Veterani Ma Indipendenti, All’Insegna Della Purezza. Yonder Mountain String Band – Love, Ain’t Love

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Yonder Mountain String Band – Love, Ain’t Love – Frog Pad CD

La Yonder Mountain String Band, quintetto originario del Colorado, è ormai tra le realtà consolidate del cosiddetto movimento new grass. Pur rimanendo fieramente indipendente, la YMSB è infatti in attività da quasi vent’anni, si è costruita uno zoccolo duro di fans grazie anche alle esibizioni dal vivo, e ha pure una sua etichetta discografica personale: il suo percorso per certi versi è simile a quello degli String Cheese Incident, che però sono più rock e forse hanno dalla loro una maggiore creatività, anche se spesso tendono a partire per la tangente. La YMSB ha invece un approccio decisamente più tradizionale ed acustico, ed è una vera e propria string band, in quanto tutti e cinque i suoi elementi (Adam Ajala, Dave Johnston, Ben Kaufmann, Jacob Jolliff e Allie Kral) suonano strumenti a corda rigorosamente con la spina staccata, che siano chitarra, banjo, mandolino (Jolliff, uno dei più bravi), basso o violino, ma spesso con una forza tale che non ci si accorge dell’assenza della batteria. Un po’ come gli Old Crow Medicine Show (che però la batteria ce l’hanno e sono anche obiettivamente più bravi), hanno il loro punto di forza nelle esibizioni dal vivo, durante le quali i pezzi tratti dai loro album possono diventare vere e proprie jam: non si spiegherebbe altrimenti il fatto che, vicino ai sei album di studio pubblicati tra il 1999 ed il 2015, nella loro discografia trovano posto ben cinque dischi live, i vari volumi della serie Mountain Tracks.

Questo nuovissimo Love, Ain’t Love (l’equivalente del nostro “m’ama, non m’ama”), che esce a due anni da Black Sheep, prosegue il loro discorso, fatto di brani di pura country music con spiccate attitudini bluegrass, anche se la particolarità è che le canzoni non hanno il sapore di vecchi traditionals, ma bensì una struttura ed uno script moderni, soltanto che sono suonate con l’attitudine dei gruppi di un’altra epoca. Love, Ain’t Love ha tredici canzoni, tra pezzi strumentali ed altri cantati (da tutti i membri del gruppo), una produzione asciutta ad opera della band stessa ed un approccio ormai maturo e collaudato verso i vari brani, suonati tutti con grande perizia tecnica ma anche abbondante feeling: un dischetto dunque godibile e ben fatto, che non mancherà di soddisfare i numerosi estimatori del gruppo. Il brano di apertura, Alison, ha una melodia ed uno sviluppo moderni, quasi fosse un country-rock suonato però con strumenti acustici, un bel refrain ed i vari componenti del combo che iniziano a far sentire le loro abilità. Fall Outta Line è un breve strumentale in cui è il mandolino a fare da solista, ed il violino prende traiettorie trasversali, non necessariamente in sintonia con gli altri; Bad Taste è puro country, limpido e cristallino, e ricorda non poco certi episodi bucolici della Nitty Gritty Dirt Band, mentre Take A Chance On Me (gli Abba non c’entrano) è praticamente un altro strumentale, in quanto il testo si riduce ad un paio di frasi nel refrain, ed è un pezzo di bravura tra il mandolino di Jolliff e la chitarra di Ajala.

Chasing My Tail è una rock song acustica, me la immagino suonata con le chitarre elettriche, ma anche così ha il suo perché e denota una certa grinta, Used To It è l’unica canzone con il piano, che assume il ruolo di protagonista per una ballata intensa e non priva di pathos, mentre Eat In Go Deaf (Eat Out Go Broke) è la prima vera e propria grass jam, con il mandolino suonato in maniera velocissima e strepitosa ed il resto della YMSB che tiene il passo, per più di cinque minuti ad alto tasso di coinvolgimento strumentale. Dancing In The Moonlight è l’unica cover, ed è proprio il notissimo pezzo dei King Harvest, un gruppo dei primi anni settanta che è stato un vero one hit wonder: un motivo che credo conoscano tutti, con un arrangiamento che dona ancora più freschezza ad un pezzo già solare di suo, mentre con On Your Dime i nostri riprendono il filo della jam, una pura bluegrass song, stavolta cantata, con gli strumenti che viaggiano come treni; Kobe The Dog ha il banjo come protagonista, e di tutti i brani è forse quello che più sa di tradizione, a differenza della vivace Last Of The Railroad Men, che è sempre country ma con un sapore più attuale. Il CD si chiude con la tonica Up For Brinkley’s, dal ritmo forsennato, e con la caraibica e godibile Groovin’ Away, una sorta di reggae acustico che mostra ancora una volta che i nostri oltre che bravi sono anche creativi.

Un dischetto che mi sento quindi di consigliare, ovviamente se vi piace il genere.

Marco Verdi

Un Album Di “Spiriti Liberi” . Walt Wilkins & The Mystiqueros – Wildcat Pie & The Great Walapateya

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Walt Wilkins & The Mystiqueros – Wildcat Pie & The Great Walapateya – Folk Walt CD

Da quando ha avuto la brillante idea di formare i  Mystiqueros (una sorta di “dream team” di musicisti e cantautori texani), Walt Wilkins (di cui su queste pagine ho recensito il precedente lavoro Plenty http://discoclub.myblog.it/2012/07/15/texan-troubadour-walt-wilkins-plenty/  ) non sbaglia un colpo. Il buon Walt dopo aver trascorso anni a scrivere brani poi portati al successo da altri suoi colleghi (i primi due che mi vengono in mente Ricky Skaggs e Pat Green) e pellegrinando per minuscole “indie labels”, arriva al decimo album, il quinto con i fidati Mystiqueros, Diamonds In The Sun (07) che includeva la sua “perfect song” Trains I Missed http://www.youtube.com/watch?v=OGesD7hQLms , Vigil (09), Agave (10), il già citato Plenty (12), arrivando a questo Wildcat Pie & The Great Walapateya (dal titolo alquanto enigmatico e una difficile reperibilità). In questa occasione la line-up del gruppo gira intorno a Ray Rodriguez alla batteria e percussioni,  il basso di Bill Small, con il supporto di Marcus Eldridge e Jimmy Davis alle chitarre, il cantautore Brian Langlinais (è in uscita a breve un disco per l’etichetta italiana Ultrasound Records), oltre ovviamente alla bella moglie Tina Wilkins come vocalist aggiunta.

walt wilkins mystiqueros

Wildcatpie & The Great Walapateya è un disco forte e onesto, dosa con classe brani country-pop come le iniziali Its Only Rain http://www.youtube.com/watch?v=LI_3NXnREsA , King For A Day e Hold Me Tight, il blues-soul di Somebody http://www.youtube.com/watch?v=663C_H57Ecs , tracce di matrice texana quali Love & a Good Buzz, From Here To There, Under The Midnight Sky, Believe http://www.youtube.com/watch?v=85_tq70aAes , l’honky-tonky di Salinda http://www.youtube.com/watch?v=q3JHfJASU8o e If I Had A Little Truck, il ruvido gospel-blues sudista di This Old House, ballate suadenti come She Must Be Out Of Her Mind e Down Where The River Flows, e nelle 17 tracce non potevano mancare “cover” d’autore come Streets Of Baltimore di Harlan Howard (qualcuno ha detto Gram Parsons e Emmylou Harris?) http://www.youtube.com/watch?v=EWIRdvvwioA , il Doug Sahm di Beautiful Texas Sunshine, Give Me Strength di Eric Clapton e quella Dancing In The Moonlight di Sherman Kelly, portata al successo nel lontano ’73 dai King Harvest.

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E’ molto probabile che a Wilkins una band come i Mystiqueros sarà utile pure dal vivo (anche per il suo vecchio repertorio) in quanto tendono ad assimilare e sovrapporre stili diversi, dove una fisarmonica, un piano honky tonk e steel guitars varie producono canzoni che nella poetica di Walt Wilkins equivalgono a uno di quei rari momenti dove le stesse hanno ancora una loro importanza.

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Sicuramente un CD in cui credere, che si fa apprezzare per canzoni scritte e suonate come si deve, anche se ovviamente non se ne accorgerà nessuno.

Tino Montanari