Il “Canto Del Cigno” Di Una Grande Folk-Rock Band? Black 47 – Last Call

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Black 47 – Last Call – BLK Records – Self Released

Ogni uscita discografica dei Black 47 rappresenta per il sottoscritto un evento particolare: amo la loro musica, l’accavallarsi di culture e di stili diversi che si incontrano nella loro proposta, e la  bravura con cui riescono a far convivere umori così forti e così differenti tra di loro. Essendo un “irlandese” di cultura (nato per sbaglio a Pavia), sono totalmente coinvolto da questa musica che prende le mosse dalla tradizione celtica, e più precisamente dalla storia del suo popolo, che si fonde con le sonorità urbane della Grande Mela, un autentico miscuglio di ritmi e colori provenienti da tutto il resto del mondo. Quindi ogni mio giudizio sull’opera del gruppo, pur tendendo ad essere il più oggettivo possibile, risente inesorabilmente di questa sfrenata passione, a maggior ragione per questo Last Call, (che dopo 25 anni di carriera e 15 album), viene annunciato con una e-mail dallo stesso leader della band Larry Kirwan come “l’ultima chiamata” del gruppo, che staccherà la spina con un ultimo concerto a New York nel Novembre di quest’anno https://www.youtube.com/watch?v=80kXCFSdNiQ .

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La band (che prende il nome dalla carestia che colpì l’Irlanda nello scorso secolo) è stata fondata dal commediografo Larry Kirwan e dall’ex poliziotto Chris Byrne, entrambi di origine irlandese, ma ormai definitivamente trapiantati a New York come il resto della “ciurma”, e propone un suono inimitabile in cui convogliano tutti gli umori metropolitani, dal rock al reggae, dal rap all’hip-hop (poco), senza assolutamente dimenticare la tradizione folk dell’isola dello smeraldo, con uso di chitarre distorte e cornamuse. La saga inizia nel lontano ’91 con l’esordio dell’omonimo Black 47, a cui faranno seguire un trittico di album Fire Of Freedom (93), Home Of The Brave (94), Green Suede Shoes (96) di un livello entusiasmante, dove la tradizione celtica riveste un ruolo più importante. Il gruppo in quel periodo suonava quasi tutte le sere nei locali di New York, e questa frenetica attività live li porta ad incidere due ottimi lavori “on stage” Live In New York City (99) e On Fire (01) con un suono potente e elettrico che coinvolge l’ascoltatore, intervallato dallo splendido Trouble In The Land (00) dove svettava una granitica sezione ritmica composta da Andrew Goodsight e Thomas Hamlin. Dopo una breve pausa si ripresentano con New York Town (04), Elvis Murphys’ Green Suede Shoes (05) e una raccolta di canzoni popolari e rarità Bittersweet Sixteen (06). L’ultimo periodo li vede affrontare tematiche politiche con un disco coraggioso come Iraq (08), la svolta con il “rhythm and blues” di Bankers And Gangsters (10) e un’introvabile raccolta A Funky Cèilì (11), con diciotto brani scelti dagli stessi componenti, da suonare sempre con il volume al massimo.

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L’attuale line-up del gruppo oltre al leader indiscusso e letterato Larry Kirwan (autore di romanzi e buoni lavori solisti Kilroy Was Here e Keltic Kids), è formata dal nucleo storico con Geoffrey Blythe (membro fondatore dei Dexys Midnight Runners) ai sassofoni, Thomas Hamlin alla batteria e percussioni, Fred Parcells al trombone e tin whistle, e il duo Joe Burcaw al basso e Joseph Mulvanerty al flauto, bodhràn e uilleann pipes, che hanno sostituito brillantemente gli ex-componenti Chris Byrne e Andrew Goodsight, con l’apporto delle belle e brave (un po’ di sano femminismo!) coriste Christine Ohlman, Oana Roche e Mary Ann O’Rourke.

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Il disco si apre con i fiati di Salsa O’keefe e Larry è sempre lo stesso, con la sua voce acuta, calda e confidenziale https://www.youtube.com/watch?v=hURcX53Gieg (che si avvicina a quella del miglior Kevin Rowland dei Dexys Midnight Runners), seguito dalle note irlandesi di Culchie Prince con tanto di cornamuse, e un brano imperioso come Dublin Days in cui tutta la band gira a mille (con un ritornello che ricorda la Thunder Road del Boss), mentre Us Of A 2014 è uno spaccato dell’America attuale, raccontato con un brillante suono con sottofondo“ska”. The Night The Showbands Died (drammatico racconto dell’assassinio di una gruppo musicale) è una ballata lenta in cui la voce assume toni caldi e confidenziali, per poi diventare aggressiva nella parte centrale, e tornare di nuovo gentile sul finire https://www.youtube.com/watch?v=ScoCAZQ39Gc , seguita da una Johnny Comes A’Courtin (sul tema della schiavitù irlandese) https://www.youtube.com/watch?v=H1ZwD-i_2ow  che viene introdotta e cantata in coppia con la delicata voce della Roche, dai ritmi giamaicani, per passare ancora al groove funky-rap di Let The People In sull’immigrazione. Il breve brano cornamusa Lament For John Kuhlman introduce St. Patricks Day, brano dalla tipica spavalderia irlandese che scorre come un fiume in piena https://www.youtube.com/watch?v=lKYyVMsIHIc , assieme alla seguente Queen Of Coney Island dove Mary Ann O’Rourke presta la sua voce per un divertente duetto. Con Shanty Irish Baby, con i fiati in spolvero, si respira un’aria quasi “dixieland”, mentre Ballad Of Brendan Behan ci riporta in Irlanda, una ballatona da pub , marchio di fabbrica dei migliori Pogues, andando infine a chiudere un grande disco con una cover di Stephen Foster (riconosciuto come “il padre” della musica americana), Hard Times. una canzone sofferta dove Larry Kirwan domina la scena con la sua splendida voce, e la band sembra seguirlo in punta di piedi.

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La loro storia è iniziata con quel primo concerto nel Bronx nel novembre del lontano ’89, e sono stati negli ultimi 25 anni una delle più originali e valide band venute alla ribalta negli States, non hanno ceduto un millimetro dalla linea musicale intrapresa, divertenti, eccessivi e generosi con un leader, Kirwan, irlandese vero (cantante, autore e scrittore di pieces teatrali, come già detto), che continua a cantare e declamare con la stessa forza e allo stesso tempo comporre canzoni dagli spunti autobiografici, da ascoltare sempre con il volume al massimo. Last Call è un addio inebriante (se così sarà, mai dire mai), e non posso che consigliare l’ascolto di questo disco a tutti, sia a quelli che già li conoscono, ma in particolar modo a quanti ancora non sono entrati in contatto con un mondo inimitabile, e quindi si lasceranno trasportare da questa “miscellanea” di suoni esaltante. Per quel che mi riguarda, grazie ragazzi e in alto i calici!

NDT:  Disco di difficilissima reperibilità, comunque si può acquistare come ha fatto il sottoscritto in download, attraverso le piattaforme abituali in rete, oppure sul loro sito http://www.black47.com/ Ne vale la pena!

Tino Montanari