Anticipazioni Della Settimana (Ferr)Agostana, Prossime Uscite Di Settembre: Parte II. Paul Simon, Yes, Bob Seger, Kathy Mattea, Mike Farris

paul simon in the blue light 7-9

Eccoci alla seconda parte delle uscite di settembre, quelle di venerdì 7.

Il nuovo album di Paul Simon In The Blue Light sarà un disco autocelebrativo, nel senso che Simon ricanterà 10 sue vecchie canzoni in versioni con arrangiamenti nuovi di zecca, sempre aiutato in ambito di studio dal suo vecchio produttore Roy Halee, che collabora con lui sin dagli anni ’60. La scelta dei brani, effettuata dallo stesso Paul, è caduta su una serie di pezzi ripescati con cura dallo stesso artista tra le sue composizioni preferite, tra le meno note del suo songbook, estratte da There Goes Rhymin’ Simon (1973), Still Crazy After All These Years (1975), One-Trick Pony (1980), Hearts and Bones (1983), The Rhythm of The Saints (1990), You’re The One (2000) e So Beautiful Or So What (2011).

Tra i musicisti che hanno partecipato alle registrazioni dell’album, oltre al vecchio amico Steve Gadd, ci sono alcune scelte interessanti provenienti dalla scena jazz, tra cui Wynton Marsalis alla tromba, Bill Frisell alla chitarra, sempre alla batteria Jack DeJohnette e il quintetto cameristico yMusic. Questo disco sarà la prima parte di una coppia di dischi, diciamo “commemorativa”, per festeggiare quello che dovrebbe il suo ultimo tour, e sarà seguito da un altro album, intitolato Alternate Tunings, che conterrà versioni alternative e rarità pescate dall’archivio di Simon.

Nell’attesa ecco la tracklist completa di In The Blue Light, con il sesto brano del CD in particolare che è una delle mie canzoni preferite in assoluto di Paul Simon (e so che anche molti altri amano moltissimo Hearts And Bones, il disco splendido, ma meno celebrato di altri, da cui è tratto il brano). Etichetta Sony Legacy. 

1. One Man’s Ceiling Is Another Man’s Floor
2. Love
3. Can’t Run But
4. How The Heart Approaches What It Yearns
5. Pigs, Sheep And Wolves
6. René And Georgette Magritte With Their Dog After The War
7. The Teacher
8. Darling Lorraine
9. Some Folks’ Lives Roll Easy
10. Questions For The Angels

yes live at the apollo 7-9

Sempre il 7 settembre è in uscita, per la Eagle/Universal, un disco per celebrare i 50 anni di carriera degli Yes. Anche se, in modo un po’ surretizio, è presentato come Yes Featuring Jon Anderson, Trevor Rabin and Rick Wakeman, non propriamente la formazione più celebre e più rappresentativa della band inglese, che nel 2017 è stata “indotta” nella Rock And Roll Hall Of Fame, e quindi per festeggiare l’evento è tornata on the road con una serie di concerti culminata con questo Live At The Apollo, che non è quello celeberrimo di New York bensì una sala concerti di Manchester. Mancano Steve Howe e Chris Squire (scomparso nel 2015), ma anche tra i batteristi Alan White o Bill Bruford: Howe e White suonano al momento, con Geoff Downes, in un’altra formazione parallela degli Yes, dove ci sono anche Billy Sherwood e il cantante Jon Davison, mentre a completare la line-up di questo disco dal vivo ci sono Lee Pomeroy e Lou Molino III, basso e batteria, che francamente non conosco. Diciamo una situazione incasinata, anche se creata con l’accordo dei due tronconi del gruppo che possono utilizzare entrambi il nome Yes grazie ad un clausola stipulata da Squire, quando era ancora in vita, con Jon Anderson.

Il disco, come al solito, esce in varie versioni, 2 CD, DVD o Blu-ray, 3 LP e se la formazione della band non è forse quella più rappresentativa, molto delle canzoni sicuramente lo sono, e la dimensione Live sicuramente giova alla riuscita.

Ecco tutti i brani di Live At The Apollo: pochi, perché molti sono lunghissimi e anche sotto forma di medley.

1. Intro / Cinema / Perpetual Change
2. Hold On
3. I’ve Seen All Good People : (i) Your Move (ii) All Good People
4. Lift Me Up
5. And You & I (i) Cord Of Life (ii) Eclipse (iii) The Preacher, The Teacher (iv) Apocalypse
6. Rhythm Of Love
7. Heart Of The Sunrise
8. Changes
9. Long Distance Runaround / The Fish (Schindleria Praematurus)
10. Awaken
11. Make It Easy / Owner Of A Lonely Heart
12. Roundabout

bob seger heavy music 7-9

Dopo l’album di fine anno scorso di Bob Seger, si è creato di nuovo interesse per la sua musica e quindi si va a ripescare anche nei primordi della sua carriera, quando era un giovane rocker dell’area di Detroit, alla guida di un gruppo The Last Heard, che ha lasciato solo una manciata di 45 giri registrati tra il 1966 e il 1967 per la Cameo Records e che vengono raccolti ora in Heavy Music, una sorta di compilation che verrà pubblicata dalla ABKCO, non una piccola etichetta,  visto che fa parte del gruppo Universal ed è quella che abitualmente pubblica in USA il materiale anni ’60 degli Stones.

Partiamo di un disco per completisti ovviamente, ma sembra interessante, sentire per credere qui sopra, tra psych e garage, puro Nugget sound. Ecco la lista dei contenuti.

1. Heavy Music (Part 1)
2. East Side Story (Vocal)
3. Chain Smokin’
4. Persecution Smith
5. Vagrant Winter
6. Very Few
7. Florida Time
8. Sock It To Me Santa
9. Heavy Music (Part 2)
10. East Side Sound (Instrumental)

kathy mattea pretty bird 7-9

Kathy Mattea è una delle voci più interessanti del country americano (quello di qualità), vincitrice di due Grammy ed autrice di molti album, sin dall’esordio nel 1984 con il suo debutto omonimo, sempre con uno stile che incorporava folk e bluegrass nel suo songbook (e un pizzico di rock). Proprio la voce, che è uno dei suoi tratti distintivi, ha subito, a causa di una malattia, dei cambiamenti negli ultimi anni, e quindi la cantante si era presentata titubante alle registrazioni per il nuovo album Pretty Bird (anche questo finanziato con il crowdfunding della Kickstarter Campaign), il primo dal 2012 in cui fu pubblicato l’ultimo CD Calling Me Home. La nuova prova uscirà, sempre il 7 settembre, per la Captain Potato, con la distribuzione Thirty Tigers, ed è stato prodotto dallo specialista Tim O’Brien, anche eccellente chitarrista, violinista e mandolinista (ma suona tutti gli strumenti a corda e ha pure una copiosa carriera solista in proprio). E la Mattea con una serie di lezioni vocali ha ripristinato un timbro vocale diverso, ma sempre ricco ed affascinante, che ricorda quasi la Joni Mitchell,degli anni ’80, mi sembra molto bello il disco a giudicare da questa piccola anteprima che evidenzia anche elementi gospel.

mike farris silver and stone 7-9

Gospel, soul e rock, che sono diventati il nuovo credo di Mike Farris da qualche anno a questa parte, nella sua seconda parte di carriera, dopo essere stato per molti anni il selvaggio cantante degli Screamin’ Cheetah Wheelies. Dopo alcuni album dove il gospel era la fonte principale del sound, e in cui comunque influivano elementi rock e blues, con questo Silver & Stone Farris ritorna maggiormente ad un sound rock classico, grazie anche alla presenza di alcuni musicisti di pregio, dal batterista di Memphis, Gene Chrisman, al mago dell’organo Hammond B3  Reese Wynans (Double Trouble) ai chitarristi Doug Lancio (Patty Griffin, John Hiatt) e Joe Bonamassa.

Ecco un breve assaggio che testimonia della bontà dei contenuti di questo album e della bellissima voce di Farris, il CD è in uscita per la Compass Records, sempre il 7 p.v. Se per caso vi erano sfuggiti, cercate anche quelli vecchi, ne vale assolutamente la pena https://discoclub.myblog.it/2014/09/29/ex-peccatore-convertito-al-grande-gospel-soul-mike-farris-shine-for-all-the-people/ .

Ed ecco anche la lista completa dei brani del disco.

1. Tennessee Girl
2. Are You Lonely For Me Baby?
3. Can I Get a Witness?
4. Golden Wings
5. Let Me Love You Baby
6. Hope She’ll Be Happier
7. Snap Your Fingers
8. Breathless
9. Miss Somebody
10. When Mavis Sings
11. Movin’ Me
12. I’ll Come Running Back To You

Bruno Conti

Recuperi Di Fine Stagione: Un Altro Album Di Duetti, Molto Meglio Del Primo! John Prine – For Better, Or Worse

john prine for better, or worse

John Prine – For Better, Or Worse – Oh Boy CD

Sono sempre stato un grande estimatore di John Prine, uno dei più brillanti cantautori americani degli ultimi quaranta anni che, ad inizio carriera, ha pagato oltremisura il fatto di essere stato inserito dai media nella categoria dei “nuovi Dylan”, una specie di bacio della morte per gli artisti in questione (penso ad Elliott Murphy, Steve Forbert o Dirk Hamilton *NDB Anche Sammy Walker, che forse era quello che assomigliava di più al vecchio Bob) al quale l’unico ad essere sopravvissuto alla grande (nel senso di aver avuto successo di pubblico e commerciale) è stato Bruce Springsteen. Prine ha comunque sempre proseguito per la sua strada, costruendosi un bello zoccolo duro di fans, con il sue stile pacato ma profondamente ironico, e la sua capacità di scrivere grande canzoni con pochi accordi, attingendo al suo background folk e country. Ma John non è mai stato considerato un country artist vero e proprio, i suoi dischi andavano oltre le categorizzazioni (The Missing Years del 1991, uno dei suoi lavori più belli in assoluto, era invero abbastanza rock): il primo disco totalmente country John lo ha pubblicato nel 1999, In Spite Of Ourselves, un album nel quale collaborava con una serie di colleghe ed amiche, nella più pura tradizione dei duetti country tra uomo e donna (ed i brani erano tutte covers di classici). In Spite Of Ourselves era un buon disco, ma a mio parere non un grande disco: mancava la scintilla, la zampata, ed i duetti erano più o meno proposti in maniera scolastica e senza guizzi particolari, rendendo l’album un esercizio alla lunga abbastanza sterile.

A distanza di diciassette anni Prine decide di dare un seguito a quel disco, ma For Better, Or Worse è tutta un’altra cosa: c’è più passione, più convinzione, ed anche più feeling, e le alchimie fra John e le sue partners funzionano alla grande, facendo di questo album uno dei migliori country records dell’anno (e ve lo dice uno che non ama alla follia i dischi di duetti). Prine è in buona forma, la voce è diventata più fragile, un po’ per l’età ma anche per i seri problemi di salute che ha avuto (pare superati al meglio), ma la differenza la fanno proprio le performances delle cantanti invitate a far parte del progetto, tra l’altro in numero maggiore rispetto al precedente episodio (undici contro nove, e con solo due di loro in comune nei due dischi: Iris DeMent e la moglie Fiona Prine). Di nuovo il repertorio è costituito da covers (l’ultimo album di Prine con canzoni nuove risale ormai al 2005, il peraltro bellissimo Fair & Square), e John è assistito alla produzione dal veterano Jim Rooney, e con un’ottima band, che comprende tra gli altri il fedele (a John) chitarrista Jason Wilber, il noto steel guitarist Al Perkins e l’ottimo pianista Pete Wasner, un gruppo con un suono molto classico e discreto, senza interventi sopra le righe, anche perché giustamente le protagoniste del disco sono le voci di John e delle sue colleghe.

Il CD si apre con Who’s Gonna Take The Garbage Out, in origine un duetto tra Ernest Tubb e Loretta Lynn, proprio con la DeMent ospite (perché non proprio la Lynn invece? Dopotutto è ancora viva ed in ottima forma), una country song pimpante e fresca, con un bel contrasto tra la voce limpida di Iris e quella segnata dal tempo di John. Storms Never Last è un brano di Jessi Colter la cui versione originale era proposta con il marito Waylon Jennings: qui c’è Lee Ann Womack, ed il pezzo, una western ballad coi fiocchi, è riletta in maniera molto pacata dal duo. La tenue Falling In Love Again (Don Williams) vede la brava Alison Krauss al microfono, che impreziosisce la dolcissima melodia con il suo timbro cristallino; Color Of The Blues, di George Jones, è il capolavoro del disco, uno scintillante honky-tonk con una splendida Susan Tedeschi, che si adatta invero in maniera straordinaria ad un genere che non è il suo, al punto che mi viene da chiedermi come sarebbe tutto un disco country da parte sua. La brava Holly Williams si alterna con John nella frizzante e godibile I’m Tellin’ You, uno swing d’altri tempi che originariamente era cantato da sua nonna, Audrey Williams, moglie del grande Hank. Remember Me (Scott Wiseman) vede l’intervento di Kathy Mattea, una delle voci più belle tra quelle coinvolte nel progetto, per un brano malinconico e molto cantautorale, ma dal pathos notevole, mentre Look At Us, con Morgane Stapleton (moglie di Chris), è un honky-tonk che più classico non si può, anche se forse è il pezzo più recente tra quelli presenti, essendo parte del songbook di Vince Gill.

Dim Lights, Thick Smoke And Loud, Loud Music, pezzo che ha avuto decine di versioni, da Flatt & Scruggs a Dwight Yoakam (qui c’è Amanda Shires, l’attuale signora Isbell) , è ancora gustosa e swingata, una delle più mosse del CD, e molto bella è anche Fifteen Years Ago (Conway Twitty), ancora con la Womack protagonista. Cold Cold Heart è la canzone più famosa tra quelle presenti, essendo uno dei superclassici di Hank Williams, e John la interpreta in maniera rigorosa in compagnia di Miranda Lambert; anche Dreaming My Dreams è molto nota, una ballata tra le più belle di Waylon Jennings, con ancora la brava Kathy Mattea ad alternarsi con Prine. Kacey Musgraves è una delle country-rockers più dinamiche tra le emergenti del panorama attuale, e la vivace Mental Cruelty, di Buck Owens, è perfetta per lei, mentre Mr. & Mrs. Used To Be, ancora di Tubb & Lynn ed ancora con Iris DeMent, è un altro country tune terso e profondamente melodico, con un eccellente Wasner al piano. Il CD si conclude con la fluida My Happiness (Jim Reeves), nella quale John è raggiunto dalla moglie Fiona (che non è una cantante professionista ma se la cava egregiamente), e con Just Waitin’, un pezzo tra i meno noti di Hank Williams, che vede John chiudere in solitudine, con un talkin’ ironico che sembra più un brano suo che un classico del grande Hank.

Se In Spite Of Ourselves non vi aveva convinto del tutto, fate vostro senza problemi questo For Better, Or Worse, è tutta un’altra cosa. Adesso però mi piacerebbe rivedere John Prine alle prese con un album composto interamente da lui.

Marco Verdi