Rock, Blues & Jazz! Eric Johnson And Mike Stern – Eclectic

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Eric Johnson & Mike Stern – Eclectic – Vortexan Music/Concord

Per gli appassionati di chitarristi un disco da sedici stellette, ma anche i non fanatici avranno motivo di apprezzare, non così esageratamente virtuosistico come ci si potrebbe aspettare, o meglio lo è ma, tenendo fede al suo titolo, è talmente “eclettico” che lo può ascoltare sia chi apprezza il jazz quanto il rock, anche la fusion se volete, ma con ampi sprazzi di blues e due pennellate di musica etnica,  persino del pop-jazz melodico https://www.youtube.com/watch?v=cBNoHoh4Evw . L’idea di incidere un disco insieme ai due, Johnson e Stern, è venuta dopo una serie di concerti tenuti nel 2013 al Blue Note di New York nell’agosto di quell’anno https://www.youtube.com/watch?v=Jg0fmzMP0tg . Soprattutto il primo, Eric Johnson, non è nuovo a queste collaborazioni con altri chitarristi, vedi il progetto G3, con Vai e Satriani, ma mentre in quel caso lo stile unificante era una sorta di hard/metal acrobatico, questa volta il punto di partenza sembrano più il jazz, nelle sue varie coniugazioni, e il blues.

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Forse tra i nomi dei musicisti del passato che si possono citare come punto di raffronto, ricorderei gente come Ollie Halsall dei Patto o Allan Holdsworth, virtuosi della solista in grado di unire le improvvisazioni del jazz e il vigore del rock(blues) in uno stile ibrido il cui maestro riconosciuto è comunque sempre stato Jeff Beck. I due hanno utilizzato una sezione ritmica che si avvale di Chris Maresh, nativo di Austin, Texas come Johnson e bassista nella sua band e Anton Fig, da molti anni batterista nell’house band del David Letterman Show nonché con Joe Bonamassa, più qualche significativo ospite. Brani che sono tutti originali, meno una significativa cover che chiude il programma: apre l’album una Roll With It scritta da Mike Stern per il suo album del 2006 Who Let The Cats Out, con la presenza di un altro musicista di Austin, l’eccellente ex cantante degli Storyville Malford Milligan, con il suo cantato ruvido e ricco di soul, e qui trasformata in una sorta di shuffle texano molto funky, finché non partono i fuochi d’artificio dei due chitarristi, Johnson anche in modalità wah-wah e Stern con il pedale della distorsione innestato, una serie di solo fluidi e tecnicamente mirabili introducono quel che seguirà.

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Remember, sempre di Stern, già apparsa su These Times del 2004, è una sorta di variazione jazz-rock delle spirali modali di John Coltrane in Expressions, un brano strumentale scritto in memoria di Bob Berg, vecchio pard sassofonista di Mike, è l’occasione per ascoltare quel jazz-rock frenetico di cui Halsall e Holdsworth erano due eccellenti interpreti, scale velocissime e fluide, in un call and response continuo. Benny Man’s Blues è un omaggio fin dal titolo al grande Benny Goodman,  proprio uno swing tipico, stranamente a firma Johnson, appassionato del genere e di Wes Montgomery in particolare https://www.youtube.com/watch?v=R35fD7zTFa0 . Wishing Well, nuovamente di Stern, è una sorta di ballata melodica impreziosita dallo scat dello stesso Mike e di Christopher Cross nella parte centrale, con un’aura che potrebbe ricordare il suono del vecchio Pat Metheny Goup del periodo ECM https://www.youtube.com/watch?v=qAAV75PIaXY . Le sonorità particolari della voce e del n’goni della moglie di Mike, Leni Stern, unite all’electric sitar di Johnson, portano una piccola oasi orientale alla introduzione di Big Foot, uno strumentale firmato da Maresh che poi diventa una libera improvvisazione sui temi del Miles Davis elettrico, con i due chitarristi impegnati a scambiarsi sciabolate sulle intricate variazioni della sezione ritmica.

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Un morbido mid-tempo come Tidal, costruito da Eric sulla falsariga proprio dei brani di Wes Montgomery, fa da preludio ad un ennesimo cambio di genere per You Never Know, una specie di “strano” blues jazzato di Stern con Johnson che innesta nuovamente il suo wah-wah ben sostenuto da uno Stern più soffuso, mentre Dry Ice è il jazz-rock frenetico che ti aspetteresti dai due, con chitarre supersoniche e Anton Fig che tiene botta con la sua batteria indemoniata e citazione finale di Third Stone From The Sun da parte di Stern https://www.youtube.com/watch?v=P1Ba7RfDVWU . Altra oasi di pace nella dolce Sometimes, ballata giocata sui toni e sui volumi e intervento a sorpresa di una piccola sezione fiati per Hullabaloo, brano rock tipico in crescendo di Eric Johnson, con una serie di fucilate chitarristiche dei due. Altra deviazione etnica per l’intro di Wherever You Go dove appare nuovamente Leni Stern, brano che poi diventa nuovamente una sognante e riflessiva ballata. Gran finale con una succinta ma sentita cover del “Blues per eccellenza” di Jimi Hendrix, Red House, una versione dove Mike Stern fa il suo esordio discografico ufficiale come cantante nel primo verso del brano, Guy Forsyth aggiunge la sua armonica e i due cercano di emulare le gesta del più grande chitarrista elettrico del rock, perché questa versione è decisamente buona, come peraltro tutto il disco https://www.youtube.com/watch?v=1TSLTHwzx60 . Forse per “chitarromaniaci”, ma non palloso o troppo tecnocratico!

Bruno Conti