Un Appuntamento Quasi “Inevitabile”! Johnny Winter – Live Bootleg Series Vol. 13

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Johnny Winter  – Live Bootleg Series vol. 13 – Friday Music

Prosegue la pubblicazione degli archivi Live di Johnny Winter, siamo ormai arrivati al capitolo n° 13. Come al solito il curatore ufficiale della serie Paul Nelson, incaricato da un fantomatico “Johnny Winter Music Archive” autorizzato dagli eredi del texano (??), non ci dice assolutamente nulla sulla provenienza del materiale, anno, località, musicisti impiegati: come di consueto si intuisce che dovrebbe esserci Jon Paris al basso e all’armonica (quindi siamo tra il 1979 e il 1989, anni in cui Paris ha militato nella band di Johnny) e si presume che il batterista potrebbe essere Bobby Torello (fino al 1983) o Tom Compton (negli anni a seguire, più probabile), quindi l’arco temporale si restringe Questa volta la qualità sonora è meno discontinua del solito: merito forse di Joe Reagoso che ha curato il mastering? Può essere.

Sta di fatto che il suono in questo volume è piuttosto buono, la musica ovviamente non si discute: a partire da una fulminante versione di Mean Town Blues, uno dei classici assoluti di Johnny, sin dai tempi di The Progressive Blues Experiment del 1968, poi a Woodstock e in Johnny Winter And Live, e da lì all’eternità, con la slide che viaggia a velocità supersoniche per quasi dieci minuti, con la solita classe e ferocia dell’albino texano, ottimo anche Paris al basso, per un perfetto esempio di power trio all’ennesima potenza. E niente male neppure la successiva Mojo Boogie, un brano di JB Lenoir che era su 3rd Degree, il disco per la Alligator del 1986, con Paris anche all’armonica e Winter nuovamente fantastico alla slide. In Last Night, uno slow blues scritto da Little Walter, la qualità del suono peggiora giusto un filo, rimanendo comunque molto buona, ma il brano, ripreso anche in Roots, il disco del 2011 registrato con vari ospiti (nel caso John Popper all’armonica) è comunque un fulgido esempio del Winter più rigoroso nella sua fedeltà alle 12 battute, riviste sempre attraverso la sua ottica unica e con la consueta grinta travolgente, all’armonica, penso sempre Paris.

Walking By Myself, il pezzo di Jimmy Rodgers, di nuovo con i duetti tra l’armonica di Paris e la solista di Winter, rientra più nella media delle esibizioni del nostro, buona ma per lui quasi normale, si fa per dire, perché la chitarra è sempre fantastica, anche se il suono è più pasticciato. E Mad Dog, un brano che era su Guitar Slinger del 1984, è indubbiamente tra i brani meno noti nell’immenso songbook del musicista texano, quindi una gradita aggiunta, ma niente per cui stracciarsi le vesti, mentre Don’t Take Advantage Of Me, il brano di Lonnie Brooks, è proposta in una versione hendrixiana, con il pedale wah-wah  spesso pigiato a manetta, per un omaggio al mancino di Seattle e alle sue sonorità, ma pure con citazioni dei Cream e di altri pilastri del rock-blues in trio. In conclusione anche un omaggio agli amati Rolling Stones, con una breve ma intensa versione di Gimme Shelter, solo strumentale, abbastanza irriconoscibile e, peccato, lunga meno di tre minuti, per quanto sempre ricca di fascino. Se avete già gli altri dodici, anche questo non può mancare alla vostra collezione, tenendo conto che è uno dei migliori della serie, che ultimamente è diventata “limitata” e piuttosto costosa.

Bruno Conti

Dei Bluesmen Austriaci Non Ne Vogliamo Parlare? Mojo Blues Band – Walk The Bridge

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Mojo Blues Band – Walk The Bridge – 2CD Styx Records

CD 1

  1. Wild Wild Woman
  2. She’s A Hot Mamacita
  3. FB Blues (Facebook Blues)
  4. The Crawl
  5. Give Me a J-45
  6. Walk The Bridge
  7. I’m Coming Home
  8. Paul’s Shuffle
  9. Your Funeral And My Trial
  10. Allmony, Allmony
  11. You Must Be Travelling On
  12. I’ll It Through
  13. I Ain’t Funny That Way
  14. I Wish I Could
  15. Waddlin’ Duck

CD 2

  1. My Heart Goes Diddely Bum
  2. The Blues Is All I Wanna Sing
  3. You Turned My World Around
  4. Black Train
  5. I Feel Like Going Home
  6. Movin’ Out Of Town
  7. She’s A Hot Mamacita
  8. I’m New Orleans Bound
  9. High Blood Pressure Boogie
  10. Please, Stay As Long As You Can
  11. Whale Of A Time
  12. Siggi’s Lap Steel Blues
  13. Blue Guitar Stomp
  14. Put Yourself In My Place
  15. Walk The Bridge – Radio Edit

In altra parte del Blog abbiamo archiviato la pratica del blues svedese http://discoclub.myblog.it/2014/05/03/anche-il-blues-svedese-mancava-allappello-t-bear-and-the-dukes-ice-machine/ , ma di quello austriaco non vogliamo parlarne? Certo che sì! Quando la Mojo Blues Band, nel lontano 1978, pubblicava il primo album, Shake That Boogie, addirittura non esisteva una scena blues locale, c’erano solo loro in Austria e quindi oltre a pubblicare i propri dischi accompagnavano, già dall’anno prima,  tutti i bluesmen americani in tour in quel paese, Charlie Musselwhite, Jb Hutto, Johnny Shines, Lousiana Red, Champion Jack Dupree e tantissimi altri. Dal 1980, per un breve periodo, sono stati anche la backing band della brava cantante inglese di R&B, Dana Gillespie, e tra un cambio di formazione e l’altro, con questo Walk The Bridge siamo intorno al 20° disco https://www.youtube.com/watch?v=LJ8_PTjBYhg . L’unico componente della formazione originale e fondatore della stessa è Erik Trauner, l’eminenza grigia del blues austriaco (che nel frattempo ha ampliato i suoi orizzonti, anche grazie alla diaspora dei vari componenti della MBB), vocalist, chitarra solista e slide, anche all’armonica, strumento imparato una ventina di anni fa per sostituire il titolare della formazione ai tempi e mai più abbandonato. https://www.youtube.com/watch?v=42XCFUOO0fI Hanno girato anche per gli Stati Uniti e nella zona di Chicago, dove godono di una buona reputazione, con il loro repertorio che fonde blues elettrico urbano, R&B e qualche spruzzata di musica della Lousiana, come dimostra anche questo doppio CD.

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Trenta brani, molto materiale originale, qualche pezzo strumentale e alcune cover, scelte tra materiale quantomeno inconsueto e non pescando tra i super classici, forse con l’eccezione di una bella versione di I Feel Like Going Home di Charlie Rich. Per i contenuti potremmo parlare di una sorta di Fabulous Thunderbirds mitteleuropei, molto revivalisti, con un sound vecchio stampo, dove il sax dell’ospite Paul Chuey si integra con il pianino di Charlie Furthner e le chitarre di Trauner e Fassi per creare un sound fine anni ’50, inizi ’60, come nell’iniziale Wild, Wild Woman, che molto ricorda le ultime prove discografiche di Jimmie Vaughan https://www.youtube.com/watch?v=1fbSENquy98 . O nell’honky boogie blues She’s A Hot Mamacita, proposta addirittura in due differenti versioni nel dischetto. FB Blues, che sta per Facebook Blues, perché la “modernità”, almeno nei testi, sembrerebbe giungere anche in questo tipo di blues, è poi in effetti un blues cadenzato con uso di slide, molto Chicago, The Crawl di Lonnie Brooks, sta tra rockabilly e blues, come i T-Birds o ai limiti i Blasters, anche se con meno classe, ma una ammirevole grinta. In Give Me A J-45 Trauner sfodera la sua armonica per un ennesimo shuffle (come tempo siamo sempre più o meno da quelle parti).

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Ma qualche eccezione c’è: Walk The Bridge è una bellissima ballata di stampo country, come il citato brano di Charlie Rich, con piano e Fassi alla pedal steel e un terzetto di voci femminili di supporto, assai gradevole, I’m Coming Home di Clifton Chenier, con la fisarmonica di Furthner in bella evidenza potrebbe essere un brano di Zachary Richard, scuola New Orleans, così come I’m New Orleans Bouund. Your Funeral And My Trial di Rice Miller (che sta per Sonny Boy Williamson II) è un blues primigenio, Alimony, alimony, fin dal titolo e con la sua slide insinuante potrebbe stare nel repertorio di Ry Cooder, come pure la lunga You Must Be Travelling On, cantata in duetto con una voce femminile ( se non ci sono, nel repertorio di Cooder, una ragione ci sarà). Per il resto molto divertimento, boogie, rockabilly, jump, tutti i vecchi stili convergono nel suono di questa Mojo Blues Band. Diciamo che come “modernità” del suono, in alcuni brani, al massimo possiamo arrivare dalle parti del blues fine ’60 di Bluesbreakers, Fleetwood Mac di Peter Green e soci. Anche in questo caso quindi niente di nuovo o di particolarmente eccelso, ma gli appassionati di blues avranno motivo di che rallegrarsi.

Bruno Conti

For Collectors Only! Johnny Winter – Live Bootleg Series Vol.7

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Johnny Winter – Live Bootleg Series Vol. 7 – Friday Music

La sufficienza viene concessa di stima per questo nuovo volume della serie dedicata al materiale di archivio del grande chitarrista albino texano. Johnny Winter non gode di buona salute come avrete visto dalle sue partecipazioni al Crossroads Festival di Clapton e quindi le probabilità di un nuovo disco mi paiono scarse ma qui siamo lontani dalle punte di eccellenza di quello straordinario CD pubblicato dalla Collectors’ Choice Live At Fillmore East 10/03/70 di cui vi ho parlato alcuni mesi or sono ( blast-from-the-past-sbucati-dal-passato-johnny-winter-and-po.html e che rimane uno dei documenti migliori della sua discografia. In questo volume 7 le note sono più scarne del solito e possiamo presumere che le registrazioni provengano dal periodo fine ’80 inizio ’90 visti i musicisti utilizzati Tom Compton alla batteria e Jon Paris e Jeff Ganz che si alternano al basso. Sono Bootleg e lo dice il nome stesso, quindi la qualità sonora non sempre è straordinaria ma ogni tanto si scende sotto il livello di guardia.

Le note del libretto del CD sono compilate da un fan “inaspettato”, Warren Haynes che confessa che i tre suoi chitarristi preferiti nella sua formazione musicale, i suoi guitar heroes, sono stati Clapton, Hendrix e Johnny Winter. Mentre per i primi due la cosa è abbastanza risaputa, per il terzo mi sarei giocato la camicia su Page o Duane Allman ma evidentemente mi sbagliavo. Haynes ne tesse giustamente le lodi ricordandone la straordinaria importanza in quel territorio che sta tra rock e blues, un ponte tra i due generi e uno straordinario chitarrista nonché un ottimo cantante.

Questo album contiene solo sette brani compresa una breve introduzione di 22 secondi: la cover di Don’t Take Advantage Of Me un brano di Lonnie Brooks da sola quasi vale il prezzo di ammissione, una torrenziale sequela di note in uno stile funky-rock-blues quasi hendrixiano che ci riconduce al Johnny Winter più valido e anche con una qualità sonora eccellente. Mean Mistreater lo slow blues dal repertorio di Muddy Waters è uno dei suoi classici assoluti e questa versione sarebbe molto buona se il suono non fosse molto “paludoso” forse in onore al suo autore, tipo buon bootleg ma nulla più. La lunga Blues Jam che immagino provenga dalla stessa fonte vi costringe ancora ad aguzzare le orecchie ma dopo anni di “bootleg veri” si può anche fare un sacrificio, visto che il brano è proprio quello, una lunga jam chitarristica nel corso della quale Winter esplora in su e in giù il manico della sua chitarra alla ricerca di recondite squisitezze tecniche e con spazio anche per i suoi soci di avventura. Shame, shame, shame è una onesta ripresa del classico di Jimmy Reed col tipico train sonoro di Winter mentre Kiss Tomorrow Goodbye è uno strano brano acustico di provenienza dubbia, affascinante ma assolutamente “oscuro” e dalla voce potrebbe provenire anche dal lontano passato.  Leland Mississippi Blues sarebbe anche molto bella ma qui il suono è veramente pessimo. Una curiosità mi assale, ma dove cacchio l’ha ascoltata Got To Find My Baby il buon Warren Haynes, visto che la cita nelle sue note? Forse c’era solo nella sua copia perché io nel CD non ne ho trovato traccia!

Misteri della vita! Per fan sfegatati del blues e di Winter ma speriamo meglio per eventuali nuovi capitoli.

Bruno Conti