Cantastorie, Pittore E Artista Di “Culto”. Otis Gibbs – Hoosier National

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Otis Gibbs – Hoosier National – Wanamaker Recording Company – CD – LP – Download

Questo signore è un cliente abituale di queste pagine virtuali fin dal lontano 2010, nel Bog abbiamo recensito i suoi dischi a partire da Joe Hill’s Ashes, e poi in seguito Harder Than Hammered Hell, Souvenirs Of A Misspent Youth, sino al più recente Mount Renraw https://discoclub.myblog.it/2017/02/22/un-grande-narratore-alt-country-da-salotto-otis-gibbs-mount-renraw/ . Stiamo parlando del barbuto Otis Gibbs (un tipo che potrebbe essere benissimo il quarto componente dei texani ZZ Top), pittore, fotografo ed ecologista convinto, oltre che narratore e artista di culto nell’ambito country, più o meno alternativo, che torna con questo nuovo lavoro Hoosier National, un disco completamente elettrico, dove per la prima volta suona una vecchia chitarra Les Paul con corde di grosso calibro, collegata ad un amplificatore Princeton Tuxedo del ’63, particolare non indifferente nello sviluppo delle storie che compongono questo grintoso concept album in stile roots-rock.

Per questo ennesimo capitolo della sua saga, il buon Otis si avvale come è consuetudine del suo ristretto giro di eccellenti musicisti, a partire dal chitarrista Thomm Jutz (Nanci Griffith, Mary Gauthier), il batterista Lynn Williams (Delbert McClinton, Wallflowers), Mark Fain al basso (uno che ha lavorato con Tom Petty, John Fogerty e Ry Cooder), e il pianista Jen Gunderman (Sheryl Crow, Jayhawks), ma su tutto spicca la sua voce che negli anni è diventata sempre più roca e sofferta. Le storie si aprono con una Nine Foot Problem dal passo tipico dei folksinger americani, a cui fanno seguito i sei minuti di Panhead, un bel groove blues che mi ricorda l’ultimo Steve Earle, mentre Sons And Daughters viaggia su una buona ritmica con il suono di una chitarra potente. Il racconto prosegue con l’incantevole Lord Open Road dal complesso spirito narrativo (si racconta l’omicidio di un certo James H.Langford avvenuto nel lontano 1981), un brano quasi recitativo cantato e suonato in perfetto stile Dirty Blvd del grande Lou Reed (era nell’album New York (89), per poi passare ad un brano molto rootsy come Fountain Square Stare, con un riff e una melodia trascinante, rispolverare il blues paludoso alla Tony Joe White di Mid Century Modem e a seguire un altro ritratto di vita reale come Bill Traylor (storia della vita di un afro-americano in Alabama), cantata da Gibbs con la grazia e il cuore di un vecchio bluesman.

Le storie volgono alla fine con il sincopato riff chitarristico, alla Keith Richards, di una trascinante Blood, per poi cambiare ancora genere con il gioioso country di Ten Minutes (G.A.R. Reprise), e andare a chiudere il percorso con la solita ballata commovente, una Faithful Friend dal feeling universale che ricorda il duo Mellencamp/Springsteen, su un bel tessuto musicale di tastiere e chitarre. Negli ultimi 18 anni Otis Gibbs ha pubblicato alcuni dischi straordinari (i primi tre soprattutto), ma questo ultimo lavoro Hoosier National contrassegnato da una svolta più elettrica (chitarra elettrica, basso e percussioni) potrebbe nel tempo diventare il suo CD migliore. Negli anni Otis Gibbs è stato paragonato a molti (forse troppi) musicisti, a partire da Woody Guthrie,Johnny Cash, Steve Earle, Guthrie Thomas (un altro assolutamente da riscoprire), JJ Cale, il Tom Waits più oscuro, mentre musicalmente è certamente possibile cogliere rimandi a Bruce Springsteen, e per quello che vale, credetemi, non c’è un brano debole in tutto lo sviluppo di questo splendido album roots-rock.

Per quanto riguarda la sua attività musicale, Gibbs rimane un grande narratore musicista itinerante che sa scrivere canzoni accattivanti e avvincenti, che porta la sua musica in giro per il mondo, suonando ovunque possa farlo, rimanendo volutamente fuori dallo “showbiz”, e ciò lo porta a essere un musicista di culto, ma con un fascino che molti artisti sopravvalutati neanche sfiorano. Alla fine la filosofia musicale di Otis è quella di cantare storie, a chi ha voglia di sentirle. Se lo ascoltate, difficile che possiate pentirvene.

NDT: Come al solito il CD è di difficile reperibilità, comunque lo si può acquistare sul suo sito, anche se le spese di spedizione dagli Usa sono molto salate!

Tino Montanari

Mentre Il Capo Non C’è Mi Faccio Un Bel Disco Dal Vivo. Nils Lofgren – Weathered

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Nils Lofgren – Weathered Live – 2 CD Cattle Track

In questi tempi nei quali il suo datore di lavoro Bruce Springsteen è stato impegnato con altri progetti, e quindi la E Street Band era in stand-by, Nils Lofgren ha avuto molto più tempo per dedicarsi ai suoi progetti solisti, che peraltro avevano preso l’abbrivio già nel 2014 con la pubblicazione dell’ottimo box retrospettivo Face The Music. In attesa che il grande capo li chiami di nuovo all’opera (e si vociferava che il Boss si stesse disputando l’uso del loro studio di registrazione casalingo, dove la moglie Patti Scialfa sta completando il suo album, per non meglio specificati progetti, leggi nuove canzoni *NDB Tra pochi giorni una realtà con il nuovo album Letter To You), Nils Lofgren ha pubblicato nel 2019 il suo album solo Blue With Lou https://discoclub.myblog.it/2019/05/08/non-un-capolavoro-ma-un-disco-onesto-e-personale-nils-lofgren-blue-with-lou/ , comprendente anche alcuni brani rimasti inediti dalla sua passata collaborazione con Lou Reed.

Ovviamente, visto che non c’era ancora la pandemia, Nils ha pensato bene di portare in tour quell’album e anche molti brani del suo enorme repertorio (oltre trenta album tra studio e live, compresi i Grin) : e per fare questo ha scelto una formidabile band per accompagnarlo, rispolverando dal doppio dal vivo del 1977 Night After Night il fratello Tom Lofgren a tastiere e chitarra, e una sezione ritmica con Kevin McCormick al basso e Andy Newmark alla batteria, già utilizzata nel disco in studio, e molte altre volte in passato, come pure la vocalist aggiunta Cindy Mizelle. Sedici canzoni in tutto, eseguite con foga e classe: Lofgren non hai mai avuto una grande voce, per quanto subito riconoscibile, ma come chitarrista è uno dei migliori su piazza, come mette subito in chiaro la potente Daddy Dream dal disco Wonderland del 1993, la ritmica scandisce il tempo, la Mizelle “aiuta” e sostiene Nils con la sua voce ricca di soul, ma quando il leader inizia a mulinare la sua chitarra in una lunga serie di assoli nei nove minuti del brano, il pubblico presente, pure non molto numeroso pare di capire, non può non apprezzare, fratello Tom aggiunge l’organo e il brano fila liscio come l’olio.

Sempre dallo stesso album (dove apparivano Newmark e McCormick) arriva anche Across The Tracks, tirata e a tutto riff, benché più contenuta come durata, Rock Or Not è una delle canzoni nuove, sempre aggressiva e tirata, più immediata della versione in studio, che lascia poi spazio a Girl In Motion, uno dei brani migliori di Silver Lining del 1991, qui in versione monstre da oltre 14 minuti, con la band che dà il meglio di sé, inclusi Newmark e McCormick che apparivano di nuovo nel disco originale. dove Kevin era anche il co-produttore, con Lofgren che racconta un episodio dell’epoca relativo a Ringo Starr, presente nell’album, ma a quanto mi risulta non in questo pezzo, ma si sa che le nebbie del tempo confondono le idee, e la canzone rimane comunque eccellente, soprattutto in questa versione allungata con grande assolo di Nils. E sempre dallo stesso album molto buona anche una vibrante Walkin’ Nerve, cantata a due voci con la Mizelle, seguita da Too Many Miles, scritta in origine per Bonnie Bramlett, un sinuoso blues, sempre con notevole lavoro della solista, Too Blue To Play, dal nuovo album è una ballata acustica, con i fremiti soul di Big Tears Fall, in origine su Back It Up Live cantati dalla Mizelle.

Don’t Let Your Guard Down e la lunga e improvvisata Give, sono altre due delle collaborazioni con Reed, entrambe più vibranti ed incisive nelle versioni live. Tender Love era una ballata in duetto con la Bramlett, qui sostituita dalla Mizelle, forse un po’ troppo zuccherosa ma non disprezzabile, stesso discorso per Like Rain, vecchio brano anni ‘70, più incisivo, con la Mizelle che sovrasta Lofgren, ma nell’insieme non dispiace, gradevole anche No Mercy, una ballata rock più elettrica e con la chitarra che torna a brillare. Mind Your Own Business è una strana cover di un pezzo country di Hank Williams, cantata con i tre fratelli di Lofgren, non malvagia e con Nils che va di slide, ma non si capisce cosa c’entri con il resto, molto meglio la cover di Papa Was A Rolling Stone dei Temptations, con jam annessa, che poi confluisce nel gran finale di I Came To Dance, uno dei brani migliori in assoluto di Nils Lofgren, oltre dieci minuti di rock (and roll) a tutto tondo, con chitarra fumante e band in grande spolvero, che chiude un album dal vivo più che soddisfacente nell’insieme e che conferma la sua fama di performer.

Bruno Conti

Dopo 31 Anni E’ Ancora Un Capolavoro! Lou Reed – New York Deluxe Edition

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Lou Reed – New York Deluxe Edition – Rhino/Warner 3CD/DVD/2LP Box Set

Alla fine degli anni ottanta Lou Reed sembrava ad un punto morto della sua carriera: il suo ultimo album, Mistrial (un disco accolto non benissimo, che aveva alcune buone canzoni ma un suono moderno tipico dell’epoca e poco adatto all’ex Velvet Underground), risaliva ormai al 1986, ed in più il suo contratto con la RCA era terminato e non era stato rinnovato. Quello che ancora non si sapeva è che il nostro era impegnato a scrivere ed incidere quello che verrà poi considerato quasi all’unanimità il suo capolavoro (magari a pari merito con Transformer), vale a dire New York, un album stupendo che riportava Reed al centro del panorama rock mondiale e che, pubblicato nel gennaio 1989 per la Sire (una associata della Warner molto in voga negli eighties), divenne in breve anche il suo disco più venduto di sempre. Il titolo del lavoro parlava chiaro: New York era un concept dedicato da Lou alla sua città, una metropoli da lui molto amata ma della quale non ha mai nascosto brutture, ingiustizie e contraddizioni, e le 14 canzoni che componevano il disco erano una vera e propria full immersion in un mondo di violenza (sia nelle strade che sui minori), drogati, prostitute, homeless, vita nei bassifondi e tragedie varie come l’impatto dell’AIDS che aveva decimato gli amici gay del nostro o la povertà della comunità ispanica, il tutto unito ad una feroce critica sociale e politica che vedeva il nostro prendersela (facendo nomi e cognomi) con l’allora presidente George Bush Sr., il predicatore di colore Jesse Jackson, Papa Wojtyla, il colonnello Oliver North, il segretario dell’epoca all’ONU Kurt Waldheim (che Reed accusava velatamente se non di simpatie naziste, perlomeno di non essere così deciso nel condannare l’Olocausto) e l’allora procuratore del distretto sud di NY e futuro sindaco Rudy Giuliani, che aveva già iniziato una robusta opera di bonifica della città (il che mi fa pensare che, in fondo, Lou Reed la preferisse non dico in degrado ma comunque con i suoi alti e bassi).

Ma l’album non era certo una sorta di reportage giornalistico sulla situazione della Grande Mela, ma un’opera altissima dal punto di vista lirico, con testi impregnati di riferimenti letterari e dall’accentuato sapore poetico (anche se il linguaggio usato era spesso forte), ad un livello che Lou, pur essendo uno dei più grandi scrittori nel mondo del rock, forse non aveva ancora toccato (e che bisserà nel seguente e quasi altrettanto splendido Magic And Loss, ed in parte anche nel toccante omaggio ad Andy Warhol Songs For Drella, inciso insieme all’ex collega nei VU John Cale). A chiudere adeguatamente il quadro, New York musicalmente segnava un ritorno al rock’n’roll più puro e diretto, quasi grezzo nei suoi arrangiamenti semplici ed immediati, con una band essenziale formata da due chitarre (lo stesso Reed e Mike Rathke), un basso (Rob Wasseman) ed una batteria (Fred Maher), con la partecipazione alle percussioni dell’ex Velvet Maureen Tucker in due pezzi ed ai cori in un brano di Dion Di Mucci, uno degli idoli giovanili di Lou.

Gli arrangiamenti lineari quindi rendevano ancora più piacevole l’ascolto delle canzoni (nelle quali bisognava comunque “entrare” a poco a poco, stiamo sempre parlando di Lou Reed…), con pezzi di puro rock’n’roll chitarristico come l’iniziale Romeo Had Juliet, godibilissima, la trascinante Busload Of Faith (rifatta di recente da Bob Seger), la dura There Is No Time, la potente Strawman (cantata alla grande dal nostro, alla faccia di chi dice che sappia solo parlare), l’orecchiabile e contagiosa (nonostante il testo al vetriolo) Good Evening Mr. Waldheim, fino a quello che diventerà un classico assoluto di Lou, cioè la splendida Dirty Blvd., goduriosa rock song dal riff coinvolgente e con la voce riconoscibilissima di Dion nel finale.

Ma New York non era solo rock’n’roll, in quanto conteneva alcune delle più belle ballate mai scritte da Reed, momenti musicali di pura emozione in cui il suo tipico modo di porgere i brani tra cantato e talkin’ assumeva toni di bellezza assoluta, con titoli come Endless Cycle, Xmas In February, Last Great American Whale e soprattutto la toccante e profonda Halloween Parade, una delle migliori ballads della sua carriera. E poi Beginning Of A Great Adventure, quasi un esercizio di blues urbano con ottimi intrecci chitarristici tra Reed e Rathke, la vivace Sick Of You, dal tempo quasi country-rock, e la conclusiva e velvettiana Dime Store Mystery, che essendo dedicata a Warhol anticipava in un certo senso le tematiche di Songs For Drella. Per celebrare il trentesimo anniversario di New York (o forse no, anche perché gli anni sarebbero 31) è uscita da pochi giorni questa bellissima Deluxe Edition curata dalla “Lou Reed Archive”, cioè in pratica dall’ex moglie Laurie Anderson (in collaborazione con il noto archivista Bill Inglot e con il grande produttore Hal Willner, da sempre amico di Lou, qui in uno dei suoi ultimi lavori – ed il progetto è dedicato proprio a lui), un cofanetto di tre CD, un DVD, due LP ed un bel libretto con le note scritte dal noto critico David Fricke e gli indispensabili testi dei brani, box set i cui contenuti musicali giustificano una volta tanto il prezzo richiesto (60-70 euro, neppure dei più alti).

A parte la fastidiosa abitudine di inserire l’LP del disco originale (qui addirittura doppio, mentre nel 1989 uscì singolo) quando c’è già il CD, abbiamo appunto nel primo dischetto New York così come lo conosciamo (ma rimasterizzato ex novo nel 2020), che si conferma un album che in tutti questi anni non ha perso un millesimo della sua bellezza, un secondo CD con una versione dell’album dal vivo in 14 performance inedite ed una selezione di outtakes e rarità assortite nel terzo, mentre nel DVD troviamo un concerto dell’epoca uscito nel 1990 in VHS e Laserdisc e mai ristampato in seguito. Dell’album originale ho già detto, e quindi passo a parlare del secondo CD che come ho scritto poco fa raccoglie 14 versioni live dei brani di New York registrate tra Washington, Baltimora, Londra, Richmond, Upper Darby e Copenhagen: l’ascolto dimostra che queste canzoni sono fatte apposta per essere suonate dal vivo, con riletture perfette e coinvolgenti ed un Lou Reed in ottima forma ed anche loquace e spiritoso.

Una menzione particolare va a Romeo Had Juliette, Halloween Parade (con un delizioso ed inedito coro finale), Dirty Blvd., Endless Cycle, più vigorosa che in studio, una Beginning Of A Great Adventure con strepitosi intermezzi chitarristici (ed una prestazione da vero jazzman da parte di Wasserman), Busload Of Faith, Good Evening Mr. Waldhein e Strawman. Il terzo dischetto presenta solo tre pezzi già editi, e cioè la single version di Romeo Had Juliette, ancora più trascinante, e due rare b-sides: una bella Busload Of Faith acustica e The Room, esercizio strumentale dissonante ed abrasivo che rimanda a certe scorribande del nostro coi Velvet. Abbiamo poi i “rough mix” di Dirty Blvd. (senza Dion), Beginning Of A Great Adventure, Sick Of You, Hold On e Strawman, non così diversi dagli originali che sono già piuttosto crudi ed essenziali nel suono; interessanti i quattro “work tapes”, canzoni in embrione ed ancora senza parole, un modo diverso di entrare nelle sessions del disco: abbiamo così una prova chitarristica sul riff di Dirty Blvd., Endless Cycle in cui Lou spiega le parti di basso e batteria e lo stesso fa con Rathke in Last Great American Whale, mentre Sick Of You sembra quasi un boogie alla John Lee Hooker.

In conclusione, due scintillanti versioni dal vivo registrate a Richmond di Sweet Jane e Walk On The Wild Side, che chiudevano la seconda parte dei concerti in supporto all’album. E veniamo al DVD, la cui parte video (ce n’è anche una audio, con un’intervista a Reed di 23 minuti e New York in alta risoluzione stereo) si occupa dell’intero album suonato live al Theatre St. Denis di Montreal, con immagini che pagano la trasposizione dal VHS originale non essendo nitidissime ed un po’ sgranate nelle riprese più buie (che sono tante, dato che la scenografia ricostruisce uno dei tanti vicoli della New York dei bassifondi, degradato e molto poco invitante). Ma dal punto di vista musicale nulla da dire, un concerto bellissimo in cui possiamo ammirare l’intesa tra i vari membri della band, con Wasserman che si conferma un virtuoso assoluto ritagliandosi diverse parti da solista: non voglio ripetere quanto detto per il secondo CD, ma mi limito a segnalare che Dirty Blvd., Halloween Parade e Beginning Of A Great Adventure sono semplicemente strepitose, e pure There Is No Time rocca di brutto. Diciamo che come bonus avrebbero potuto aggiungere le canzoni della seconda parte, dove alle già citate Sweet Jane e Walk On The Wild Side i nostri avevano suonato anche il classico velvettiano Rock’n’Roll, una cover di One For My Baby (And One More For The Road) di Johnny Mercer e tre brani allora recenti come I Love You Suzanne, The Original Wrapper e Video Violence.

Un cofanetto dunque imperdibile questo New York Deluxe Edition, che ha il merito di sviscerare in diverse sfaccettature un album ancora oggi splendido ed attualissimo. Nelle note originali dell’album Lou scriveva “Niente può battere due chitarre, basso e batteria”: di sicuro erano pochi quelli che potevano battere Lou Reed.

Marco Verdi

Meglio Tardi Che Mai! Suzanne Vega – An Evening Of New York Songs And Stories

suzanne vega an evening of new york songs and stories

Suzanne Vega – An Evening Of New York Songs And Stories – Cooking Vinyl CD

Mi accingevo a scrivere questa recensione verso la fine del mese di aprile, quando all’improvviso, per gli effetti del lockdown, il disco, che era annunciato in uscita per il primo maggio, venne rinviato a data da destinarsi. Alla fine è stato pubblicato pochi giorni fa, e visto che si tratta di un bel dischetto dal vivo eccoci a parlarne. Suzanne Vega non è certo nuova ai dischi Live. In una carriera che ormai tocca quest’anno i 35 anni di attività discografica, compreso questo An Evenng Of New York Songs And Stories, i dischi registrati in concerto arrivano a quota sei (e solo nove in studio nello stesso periodo). La cantante newyorchese (anche se nativa di Santa Monica, in California) non è forse una performer straordinaria, celebre per i suoi spettacoli turbolenti, ma ha comunque un suo charme e gusto nelle esibizioni dal vivo, mutuato dai suoi studi giovanili in danza moderna e dalle sue frequentazioni, ad inizio carriera, dei locali del Greenwich Village, dove proprio al “celebre” Cornelia Street Cafe ha mosso i primi passi, celebrati nelle pubblicazioni della rivista e nei dischi della serie Fast Folk, grazie ai quali ottenne un contratto con l’etichetta A&M, che pubblicò il suo omonimo album di esordio nel 1985.

In un periodo in cui perlopiù imperava un tipo di musica tra il bombastico e il danzereccio, si segnalò per una sua diafana ed eterea bellezza, anche se poi il suo stile da folksinger voce e chitarra acustica, venne adornato dalla eccellente e ricercata produzione affidata a Lenny Kaye (ex Patti Smith Group) e al chitarrista Steve Addabbo, entrambi presenti anche nel successivo Solitude Standing. Due dischi di grande successo, il primo vendette circa trecentomila copie sia negli Stati Uniti che in in Inghilterra, il secondo un milione di copie in USA e 5 milioni in tutto il mondo, generando anche due singoli di enorme successo come Marlene On The Wall e Luka. Uno potrebbe pensare che le grandi hit vengano riservate per la conclusione del concerto e invece, a sorpresa, sono poste entrambe in apertura di questo CD dal vivo, estrapolato da due serate registrate al Cafe Carlyle di New York il 12 e il 14 marzo del 2019. Accompagnata da un piccolo gruppo, un trio per la precisione, con Jeff Allen al contrabbasso, Jamie Edwards alle tastiere, più vibrafono, archi sintetici e altri strumenti assortiti, e dal chitarrista Gerry Leonard, che si occupa anche della produzione, Suzanne Vega sciorina 24 perle delle sua produzione, tutte con argomento che verte sulla città di New York (una in effetti è Walk On The Wild del suo amico Lou Reed e alcune tracce sono solo degli intermezzi parlati).

Niente uso di batteria, ma le canzoni hanno comunque una “elettricità” latente come quella presente in una limpida e vibrante Marlene On The Wall, raffinata canzone d’amore degna discendente di quelle della Joni Mitchell meno cerebrale e ricercata, anche se il testo è poetico ed intricato, con la chitarra elettrica di Leonard e il piano di Edwards a fornire un elegante supporto alla vocalità delicata ma sicura di Suzanne. Che poi in Luka affronta un tema a lei molto caro, quello della violenza e dell’abuso sui bambini, che forse stride nell’ambiente molto upper class del Carlyle, locale frequentato da un pubblico probabilmente non uso agli argomenti della canzone, ma che ha comunque una affinità con le tematiche rappresentate dalla celebre concittadina, e poi la canzone ha in ogni caso una melodia deliziosa ed irresistibile, non intaccata dallo scorrere del tempo. Preceduta dal piccolo siparietto in cui chiede al pubblico quante persone vengono da fuori città, ecco arrivare la dolce New York Is A Woman, un brano del 2007 che sembra uno standard della canzone americana, per poi raccontare la travagliata storia d’amore di Frank And Ava, ovvero Sinatra e Gardner, il tutto si svolgeva in un appartamento della 59° Strada, e l’arrangiamento è più teso e movimentato per rappresentare le baruffe che avvenivano tra i due.

Senza fare un elenco di tutte le canzoni presentate nella serata, vorrei ricordare il valzer sognante della deliziosa Gypsy, sempre da Solitude Standing, la dura presa di posizione di The Pornographer’s Dream, confezionata però a tempo di bossa nova per contrasto al testo molto intenso. New York My Destination dall’impianto jazzy e rilassato, tratta dall’ultimo album Lover, Beloved: Songs from an Evening with Carson McCullers del 2016, e che ricorda certe cose di Carole King, l’omaggio a Lou Reed in una adorabile ed affettuosa rilettura di Walk On The Wild Side che fa il paio con la versione di Sweet Jane dei Cowboy Junkies , preceduta da un breve ricordo del suo primo incontro con Lou, come spettatrice a un concerto, e con un bellissimo assolo della chitarra elettrica di Leonard, la quasi angosciante e sospesa Ludlow Street, su un amore finito male, Tom’s Diner, con il celebre vocalizzo che poi è stato utilizzato come base di partenza della versione hip-hop del duo DNA e la conclusiva Thin Man, dove l’intervento di una base ritmica, un giro di basso marcato e una chitarra elettrica in evidenza che interagisce con le tastiere, crea una atmosfera sonora più complessa ed elaborata che non sarebbe dispiaciuta a Donald Fagen.

In definitiva un bel dischetto dal vivo per chi ama le emozioni meno forti e più rarefatte e distillate.

Bruno Conti

Lou Reed, Cofanetto New York In Uscita il 25 Settembre: “Peccato” Sia Un Bundle CD/DVD/LP!

lou reed new york

Lou Reed – New York – Box 3 CD + DVD + 2 LP Sire Rhino – 25-09-2020

Non c’entra, ma proprio in questi giorni Neil Young per l’ennesima volta annuncia l’uscita dell’atteso Archives Vol. 2: 1972-1976, cofanetto da 10 CD che in un primo tempo (si fa per dire, visto che siamo in ballo da 10 anni), diciamo per il 2020, avrebbe dovuto essere pubblicato proprio in questi giorni di agosto, ora viene spostato al 6 novembre, e già che ci siamo si parla pure di un non meglio identificato Return To Greendale, sempre per lo stesso giorno. Ma qualcuno ci crede ancora? L’unica cosa certa è che il vecchio Neil ha postato una nuova canzone Lookin’ For A Leader 2020 https://www.youtube.com/watch?v=c0cOUDwKl9kche il nostro amico invita Trump ad utilizzare pure durante la campagna elettorale, vedremo.

Veniamo al cofanetto di New York di Lou Reed, considerando che c’entra sempre la Rhino. Iniziativa lodevole: in effetti i dischi di Reed del periodo Sire, pur essendo stato pubblicato nel 2015 un bel cofanetto da 10 CD, anche a prezzo speciale, The Sire Years: Complete Albums Box,non erano mai stati rimasterizzati, a differenza di quelli del periodo antecedente contenuti in RCA & Arista Album Collection del 2015. Nel titolo dico “peccato” riferendomi a questo vezzo della Rhino di unire insieme le versioni in CD (e DVD) con quelle in vinile: penso ad esempio alle ristampe dei Doors. Ovviamente il costo dei manufatti cresce e comunque si tratta di due tipi di pubblico differenti, gli amanti del LP e quelli delle versioni digitali: basterebbe, come si fa spesso e volentieri, tenerle divise.

Comunque l’annuncio è stato fatto, il box è previsto in uscita per il 25 settembre (salvo ripensamenti dell’ultima ora, non impossibili, dato questo periodo di continui e snervanti rinvii) e conterrà in CD l’album originale (probabilmente, insieme a quello dell’anno successivo con John Cale, uno degli album grandi album di Reed) con remaster 2020, un secondo dischetto con 14 brani dal vivo registrati nel corso del tour mondiale del 1989, anno di pubblicazione del disco originale, un terzo dischetto con 14 altre 14 tracce, versioni da 45 giri, qualche demo e versione alternativa o acustica, un pezzo non utilizzato nel CD originale e altre due canzoni dal vivo. I pezzi in studio del disco del 1989, escono anche in un doppio vinile, mentre nel DVD ci sono altri brani Live, ovvero l’esibizione completa del Theatre St. Denis – Montreal, Canada – August 13, 1989, pubblicata ai tempi solo in VHS e su Laser Disc, una intervista con Lou Reed e di nuovo le 14 canzoni in versioni ad alta definizione per audiofili, e un libro rilegato 12×12, con nuovi saggi, articoli e foto. Alla preparazione del tutto hanno collaborato la sua compagna Laurie Anderson, Don Fleming, Bill Ingot, Jason Stern, e Hal Willner.

Il prezzo annunciato, con la presenza dei vinili, indicativamente sarà sui 70 euro.

Al solito ecco la lista dettagliata dei contenuti. Se volete farvi del male, sul sito della Rhino è disponibile anche una edizione esclusiva con (musi)cassetta aggiunta.

Tracklist
[CD1: Original Album 2020 Remaster]
01 Romeo Had Juliette
02 Halloween Parade
03 Dirty Blvd.
04 Endless Cycle
05 There Is No Time
06 Last Great American Whale
07 Beginning of a Great Adventure
08 Busload of Faith
09 Sick of You
10 Hold On
11 Good Evening Mr. Waldeheim
12 Xmas in February
13 Strawman
14 Dime Store Mystery

[CD2: Live Performance Tracks]
01 Romeo Had Juliette (Warner Theater, Washington, DC, 3/14/1989)
02 Halloween Parade (Joseph Meyerhoff Symphony Hall, Baltimore, MD, 3/16/1989)
03 Dirty Blvd. (Wembley Arena, London, UK, 7/14/1989)
04 Endless Cycle (Warner Theater, Washington, DC, 3/14/1989)
05 There Is No Time (The Mosque, Richmond, VA, 8/8/1989)
06 Last Great American Whale (The Mosque, Richmond, VA, 8/8/1989)
07 Beginning of a Great Adventure (Wembley Arena, London, UK, 7/4/1989)
08 Busload of Faith (Falconer Theater, Copenhagen, Denmark, 6/9/1989 )
09 Sick of You (Tower Theater, Upper Darby, PA, 3/17/1989)
10 Hold On (The Mosque, Richmond, VA, 8/8/1989)
11 Good Evening Mr. Waldheim (Joseph Meyerhoff Symphony Hall, Baltimore, MD, 3/16/1989)
12 Xmas in February (Joseph Meyerhoff Symphony Hall, Baltimore, MD, 3/16/1989)
13 Strawman (Wembley Arena, London, UK, 7/4/1989)
14 Dime Store Mystery (The Mosque, Richmond, VA, 8/8/1989)

[CD3: Bonus Tracks]
01 Romeo Had Juliette (7 “Version)
02 Dirty Blvd. (Work Tape)
03 Dirty Blvd. (Rough Mix)
04 Endless Cycle (Work Tape)
05 Last Great American Whale (Work Tape)
06 Beginning of a Great Adventure (Rough Mix)
07 Busload of Faith (Acoustic Version)
08 Sick of You (Work Tape)
09 Sick of You ( Rough Mix)
10 Hold On (Rough Mix)
11 Strawman (Rough Mix)
12 The Room (Non-Album Track)
13 Sweet Jane (Live Encore at The Mosque, Richmond, VA, 8/8/1989)
14 Walk on the Wild Side (Live Encore at The Mosque, Richmond, VA, 8/8/1989)

[LP1/LP2: Original Album 2020 Remaster]
(see tracklist for CD1)

[DVD]
Live at Theatre St. Denis – Montreal, Canada – August 13, 1989
01 Romeo Had Juliette
02 Halloween Parade
03 Dirty Blvd.
04 Endless Cycle
05 There Is No Time
06 Last Great American Whale
07 Beginning Of A Great Adventure
08 Busload Of Faith
09 Sick Of You
10 Hold On
11 Good Evening Mr. Waldheim
12 Xmas In February
13 Strawman
14 Dime Store Mystery
Feature
15 A Conversation With Lou Reed [25:34]
Original Album 96kHz/24-bit PCM Stereo
16 Romeo Had Juliette
17 Halloween Parade
18 Dirty Blvd.
19 Endless Cycle
20 There Is No Time
21 Last Great American Whale
22 Beginning of a Great Adventure
23 Busload of Faith
24 Sick of You
25 Hold On
26 Good Evening Mr. Waldeheim
27 Xmas in February
28 Strawman
29 Dime Store Mystery

Per il 9 ottobre la Warner/Rhino, sempre in queste edizioni miste CD/LP, annuncia anche la ristampa di Pleased To Meet Me dei Replacements, ne parliamo nei prossimi giorni.

Bruno Conti

In Attesa Di Futuri Sviluppi! Concerto Evento a “Spazio Musica” Di Pavia: Eric Andersen & Scarlet Rivera + Eric Andersen Trio – 09/11/2019 Dal Nostro Inviato

eric andersen pavoa spazio musicaScarlet Rivera

Serata da forti emozioni l’altra sera in quel di  Pavia, e precisamente nel rinnovato Spazio Musica,  che sotto la nuova direzione artistica dell’amico Paolo Pieretto, è riuscito a portare sul palco del mitico locale il leggendario cantautore americano Eric Andersen, uno dei grandi protagonisti della gloriosa stagione del Greenwich Village, con alle spalle una carriera iniziata nei primi anni ’60 nei piccoli club di San Francisco, girando poi il mondo in lungo e in largo, e pubblicando in oltre 50 anni una trentina di album; carriera che prosegue tuttora in Europa, soprattutto al nord, come cantautore di “culto”.Ad accompagnarlo in questo “italian tour” è come al solito una band di ottimo livello, dove spicca la nota violinista Scarlet Rivera (protagonista assoluta della Rolling Thunder Revue, e nello storico album Desire di Bob Dylan), con il deciso contributo della brava percussionista canadese Cheryl Prashker (componente per molti anni della band Celtic-Roots Runa), l’eccellente musicista italiano Paolo Ercoli al dobro, e come vocalist e armonicista l’attuale moglie Inge Andersen.

La serata, iniziata puntualmente,  è stata aperta dalla ottima esibizione della cantautrice Simona Colonna (di origini piemontesi), reduce dal successo ottenuto al famoso “Premio Tenco”, che con il solo violoncello ha presentato un breve set dove oltre ai brani del suo ultimo lavoro Folli e Folletti, ha presentato una intrigante versione italiana di Blue River  (uno dei brani più famosi di Andersen).

Dopo le meritate ovazioni alla Colonna, e una breve presentazione del giornalista Paolo Vites per il suo libro dedicato, disco per disco, all’intera discografia di Andersen e inittolato Ghosts Upon The Road, sale finalmente sul palco in un completo nero (compreso il cappello) il buon Eric con la sua band, che inizia il concerto recuperando due brani quasi dimenticati dai suoi primissimi album, la delicata e struggente ballata I Shall Go Unbounded, e la grintosa Dusty Box Car Wall, seguita dalla sempre affascinante Foolish Like The Flowers, ai tempi passata quasi inosservata (la trovate su Avalanche).

Come sempre le sue storie musicali partono dagli arpeggi della sua chitarra acustica, che si manifestano nella malinconica Fooghorn, e nella ballata notturna Sheila (dal capolavoro Blue River), per poi passare ad una più recente Salt On Your Skin, registrata in un concerto dal vivo a Colonia, per poi  recuperare uno dei suoi capolavori Violets Of Dawn, una raffinata ballata notturna dedicata ai suoi poeti preferiti. Arrivati a questo punto il concerto comincia a prendere corpo con una bellissima e intensa versione di Don’t It Make You Wanna Sing The Blues, una gioiosa e ritmata Singin’ Man, e, introdotta da un simpatico aneddoto sul suo periodo italiano fine anni ’80, riproporre la dolcissima Hills Of Tuscany,  per poi raggiungere il piano e proporre al pubblico presente, sempre da Blue River, la delicata e intima Wind And Sand.

A questo punto Eric lascia spazio brevemente alla co-protagonista della serata Scarlet Rivera (non solo impegnata con il violino, ma anche seconda voce), per una grintosa interpretazione di una Lady Liberty, supportata alle percussioni dalla bravissima Cheryl, seguita da uno dei capolavori assoluti di Andersen, la pianistica e bellissima Blue River, prima di coinvolgere di nuovo tutta la band in una trascinante You Can’t Relive The Past (scritta ai tempi con Lou Reed). Nella parte finale del concerto Eric fa commuovere il pubblico in sala con la bellissima Under The Shadows, accompagnato dal violino straziante di Scarlet, per poi chiudere con una sequenza di alcuni dei suoi brani più celebri, come Close The Door Lightly When You Go e Thirsty Boots (entrambi sono sul “seminale” Bout Changes & Things). Dopo una lunga e meritata ovazione, la band si ricompone sul palco per l’ultimo pezzo della serata Mingle Of The Universe, dal penultimo lavoro di tre anni fa, dedicato alla vita di Lord Byron, ai tempi recensito dal sottoscritto su queste pagine.

Di seguito trovate la “tracklist” del concerto e i relativi album di riferimento, se non conoscete Eric Andersen, per incuriosirvi a scoprire le innumerevoli “perle” contenute nella sua discografia:

 

1   –   I Shall Go Unbounded – Bout Changes & Things (66)

2   –  Dusty Box Car Wall – Today Is The Highway (65)

3   –  Foolish Like The Flowers – Avalanche (09)

4   –  Fooghorn – Memory Of The Future (99)

5   –  Sheila – Blue River (72)

6   -.  Salt On Your Skin – The Cologne Concert (11)

7   –  Violets Of Dawn – Bout Changes & Things (66)

8   –  Don’t It Make You Wanna Sing The Blues – Blue Rain Live (07)

9   –  Singin’ Man – The Essential Eric Andersen (18)

10 –  Hills Of Tuscany – Memory Of The Future (98)

11 –  Wind And Sand – Blue River (72)

12 –  Lady Liberty – Scarlet Rivera

13 –  Blue River – Blue River (72)

14 –  You Can’t Relive The Past – You Can’t Relive The Past (00)

15 –  Under The Shadows – Beat Avenue (03)

16 –  Close The Door Lightly When You Go – Bout Changes & Things (66)

17 –  Thirsty Boots – Bout Changes & Things (66)

18 –  Mingle With The Universe – Mingle With The Universe: The Worlds Of Lord Byron (16)

C’era molta attesa per questo tour italiano di Eric Andersen (soprattutto per la presenza della violinista Scarlet Rivera), e tutte le aspettative sono state ampiamente ripagate con l’entusiasmo del folto pubblico presente , lo stesso pubblico che è stato coinvolto nelle varie pause del musicista (da vero “storyteller”) nel racconto di aneddoti inerenti al brano, con la band che si presta all’assalto dei presenti per fotografie e autografi, con Eric gentilissimo e signorile come sempre, e Scarlet un po’ sorpresa di tanto affetto. A 76 anni (compiuti) questo “signore”, anche se lontano dalla grande ribalta, si conferma ancora uno degli autori più vitali della grande scuola cantautorale americana.

*NDT La notizia buona è che il concerto è stato registrato, e prossimamente diventerà il nuovo CD dal vivo di Eric Andersen, pubblicato dalla gloriosa etichetta italiana Appaloosa, invece forse l’unico piccolo neo della serata è stato il mancato inserimento nella scaletta di un brano come Woman, She Was Gentle (cercatelo anche nella versione con Michele Gazich su The Cologne Concert), per il sottoscritto una delle “gemme” più belle del suo sconfinato songbook.

Tino Montanari

A 72 Anni L’Iguana Ha Cambiato Pelle! Iggy Pop – Free

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Iggy Pop – Free – Caroline/Loma Vista/Universal CD

L’ottimo Post Pop Depression del 2016 sembrava potesse essere l’ultimo album della carriera di Iggy Pop https://discoclub.myblog.it/2016/04/29/le-pop-songs-che-ci-piacciono-iggy-pop-post-pop-depression/ , ma per fortuna si trattava della solita promessa da marinaio tipica delle rockstar. Free, nuovissimo lavoro dell’ex Stooges, è però un disco completamente diverso dal genere a cui l’Iguana ci ha abituati: niente schitarrate potenti, niente aggressioni elettriche o canzoni tra punk e hard rock, ma atmosfere soffuse, eleganti e jazzate. Iggy stesso ha detto che Free è un album capitato quasi per caso, con canzoni in cui altri artisti parlano per lui ed alle quali ha solo prestato la voce: ed è vero, in quanto la sua mano come songwriter appare solo in tre dei dieci pezzi totali, mentre la maggior parte dei brani vede la firma del trombettista jazz Leron Thomas, ed in seconda battuta della chitarrista Noveller (al secolo Sarah Lipstate), entrambi anche produttori del disco.

Eppure Free risulta intrigante e stimolante anche se Iggy si muove in territori non certo abituali, con il suo vocione che ben si adatta ai paesaggi sonori moderni ma non eccessivi creati dai vari musicisti (c’è anche parecchio synth, ma usato in maniera intelligente): oltre ai due nomi citati sopra, altri protagonisti dell’album sono Aaron Nevezie e Gregoire Fauque alle chitarre, Kenny Ruby al basso e Tibo Brandalise alla batteria. Qualcuno ha paragonato questo lavoro all’epitaffio musicale di David Bowie, Blackstar, ma qui le canzoni sono meno oblique e più dirette, al punto che alla fine degli appena 33 minuti del disco quasi mi rammarico che sia già terminato. La title track, che apre l’album, è un pezzo breve, quasi straniante ma indubbiamente affascinante, con Iggy che si limita a ripetere un paio di volte la frase “I wanna be free” e poi lascia spazio alla tromba di Thomas (indiscussa protagonista del disco) ed alla chitarra sintetizzata della Lipstate. Un ritmo pulsante introduce Loves Missing, affiancato da una chitarra che si fa largo con riff in stile twang ed Iggy che declama i versi a modo suo (e non manca la tromba): un brano potente e non lontano dallo stile del nostro, anche se non ci sono assalti all’arma bianca ma un’atmosfera piuttosto rilassata. Sonali ha una ritmica particolare e spezzettata, un background sonoro moderno e soluzioni melodiche abbastanza “free” (il titolo del CD non è casuale) grazie anche all’onnipresente tromba, eppure il brano non risulta per nulla ostico (e qui il paragone con Bowie ci può stare).

James Bond si apre con un bel riff di basso subito doppiato dalla voce del leader, per un motivo ripetitivo ma intrigante, che vede il resto della band entrare di soppiatto e confezionare un accompagnamento pop-rock classico, con una chitarrina funkeggiante, rendendo il brano uno dei più orecchiabili del lavoro. Dirty Sanchez, dopo un lungo intro per sola tromba, si sviluppa in maniera un po’ sghemba, un pezzo contraddistinto dal continuo botta e risposta tra i versi quasi urlati da Iggy ed un coro maschile, ed un sottofondo tra jazz e musica tribale; Glow In The Dark vede il nostro cantare in un’atmosfera cupa, quasi plumbea, con la band che si lancia in melodie irregolari e libere guidate dalla solita tromba e con una chitarra elettrica che si fa largo man mano che la canzone prosegue, mentre in Page l’Iguana assume un tono quasi da cantante confidenziale e gli strumenti forniscono un background soffuso e raffinato. Il CD si chiude con ben tre brani totalmente “spoken word” e sottofondo per tromba e synth: We Are The People (un testo inedito di Lou Reed), Do Not Go Gentle Into That Good Night (adattamento di una poesia di Dylan Thomas) e The Dawn, tre pezzi indubbiamente affascinanti anche se di musica ce n’è poca.

Lavoro quindi molto interessante questo Free, non certo di facile ascolto ma in grado di crescere alla distanza, anche se forse non è il disco che consiglierei ad un neofita di Iggy Pop.

Marco Verdi

Non Sempre Il Detto “Less Is More” E’ Veritiero! Sam Baker – Horses And Stars

sam baker horses and stars

Sam Baker – Horses And Stars – BlueLimeStone CD

Primo disco dal vivo per il cantautore texano Sam Baker, titolare di cinque pregevoli album pubblicati tra il 2004 ed il 2017 https://discoclub.myblog.it/2017/07/06/un-poeta-dalle-melodie-intense-prosegue-il-suo-cammino-sam-baker-land-of-doubt/ . Baker è un songwriter dalla vena poetica tenue, capace di costruire canzoni semplici e toccanti al tempo stesso, con pochi accordi ed il minimo indispensabile di strumenti, che però servono a dare più colore alle sue composizioni. In questo Horses And Stars (registrato a Buffalo, stato di New York, il 20 Luglio del 2018) Sam si presenta sul palco nudo e crudo, soltanto voce, chitarra (elettrica) e armonica solo in qualche brano, probabilmente per ragioni puramente economiche, e devo purtroppo constatare che in più di un momento il disco mostra la corda fino a lasciar affiorare un filo di noia. Baker non è in possesso di un range vocale particolarmente ampio, il suo modo di cantare assomiglia più ad un talkin’ ed è più monocorde anche di altri “parlatori” come Lou Reed e James McMurtry; pure come chitarrista il nostro è abbastanza nella media, e quindi alla fine molte canzoni finiscono per assomigliarsi tra loro. Sam non ha il passo del folksinger e possiede una vena di autore che gira intorno un po’ sempre agli stessi accordi: in poche parole è semplicemente un cantautore che non si può permettere di girare con una band, e questo a lungo andare nel CD si sente.

Non posso dire che Horses And Stars sia un brutto disco, ma non sarei sincero se non dicessi che in più di un momento provoca qualche sbadiglio. Boxes, che apre l’album, è una canzone splendida, una sorta di valzer texano che brilla anche in questa versione spoglia (e la voce calda ed arrochita di Sam è giusta per brani come questo), ma già Thursday, più parlata che altro, è di difficile assimilazione, ed anche la strascicata Angel Hair si ascolta piuttosto a fatica fino in fondo. Il disco non cambia passo, è costruito attorno a pezzi lenti tutti sulla medesima tonalità, e si segnalano solo le (poche) canzoni dotate di una melodia vera e propria, come Same Kind Of Blue, intensa ballata che sembra ispirarsi a certe cose di Springsteen https://www.youtube.com/watch?v=m2wbLS8sMik , la toccante Migrants, la tenue Waves, eseguita con buon pathos, e la deliziosa e quasi sussurrata Odessa, che inizia e finisce con due strofe prese dal traditional Hard Times. Anche Snow e Broken Fingers sarebbero due potenziali belle canzoni, ma l’arrangiamento ridotto all’osso non le fa risaltare come dovrebbero https://www.youtube.com/watch?v=Gh8sO5JPsbI .

Non cambio idea sul Sam Baker songwriter ed autore di buoni album incisi in studio, ma come performer dal vivo in “splendid isolation” mi sento di giudicarlo quantomeno rivedibile. *NDB Anche il fatto che Il CD non sia facilmente reperibile e piuttosto costoso forse incide sulla valutazione.

Marco Verdi

Non Un Capolavoro, Ma Un Disco Onesto E Personale. Nils Lofgren – Blue With Lou

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Nils Lofgren – Blue With Lou – Cattle Track Road CD

L’album di cui mi accingo a parlare ha origini lontane, e più precisamente nel 1978, anno in cui Nils Lofgren era in studio con il noto produttore Bob Ezrin per registrare il suo disco Nils. Il nostro era in un momento di impasse, avendo pronte le musiche di una manciata di canzoni ma con la difficoltà a trovare dei testi che lo soddisfacessero: fu così che Ezrin gli propose di incontrare Lou Reed per vedere se fosse possibile iniziare una collaborazione, e Nils gli diede retta. I due si piacquero subito (cosa non scontata quando c’era di mezzo l’ex Velvet Underground), e Lofgren diede a Lou un nastro con tredici canzoni per vedere se riusciva a cavarci qualcosa: dopo qualche giorno di silenzio, la classica telefonata in piena notte, con il rocker newyorkese che si dichiarò positivamente colpito dalle musiche di Nils, ed iniziò letteralmente a dettargli al telefono i testi appena scritti per quei brani (immagino il costo della bolletta telefonica).

Di questi tredici pezzi, tre se li prese lo stesso Reed per il suo album del 1980 The Bells (Stupid Man, City Lights e With You), altri tre finirono sul già citato Nils (A Fool Like Me, I’ll Cry Tomorrow e I Found Her) ed altri due li ritroveremo su due album successivi di Lofgren, Life su Damaged Goods (1995) e Driftin’ Man su Breakway Angel (2002). Il resto è storia recente: inattivo discograficamente dal 2011 (Old School), Nils ha approfittato della pausa concessa da Bruce Springsteen alla E Street Band (e prima di tornare in pista con Neil Young & Crazy Horse al posto di Frank “Poncho” Sampedro) per pensare ad un nuovo album da solista, e siccome non aveva ancora avuto modo di omaggiare Reed (scomparso nel 2013), ha avuto l’idea di utilizzare i restanti cinque brani della loro collaborazione, oltre a scriverne uno dedicato a lui e ad offrire una sua rilettura di City Lights. Il risultato, dall’emblematico titolo di Blue With Lou, è quindi un vero e proprio tributo all’amico che non c’è più, ed è uno dei lavori più personali dell’intera carriera di Lofgren (anche per altre due “canzoni-omaggio” che vedremo tra poco, ma non scritte pensando a Reed) oltre che uno dei più positivi da Crooked Line (1992) in avanti. Nils a mio parere non è mai stato un fuoriclasse come artista in proprio: ottimo sideman, eccellente chitarrista, ma un disco intero a suo nome si fa un po’ fatica a reggerlo dall’inizio alla fine, sia per qualche limite dal punto di vista del songwriting, ma anche a causa del fatto che madre natura lo ha dotato di una voce sì intonata, ma un po’ monocorde e scarsamente dotata di sfumature.

Blue With Lou, pur avendo dei difetti e qualche episodio sottotono, si mantiene comunque ben al di sopra della sufficienza, ed anzi in molti punti è perfino ottimo: prodotto da Nils con la moglie Amy, l’album è stato registrato in presa diretta dal nostro con una configurazione a trio, molto essenziale, dove però i compagni di lavoro sono Kevin McCormick al basso ed Andy Newmark alla batteria, cioè due musicisti con un pedigree lungo come da qui a New York. Il disco ha quindi un suono secco, potente e diretto, tipico dei lavori incisi live in studio, con una serie di backing vocals sia maschili che femminili a dare più profondità. Comincerei senz’altro proprio dai sei brani scritti dal nostro insieme a Lou: Attitude City ha un ritmo pulsante, riff di chitarra quasi creedenciano e Nils che canta con la sua tipica voce pulita ma un po’ chioccia, una rock’n’roll song diretta e potente che fa comunque iniziare il disco col giusto piglio. Give è un funk-rock annerito e dal tempo veloce, non un grande brano dal punto di vista compositivo, ma suonato con una bella dose di grinta, con Nils che comincia a mostrare la sua abilità chitarristica. Talk Thru The Tears è invece una rock ballad pianistica (anche le tastiere sono suonate da Lofgren) dal ritmo sempre cadenzato e la chitarra che si fa spazio da par suo, con un coro maschile sullo sfondo quasi ecclesiastico, che crea un deciso contrasto con la strumentazione tipicamente rock.

Gli ultimi due inediti a firma Lofgren/Reed sono Don’t Let Your Guard Down, un rock’n’roll molto piacevole con la solita ottima chitarra ed un motivo diretto ed immediato, e Cut Him Up, rock song ariosa e limpida che si pone tra le più riuscite, grazie anche al tocco chitarristico sopraffino; e poi c’è City Lights, che viene riletta da Nils con un arrangiamento in stile reggae ed il sax di Brandford Marsalis a riempire gli spazi, una veste sonora molto distante da quella di Lou ma gradevole e ottimamente eseguita. La title track è invece un brano nuovo di zecca, seppur ispirata da Lou, ed è un pezzo di sette minuti dalla ritmica pulsante e con una slide tagliente, atmosfera bluesata e decisamente “black”, niente male. Le restanti cinque canzoni, tutte opera di Lofgren, partono con Pretty Soon, un buon folk-rock elettroacustico dal tempo sostenuto, una melodia discorsiva e distesa e splendidi riff di chitarra slide (odo qualche vago richiamo allo stile del Boss). La chitarristica Rock Or Not è aggressiva e vibrante, anche se forse concede poco all’ascoltatore e ha un ritornello un po’ sopra le righe, mentre Too Blue To Play è molto bella, una ballata acustica toccante ed intensa nonostante un altro coro maschile “strano” e la poco duttile voce di Nils, ma il brano ha uno script solido ed una parte di chitarra superlativa. Il finale rende Blue With Lou ancora più personale, in quanto presenta due omaggi a perdite recenti: Dear Heartbreaker è dedicata a Tom Petty, una rock ballad discretamente piacevole anche se un po’ ripetitiva e forse mancante del pathos necessario, mentre Remember You è dedicata al cane di Nils, Groucho, scomparso da poco, un pezzo lento e melodicamente intenso, anche se avrei evitato il sottofondo a base di synth: dal secondo minuto in poi il ritmo cresce, entra la chitarra ed il brano migliora sensibilmente.

Quindi un disco che non posso definire perfetto al 100%, ma comunque con molti più momenti positivi che sottotono, e di certo profondamente onesto e sincero: direi che può bastare.

Marco Verdi

Il Leone Di Detroit Torna A Ruggire (Con Un Paio Di Stecche). Bob Seger – I Knew You When

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Bob Seger – I Knew You When (Deluxe Edition) – Capitol/Universal

Soltanto tre anni separano il nuovo album di Bob Seger dal precedente Ride Out, e questa è già una buona notizia per chi lo ha seguito con passione durante la sua lunga e gloriosa carriera, caratterizzata dagli esaltanti live shows (purtroppo solo in terra americana) in cui ha dato il meglio di sé, come testimoniano gli splendidi Nine Tonight del 1981 e, soprattutto, Live Bullet del ’76, considerato da molti uno dei più importanti live album della storia del rock a stelle e strisce. Da parecchio tempo ha diradato le sue uscite in studio, soltanto tre negli ultimi ventidue anni, fino a far temere un definitivo ritiro dalle scene. Che non se la passi benissimo fisicamente è comprovato dal fatto che abbia dovuto posticipare parecchie date dell’attuale Runaway Train Tour a causa di problemi alle vertebre, ma almeno la sua voce non ha perso un grammo della ruvida irruenza che l’ha sempre caratterizzata, come possiamo verificare in quest’ ultimo I Knew You When. Già nel pezzo d’apertura, Gracile, Bob ci fa intendere che non ha nessuna voglia di gettare la spugna dandoci dentro senza risparmiarsi in un rock blues dalla ritmica granitica che ricorda certi suoi anthems degli anni settanta. Ottima la scelta delle due covers presenti nell’album: Busload Of Faith,  tratta da New York, lo splendido affresco che Lou Reed  dedicò alla sua città nel 1989,e Democracy, ironica e visionaria traccia del talento poetico di Leonard Cohen, presente su The Future, del’92. Seger rivisita entrambe con passione e bravura, irrobustendo la prima con sezione fiati e cori femminili, oltre a due fulminanti assoli di chitarra (il primo del mago della slide Rick Vito), e la seconda con una ritmica più incisiva, da marcia militare, e un bel violino sullo sfondo a sostituire l’armonica dell’originale.

The Highway ha un bel passo, tipico di tante composizioni del rocker di Detroit perfette per l’ascolto in macchina. Un buon pezzo, nonostante la presenza di una tastiera un po’ invadente che ne appesantisce la melodia. Non possiamo procedere senza prima citare colui a cui Seger ha dedicato quest’intero lavoro, Glenn Frey, il leader degli Eagles deceduto nel gennaio 2016. Tra i due perdurava da mezzo secolo una profonda e sincera amicizia e Bob ha voluto celebrarla con due toccanti canzoni. La prima, dal titolo emblematico, Glenn Song, una delle tre bonus tracks della deluxe edition, è un malinconico ricordo dei tempi andati cantato con voce rotta dall’emozione. La seconda dà il titolo all’album ed è una di quelle stupende ballate che sono da sempre il vero marchio di fabbrica del rocker di Detroit. Melodia impeccabile, scandita dal pianoforte (presumo suonato dal grande Bill Payne) e ritornello che ti entra sottopelle per non uscirne più. Della stessa categoria, non sono niente male Something More con un bel solo centrale condiviso tra sax e chitarra elettrica, Marie, dall’incedere solenne e drammatico che rimanda allo stile del già citato Cohen, e I’ll Remember You, un lentaccio assassino con pregevoli cori femminili che avrebbe fatto la sua bella figura su qualunque disco delle aquile californiane.

Purtroppo troviamo anche un paio di episodi meno riusciti, che non intaccano il giudizio comunque positivo sull’album. The Sea Inside, dalla ritmica pesante e dalle chitarre roboanti che si mescolano ad una tastiera che sembra citare Kashmir dei Led Zeppelin, è un tentativo di fare hard rock in modo insipido ed anacronistico. Peggio ancora Runaway Train, che pare un pezzo rubato agli ZZ Top del  periodo più scarso, con batteria elettronica, coretti scontati e melodia anonima, malgrado il buon intervento del sax nel finale. Di ben altra levatura sono, per fortuna, le prime due tracce aggiunte nella deluxe edition: Forward Into The Past è un solido rock cantato a voce spiegata dal protagonista ben supportato come di consueto dalle coriste, con chitarre elettriche e piano che si alternano sapientemente. Ancora meglio si rivela Blue Ridge, che ti cattura subito con un’ accattivante struttura melodica scandita dal costante rullare della batteria e da un intrigante uso delle tastiere. Un brano che certamente farà la sua bella figura se inserito nelle scalette dei futuri concerti.

Diamo dunque il nostro bentornato a Bob Seger, nella speranza di poterlo ammirare un giorno anche dalle nostre parti. Intanto, godiamoci questo I Knew You When che ha in sé il giusto calore per contrastare le fredde giornate invernali che ci attendono.

Marco Frosi