Altro Chitarrista Da Appuntarsi Sul Taccuino O Nello Smartphone, O Dove Volete. Tas Cru – You Keep The Money

tas cru you keep the money

Tas Cru – You Keep The Money – Self-released 

Ufficialmente questo album è uscito negli ultimi giorni del dicembre 2014, ma poi la reputazione del disco è cresciuta nel corso del 2015, tanto da meritarsi l’inserimento tra i migliori dischi blues dell’anno in alcune classifiche di settore americane (per la precisione tra Buddy Guy e Shemekia Copeland, con Robert Cray il migliore, tutti regolarmente recensiti sul Blog). Tas Cru, come si può evincere dalla copertina, non è più un giovanotto di belle speranze, ha una lunga carriera discografica alle spalle, con sei album, compreso questo, pubblicati dalla proprie etichette, più uno didattico per bambini, molto piacevole, Even Bugs Sings The Blues (e un altro in arrivo). Il nostro amico vive e opera musicalmente nella zona di New York, dove è uno dei musicisti più rispettati nell’ambito east-coast blues, e propone un blues elettrico che si rifà ai grandi del passato, partendo dal suono della Sun Records che ammira moltissim, un tocco appena accennato di Chicago Blues, il southern boogie, per ottenere infine un rock-blues che cita i grandi chitarristi del passato e lo avvicina a gente come Tom Principato, Tinsley Ellis, Duke Robillard e soci, a cui mi sentirei di accostarlo, forse un gradino sotto.

Accompagnato da una buona band che consta, tra gli altri, di Dick Earl Ericksen all’armonica, Ron Keck percussioni, Dave Olson batteria e Bob Purdy, basso, oltre ad alcune voci femminili di supporto e le tastiere di Chip Lamson, piano e Guy Nirelli, organo. Questo disco, dicono, nasce dall’incontro su un palco con il nipote del grande musicista del Delta, T-Model Ford e si avvale di dodici composizioni originali dello stesso Cru, partendo dalla title-track che ha un sapore latineggiante, vagamente alla Santana, con le due vocalist Mary Ann Casale e Alice “Honeybea” Ericksen che aggiungono pepe alla buona voce di Tas (non una cosa da ricordare negli annali delle 12 battute, ma un cantante più che adeguato), con armonica, organo e percussioni, e, perché no, un basso funky e rotondo che fornisce un adeguato sfondo per le evoluzioni chitarristiche di Cru. Niente male A Month Of Somedays, un ballata blues, che ci porta dalle parti di Ronnie Earl o Duke Robillard, con il preciso raccordo tra la solista di Tas che ci regala un bel solo, nitido e ricco di feeling, con l’organo sullo sfondo a “scivolare” con gran goduria https://www.youtube.com/watch?v=7VFtNkHPYX8 . Half The Time, tra country, rock, boogie e un pizzico di blues, mi ha ricordato un incrocio tra il solismo del primo Knopfler nei Dire Straits e certe cose degli ZZ Top, sempre con voci di supporto, organo, armonica e percussioni a rendere più ricco un suono ben arrangiato.

La Belle Poutine, è uno strumentale d’atmosfera, a metà strada tra Gary Moore e Ronnie Earl, con piano elettrico e organo che sottolineano l’ottimo lavoro d’insieme https://www.youtube.com/watch?v=66u-30wLUAo , mentre Heart Trouble vira decisamente verso un funky marcato, sempre con la chitarra protagonista. A Little More Time, ancora con qualche traccia santaneggiante, di quello balladeer, anche per l’uso dell’organo, poi vira verso un sound tra pop e easy jazz, molto piacevole, con Bad Habit, uno shuffle che è forse quello più vicino al blues classico, sempre comunque con uno spirito birichino nell’uso delle voci femminili. Take Me Back To Tulsa, fin dal titolo e dall’introduzione acustica, ci rimanda a certe canzoni di JJ Cale o Clapton, quando il ritmo accelera e in Count On Me siamo di nuovo nel blues duro e puro, molto efficace, come al solito, il lavoro della solista, per poi tornare ad una bella ballata di impronta sudista, come l’eccellente ed elettro-acustica Holding On To You https://www.youtube.com/watch?v=bg45jkc7kbI . In Bringing Out The Beast qualcuno ha visto influenze alla Little Feat, anche se la voce di Tas Cru qui mi sembra troppo forzata e il brano non decolla del tutto, forse una bella elettrica al posto dell’acustica avrebbe fatto più al caso. Acustica che rimane, più a proposito, a duettare con l’armonica, nel country-rock della conclusiva Thinking How To Tell Me Goodbye. Altro nome da segnarsi sul taccuino.

Bruno Conti