sono Walter Reim e Bill Lee), ma un’interpretazione più riuscita e meno sopra le righe, con ottime riletture di Bonnie Ship The Diamond, Little Brown Dog, Tell Me Who I’ll Marry, Fannerio (conosciuta anche come Pretty Peggy-O), oltre ad una trascinante versione folk-gospel del classico di Reverend Gary Davis Twelve Gates To The City.

CD3: Judy Collins # 3 (1963). Splendido album questo, ancora con la Collins accompagnata da due altri musicisti (a volte tre) e dove il chitarrista ed autore degli arrangiamenti è un giovane ed ancora sconosciuto Jim McGuinn, non ancora diventato Roger. I pezzi tradizionali sono presenti in misura molto minore, e cominciano ad esserci canzoni di autori contemporanei a partire da Bob Dylan, in quel tempo già punto di riferimento per ogni folksinger che si rispettasse (Farewell e la classica Masters Of War, pubblicata quasi in contemporanea con Bob). Ci sono anche due tra i primi brani scritti da Shel Silverstein (Hey, Nelly Nelly e In The Hills Of Shiloh), il noto canto pacifista Come Away Melinda (reso popolare prima da Harry Belafonte e poi dai Weavers), oltre alla splendida Deportee di Woody Guthrie. Ma la palma della migliore se la prende l’iniziale Anathea, una stupenda western ballad gratificata da un’interpretazione da pelle d’oca. E dulcis in fundo, due canzoni appartenenti al repertorio di Pete Seeger, The Bells Of Rhymney e Turn! Turn! Turn!, che McGuinn terrà a mente e riproporrà da lì a due anni con i Byrds.

CD4: The Judy Collins Concert (1964). Primo album dal vivo di Judy (sempre in trio), registrato alla Town Hall di New York. La particolarità è che, delle 14 canzoni incluse, solo Hey, Nelly Nelly è tratta dai dischi precedenti, mentre il resto è inedito, e si divide tra brani del cantautore di culto Billy Edd Wheeler (ben tre: Winter Sky, Red-Winged Blackbird e Coal Tattoo), altrettanti di Tom Paxton (My Ramblin’ Boy, Bottle Of Wine e la meravigliosa The Last Thing On My Mind), Fred Neil (Tear Down The Walls), l’allora sconosciuto John Phillps (una deliziosa Me And My Uncle), ed ancora Dylan con una struggente The Lonesome Death Of Hattie Carroll.

CD5: Judy Collins’ Fifth Album (1965). In questo lavoro Judy si affida a qualche musicista in più del solito, introducendo strumenti come dulcimer, piano, armonica e flauto, e con la partecipazione di John Sebastian, Eric Weissberg e del cognato della Baez Richard Farina. Dylan è ancora presente come autore, e con tre pezzi da novanta (Tomorrow Is A Long Time, Daddy, You’ve Been On My Mind e la mitica Mr. Tambourine Man, brano che quell’anno ebbe quindi diverse versioni), ma c’è anche il “rivale” di Bob Phil Ochs (In The Heat Of The Summer, molto bella), e tre classici assoluti del calibro di Pack Up Your Sorrows (proprio Farina), Early Morning Rain di Gordon Lightfoot e Thirsty Boots di Eric Andersen, in anticipo di un anno sul cantautore di Pittsburgh.

CD6: In My Life (1966). In questo album Judy fa una giravolta a 360 gradi: niente atmosfere folk ma un accompagnamento orchestrale a cura di Joshua Rifkin, che però tende a mio giudizio ad appesantire troppo le canzoni, che avrebbero beneficiato maggiormente di arrangiamenti basati su voce e chitarra. Il disco presenta le prime due canzoni mai apparse su album di un giovane poeta e scrittore canadese che farà “abbastanza” strada, tale Leonard Cohen, cioè Dress Rehersal Rag e Suzanne (che è anche l’unico pezzo dall’arrangiamento folk classico); c’è poi il solito Dylan (Just Like Tom Thumb’s Blues), ancora Farina (Hard Lovin’ Loser, un po’ pasticciata), gli “esordienti” su un disco della Collins Randy Newman e Donovan (rispettivamente con I Think It’s Going To Rain Today e Sunny Goodge Street), ed anche i Beatles con la classica title track. Ma, ripeto, la veste sonora delle canzoni non mi convince (il medley tratto dall’opera teatrale Marat/Sade di Peter Weiss è quasi cabarettistico), anche se le vendite daranno ragione a Judy.

CD7: Wildflowers (1967). Questo album prosegue il discorso sonoro del precedente, anzi aumentando l’incidenza delle parti orchestrali, e diventa il disco più venduto nella carriera della cantante (arrivando al numero 5 in classifica), grazie soprattutto al suo unico singolo da Top Ten, cioè una bellissima versione del futuro classico di Joni Mitchell Both Sides Now, che però è anche l’unico pezzo ad avere un arrangiamento pop, con chitarra, basso, batteria e clavicembalo. La Mitchell come autrice è presente anche con l’iniziale Michael From Mountains, ma chi prende davvero piede è Cohen, che dona a Judy ben tre brani: Sisters Of Mercy (splendida nonostante l’orchestra), Priests e Hey, That’s No Way To Say Goodbye; troviamo addirittura una ballata del poeta del quattordicesimo secolo Francesco Landini intitolata Lasso! Di Donna, cantata in un improbabile italiano arcaico (Judy se la cava molto meglio col francese nella Chanson Des Vieux Amants di Jacques Brel). Il disco è comunque importante anche perché contiene le prime tre canzoni scritte dalla Collins (Since You Asked, Sky Fell e Albatross), anche se nessuna di esse si può definire indimenticabile.

CD8: Who Knows Where The Time Goes (1968). Judy lascia da parte le orchestrazioni e ci consegna un bellissimo disco che si divide tra folk, rock e country, con le prime chitarre elettriche ed una serie di sessionmen da urlo, come l’allora fidanzato Stephen Stills (che scriverà Suite: Judy Blue Eyes per lei), il mitico chitarrista di Elvis James Burton, Buddy Emmons alla steel, Chris Ethridge (di lì a breve nei Flying Burrito Brothers) al basso, Van Dyke Parks alle tastiere e Jim Gordon, futuro Delaney & Bonnie e Derek And The Dominos (e molti altri), alla batteria. Judy apre il disco con la rockeggiante Hello, Hooray di Rolf Kempf (che nel 1973 diventerà un classico nel repertorio di Alice Cooper), e poi si destreggia alla grande ancora con un doppio Cohen (una Story Of Isaac per sola voce, organo e clavicembalo, drammatica ed inquietante, ed una countreggiante e più leggera Bird On A Wire), una limpida rilettura del traditional Pretty Polly, un brano “minore” di Dylan (I Pity The Poor Immigrant), la splendida Someday Soon di Ian Tyson, puro country, e l’autografa My Father. Ma i due highlights sono la stupenda ballata di Sandy Denny che intitola il disco (tanto per cambiare di un anno in anticipo sui Fairport Convention), e la lunga (sette minuti e mezzo) First Boy I Loved, brano solido e complesso scritto da Robin Williamson, all’epoca membro di punta dell’Incredible String Band.

Prossimamente mi occuperò del secondo cofanetto, che raccoglierà gli album Elektra dal 1970 al 1984.

Marco Verdi

Un Duo Decisamente Interessante, Lei Una Voce Affascinante. Native Harrow – Happier Now

native harrow happier now

Native Harrow – Happier Now – Different Time Records/Loose Music

I Native Harrrow si presentano come un gruppo, ma come lascia intuire la foto di copertina di questo Happier Time, il “loro” terzo album, che ritrae le gentili e delicate fattezze di Devin Tuel, in effetti si tratta principalmente della creatura di questa musicista dell’area newyorchese, benché abilmente supportata dal membro maschile del gruppo, che c’è e risponde al nome di Stephen Harms, il quale suona tutti gli strumenti, chitarre, tastiere, basso e batteria, lasciando a Devin “solo” la composizione dei brani, la voce solista e una chitarra acustica, che sono poi forse le componenti essenziali di questo sodalizio artistico. La prima cosa che balza all’occhio, anzi all’orecchio, è la bellissima voce della Tuel, non quelle vocettine sospirose che spesso vengono identificate con questo tipo di neo folk alternativo, quanto una cantante affascinante, con un timbro corposo e dalle sofisticate nuances sonore, che se non pareggiano quelle di Joni Mitchell o Sandy Denny (e ce ne vuole) comunque si muovono su quelle coordinate folk-rock anni ’70, che intersecano anche le sonorità dei Fairport Convention o di Nick Drake.

Tutte citazioni e rimandi che ci stanno, ma forse caricano di aspettative eccessive, sia gli ascoltatori, che la comunque brava Devin Tuel, una che da giovane voleva diventare una ballerina classica, poi ha studiato da cantante d’opera, ha passato un momento in cui avrebbe voluto essere Patti Smith, prima di ritirarsi nel suo appartamento al Greenwich Village a New York e, sotto il nome d’arte di Native Harrow,  approdare a questo terzo album, registrato in quel di Chicago ai Reliable Recorders Studios, con la co-produzione di Alex Hall (JD McPherson, The Cactus Blossoms, Pokey LaFarge), album che conferma le buone impressioni dei primi due e contiene tutte le indicazioni ed i rimandi ricordati finora. Il disco in effetti è già uscito da Aprile negli States (e per il download è comunque disponibile), con la stessa distribuzione indipendente dei primi due, ma in Europa, tramite l’etichetta Loose, vedrà una circolazione più curata dai primi di agosto: l’iniziale Can’t Go On Like This, pervasa nel testo dalla puntura della precarietà, musicalmente illustra subito questo suono ricco e ricercato, percorso dalla vocalità sicura e ricca di sfumature della Tuel, deliziosa e sinuosa nel suo approccio, mentre chitarre e tastiere e una ritmica basica, ma comunque presente, avvolgono questo fascinoso strumento che è appunto la sua voce, attraverso un folk-rock vibrante e delizioso, che poi sfocia in How You Do Things, che è il brano più vicino alla Joni Mitchell del periodo Court And Spark, malinconica ma assertiva.

Blue Canyon è un omaggio a quella California immaginata, ma forse mai vissuta, un brano acustico, sognante e intimo, che mi ha ricordato certe cose di Nick Drake, sempre per quella melancolia di fondo che si respira nella canzone; e anche se Happier Now, nonostante il titolo, non trasuda felicità, è comunque un altro bell’esempio della musica soffice e delicata, ma complessa, che si respira negli arrangiamenti raffinati dei Native Harrow, sempre con quella deliziosa voce a galleggiare leggiadra, anche con qualche acrobazia vocale appena accennata. Hard To Take è quella che più si ispira al Van Morrison dei primi tempi, con qualche retrogusto à la Ryley Walker, pur se l’approccio è comunque tipico di una unicità femminile, con Something You Have, che, grazie al bellissimo suono vintage di un organo Hammond, rimanda magari alla Band o alla musicalità più influenzata dal soul di una Laura Nyro meno infervorata.

Arc Iris è più elettrica e mossa, con strati di voci sovraincise e una maggiore urgenza nell’approccio sonoro, grazie alla solista di Harms più presente, mentre Hang Me Out To Dry, dal titolo ironico, con la sua chitarra acustica arpeggiata e un cantato più laconico, ha sempre quelle improvvise aperture “mitchelliane” a nobilitarlo, ed è un altro eccellente esempio della vocalità di Devin, che poi si estrinseca al massimo nella lunga e conclusiva Way To Light, una sorta di fantasia agra ed ironica sulla ricerca di una sontuosa ed ipotetica stabilità, brano che secondo alcuni ricorda il giro musicale di Dear Prudence dei Beatles, ma poi nel calderone sonoro introduce anche una ricorrente e pungente slide che punteggia i crescendo sonori e vocali di questo complesso ed articolato brano, uno tra i più interessanti di questa nuova e valida proposta da inserire nel filone folk-rock e tra i nomi da ricordare.

Bruno Conti

Un Sensazionale Cofanetto Per Uno Dei Tour Più Famosi (e Belli) Di Sempre. Bob Dylan – Rolling Thunder Revue: The 1975 Live Recordings

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Bob Dylan – Rolling Thunder Revue: The 1975 Live Recordings – Columbia/Sony 14CD Box Set

In questi giorni, per l’esattezza dal 12 Giugno in poi (e solo l’11 in poche sale cinematografiche mondiali, in Italia la città scelta è Bologna) uscirà sulla piattaforma Netflix l’attesissimo documentario curato da Martin Scorsese Rolling Thunder Revue: A Bob Dylan Story, che come suggerisce il titolo narra le vicende del famoso tour del 1975 di Bob Dylan con la Rolling Thunder Revue, con immagini di repertorio, sia inedite che riprese dal noto film Renaldo And Clara, diverse performances dal vivo e le testimonianze odierne dei protagonisti di allora, Dylan incluso (spero in una prossima pubblicazione su DVD e BluRay, dato che non ho intenzione di abbonarmi a Netflix solo per vedere un singolo evento). La storia della RTR è abbastanza nota: nel 1975 Dylan era a livelli di popolarità simili a quelli del biennio 1965-66, dopo la trionfale tournée dell’anno prima con The Band, lo splendido album Blood on The Tracks e la pubblicazione del doppio LP The Basement Tapes. Bob non aveva dato seguito a Blood On The Tracks con un tour, ma verso fine anno gli venne appunto l’idea della Rolling Thunder Revue, che si rivelò essere un magnifico carrozzone di musicisti di varia estrazione che girò l’America esibendosi sia in arene già usate per concerti rock che in posti meno canonici, a volte perfino senza alcun battage pubblicitario.

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Una sorta di “anti-tour” quindi, ma che vide il nostro autore di alcune tra le migliori performance della sua carriera, coadiuvato da una super band che vedeva al suo interno chitarristi come T-Bone Burnett, Mick Ronson e Steven Soles, il polistrumentista David Mansfield, la bravissima violinista Scarlet Rivera (scoperta da Dylan stesso mentre suonava per strada) e la sezione ritmica di Rob Stoner al basso e Howie Wyeth alla batteria. Come ciliegina, giravano con Bob artisti del calibro di Joan Baez (che tornava quindi on stage con Dylan dopo dieci anni), Roger McGuinn, Ramblin’ Jack Elliott, Joni Mitchell, Bob Neuwirth, Allen Ginsberg e Ronee Blakley, che avevano tutti, chi più chi meno, dei momenti da solista durante gli spettacoli (Bob aveva invitato ad unirsi al tour anche Patti Smith e Bruce Springsteen, che però declinarono cordialmente in quanto avevano tutti e due una carriera in rampa di lancio).

Il tour ebbe due fasi, intramezzate dalla pubblicazione nel Gennaio del 1976 dell’album Desire (registrato con il nucleo della RTR, senza gli ospiti ma con Emmylou Harris alla seconda voce): l’autunno del 1975 e la primavera del 1976, che vedeva una versione più canonica e meno pittoresca del gruppo, e con meno super ospiti (questa seconda incarnazione è quella immortalata nel live album Hard Rain). Il tour divenne leggendario quindi per le serate del 1975, grazie anche alla forte campagna per la liberazione del pugile Rubin “Hurricane” Carter (incarcerato per triplice omicidio, ma innocente per gran parte dell’opinione pubblica), campagna della quale Dylan fu uno dei principali promotori, e non solo per il popolare singolo Hurricane. Finora questa prima parte del tour, a parte il già citato film Renaldo And Clara (comunque fallimentare) era stata documentata soltanto dal quinto episodio delle Bootleg Series dylaniane (che ora viene ristampato per la prima volta su triplo vinile), un doppio CD bellissimo che però adesso viene reso completamente inutile da questo monumentale cofanetto intitolato Rolling Thunder Revue: The 1975 Live Recordings, un’opera di immenso valore artistico che è anche in un certo senso il compendio audio del film di Scorsese.

Il box, 14 CD più un libretto di 56 pagine, non ha la pretesa di documentare l’intera tournée (com’era successo per l’altro box dylaniano “a cubo” con i concerti del 1966), ma inserisce “solo” le cinque serate migliori e meglio registrate (solo la parte di Bob, non quella in cui si esibiscono gli ospiti), ma con l’aggiunta di ben tre dischetti di prove di studio mai sentite prima neanche nei bootleg, ed un CD di rarità assortite. Il Bootleg Series del 2002 è presente nella sua interezza, e così anche le quattro canzoni del raro EP 4 Songs From Renaldo And Clara, uscito nel 1978, ma il resto è inedito, ed è di qualità manco a dirlo eccezionale. Certo, non mancano le ripetizioni (le scalette dei concerti erano piuttosto rigide), non è stata inclusa la famosa “Night Of The Hurricane” al Madison Square Garden, ma direi che non ci possiamo lamentare ed anzi dobbiamo godere di queste performances, che scivolano via talmente bene che il box si ascolta relativamente in poco tempo. Last but not least, nei dischetti delle prove sono presenti alcuni inediti dylaniani assoluti (anche se alcuni appena accennati), che non verranno mai più ripresi da Bob in seguito. Ma vediamo in dettaglio il contenuto dei 14 CD.

CD 1: S.I.R. Rehersals, New York Ottobre 1975. Registrato in mono come i CD numero 2, 3 e 14 (mentre i concerti sono in stereo) questo dischetto comprende diverse takes incomplete, tra cui una versione improvvisata del traditional Rake And Ramblin’ Boy, una rara I Want You (nel senso che non appariva nelle scalette dei concerti, ed è un peccato perché prometteva bene), una countryeggiante She Belongs To Me cantata con un’insolita voce carezzevole e l’inedita Hollywood Angel, un discreto pezzo di matrice blues. Tra i brani completi abbiamo la gioiosa Rita May, un breve accenno al gospel What Will You Do When Jesus Comes? (altro inedito dylaniano), una struggente Spanish Is The Loving Tongue (doveva proprio piacere a Bob, in quegli anni la ficcava ovunque) ed una ripresa del classico di Peter LaFarge The Ballad Of Ira HayesCD 2. Come il primo, anche questo CD si occupa delle prove ai S.I.R. Studios della Big Apple: come chicche abbiamo due strepitose She Belongs To Me e A Hard Rain’s A-Gonna Fall entrambe in versione blues, un medley fantastico tra This Wheel’s On Fire, Hurricane e All Along The Watchtower e due rarità come Lily, Rosemary And The Jack Of Hearts (eseguita una sola volta durante il tour) e It’s Alright, Ma (I’m Only Bleeding). Ci sono altre due canzoni inedite scritte da Bob, la discreta ballata pianistica Gwenevere e la toccante Patty’s Gone To Laredo (molto bella, peccato sia poi sparita dai radar), senza dimenticare una splendida If You See Her, Say Hello in perfetto stile DesireCD 3: Seacrest Motel Rehersals, Falmouth, MA. Uno dei dischetti più belli del box, solo otto canzoni ma suonate con una professionalità tale che sembrano tratte da un concerto, con gemme come la stupenda Tears Of Rage (con Joan Baez), il traditional Easy And Slow, deliziosa e commovente, tra gli highlights assoluti del cofanetto, e la rara (in questo tour) Ballad Of A Thin Man.

CD 4-5: Worcester 19/11/75. Bellissimo concerto, che inizia con una bella versione, piena e rotonda, di When I Paint My Masterpiece, per poi proseguire con una scattante It Ain’t Me, Babe  ed una ispiratissima The Lonesome Death Of Hattie Carroll, davvero magnifica. Detto di sei lucide e vibranti proposte dall’imminente Desire (Romance In Durango, Isis, Hurricane, Oh Sister, One More Cup Of Coffee e Sara) e di un’eccellente Tangled Up In Blue con Bob da solo sul palco, troviamo anche un delizioso intermezzo elettroacustico con Dylan e la Baez che armonizzano come ai bei tempi con Blowin’ In The Wind, Mama, You Been On My Mind (in puro stile country-rock) ed il traditional Wild Mountain Thyme, e Joan che resta sul palco anche per una bella cover del classico di Merle Travis Dark As A Dungeon ed una fluida I Shall Be Released. Gran finale con Just Like A Woman, Knockin’ On Heaven’s Door (in cui Bob duetta con McGuinn) ed una rilettura quasi bluegrass dell’evergreen di Woody Guthrie This Land Is Your Land, dove anche la Baez, McGuinn, Elliott, Neuwirth e la Mitchell cantano una strofa. CD 6-7: Cambridge 20/11/75. Scaletta pressoché identica a quella dei due dischetti precedenti, con la sola eccezione di Tangled Up In Blue sostituita da una toccante Simple Twist Of Fate, cantata con passione e sentimento. Dylan è in formissima e molti brani sono anche meglio che a Worcester, come per esempio When I Paint My Masterpiece, Romance In Durango, Blowin’ In The Wind e Hurricane.

CD 8-9: Boston 21/11/75, Afternoon Show. Qualche cambiamento in scaletta, come una trascinante A Hard Rain’s A-Gonna Fall dal ritmo sostenuto ed arrangiamento rock-blues, una strepitosa Mr. Tambourine Man acustica (una delle più belle mai sentite) e, nella parte con la Baez, Blowin’ In The Wind e Wild Mountain Thyme sostituite rispettivamente da una splendida The Times They Are A-Changin’ e dalla squisita I Dreamed I Saw St. Augustine, mentre Dark As A Dungeon cede il posto ad una rilettura di Never Let Me Go di Johnny AceCD 10-11: Boston 21/11/75, Evening Show. Una delle migliori serate di tutto il tour, con il ritorno della scaletta “istituzionale”, compresa anche la vivace It Takes A Lot To Laugh, It Takes A Train To Cry al posto di Hard Rain. Non mancano comunque un paio di chicche, cioè un’intensa interpretazione del brano tradizionale The Water Is Wide (con Joan) ed una rara riproposizione di I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met) per voce, chitarra e armonica. CD 12-13: Montreal 04/12/75. Altro concerto strepitoso e scaletta più ricca del solito, 23 canzoni contro le consuete 19/20: abbiamo in aggiunta una fluida Tonight I’ll Be Staying Here With You ed un uno-due acustico da favola con le stupende It’s All Over Now, Baby Blue e Love Minus Zero/No Limit. In più, la migliore It Ain’t Me, Babe di tutte ed altrettante grandissime versioni di Hattie Carroll, Hard Rain, Just Like A Woman, una Sara di rara intensità ed una Blowin’ In The Wind con il ritornello cantato in francese.

CD14: Rarities. L’ultimo dischetto contiene una serie di brani suonati una sola volta durante il tour, o performances comunque particolari, ed inizia con una vera gemma, una toccante One Too Many Mornings a due voci (Bob e Joan), e con Eric Andersen alla chitarra, registrata al Gerde’s Folk City di New York, locale storico del Village in cui si esibì anche un giovane Dylan nel 1961. Si prosegue con una strana Simple Twist Of Fate per sola voce, piano ed una batteria insistita (versione bizzarra, ho sentito di meglio) e con una bella Isis che il violino della Rivera rende più simile a quella finita poi su Desire. Ed ecco un po’ di rarità assortite, una serie di canzoni che vedono Bob esibirsi in acustico e registrate amatorialmente, con una qualità da discreto bootleg anche se le performance sono comunque di grande valore artistico ed i titoli parlano da soli: With God On Our Side, It’s Alright Ma, The Ballad Of Ira Hayes, Your Cheatin’ Heart di Hank Williams (questa registrata un po’ meglio, ma sembra più un rehearsal che un brano live), The Tracks Of My Tears di Smokey Robinson ed una bella rilettura del traditional Jesse James. Chiusura con una tostissima It Takes A Lot To Laugh, It Takes A Train To Cry, incisa a New York durante il concerto “Night Of The Hurricane” e con Robbie Robertson alla chitarra solista. Un cofanetto imperdibile quindi, con un prezzo tutto sommato giusto per il contenuto (circa 70 Euro): alla fine dell’ascolto sarete talmente soddisfatti che 14 CD vi potranno sembrare anche pochi.

Marco Verdi

E’ Ufficiale, Il 7 Giugno Esce Il Box Di 14 CD Bob Dylan The Rolling Thunder Revue: The 1975 Live Recordings

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Bob Dylan – The Rolling Thunder Revue The 1975 Live Recordings – 14 CD Columbia/Legacy – 07-06-2019

Se ne parlava da qualche tempo, ma alla fine è stata ufficializzata l’uscita del cofanetto di Bob Dylan dedicato alla Rolling Thunder Revue del 1975, con le registrazioni di 5 concerti completi di quel tour che attraverso 57 date tenute tra il 30 Ottobre 1975 e il 25 Maggio 1976 portò Dylan e la sua troupe di musicisti, amici e ospiti vari in giro per tutti gli Stati Uniti. Nel cofanetto da 14 CD saranno inclusi anche 3 dischetti con le prove di ottobre 1975 prima del partenza della tournée, e un ulteriore dischetto di rarità registrate durante i vari concerti.

Sempre in quei giorni  (il 12 giugno, e l’11 l’anteprima nei cinema, per poter poi essere candidato agli Oscar occorre anche questa procedura) verrà presentato in alcune sale in giro per il mondo e poi sulla piattaforma di Netflix anche il film di Martin Scorsese Rolling Thunder Revue: a Bob Dylan Story by Martin Scorsese, nella parole di presentazione. in parte un documentario, in parte un film concerto e in parte sogno febbrile, il film cattura lo spirito inquieto dell’America nel 1975 e la musica gioiosa che Dylan ha suonato durante l’autunno di quell’anno. Parte di questo materiale era giù uscita su No Direction Home il documentario sempre di Scorsese su Dylan e soprattutto nel film di His Bobness Renaldo e Clara, per la parte video, e nel volume 5 delle Bootleg Series per la parte audio. Rimangono comunque più di 100 brani mai pubblicati prima.

Il box avrà il seguente contenuto:

DISC 1: S.I.R. Rehearsals, New York, NY – October 19, 1975
DISC 2: S.I.R. Rehearsals, New York, NY – October 21, 1975
DISC 3: Seacrest Motel Rehearsals, Falmouth, MA – October 29, 1975
DISC 4-5: Memorial Auditorium, Worcester, MA – November 19, 1975
DISC 6-7: Harvard Square Theater, Cambridge, MA – November 20, 1975
DISC 8-9: Boston Music Hall, Boston, MA – November 21, 1975 (afternoon)
DISC 10-11: Boston Music Hall, Boston, MA – November 21, 1975 (evening)
DISC 12-13: Forum de Montreal, Quebec, Canada – December 4, 1975
DISC 14: Rare Performances

E andando ancora più nel dettaglio con la lista completa dei brani disco per disco:

[CD1]
1. Rake And Ramblin’ Boy
2. Romance In Durango
3. Rita May
4. I Want You
5. Love Minus Zero/No Limit
6. She Belongs To Me
7. Joey
8. Isis
9. Hollywood Angel
10. People Get Ready
11. What Will You Do When Jesus Comes?
12. Spanish Is The Loving Tongue
13. The Ballad Of Ira Hayes
14. One More Cup Of Coffee (Valley Below)
15. Tonight I’ll Be Staying Here With You
16. This Land Is Your Land
17. Dark As A Dungeon

[CD2]
1. She Belongs To Me
2. A Hard Rain’s A-Gonna Fall
3. Isis
4. This Wheel’s On Fire/Hurricane/All Along The Watchtower
5. One More Cup Of Coffee (Valley Below)
6. If You See Her, Say Hello
7. One Too Many Mornings
8. Gwenevere
9. Lily, Rosemary And The Jack Of Hearts
10. Patty’s Gone To Laredo
11. It’s Alright, Ma (I’m Only Bleeding)

[CD3]
1. Tears Of Rage
2. I Shall Be Released
3. Easy And Slow
4. Ballad Of A Thin Man
5. Hurricane
6. One More Cup Of Coffee (Valley Below)
7. Just Like A Woman
8. Knockin’ On Heaven’s Door

[CD4]
1. When I Paint My Masterpiece
2. It Ain’t Me, Babe
3. The Lonesome Death Of Hattie Carroll
4. It Takes A Lot To Laugh, It Takes A Train To Cry
5. Romance In Durango
6. Isis
7. Blowin’ In The Wind
8. Wild Mountain Thyme
9. Mama, You Been On My Mind
10. Dark As A Dungeon
11. I Shall Be Released

[CD5]
1. Tangled Up In Blue
2. Oh, Sister
3. Hurricane
4. One More Cup Of Coffee (Valley Below)
5. Sara
6. Just Like A Woman
7. Knockin’ On Heaven’s Door
8. This Land Is Your Land

[CD6]
1. When I Paint My Masterpiece
2. It Ain’t Me, Babe
3. The Lonesome Death Of Hattie Carroll
4. It Takes A Lot To Laugh, It Takes A Train To Cry
5. Romance In Durango
6. Isis
7. Blowin’ In The Wind
8. Wild Mountain Thyme
9. Mama, You Been On My Mind
10. Dark As A Dungeon
11. I Shall Be Released

[CD7]
1. Simple Twist Of Fate
2. Oh, Sister
3. Hurricane
4. One More Cup Of Coffee (Valley Below)
5. Sara
6. Just Like A Woman
7. Knockin’ On Heaven’s Door
8. This Land Is Your Land

[CD8]
1. When I Paint My Masterpiece
2. It Ain’t Me, Babe
3. The Lonesome Death Of Hattie Carroll
4. A Hard Rain’s A-Gonna Fall
5. Romance In Durango
6. Isis
7. The Times They Are A-Changin’
8. I Dreamed I Saw St. Augustine
9. Mama, You Been On My Mind
10. Never Let Me Go
11. I Shall Be Released

[CD9]
1. Mr. Tambourine Man
2. Oh, Sister
3. Hurricane
4. One More Cup Of Coffee (Valley Below)
5. Sara
6. Just Like A Woman
7. Knockin’ On Heaven’s Door
8. This Land Is Your Land

[CD10]
1. When I Paint My Masterpiece
2. It Ain’t Me, Babe
3. The Lonesome Death Of Hattie Carroll
4. It Takes A Lot To Laugh, It Takes A Train To Cry
5. Romance In Durango
6. Isis
7. Blowin’ In The Wind
8. The Water Is Wide
9. Mama, You Been On My Mind
10. Dark As A Dungeon
11. I Shall Be Released

[CD11]
1. I Don’t Believe You (She Acts Like We Never Have Met)
2. Tangled Up In Blue
3. Oh, Sister
4. Hurricane
5. One More Cup Of Coffee (Valley Below)
6. Sara
7. Just Like A Woman
8. Knockin’ On Heaven’s Door
9. This Land Is Your Land

[CD12]
1. When I Paint My Masterpiece
2. It Ain’t Me, Babe
3. The Lonesome Death Of Hattie Carroll
4. Tonight I’ll Be Staying Here With You
5. A Hard Rain’s A-Gonna Fall
6. Romance In Durango
7. Isis
8. Blowin’ In The Wind
9. Dark As A Dungeon
10. Mama, You Been On My Mind
11. Never Let Me Go
12. I Dreamed I Saw St. Augustine
13. I Shall Be Released

[CD13]
1. It’s All Over Now, Baby Blue^
2. Love Minus Zero/No Limit^
3. Tangled Up In Blue
4. Oh, Sister
5. Hurricane
6. One More Cup Of Coffee (Valley Below)
7. Sara
8. Just Like A Woman
9. Knockin’ On Heaven’s Door
10. This Land Is Your Land

[CD14]
Per il disco 14 la lista dei contenuti non era completa, ecco la versione esatta
BONUS DISC – RARE PERFORMANCES

1. One Too Many Mornings*
October 24 – Gerdes Folk City, New York City, New York
2. Simple Twist of Fate*
October 28 – Mahjong Parlor, Falmouth, MA
3. Isis
November 2 – Technical University, Lowell, MA
4. With God on Our Side
November 4 – Afternoon – Civic Center, Providence, RI
5. It’s Alright, Ma (I’m Only Bleeding)
November 4 – Evening – Civic Center, Providence, RI
6. Radio advertisement for Niagara Falls shows
Niagara Falls, NY
7. The Ballad of Ira Hayes*
November 16 – Tuscarora Reservation, NY
8. Your Cheatin’ Heart*
November 23
9. Fourth Time Around
November 26 – Civic Center, Augusta, Maine
10. The Tracks of My Tears
December 3 – Chateau Champlain, Montreal Canada
11. Jesse James
December 5 – Montreal Stables, Montreal, Canada
12. It Takes a Lot to Laugh, It Takes a Train to Cry
December 8 – “Night of the Hurricane,” Madison Square Garden, New York, NY

# included in the film Renaldo and Clara (1978 film)
~ released on 4 Songs From “Renaldo And Clara” E.P. (1978 album)
^ released on The Bootleg Series, Vol. 5: Bob Dylan Live 1975 (2002 album)
* included in Rolling Thunder Revue (2019 film)

La band che accompagnava Dylan era formata da Mick Ronson, T-Bone Burnett, Scarlet Rivera, David Mansfield, Steven Soles, Rob Stoner e Howie Wyeth, mentre tra gli ospiti che si avvicendarono nelle varie date ci furono Joan Baez, Roger McGuinn, Joni Mitchell, Ronee Blakely, Ramblin’ Jack Elliott, Bob Neuwirth, Allen Ginsberg e altri. Leggendo i contenuti del cofanetto i concerti riguardano nella loro totalità le date della prima parte del tour, quindi rimangono esclusi quelli che si tennero tra il 18 aprile e il 25 maggio del 1976, dopo l’uscita dell’album Desire avvenuta il 5 gennaio di quell’anno, mentre su Hard Rain il live pubblicato sempre nel 1976 il 13 settembre, finirono gli estratti dai due concerti della Rolling Thunder Revue del 16 e 23 maggio.

Ed ecco anche la lista completa dei musicisti e degli ospiti presenti nel cofanetto

On DISCS 1-13:
Bob Dylan – vocals, guitar, piano, harmonica
Joan Baez – vocals and guitar on “Tears of Rage,” “I Shall Be Released,” “Blowin’ in the Wind,” “Wild Mountain Thyme,” “Mama, You Been on My Mind,” “Dark as a Dungeon,” “The Times They Are a-Changin’,” “I Dreamed I Saw St. Augustine,” “Never Let Me Go,” “The Water Is Wide,” and “This Land Is Your Land”
Roger McGuinn – guitar and vocals on “Knockin’ on Heaven’s Door” and
“This Land Is Your Land”
Guam:
Bobby Neuwirth – guitar, vocals
Scarlet Rivera – violin
T Bone J. Henry Burnett – guitar, vocals
Steven Soles – guitar, vocals
Mick Ronson – guitar
David Mansfield – steel guitar, mandolin, violin, dobro
Rob Stoner – bass, vocals
Howie Wyeth – drums, piano
Luther Rix – drums, percussion, congas
Ronee Blakley – vocals
and
Ramblin’ Jack Elliott – vocals, guitar
Allen Ginsberg – vocals, finger cymbals
Joni Mitchell – vocals

On DISC 14:
Bob Dylan – vocals, guitar, piano, harmonica with
Joan Baez – vocals (2)
Rob Stoner – bass (2)
Eric Andersen, Arlen Roth – guitars (2) Guam (3, 10, 12)
Larry Keegan – vocals (8)
Robbie Robertson – guitar (12)

https://www.youtube.com/watch?v=q0o_0b5abwA

Quindi una occasione più che ghiotta per gustarsi uno degli eventi storici della musica degli anni ’70, pare anche ad un prezzo interessante.

Naturalmente dopo l’uscita del 7 giugno ci sarà la recensione completa del box dell’amico Marco Verdi, che credo venga a saperlo al momento, ma non penso sia colto particolarmente a sorpresa dalla cosa.

Bruno Conti

Un Capolavoro Non Lo E’ Mai Stato, Ma Forse E’ Il Caso Di Rivalutarlo! Byrds – Byrds

byrds - the byrds

Byrds – Byrds – Esoteric/Cherry Red CD

Nel 1973 i Byrds erano di fatto una “dead band walking”, dato che dopo il loro ultimo album (il non disprezzabile Farther Along del 1971, che però vendette pochissimo) si stavano stancamente trascinando in una attività live senza particolari guizzi, e con il leader assoluto Roger McGuinn sempre più scontento della line-up del gruppo. La palla al balzo fu colta da David Geffen, allora boss dell’emergente Asylum, che presentò ai cinque membri fondatori della band californiana (oltre a McGuinn, David Crosby, Gene Clark, Chris Hillman e Michael Clarke) la classica offerta non rifiutabile per un reunion album. I cinque misero da parte per un attimo gli antichi dissapori (e le relative carriere soliste) per registrare quindi un disco formato da nuove canzoni: il lavoro che ne risultò, appropriatamente intitolato Byrds, fu però molto criticato perché palesemente inferiore alle aspettative che erano prevedibilmente altissime, ed anche il successo di pubblico non rispecchiò affatto le speranze dei nostri, Geffen incluso che poi era quello che ci rimetteva di più.

Il problema vero era che Byrds fu il frutto della classica fusione a freddo di un gruppo che tornava insieme solo per motivi finanziari e non per reali esigenze artistiche, con i vari membri che a turno “usavano” i compagni come backing band per le loro canzoni, e quindi senza una vera collaborazione creativa: se aggiungiamo che dopo un po’ riaffiorarono, anche se solo in parte, le vecchie tensioni, si capisce benissimo perché questo disco invece di segnare un nuovo inizio mise la parola fine alla storia di uno dei gruppi più influenti degli anni sessanta (e per un breve periodo si venne a creare la strana situazione di una band che in studio aveva una line-up e dal vivo un’altra completamente diversa, con il solo McGuinn come elemento comune). Diciamo che la reunion non nasceva sotto i migliori auspici, dato che McGuinn, solitamente leader abbastanza dispotico, in questo album rimase stranamente nelle retrovie, Hillman confessò in seguito che si era tenuto le canzoni migliori per il suo debutto solista (che avvenne comunque tre anni dopo, prima ci fu la Hillman-Souther-Furay Band, altro esperimento non molto riuscito), mentre Clarke non aveva mai rappresentato un valore aggiunto per il gruppo, ma “solo” il batterista.

Gli unici “animatori” della reunion furono Crosby, che produsse anche il disco e figurava al centro in tutte le foto promozionali, e soprattutto Clark, che era in gran forma ed ottenne il materiale migliore dell’album. Oggi la Esoteric ha immesso sul mercato la ristampa di questo famoso disco, che non è certo la prima riedizione (l’ultima, targata Raven, è del 2014), ma sicuramente quella con il booklet più esauriente (con le note del noto giornalista e scrittore rock Malcolm Dome) e soprattutto con la rimasterizzazione migliore, tale da far sembrare queste incisioni risalenti a pochi mesi fa, e non vecchie di ben 46 anni. Risentendo il disco (va detto, senza bonus tracks) vorrei rivedere un attimo i giudizi dell’epoca, dato che ci troviamo di fronte ad un’opera di sicuro non imperdibile, e nemmeno ad un lavoro da isola deserta, ma comunque un bell’album con canzoni che vanno dal discreto all’ottimo, e che probabilmente nel 1973 deluse in quanto in quel periodo di dischi a cinque stelle ne uscivano con cadenza quasi mensile. Dicevo di Gene Clark, che ha l’onore di avere i due brani migliori tra quelli nuovi, a cominciare dall’opening track Full Circle (che in un primo momento sembrava dovesse essere anche il titolo dell’album), una splendida country song sostenuta da una melodia deliziosa, con le armonie vocali che ben conosciamo e la strumentazione elettroacustica perfetta; di stampo country è anche Changing Heart, altra bella canzone dal ritmo spedito, un bell’intreccio chitarristico (si sente distintamente anche la mitica 12 corde di McGuinn) e le solite magistrali backing vocals.

 

Dicevo anche di un Roger McGuinn quasi defilato, ed infatti la sua voce si sente solo in due brani, entrambi autografi: Sweet Mary, una ballata acustica dal sapore irlandese che sembra quasi un’anteprima di ciò che Roger farà decadi dopo con il progetto Folk Den, e Born To Rock’n’Roll, che nonostante il titolo è una ballata (rock, certo, ma pur sempre ballata), con un’improvvisa accelerazione ritmica nel ritornello, una buona canzone anche se un pochino al di sotto del potenziale del nostro. David Crosby propone Laughing, canzone splendida che però era già stata pubblicata (in versione diversa ovviamente) due anni prima sul mitico If I Could Only Remember My Name, e che qui comunque si conferma in tutta la sua bellezza, e l’elettrica e nervosa Long Live The King, un pezzo rock sullo stile di Almost Cut My Hair e Long Time Gone, ma non allo stesso livello. I due brani di Chris Hillman non sono poi così male: la roccata Things Will Be Better è comunque all’altezza di quanto poi finirà sul suo debutto solista Slippin’ Away (ed è nobilitata dal classico jingle-jangle sound), mentre Borrowing Time è una pimpante country song dal motivo immediato.

In ogni disco dei Byrds che si rispetti ci sono delle cover, e qui ne troviamo tre, la prima delle quali è un’intensa rilettura della bellissima For Free di Joni Mitchell, affidata alla voce dell’amico Crosby: splendida melodia e sonorità più alla CSN che Byrds. E poi c’è Neil Young che come autore prende il posto che abitualmente nei dischi dei nostri era destinato a Bob Dylan, con ben due composizioni, entrambe cantate da Clark (che quindi aumenta ulteriormente il vantaggio qualitativo sui compagni): Cowgirl In The Sand grandissima canzone in una interpretazione elettroacustica davvero squisita, più country e meno rock di quella del Bisonte canadese, ed una intesa e struggente See The Sky About To Rain, che all’epoca era ancora inedita (Young la pubblicherà l’anno seguente in On The Beach). Se non avete già una delle precedenti ristampe in CD di Byrds, disco che rappresenta il canto del cigno di una delle più grandi band di sempre, questa è quella da avere: non contiene inediti ma dona una veste sonora decisamente migliore ad un lavoro per troppi anni bistrattato.

Marco Verdi

Peccato Che Non Sia Previsto Il DVD (Per Ora). Joni 75: A Birthday Celebration Joni Mitchell Tribute Concert. Esce l’8 Marzo

Various Artists Joni 75 A Birthday Celebration Joni Mitchell tribute concert

Joni 75: A Birthday Celebration – Joni Mitchell Tribute Concert – Decca/Universal 08-03-2019

Lo scorso novembre, in due serate tenute al Music Center del Dorothy Chandler Pavillion di Los Angeles, si è tenuto questo concerto benefico in tributo a Joni Mitchell, per festeggiare il suo 75° compleanno, che è stato appunto il 7 novembre. Le serate sono state riprese dal regista Martyn Atkins, per un film di due ore che include anche interviste effettuate nel dietro le quinte dell’evento, e il tutto verrà trasmesso al cinema, solo in Canada e Stati Uniti, per un unico giorno, il 7 febbraio, poi andrà in onda sulla PBS, la televisione pubblica americana, ma, almeno per ora, purtroppo, niente DVD.

joni mitchell 75 movie

La lista completa dei brani eseguiti nel concerto, ed i musicisti presenti allo stesso, è la seguente:

 “Joni 75” setlist:

1. Court and Spark – Norah Jones 
2. Coyote – Glen Hansard 
3. For the Roses – Diana Krall
4. Blue – Rufus Wainwright 
5. Cold Blue Steel – Emmylou Harris 
6. The Magdalene Laundries – Emmylou Harris 
7. Help Me – Chaka Khan 
8. Dreamland – Los Lobos with La Marisoul, Cesar Castro, Xochi Flores and Chaka Khan
9. Nothing Can Be Done – Los Lobos with La Marisoul
10. River – James Taylor
11. Both Sides Now – Seal 

[Intermission]

1. Our House – Graham Nash 
2. A Strange Boy – Seal 
3. All I Want – Rufus Wainwright
4. Borderline – Norah Jones
5. Amelia – Diana Krall
6. The Boho Dance – Glen Hansard
7. A Case of You – Kris Kristofferson with Brandi Carlile
8. Down To You – Brandi Carlile
9. Two Grey Rooms – Chaka Khan
10. Woodstock – James Taylor 
11. Big Yellow Taxi – full cast

Ma purtroppo, come spesso capita per questi eventi, solo 16 delle esibizioni verranno pubblicate nel CD in uscita il prossimo 8 marzo (festa della donna, sarà un caso?). Dai resoconti che ho letto della serata i brani più apprezzati dal pubblico sono stati la versione di Seal di Both Sides Now, la cui presenza, come quella di altri artisti era stata espressamente richiesta dalla stessa Joni, e che ha ricevuto una standing ovation alla fine della canzone, come pure Brandi Carlile (una grandissima fan), che con la sua voce pura e cristallina da contralto è la più vicina come stile alla giovane Mitchell, ha cantato splendidamente Down To You, ed è risultata con Diana Krall, più vicina alla voce matura della Mitchell della seconda fase della carriera (alle prese con due capolavori come Amelia For The Roses), quelle che hanno raccolto i maggiori apprezzamenti dalla critica. Per il resto c’erano anche alcuni amici dell’epoca californiana dei primi anni ’70, nella fattispecie Kris Kristofferson JamesTaylor, che aveva suonato in due pezzi di Blue, non quelli interpretati nella serata, oltre alla vecchia fiamma Graham Nash che è stato l’unico a cantare un pezzo non composto da Joni Mitchell, quella Our House che raccontava la loro breve ma intensa storia d’amore. Nella pattuglia femminile presenti anche Emmylou Harris che ha candidamente confessato che la parte di chitarra di Cold Blue Steel (non presente nel CD) era decisamente superiore alle sue capacità tecniche, troppo complessa, Chaka Khan, che cantava nell’originale di Dreamland, qui eseguita dai Los Lobos, mentre lei ha cantato Help Me e Two Grey Rooms, infine Norah Jones. Quindi complessivamente un ottimo cast, con qualche mancanza significativa.

La house band che accompagnava i musicisti era strepitosa: guidata dal batterista Brian Blade e dal pianista Jon Cowherd, con l’aggiunta di Greg Leisz Marvin Sewell alle chitarre, Ambrose Akinmusire alla tromba, Jeff Haynes  percussioni, Chris Thomas basso, Bob Sheppard sax e fiati vari, e per la seria a volte ritornano, Scarlet Rivera al violino. Ecco la lista dei brani inclusi nel CD.

1. Dreamland – Performed by Los Lobos
2. Help Me – Performed by Chaka Khan
3. Amelia – Performed by Diana Krall
4. All I Want – Performed by Rufus Wainwright
5. Coyote – Performed by Glen Hansard
6. River – Performed by James Taylor
7. Both Sides Now – Performed by Seal
8. Our House – Performed by Graham Nash
9. A Case Of You – Performed by Kris Kristofferson & Brandi Carlile
10. Down to You – Performed by Brandi Carlile
11. Blue – Performed by Rufus Wainwright
12. Court And Spark – Performed by Norah Jones
13. Nothing Can Be Done – Performed by Los Lobos
14. The Magdalene Laundries – Performed by Emmylou Harris
15. Woodstock – Performed by James Taylor
16. Big Yellow Taxi – Performed by La Marisoul, James Taylor, Chaka Khan, and Brandi Carlile

Ne parleremo più diffusamente al momento dell’uscita, per ora prendete nota.

Bruno Conti