Da adesso in avanti, a tradimento, anche più di un Post al giorno (oppure no, come capita), come gli scorsi anni, pubblicherò le classifiche di Riviste inglesi ed americane (e anche italiane se capita, ma arriveranno più tadi, credo), cartacee ed online, e qualche sito interessante, per chi scrive, magari rompendo l’anima anche a qualche musicista e addetto al settore amico, con qualche incursione in quello che, immodestamente, abbiamo scritto anche noi durante l’anno, trovate il link (dove all’interno magari c’è un altro link e così via, fino all’infinito!). Partiamo, del tutto a caso, con Uncut (e già qui non mi trovano molto d’accordo, come diceva un calciatore a Mai Dire Gol, “sono completamente d’accordo a metà con il mister”, infatti, come atto di ribellione, pubblico anche la lista del loro direttore, Allan Jones, vecchia volpe della musica, con cui sono molto più sintonizzato come lunghezza d’onda):
8. Kurt Vile – Wakin’ On a Pretty Dazehttp://www.youtube.com/watch?v=bd0K76H7sU8 Questo devo tornare ad approfondire perchè il precedente mi era piaciuto parecchio e anche questo mi sembra un gran disco, la canzone del video è bellissima!
Basia Bulat – Tall Tall Shadow – Secret City Records 2013
Star Anna – Go To Hell – Spark & Shine Records – 2013
Nativa di Etobicoke, Ontario, nell’area metropolitana di Toronto, Basia Bulat è arrivata al terzo album, dopo l’esordio con Oh, My Darling (2007) e Heart Of My Own (2010), con ampi e meritati riconoscimenti critici (anche su questo Blog piccoli-talenti-crescono-basia-bulat-heart-of-my-own.html), merito senz’altro di una voce e una visione artistica di primaria qualità. Ad aiutarla in questo lavoro Tall Tall Shadow, Tim Kinsbury e Mark Lawson (rispettivamente bassista e ingegnere del suono dei connazionali Arcade Fire), per dieci brani che rapiscono per il loro ritmo fluido e orchestrale.
L’iniziale ballata folk Tall Tall Shadow, dialoga così con il pop di Five, Four e Promise Not To Think About Love,seguita dalla splendida (solo voce e autoharp) It Can’t Be You, la scanzonata Wires, le dolci armonie di The City With No Rivers, la moderna tecnologia pop di Someone, per poi passare alla filastrocca folk di Paris Or Amsterdam, la quasi recitativa e tambureggiante Never Let Me Go, e chiudere con la pianistica From Now On (con echi della grande Joni Mitchell). Il folk dei dischi precedenti, in Tall Tall Shadow è inserito in un contesto più robusto, con canzoni in bilico tra le ultime opere di Feist e Laura Marling (spero che il Bruno me lo consenta), forse il primo passo per la Bulat di intraprendere una nuova direzione. Dolcissimo disco per le prossime cupe giornate invernali.
Di Star Anna, mi ero già occupato circa due anni fa recensendo il suo terzo lavoro Alone in This Together (star+anna+and+the+laughing+dogs) e a differenza della Bulat stenta a decollare, continua a rimanere quella che si dice in questi casi “una bella promessa”, causa forse di una distribuzione difficoltosa dei suoi dischi e una notorietà circoscritta nei “punk-rock” e “coffee houses”, della scena West Coast.
Go To Hell (prodotto con il polistrumentista Ty Bailie) è in tal senso il proseguimento del percorso dei lavori precedenti, contrassegnato dalle interpretazioni vocali di Star Anna e da una qualità sonora “dura e sporca” (senza i fedeli Laughing Dogs), ma con veterani sessionmen, a partire oltre che da Ty Bailie, da Jeff Fielder alle chitarre, Julian MacDonough alla batteria, Will Moore al basso e altri bravi musicisti “di area”.
La partenza è affidata alla “rokkeggiante” For Anyone, seguita dalla title track Go To Hell (un brano dal repertorio di Nina Simone), la rootsy Electric Lights e da un altro brano rock Let Me Be, cantato con voce potente. Si riparte con gli arpeggi “roots” di Mean Kind Of Love, la batteria sincopata di Younger Then e il blues rurale di Power Of My Love. La chiusura è affidata splendidamente alla ballata pianistica Everything You Know (con un crescendo imperioso) e ad una cover d’autore, Come On Up To The House di Tom Waits (brano conclusivo di Mule Variations), che sembra eseguita dai bassifondi di una metro.
Il viaggio di Star Anna continua, una tipa che ha imparato la lezione da artisti della grandezza di Lucinda Williams o di Brandi Carlile e Grace Potter (la mia preferita con Dana Fuchs), pronta al grande salto, più di altre blasonate colleghe.
Altri sei titoli oggi e sei domani e siamo alla pari con le uscite fino al 21 maggio, ma la settimana prossima, a conferma di un mese ricco, sono annunciate altre novità, a partire dal nuovo album di Laura Marling, Once I Was An Eagle, già annunciato tra i migliori dell’anno, alcuni DVD tra quelli anticipati, Wings Over America, il nuovo Alice In Chains, il box dei Judas Priest, John Fogerty, Wrote A Song For Everyone, che doveva uscire da 600 anni, ma andiamo con ordine…
Partiamo con i Sound Of Contact. Chi sono costoro, incidono per la Century Media ora gruppo Fontana/Universal, di solito casa di metallari indiavolati, ma se vi dico il nome del leader, Simon Collins, forse si svela tutto: ebbene sì, è proprio il figlio di…Phil, ma vocalmente assomiglia di più a Peter Gabriel. Il sound è a cavallo, tra i Marillion, i Genesis di Trick Of The Tail, qualcosa del babbo e Peter, Porcupine Tree, Pink Floyd, ovviamente non manca il prog rock classico, il brano conclusivo Mobius Slip dura 19 minuti e 35 secondi, qualcuno ha detto The Lamb Lies On Broadway o Foxtrot? Vi ho sentito! Naturalmente il disco è un concept album sui viaggi nello spazio e nel tempo e altrettanto naturalmente Simon Collins, oltre ad essere il cantante e principale autore della band, suona la batteria. Ed ha anche già fatto tre album da solista tra il 2000 e il 2009 e come da foto (e video) sembra suo padre quando aveva i capelli. Pensavo peggio.
Il nome Darius Rucker non dice moltissimo al di fuori degli appassionati del country di buona fattura (lo so è un nero, ne esistono e ne sono esistiti che facevano country), ma se ricordiamo che era il leader degli Hootie & The Blowfish, gruppo che vendette gazillioni di copie del loro disco di esordio Cracked Rear View, per la precisione 16 milioni di copie, uno dei venti dischi più venduti nella storia delle classifiche americane, esatto proprio loro! Vedo manate sulla fronte che partono. E proprio in questo periodo si parla di un tour (e forse di un disco) per festeggiare il 20° anniversario dell’avvenimento, ma l’anno prossimo perché il disco è del 1994. Nel frattempo Darius pubblica True Believers che è il suo quarto album di studio da solista (ma il terzo country), etichetta Capitol Nashville, quindi in teoria gruppo Universal, ma in Inghilterra è 19/Wrasse Records e in Italia non penso esca per il momento. Nel CD c’è una cover di Wagon Wheel degli Old Crow Medicine Show (la facevano dal vivo insieme) e tra gli ospiti appare anche Sheryl Crow, quindi country, ma con giudizio, e poi lui è bravo.
In questo periodo di reunion tornano anche i Texas di Sharleen Spiteri, che tra i gruppi inglesi che facevano del pop-rock negli anni ’80, ’90 e ’00, erano tra i migliori. Ricordo un duetto con Paul Buchanan dei Blue Nile nell’ultimo abum della band, Red Book del 2005, anche se quello classico rimane il primo Southside del 1989, quello che conteneva I Don’t Want A Lover. Il nuovo album si chiama The Conversation è uscito ieri, 21 maggio, per la Pias (Play It Again Sam), anche in versione Deluxe doppia con un secondo CD che contiene 10 brani dal vivo. Tra gli autori dei brani anche Richard Hawley e Bernard Butler.
E adesso un terzetto soprattutto per addetti ai lavori.
Clive Gregson mi è sempre piaciuto moltissimo, sin da quando era il leader degli Any Trouble, fine anni ’70, anni ’80, anche su etichetta Stiff Records, molto vicini come sound ( e lui come voce) a Elvis Costello ma anche a Graham Parker. Poi da solo o, soprattutto, in coppia con Christine Collister ha pubblicato una decina di album deliziosi (soprattutto per merito di lei, ma anche Gregson si difendeva alla grande) e contemporaneamente erano anche membri fissi della band di Richard Thompson come vocalist aggiunti. Negli anni 2000 il buon Clive ha continuato a pubblicare album da solista e questo nuovo This Is Now è un ennesimo ottimo esempio del suo stile pop-rock tipicamente britannico, con molte belle canzoni. Etichetta Gregsongs, quindi non di facile reperibilità, ma varrebbe le pena (oppure cercate l’opera omnia di Clive Gregson & Christine Collister)! Come diceva Nick Lowe Pure Pop For Now People.
A proposito di coppie nuovo album, il terzo (oltre ad un disco natalizio) dei She And Him. Proseguendo nella tradizione dei precedenti si chiama Volume 3, è uscito il 14 maggio (come Gregson) per la Merge/Double Six Records. Ancora delizioso pop molto 60’s e raffinatissimo, come nel precedente she+and+him. Attrici che cantano, sì, se sono brave e “lei” che è Zooey Deschanel lo è e pure “lui” M. Ward, se la cava, sempre ben assortiti e piacevoli.
Anche JC Brooks & The Uptown Horns sono clienti abituali del Blog new-old-soul-jc-brooks-the-uptown-sound-want-more.html e confermano di essere “campioni” del nuovo soul ma “vecchio”, ricco di grinta ed energia e che voce. Appena possibile recensione, nel frattempo ve lo segnalo, si chiama Howl ed è uscito ieri per la mitica Bloodshot Records di Chicago, distr. IRD.
Proseguiamo con un trio di “vecchie glorie” dell’hard and heavy, più o meno collegate tra loro, per chi ama il genere.
Sono passati 35 anni dall’ultima uscita discografica della formazione originale dei Black Sabbath, Never Say Die (quella con Ozzy Osbourne, che nella foto qui sopra sembra una statua di cera, belle croci però), in studio e con materiale nuovo, perché in effetti nel 1996 usciva il doppio live Reunion, con 2 brani nuovi composti per l’occasione. Per essere precisi nel nuovo disco 13 (ma il titolo non è ancora definitivo), non ci sarà Bill Ward, il batterista originale, sostituito da Brad Wilk (Rage Against The Machine e Audioslave), in quanto il buon Bill ha eccepito la mancanza di un contratto ad hoc firmato per l’occasione. Il nuovo lavoro uscirà l’11 giugno per la Universal (Vertigo in Europa e Republic negli States), in versione CD, LP, una doppia Deluxe e un Box pure lui Deluxe, ma i dettagli non sono ancora certi. I brani confermati sono i seguenti, ma in totale dovrebbero essere appunto tredici:
“God Is Dead”
“End of the Beginning”
“Age of Reason”
“Dear Father”
“Loner”
“Methademic”
“Epic”
Si parla di “Satanic Blues”, quindi come al solito, anche la grafica della copertina è quasi identica a Master Of Reality. Produce Rick Rubin, che già era alla guida del progetto mai portato a termine nel 2001/2, alle tastiere dovrebbe esserci il figlio di Rick, Adam Wakeman. Quando ci saranno ulteriori informazioni vi aggiornerò.
Nuovo album anche per i Deep Purple, Now What?!, in uscita per Ear Music/Edel il 30 aprile (26 aprile in alcuni paesi). In questo caso della formazione classica, Mark II, sono rimasti Ian Gillan, Roger Glover e Ian Paice. Steve Morse alla chitarra e Don Airey alle tastiere, completano la formazione dal 2002. Gli ultimi due dischi di studio, Bananas e Rapture Of The Deep, francamente, per usare un eufemismo, diciamo che non erano fantastici. Questo nuovo album è stato registrato in quel di Nashville con la produzione di Bob Ezrin, che tutti ricordano per il lavoro con Kiss ed Alice Cooper, oltre che in The Wall, ma per me rimane quello di Berlin di Lou Reed (ognino ha le sue preferenze).
NOW What?! sarà disponibile in 3 differenti formati: – versione standard in jewelcase con 11 brani – versione Limited edition in Digipack con 12 brani inclusa una cover di “It´ll Be Me” interpretata originariamente da Jerry Lee Lewis + DVD con 20 minuti di interviste e speciali contenuti audio: il singolo All The Time In The World (nel differente radio mix) + la versione live di Perfect Strangers e Rapture Of The Deep – versione in doppio vinile con 12 tracce
E queste sono le date italiane del tour mondiale e la tracklist completa:
21.07 Vigevano – Festival “10 giorni suonati” 22.07 Roma – Rock in Roma 24.07 Majano (UD) – Festival di Majano Piazza Italia
1. A Simple Song 2. Weirdistan 3. Out of Hand 4. Hell to Pay 5. Bodyline 6. Above and Beyond 7. Blood from a Stone 8. Uncommon Man 9. Aprés Vous 10. All The Time in The World 11. Vincent Price
Non ho sentito molto per cui non azzardo pareri, questi sono i 2 brani nuovi che si trovano in rete, non sembrano male!
Dopo i Deep Purple, ovviamente, i Whitesnake, con Made In Japan. Deluxe Edition 2 CD + DVD, DVD o Blu-ray. Registrato al Loud Park Festival l’11 ottobre del 2011, esce su Frontiers Records il 23 aprile, questi i vari contenuti:
Made In Japan tracklisting:
CD 1 1. Best Years 2. Give Me All Your Love Tonight 3. Love Ain’t No Stranger 4. Is This Love 5. Steal Your Heart Away 6. Forevermore 7. Six String Showdown 8. Love Will Set You Free 9. Drum Solo 10. Fool For Your Loving 11. Here I Go Again 12. Still Of The Night
BONUS CD 2 1. Love Will Set You Free 2. Steal Your Heart Away 3. Fare Thee Well (acoustic) 4. One Of These Days (acoustic) 5. Lay Down Your Love 6. Evil Ways 7. Good To Be Bad (acoustic) 8. Tell Me How (acoustic)
DVD & BLU-RAY: TRACK LISTING 1. Best Years 2. Give Me All Your Love Tonight 3. Love Ain’t No Stranger 4. Is This Love 5. Steal Your Heart Away 6. Forevermore 7. Six String Showdown 8. Love Will Set You Free 9. Drum Solo 10. Fool For Your Loving 11. Here I Go Again 12. Still Of The Night 13. Forevermore (fan video) 14. Steal Your Heart Away (fan video)
David Coverdale ha annunciato che entro la fine dell’anno uscirà anche un Made in Britain.
Altre ristampe.
Dopo l’edizione doppia per il 30° anniversario uscita nel 2003, quest’anno per il 40° facciamo un passo indietro e ne uscirà il 16 aprile una singola su EMI Records, nuovo remaster 2013 ma zero inediti, misteri delle case.
La Island/Universal proeseguendo nella serie di ristampe Deluxe della discografia di Bob Marley & The Wailers, per i 35 anni dall’uscita pubblica la versione doppia di Kaya:
Disc 1: Original LP (released as Island ILPS 9517, 1978) and bonus track
Easy Skanking
Kaya
Is This Love
Sun is Shining
Satisfy My Soul
She’s Gone
Misty Morning
Crisis
Running Away
Time Will Tell
Smile Jamaica (B-side to “Satisfy My Soul” – Island WIP 6440 (U.K.), 1978)
Disc 2: Live at Ahoy Hallen, Rotterdam, Netherlands – 7/7/1978
Positive Vibration
The Heathen
Them Belly Full (But We Hungry)
Concrete Jungle
Rebel Music (3 O’Clock Road Block)
War/No More Trouble
I Shot the Sheriff
No Woman, No Cry
Is This Love
Jamming
Easy Skanking
Get Up, Stand Up
Exodus
Altre voci femminili.
Dopo le uscite delle Court Yard Hounds anche Natalie Maines delle Dixie Chicks pubblica il suo album da solista, Mother, in uscita su Columbia il 7 maggio prossimo. La title-track è proprio il brano dei Pink Floyd, già apparso nella colonna sonora di West Of Memphis: Voices Of Justice. Il disco questa volta non è prodotto da babbo Lloyd, ma è una co-produzione tra la stessa Natalie e Ben Harper. Tra i dieci brani, oltre a uno scritto con le “colleghe” Dixie Chicks Martie Maguire and Emily Robison Come Cryin’ To You, ci sono cover di Jeff Buckley Lover You Should Have Come Over e Eddie Vedder Without You dall’Ukulele album blog.
Lista completa delle canzoni:
1. Without You 2. Mother 3. Free Life 4. Silver Bell 5. Lover You Should’ve Come Over 6. Vein in Vain 7. Trained 8. Come Cryin To Me 9. I’d Run Away 10. Take It On Faith
Ennesimo disco (o DVD) dal vivo per Alanis Morissette Live At Montreux 2012 registrato nell’ultimo tour esce in tutti i formati, CD DVD e Blu-ray, il 23 aprile per la Eagle/Edel:
Formazione e contenuto:
Alanis Morissette (vocals, harmonica, guitar); Julian Coryell (guitar); Michael Farrell (keyboards); Jason Orme (guitar); Cedric Lemoyne (bass); Victor Indrizzo (drums)
1. I Remain 2. Woman Down 3. All I Really Want 4. You Learn 5. Guardian 6. Flinch 7. Forgiven (Not On CD) 8. Hands Clean 9. I Remain (Not On CD) 10. Citizen Of The Planet (Not On CD) 11. Ironic 12. Havoc 13. Head Over Feet 14. Versions Of Violence 15. I Remain (Not On CD) 16. You Oughta Know 17. Numb 18. Hand In My Pocket 19. Uninvited (Not On CD) 20. Thank U
Qui siamo molto in anticipo. Il nuovo di Laura Marling Once I Was An Eagle uscirà il 28 maggio per la Virgin Records, prodotto da Ethan Johns, 16 nuovi brani:
01 Take the Night Off 02 I Was an Eagle 03 You Know 04 Breathe 05 Master Hunter 06 Little Love Caster 07 Devil’s Resting Place 08 Interlude 09 Undine 10 Where Can I Go? 11 Once 12 Pray For Me 13 When Were You Happy? (And How Long has That Been) 14 Love be Brave 15 Little Bird 16 Saved These Words
Lucie Thorne – Bonfires in Silver City – Vitamin Records/Smoked Recordings/IRD
Sempre alla ricerca di nomi nuovi ed interessanti da proporre ai lettori di questo Blog, qualche tempo fa mi sono imbattuto in questa Lucie Thorne, che come spesso capita non è una novellina che appare dal nulla, ma è una veterana della scena musicale australiana, dove ha già pubblicato (compreso questo Bonfires In Silver City, che Down Under è uscito ad Agosto del 2011, ma la strada da laggiù è lunga, ci vuole tempo per arrivare) ben 9 album, il primo nel lontano 1998, con una cadenza regolare, più o meno biennale. La Thorne è molto considerata dalla critica musicale australiana ed un giornale, il Sydney Morning Herald le ha assegnato il premio come miglior Roots Album del 2009, per il precedente disco Black Across The Field, in promozione del quale la nostra amica ha intrapreso una lunga tournée, che in due anni, attraverso Australia, Stati Uniti ed Europa, le ha permesso di far conoscere la propria musica in giro per il mondo, agli appassionati ovviamente, purtroppo non era una campagna per la “dominazione globale”, ma più un passaparola, lenta ma inesorabile la voce si sparge.
Questo nuovo album è stato concepito in questo periodo e poi affinato quando è ritornata nella sua piccola cittadina di Bimbaya (popolazione 4 abitanti), nella Emerald Bega Valley, profondo Sud Ovest dell’Australia, che deve essere un posto stupendo, in mezzo al nulla. Questa signora di circa 35 anni, nativa di Melbourne, con questo CD, registrato in 3 giorni, realizza il suo disco migliore: aiutata a livello musicale, di arrangiamenti e produzione da Hamish Stuart (che non è quello della Average White Band), un batterista e percussionista molto raffinato in grado di creare delle costruzioni sonore variegate ed affascinanti, realizzate ai Megaphon Studios di Sydney, che ben si sposano con il lavoro della chitarra della stessa Lucie e di Carl Dewhurst in tre brani, nonché delle tastiere di Chris Abrahams in due canzoni e della fisarmonica di Roy Payne nella conclusiva When I Get There. Poi c’è il duetto con la voce e la seconda chitarra acustica di Jo Jo Smith, che ha firmato il brano con la stessa Thorne, in Sweet Turnaround, un bel incontro di diverse vocalità, più espansiva quella della Smith, più laconica la brava Lucie.
Già, la voce: dal titolo del Post avrete intuito dove stiamo per andare a parare. La caratura vocale di Lucie Thorne direi che si va ad inserire vicino (molto vicino) al registro medio-basso di quella di Joni Mitchell (finalmente l’abbiamo detto!), con alcuni punti in comune anche con quella di Margo Timmins dei Cowboy Junkies. E anche musicalmente lo stile si colloca tra la Mitchell di Hejira, ed album seguenti, e la musicalità più narcotica ma ricca di “spazi” della band canadese. Anche se, come ho già detto, il cuore musicale è l’interscambio tra la Thorne ed il lavoro certosino di Hamish Stuart che con la sua batteria definisce spesso il sound del disco. Come nell’iniziale Falling, dove la somiglianza con la voce di Joni è impressionante, ancorché, penso più a livello di omaggio che di mera copiatura, l’interazione tra la chitarra di Lucie e il lavoro di spazzole, piatti, grancassa e quant’altro di Stuart è quasi telepatico e la voce sussurra le sue storie con l’abbandono della canadese nei gloriosi anni ’70. Sempre notevoli intuizioni percussionistiche anche nella successiva Till The Season, dove l’elettrica di Dewhurst aggiunge ulteriore colore al sound che si fa ancora più caldo, mantenendo quella rarefazione preziosa. In Can’t Sleep For Dreaming si aggiungono un organo e il basso elettrico ma il risultato musicale non cambia di molto, mentre nella lunga Great Wave, soprattutto nella bella coda strumentale, il gruppo di musicisti è libero di costruire una ambientazione musicale che ha in un lento crescendo quasi “psych(edelico)” anche alcuni punti di contatto con la musica dei Cowboy Junkies, comunque una canzone bellissima!
Diciamo che se Laura Marling è stata definita la “Nuova Joni Mitchell” (un parolone) ma non dimentica i suoi legami con il folk britannico vecchio (Jansch, Martyn, Drake) e nuovo (Mumford, Noah & The Whale, Johnny Flynn), i cantanti australiani, e la Thorne non è una eccezione, si rifanno più al continente americano, Canada incluso, non avendo l’Australia una propria tradizione popolare a cui attingere. Tornando a Bonfires…, il brano successivo, Correspondent è uno strumentale che partendo dalla coda strumentale del precedentem permette a Lucie di mettere in evidenza le sue capacità di creatrice di ambienti sonori, solo con la sua chitarra elettrica molto “lavorata”. Invece Already Gone con una chitarra acustica dalla accordatura aperta è un perfetto esempio della Mitchell del primo periodo, intensa ed appassionata nella sua semplicità. Del duetto di Sweet Turnaround abbiamo detto, rimangono Big News dove ritorna la chitarra di Dewhurst e il testo cita il titolo dell’album mentre la musica è più mossa, sempre mantenendo però quel feel leggermente jazzy e raffinato e la voce quasi sussurata. Noir, solo il piano di Abrahams e la chitarra, è quanto di più vicino ad una ballata propone questo album, mentre la conclusiva When I Get There, con i leggeri interventi percussivi di Hamish Stuart a sottolineare il delicato lavoro della chitarra della protagonista e di un quasi impercettibile button accordion sullo sfondo, conferma la qualità di questa proposta di Lucie Thorne, che forse, anzi sicuramente, non sarà una nuova Joni Mitchell, ma ne è una ottima discepola.
Ve la consiglio, assolutamente da scoprire, provare please, buona musica!
Torniamo ad occuparci della rubrica delle novità che ci “delizieranno” nei prossimi mesi: quelle certe, se non nella data di pubblicazione, quantomeno nell’uscita. Ieri, in emergenza e all’ultimo minuto, perché c’erano problemi di collegamento con il Blog sia come autore che per i lettori, vi ho parlato del Box dei World Party, oggi un terzetto di uscite future molto interessanti, ma prima, avviso per i naviganti, la data di uscita dell’edizione CD e DVD+CD di Elvis Costello The Return Of The Spectacular Spinning Songbook è slittata al 3 aprile, quindi non andate nei negozi (fisici o virtuali) perché comunque non lo troverete.
Per la serie, diventando stretti parenti dell’automobilista incazzato di Gioele Dix, anche chi compra i dischi a furia di ricomprare sempre le stesse cose, alla fine si incazzerà pure lui. Quel A Creature I Don’t Know di Laura Marling che vi sembra familiare (ma non troppo): ma è cambiata la copertina? Il problema è che è cambiato anche il disco, il 3 aprile (o il 10, tbc) ne uscirà la versione in vinile ma anche una nuova edizione doppia in CD con un secondo dischetto che riporta un concerto inedito registrato a York, Minster nell’ottobre del 2011 con ben 16 brani. La buona notizia è che la Universal lo farà pagare come un singolo. I brani del concerto:
1.I Was Just a Card 2. The Muse 3.Ghosts 4.Don’t Ask Me Why 5.Salinas 6.The Beast 7.Goodbye England 8.Blues Run the Game (not previously available) 9.Night Terror 10.Flicker and Fail 11.Alpha Shallows 12.What He Wrote 13.My Friends 14.Sophia 15.Rambling Man 16.All My Rage
Quest’anno si festeggia il centesimo anniversario della nascita di Woody Guthrie e fervono le attività, prima è uscito quel New Multitudes di Jay Farrar, Yim Yames & Co. come primo atto. Ora la Nonesuch ripubblica in un cofanetto i due volumi di Mermaid Avenue che Billy Bragg e i Wilco avevano dedicato ai brani inediti di Guthrie tra il 1998 e il 2000, ci aggiunge un terzo CD con ulteriori 17 brani inediti, il DVD Man In The Sand che era il documentario sulle sessions realizzato nel 1999 (e già pubblicato), il tutto corredato da un bel libretto di 48 pagine con nuove note di Nora Guthrie, testi, fotografie d’archivio e altre curiosità. La data di uscita è fissata per il Record Store Day del 21 aprile. E si ricompra (forse) sempre la stessa roba.
Stanno per uscire le ristampe in CD di quattro album di Carole King che mancavano all’appello, Simple Things, Touch The Sky, Welcome Home e Pearls (Songs Of Goffin & King), o meglio, in America sono già uscite il 28 febbraio per la Rockingale Records mentre in Europa dovrebbero uscire ai primi di aprile. Poi il 24 aprile, per la Hear Music/Concord/Universal, uscirà questo Legendary Demos che contiene le prime versioni di molti di quelli che sarebbero diventati i brani appunto più leggendari della sua carriera di cantante e autrice, ovvero:
1. Pleasant Valley Sunday 2. So Goes Love 3. Take Good Care Of My Baby 4. (You Make Me Feel Like) A Natural Woman 5. Like Little Children 6. Beautiful 7. Crying In The Rain 8. Way Over Yonder 9. Yours Until Tomorrow 10. It’s Too Late 11. Tapestry 12. Just Once In My Life 13. You’ve Got A Friend
Capitolo tre delle mie scelte dell’anno, le riviste “serie” pubblicano almeno 50 dischi per il meglio più le categorie “speciali e quindi sono in linea, proseguiamo…
Blackie And The Rodeo Kings – Kings and Queens
Garland Jeffreys – The King Of In Between
Jonathan Wilson – Gentle Spirit
Ollabelle – Neon Blue Bird
Tom Russell – Mesabi
E questa, forse, è la canzone più bella dell’anno!
Beth Hart Joe Bonamassa – Don’t Explain
Questa nel disco non c’è, ma è talmente bella…
Laura Marling – A Creature I Don’t Know
Anche questo avrei dovuto metterlo nei Top 10, ma purtroppo come dice la parola sono solo dieci! Non ha 21 anni è impossibile, è troppo brava!
JJ Grey & Mofro – Brighter Days
Dirk Hamilton – Thug Of Love Live
The Bridge School Concerts 25th Anniversary Edition
E il triplo DVD concorre come migliore dell’anno nella sua categoria.
Per oggi può bastare, fine della parte tre, segue!
Per completare la trilogia dedicata alle “ventunenni” che recentemente hanno pubblicato un nuovo disco arriviamo a Laura Marling e a questo A Creature I Don’t Know, suo terzo album e quello della consacrazione definitiva di un talento sicuramente superiore alla media dei cantautori (e cantautrici) in circolazione, giovani ed affermati indifferentemente. Per intenderci (esagerando un po’!) non so se Joni Mitchell a 21 anni fosse così brava, non credo, anche se per essere onesti il primo disco della Mitchell uscì nel 1968 quando di anni ne aveva già 25 e quindi era molto più matura della nostra amica Laura che di album ne ha pubblicati tre. Non voglio fare paragoni perchè Joni Mitchell sia a livello vocale che compositivo è stata unica ma la Marling mi sembra sulla buona strada, un’ottima discepola, almeno nelle intenzioni.
Intanto facendo una musica “non facile” i suoi dischi vendono, e parecchio. Questo in particolare ha esordito in settimana direttamente al 4° posto delle classifiche inglesi, sicuramente aiutato da questo florilegio del fenomeno “neo-folk” inglese guidato dai Mumford and Sons dell (ex?) fidanzato Michael Mumford, che di dischi ne vendono a pacchi in giro per il mondo e sono presenti anche in questo A Creature I Don’t Know anche se in misura meno massiccia che nel precedente I Speak Because I Can. La produzione del nuovo album è affidata a Ethan Johns, degno figlio di tanto padre, e ai controlli in molti dei migliori dischi di Ryan Adams e Ray Lamontagne (per citare un paio dei suoi “clienti”), che ha mediato lo stile folk inglese della Marling aggiungendo “tocchi americani” ma senza snaturare troppo il sound.
E quindi i primi due brani The Muse e I Was Just A Card hanno quel piglio swing tra jazz, blues e folk con improvvise aperture di mandolino, banjo e gli occasionali fiati che uniscono il suono alla Mumford con quello di Joni Mitchell o Suzanne Vega con le quali la Marling condivide una impronta vocale, soprattutto nelle note medio-basse, perchè quando cerca di aprire la voce verso le tonalità più alte affiora ancora una certa acerbità, oppure semplicemente il suo range è quello. Comunque averne di musiciste così brave come è dimostrato dalla parte centrale dell’album che è veramente fantastica.
La sequenza di brani che si apre con Don’t Ask Me Why, piccola meraviglia di lirismo folk-rock a tempo di un valzer dolce e anche orecchiabile, che ricorda il meglio della California anni ’70, prosegue con la stupenda Salinas che nella costruzione sonora, ricorda la miglior Mitchell del periodo di mezzo in modo impressionante, e lo considero un grande complimento perchè anche quella della Marling è grande musica, cantata con passione e ricca di continue variazioni anche nelle sezioni strumentali. Se possibile The Beast è anche meglio, un brano che si apre su un arpeggio di chitarra acustica che ricorda la Suzanne Vega del primo album e poi in un crescendo inarrestabile si trasforma in un brano elettrico e vibrante, dove le pennate violente di una chitarra elettrica e le atmosfere torbide si possono accostare a quelle di PJ Harvey o Patti Smith, mantenendo comunque una loro unicità. Sapete che il “gioco” dei rimandi a questo e a quello è uno dei preferiti dei critici, ma serve per inquadrare la materia.
Molto bella anche Night After Night con quella vena acustica malinconica che ricorda Nick Drake o Sandy Denny dei tempi d’oro, con una semplicità e una intensità vincenti. Con My Friends, dall’arrangiamento più complesso si ritorna a quel folk “arricchito” di effetti vocali dei primi brani, con il banjo in primo piano e quei crescendi improvvisi tipici delle canzoni più intriganti di Mumford and Sons. Anche Rest In My Bed ha quell’aria malinconica che non è tristezza dei brani di Nick Drake mentre Sophiaè un’altra piccola gemma di british folk dei tempi che furono con un testo che racconta di un amore finito con un lirismo inconsueto per una ragazza di 21 anni. E pensate che questa piccola meraviglia è il nuovo singolo dell’album, a dimostrazione che si può tentare il successo anche facendo buona musica. Si conclude con All My rage altro brano dalle sonorità transatlantiche che si ricollega ai “cugini” Mumford in un tripudio di mandolini, chitarre acustiche, percussioni, violini e dulcimer(o autoharp?) che virano anche verso sonorità orientali e regala una dalle interpretazioni vocali più convincenti di Laura Marling che si “arrampica” verso tonalità più alte.
Sarà anche nata nel 1990 ma dischi così belli li facevano soprattutto a cavallo tra la fine degli anni ’60 e la prima metà degli anni ’70 nel periodo d’oro della musica dei cantautori folk-rock. Molto molto bello, che altro dire?
Proseguiamo nella nostra carrellata sul meglio del 2010 con le due testate storiche del giornalismo musicale internazionale, quelle con la più lunga militanza, nel Regno Unito il NME New Musical Express e negli Stati Uniti Billboard (per quest’ultima la scelta dei critici, quella dei lettori non ho avuto il coraggio di metterla).
New Musical Express Best of 2010
NME‘s Top Ten Albums Of 2010 are:
1. These New Puritans – ‘Hidden’ 2. Arcade Fire – ‘The Suburbs’ 3. Beach House – ‘Teen Dream’ 4. LCD Soundsystem – ‘This Is Happening’ 5. Laura Marling – ‘I Speak Because I Can’ 6. Foals – ‘Total Life Forever’ 7. Zola Jesus – ‘Stridulum II’ 8. Salem – ‘King Night’ 9. Liars – ‘Sisterworld’ 10. The Drums – ‘The Drums’
Billboard Best of 2010
1) Kanye West – My Beautiful Dark Twisted Fantasy
2) Arcade Fire – The Suburbs
3) Robyn – Body Talk
4) Mumford and Sons – Sigh No More
5) Beach House – Teen Dream
6) LCD Soundsystem – This Is Happening
7) Drake – Thank Me Later
8) MGMT – Congratulations
9) Rick Ross – Teflon Don
10) Big Boi – Sir Lucious Left Foot…
Mi astengo dai commenti, mancano ancora Q e Uncut dall’Inghilterra e qualche classifica dei principali venditori di musica in rete che mi sa sono più attendibili.