Credevate Che Ci Fossimo Dimenticati?! E Invece: Dal Nostro Inviato A Londra: “Il Boss E’ Sempre Il Boss” – Bruce Springsteen Wembley Stadium 15 Giugno 2013

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Bruce Springsteen & The E Street Band – London – Wembley Stadium – 15 Giugno 2013

Quest’anno per motivi di lavoro non ho potuto assistere al “consueto” appuntamento con il concerto di Bruce Springsteen a San Siro e così, approfittando del week-end, ho colto al volo l’opportunità di trascorrere un paio di giorni con la mia signora e nostro figlio dodicenne (che ha già visto il Boss a Milano lo scorso anno, proprio il giorno del suo compleanno, rimanendone entusiasta) a Londra, città nella quale amiamo sempre tornare.

Nella capitale inglese fa freddino, il clima ricorda un po’ il mese di Maggio che abbiamo appena trascorso in Italia, e se venerdì c’è un po’ di sole e si sta abbastanza bene, al sabato, dalla tarda mattinata al primo pomeriggio, piove abbastanza insistentemente anche se a sprazzi, ma per fortuna in serata il cielo si rischiarerà (già pregustavo Bruce che suonava Who’ll Stop The Rain? di John Fogerty, sarebbe la prima volta con me tra il pubblico, ma forse è meglio vedere il concerto all’asciutto, anche se Wembley ha tutti i posti a sedere coperti).

Proprio Wembley merita un cenno a parte: già il fatto di entrare nel tempio del calcio, in un luogo dove si è scritta la storia, provoca in me e mio figlio, grandi appassionati di football, un’immensa emozione, ma poi vediamo le zone interne, moderne, pulitissime (anche i bagni), con ristoranti e negozi, e con gli steward gentilissimi che ti aprono anche le porte, ed il paragone con San Siro, ma anche con gli altri stadi italiani, è abbastanza impietoso.

Il concerto è previsto per le 19, probabilmente Bruce deve chiudere entro un certo orario per evitare un altro Hyde Park, cioè quando lo scorso anno non è riuscito a terminare il suo storico duetto con Paul McCartney in Twist And Shout per il “taglio” dell’amplificazione: entriamo con calma (tanto i posti sono numerati) e prendiamo posto nelle comode poltroncine in pelle rossa della spettacolare arena di Wembley, dove è garantita un’ottima visuale da ogni settore dello stadio: l’unico punto in comune con San Siro, purtroppo, sarà l’acustica, con le chitarre il più delle volte “sepolte” nel mix e la batteria del grande Max Weinberg che sembra suonare con la sordina.

Bruce e la sua band salgono sul palco con una ventina di minuti di ritardo, e dopo i saluti di rito attaccano, come a Milano, con Land Of Hope And Dreams: sarà il fatto che non sono mai impazzito per questo brano, ma non sono così sicuro che funzioni in apertura di concerto, troppo lungo e troppo poco coinvolgente a livello ritmico.

Le cose prendono subito un’altra piega con Jackson Cage, l’unico episodio della serata tratto da The River (purtroppo) e con la travolgente Radio Nowhere, che inizia a far muovere un po’ il pubblico londinese, alquanto freddino (e qui con la gente di San Siro non c’è partita, ma stavolta al contrario).

Bruce dimostra di essere in forma (ma quando non lo è?), come d’altronde la band (incluso Little Steven, che i reportage avevano dato un po’ assente a San Siro), nella quale i “nuovi” Charlie Giordano e Jake Clemons si sono perfettamente inseriti (anzi, Jake è molto più pimpante dello zio Clarence degli ultimi anni), e con la ciliegina sulla torta dei fiati degli E Street Horns e dei cori dello E Street Chorus.

C’è spazio subito per quattro richieste di fila: una rara Save My Love (da The Promise), una festosa Rosalita (insolitamente posta all’inizio del concerto, ma Bruce forse vuole ravvivare un po’ la folla), la bella This Hard Land e soprattutto una magnifica Lost In The Flood, uno dei brani più drammatici del songbook del Boss, resa questa sera in maniera perfetta.

Dopo due brani dal recente Wrecking Ball (la title track e la coivolgente Death To My Hometown) ed il prevedibile ma sempre emozionante singalong di Hungry Heart (un’altra richiesta, e qui Bruce non ha rischiato più di tanto), Springsteen dice al pubblico: “Abbiamo due alternative: o andare avanti ad oltranza con le richieste o suonare tutto Darkness On The Edge Of Town dall’inizio alla fine”.

Il boato del pubblico fa propendere per la seconda ipotesi, ma non nascondo che tutto un concerto basato sulle richieste del pubblico sarebbe stata un’esperienza stimolante: Darkness viene comunque eseguito in maniera perfetta (e stiamo parlando di uno dei più bei dischi degli anni settanta, e non solo, in assoluto), con punte d’eccellenza per la toccante Racing In The Street, con Roy Bittan debordante nel finale, l’irresistibile Prove It All Night, con un assolo di Nils Lofgren spaziale, con tanto di chitarra suonata coi denti alla maniera di Hendrix, ed una intensa Streets Of Fire.

Ormai il pubblico è caldo al punto giusto, e Bruce lo cuoce a puntino con la festosa Shackled And Drawn, dove i fiati sono i protagonisti assoluti, la solare Waiting On A Sunny Day, con consueto assolo vocale di un bambino pescato tra il pubblico da Bruce, una perfetta The Rising ed una travolgente Light Of Day, cavalcata elettrica nella quale stavolta l’assolo strappa-ovazione è di Little Steven.

Dopo una breve pausa iniziano i bis, e qui Wembley si trasforma in una gigantesca discoteca: Pay Me My Money Down era già uno dei brani più divertenti delle Seeger Sessions, ma dal vivo stasera è resa in un modo che spiegare è difficile, sarebbe come pretendere di descrivere in poche parole Las Vegas ad uno che non c’è mai stato: perfino mia moglie, che è tutt’altro che springsteeniana, è in piedi che canta e balla.

Il trittico Born To RunBobby JeanDancing In The Dark (con due ragazze del pubblico sul palco a ballare, e ad una viene data anche una chitarra per jammare con Bruce e Steve) porta il concerto verso il gran finale.

Tenth Avenue Freeze-Out è resa in maniera estremamente sintetica (ma che voce ha ancora Bruce, dopo tre ore di corse su è giù mai un minimo calo), dato che bisogna chiudere per le 22.30: il Boss chiede: “La facciamo sì o no?”, ed alla prevedibile risposta affermativa del pubblico (e dopo aver scherzosamente presentato un assente Paul McCartney), si lancia in una incontenibile Twist And Shout, una versione di quasi dieci minuti durante la quale credo che balli pure il servizio d’ordine dello stadio.

E’ quasi finita: Bruce congeda la band e, da solo con la chitarra acustica, ci regala una Thunder Road da brividi, al termine della quale tutto lo stadio intona il celebre riff finale, un momento di grande intensità.

Un’altra splendida serata, ne è valsa la pena: il Boss non delude mai anche quando, come stasera, presenta una scaletta senza troppe sorprese.

Tre ore e un quarto di concerto, ed uscendo dallo stadio c’è qualcuno che si lamenta che ha suonato poco…

Marco Verdi

*NDB

Quest’anno sono 40 anni dall’uscita del primo disco di Bruce, Greetings From Asbury Park NJ, volete che non si festeggi l’evento, concerti a parte? Certo che sì: il 22 luglio, per un giorno solo, in moltissime sale in giro per il mondo verrà proiettato il film Springsteen & I, regia di Baillie Walsh, produttore esecutivo Ridley Scott. E poi naturalment eci aspettiamo il DVD. Nel frattempo…