Venghino Venghino, Siori, Il Divertimento E’ Assicurato! Big Bad Voodoo Daddy – Louie Louie Louie

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Big Bad Voodoo Daddy – Louie Louie Louie – Savoy Jazz

Agli inizi degli anni ’90, anzi nel 1989 per la precisione, a voler dare credito a chi indica i Royal Crown Revue da San Francisco come coloro che per primi svilupparono questo stile, (ri)parte, anzi ritorna, lo swing, ora chiamato neo-swing, una costola tardiva del jump blues, del rockabilly, del big band sound, che tra gli anni ’30 e gli anni ’50 fu tra i precursori del R&R. Subito dopo, sempre nella stessa annata arrivano anche i Big Bad Voodoo Daddy e i Cherry Poppin’ Daddies (nomi corti no?). Il grande successo del genere esplode però con la Brian Setzer Orchestra e anche con la colonna sonora del film Swingers, uscito nel 1996, dove c’erano sia i BBVD come pure i meno noti Jazz Jury, ma anche alcuni degli ispiratori di questo revival. Comunque lo stile diventava sempre più popolare: arrivano gli Squirrel Nut Zippers di Jimbo Mathus, i Mighty Mighty Bosttones e gli Hepcat, mentre ska, punk e altri elementi venivano gettati nel calderone, i Big Bad partecipano addirittura al Super Bowl nel 1999, però quando arriva l’Electro-swing per me siamo al capolinea. Negli anni 2000 progressivamente i BBVD si “specializzano”, tornano ancora più intensamente alle radici delle primarie influenze, pubblicando alcuni dei loro album migliori, anche tematici: a parte due titoli natalizi e un CD+DVD dal vivo, il disco del 2009 How Big Can You Get?, dedicato alla musica di Can Calloway e ora questo Louie, Louie, Louie, che non è uno scioglilingua ma è dedicato a tre grandi Louis della musica, Armstrong, Jordan e Prima, ognuno omaggiato attraverso la rilettura dei loro brani https://www.youtube.com/watch?v=A83OZ6aKr70 .

I due leader della band sono sempre Scotty Morris, voce solista e chitarrista, e il bravissimo pianista Joshua Levy: ma pure la sezione fiati non scherza, con il trombettista Glen “The Kid” Marhevka, Karl Hunter, sax e clarinetto e Andy Rowley, pure lui al sax; aggiungiamo una sezione ritmica coi fiocchi, così li citiamo tutti, perché sono veramente bravi, Dirk Shumaker, contrabbasso e Kurt Sodergren, batteria. Insomma, se siete alle ricerca di “nuove svolte musicali”, passate pure oltre, se invece quello che cercate è buona musica, magari già sentita ed immutabile, ma suonata con brio e passione, questo dischetto potrebbe essere una piacevole sorpresa, nell’ambito del revival di quella musica che sta tra jazz e swing e che sta avendo nuove iniezioni di entusiasmo da musicisti non più giovanissimi: penso al recente Duke Robillard, ma anche al nuovo Versatile di Van Morrison. Si parte alla grande con la voce campionata del grande Satchmo che ci introduce alle delizie di una splendida e swingante Dinah, cantata in modo quasi leggiadro da Morris, che gigioneggia come richiede il genere prima di lasciare il proscenio alla tromba di Marhevka e ai sax di Hunter e Rowley, brillantissimi. Oh, Marie di Louis Prima (nato e morto a New Orleans, e la musica di quei luoghi era presente, non a caso, a vagonate nel suo sound) è addirittura travolgente, Morris tenta anche un improbabile italiano, tra le peggiori pronunce mai sentite da chi scrive, ma il pezzo è divertente come pochi, adattamento di una vecchia canzone napoletana fatto da Prima e la band tira veramente di brutto (il 45 giri dell‘epoca aveva sull’altro lato Buona Sera). 

Is You Is, Or Is You Ain’t My Baby di Louis Jordan è felpata e raffinata come un cappotto di lusso, mentre in Jack You’re Dead, sempre di Jordan, si va alla grande di jump’n’jive, con sax, tromba e piano che sottolineano le linee vocali do Scotty & Co. Whistle Stop, di nuovo di Prima, è nel lato novelty song, con il suo fischiettare disincantato e coinvolgente, con il gruppo che non molla l’osso pure nella vorticosa Choo Choo Ch’Boogie di Jordan, con le mani di Levy che volano sulla tastiera. Poi il gruppo si fa più rigoroso in una sentita rilettura di uno dei principali cavalli di battaglia del grande Louis Armstrong, Basin Street Blues, marziale ed elegante al tempo stesso; Jump, Jive An’ Wail di nuovo di Louis Prima è tutta compresa nel suo titolo, irresistibile, mentre Knock Me A Kiss di Jordan è meno nota, più “ruffiana”, suonata quasi in souplesse dai BBVD, che poi tornano al New Orleans sound del “più” grande dei Louis, jazz delle origini magnificamente eseguito in Struttin’ With Some Barbecue. Five Months, Two Weeks, Two Day è di nuovo travolgente, con le marce superiori innestate, tipica del repertorio di Prima, e che dire dell’autoironica Ain’t Nobody Here But Us Chickens? Ancora divertimento allo stato puro e questi suonano, minchia (scusate) se suonano. Conclude un altro dei brani più celebri del repertorio di Armstrong, ovvero When The Saints Go Marching In, una “canzoncina” finale tanto per gradire, con il classico call and response del miglior Dixieland. Venghino venghino, siori, il divertimento è assicurato!

Bruno Conti

E’ Sempre Stato Difficile “Fermare” Van Morrison, Ma In Questa Nuova Versione Espansa Ancora di Più, Si Ferma Il Tempo Per Uno Dei Live Più Belli Di Sempre: It’s Too Late To Stop Now II, III, IV & DVD

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Van Morrison – It’s Too Late To Stop Now II, III, IV & DV – 3 CD + DVD Sony Legacy

Chi legge abitualmente questo Blog o mi segue anche sul Buscadero sa che Van Morrison è sempre stato uno dei miei musicisti prediletti in assoluto (nella Top 10 delle preferenze, in passato anche tra i primi cinque, per esempio all’epoca della versione originale di questo splendido It’s Too Late To Stop Now, il doppio vinile che uscì per la Warner Bros nel lontano 1974). Un disco dal vivo incredibile, registrato tra il maggio ed il luglio 1973 in tre diverse locations (e anche questo doppio è stato ristampato in CD rimasterizzato), Troubadour di Los Angeles, Santa Monica Civic Auditorium, sempre in California e al Rainbow di Londra, con una selezione di 18 brani tratti dai tre concerti. Giustamente quel disco viene considerato uno dei dischi dal vivo più belli di tutti i tempi, insieme al Fillmore degli Allman Brothers, Waiting For Columbus dei Little Feat, Rock Of Ages Last Waltz della Band, Johnny Cash At Folsom Prison, James Brown Live At The Apollo, Lou Reed Rock’n’Roll Animal, gli Who Live At Leeds, Rolling Stones Get Yer Ya-ya’s Out, qualche titolo a scelta di Jimi Hendrix, In The West, Monterey Winterland, CSN & Y Four Way Street o il recente 1974, Bob Dylan & The Band Before The Flood, Woodstock, qualche bootleg di Springsteen del tour 1978 e qualche altro titolo, tipo Bob Seger, Grateful Dead Live/Dead Europe ’72, Led Zeppelin How The West Was Won più che The Song Remains The Same, Sam Cooke Live At The Harlem Square Club, Elvis Presley il Comeback Special del 1968, gli MC5 Kick Out the Jams, BB King Live At The Regal, Aretha Franklin At Fillmore West, e potremmo andare avanti per delle ore ma mi fermo. Comunque questo di Van Morrison è degno di rientrare a pieno merito in questa lista, soprattutto ora in questa versione riveduta e corretta, che contiene anche il filmato originale del concerto del Rainbow di Londra che ai tempi fu visibile solo al cinema o alla televisione (persino sulla Rai), ma mai in VHS o DVD. E comunque in rete si trovano altri concerti splendidi dell’epoca, tipo questo che vedete sotto, tratto dallo stesso tour 1973-74.

Accompagnato dalla Caledonia Soul Orchestra, ovvero una delle migliori formazioni con cui Morrison abbia mai suonato, e li citiamo tutti, perché meritano: John Platania, chitarra, David Hayes, basso, Jeff Labes, piano e organo, Dahaud Shaar (David Shaw), batteria, più la sezione fiati, con Jack Schroer ai sassofoni e Bill Atwood alla tromba, e gli archi affidati a Nathan Rubin, Tom Halpin, Tim Kovatch, Nancy Williams Teressa Adams. Prodotto da Van Morrison Ted Templeman. Nella nuova edizione ci sono 45, dicasi quarantacinque brani inediti, alcuni in più versioni, non apparsi nel doppio vinile originale e nelle ristampe successive, distribuiti sui 3 CD, ciascuno con un concerto. E andiamo a vedere i contenuti dei compact, con i singoli brani:

CD1: Recorded live at The Troubadour, Los Angeles, May 23, 1973

1. Come Running è una partenza sparata con una sincopata e breve versione di uno dei brani più belli capolavoro Moondance, e si capisce subito che sarà una grande serata, Van Morrison è in forma vocale strepitosa e la band gira subito a mille. 2. These Dreams of You sempre dallo stesso album è un’altra scarica di adrenalinico celtic soul, con i fiati in fibrillazione 3. The Way Young Lovers Do viene da un altro capolavoro di Morrison, quel Astral Weeks che rientra, come Moondance, tra i più bei dischi di ogni tempo, versione jazzata, con gli archi che si unsicono ai fiati e al piano per creare una atmosfera sonora ancora più raffinata , e allora il grande Van usava ancora ringraziare il pubblico 4. Snow in San Anselmo viene da Hard Nose The Highway, l’album che uscirà poco dopo nell’agosto 1973, inferiore ai precedenti, si fa per dire perché siamo comunque a livelli stratosferici, ma con alcune punte di eccellenza, tra cui questo brano , bellissimo ed in una versione da brividi, con continui cambi di tempo, accelerazioni improvvise e poi quiete assoluta, mentre la voce di Morrison regala brividi di piacere 5. I Just Want to Make Love to You, brano firmato da Willie Dixon, è il primo omaggio dell’irlandese a quella musica nera tanto amata, in questo caso sia il blues, nella versione di Muddy Waters, sia il soul in quella di Etta James, con Van the Man che incita il pubblico a cantare e poi stende tutti con la sua voce incredibile (come sapete da anni sostengo che Morrison da bambino abbia ingoiato un microfono, perché pare impossibile che abbia una voce così potente) prima di lasciare il proscenio a John Platania, autore di un assolo di chitarra splendido e e persino presentato dal suo boss. 6. Bring It on Home to Me Questa è una delle canzoni più belle di tutti i tempi, scritta e cantata da Sam Cooke, uno dei più grandi cantanti di tutti i tempi, amatissimo dal nostro che gli rende giustizia con una versione felpata ed emozionante 7. Purple Heather è un brano “minore”, sempre tratto da Hard Nose The Highway, una ballata lenta ed avvolgente che molti ucciderebbero per poterla scrivere 8. Hey, Good Lookin’ il brano di Hank Williams è l’omaggio del nostro amico alla musica country, altro genere molto amato, in una versione pimpante e “soulizzata” , 9. Bein’ Green un brano scritto da Joe Raposo, viene sempre dall’album di quell’anno, un’altra intensa ballata alla Van Morrison, con Platania di nuovo in evidenza 

10. Brown Eyed Girl  è uno dei brani più amati (e più coinvolgenti) da sempre della sua discografia, e qui appare in una delle versioni più belle che abbia mai sentito, con David  Hayes strepitoso al basso (ma lo è in tutti i concerti, forse il più bravo bassista che abbia mai suonato con Van Morrison), anche lui ringraziato nel corso del brano 11. Listen to the Lion è uno dei momenti top di questo concerto, il pezzo tratto da Saint Dominic’s Preview è uno dei brani in cui il rosso irlandese lascia andare la voce in piena libertà in un crescendo inarrestabile, una delle canzoni che preferisco in assoluto, tra tante meravigliose 12. Hard Nose the Highway ma c’è un brano brutto, la title-track del disco del 1973 non lo è di sicuro, con il fluido piano di Jeff Labes a sottolineare il tutto 13. Moondance è solo Moondance, che altro si può dire di questa canzone che non sia stato detto? Forse versione classica? 14. Cyprus Avenue Un’altra perla tratta da Astral Weeks, in una versione “magica” , con i crescendo e i momenti di quiete che sono unici nei brani di Van Morrison.15. Caravan E per concludere la serata del 23 maggio una versione di questo pezzo che definire esuberante è fare un torto all’aggettivo, con il gruppo che macina musica in modo splendido e viene presentato con tutti i crismi, come si conviene ad un gruppo di musicisti formidabile, per un altro dei brani “perfetti” della sua discografia, in una versione da manuale del soul.

CD2: Recorded live at the Santa Monica Civic, California, June 29, 1973

Un mese e mezzo dopo il nostro è di nuovo in California per un altro concerto memorabile: 1. I’ve Been Working  Questa serata si apre con un brano preso da His Band And The Street Choirsolita versione sincopata, con l’organo di Labes in evidenza 2. There There Child è uno dei rari brani scritti da Morrison in coppia con John Platania, per anni rimasta inedita è stata pubblicata su The Philosopher’s Stone nel 1998, bella canzone  3. No Way è un pezzo jazzato scritto da Jeff Labes che fino ad oggi non avevo mai senitito, non indispensabile 4. Since I Fell for You Anche questo brano che porta la firma di Buddy Johnson appartiene al repertorio più jazz dell’irlandese, forse ripreso dal repertorio di Charles Brown, grande classe e grinta 5. Wild Night E qui torniamo ai super classici, era il brano che apriva Tupelo Honey, il disco del 1971, il pubblico lo riconosce subito e Van li premia con una versione travolgente 6. I Paid the Price Anche questa, scritta dall’accoppiata Morrison/Platania non la ricordavo, splendida ballata in crescendo vocale del canone morrisoniano con le sue tipiche scansioni sonore, una bella (ri)scoperta 7. Domino era anche questa su His Band And The Street Choir, uno dei due dischi di Van Morrison del 1970, erano proprio altri tempi, due album lo stesso anno e uno più bello dell’altro, versione gagliarda, che poi sfocia in una breve ma intensa

8. Gloria, stranamente posta a metà concerto, ma sempre irresistibile grazie al suo riff inconfondile e ad un ritornello tra i più cantabili della storia del rock 9. Buona Sera se aggiungiamo Signorina, in Italia la conosciamo per la versone di Fred Buscaglione, ma il primo ad inciderla fu Louis Prima nel 1950 e Van Morrison l’ha sempre amata moltissimo ed eseguita spesso dal vivo in versioni vorticose, come quella che appare in questo concerto 10. Moonshine Whiskey di nuovo da Tupelo Honey, è un’altra di quelle canzoni splendide che viaggiano su continui cambi di tempo e inserti vocali da brivido, anche in questa versione dal vivo 11. Ain’t Nothing You Can Do viene dal repertorio di Bobby “Blue” Bland, uno dei musicisti più amati in assoluto da Van, ed è un altro inno alla soul music più genuina, con Hayes che pompa sul suo basso come un disperato, fiati in overdrive, chitarra slide tagliente di Platania e il gruppo tutto che tira come un treno 12. Take Your Hand Out of My Pocket è un blues classico di Sonny Boy Williamson, altro mito per Van The Man, qui in una versione con di nuovo Platania in evidenza e anche l’armonica del nostro13. Sweet Thing è un altro dei capolavori assoluti di Astral Weeks che mancava ancora all’appello, altra versione splendida, con Platania che ribadisce la sua classe assoluta di chitarrista raffinatissimo, seguita da 14. Into the Mystic, altro brano memorabile tratto da Moondance, canzone tra le più belle mai scritte dal nostro George Ivan, mistica e “mitica” la versione, come pure quella di 15. I Believe to My Soul, il brano di Ray Charles “The Genius” che è la quintessenza della soul music e conclude in modo splendido il secondo CD, che forse è una anticchia inferiore al primo, ma sono quisquilie (anche se forse a completare il pantheon dei “numi tutelari” di Morrison manca qualcosa di John Lee Hooker Jimmy Witherspoon, che verranno omaggiati anni dopo in A Night In San Francisco).

CD3: Recorded live at The Rainbow, London, July 23 & 24, 1973

Alla fine di luglio di quell’anno splendido Mr. Van Morrison approda al Rainbow di Londra per due serate consecutive, preservate per i posteri sia in versione audio che in video. Inevitabilmente nei concerti londinesi i brani si ripetono rispetto ai concerti californiani, ma in versioni spesso diverse e comunque memorabili. Solo tre brani, Everyone, Wild Children e Here Comes The Night non appaiono nei due CD precedenti

1. Listen to the Lion Più breve, ma ancora più calda ed intensa della versione “americana” 2. I Paid the Price Anche questa versione londinese è magnifica, tra l’altro il sound sembra ancora più brillante in questo terzo CD, più definito e con una presenza sonora incredibile, e il gruppo suona sempre in modo impeccabile. Con la sequenza jazzy di 3. Bein’ Green e 4. Since I Fell for You di grande impatto sonoro. Bellissima anche 5. Into the Mystic mentre 6. Everyone un altro dei brani tratti da Moondance non lo ricordavo così bello, una sorta di minuetto soul, dolce ed intrigante, seguita da una versione più breve di 7. I Believe to My Soul, sempre con i fiati e gli archi che elevano la loro preghiera con veemenza, fino all’esplosione della tromba di Bill Atwood 8. Sweet Thing il pubblico la riconosce subito e la versione rilasciata da  Morrison è sempre splendida, con Platania ancora una volta sugli scudi, tutti brani che non ti stancheresti mai di ascoltare 9. I Just Want to Make Love to You è il Blues con la B magnifica, mentre10. Wild Children è un altro dei brani “nuovi” tratti da Hard Nose The Highway che uscirà da lì a poco, un’altra canzone che in questa versione Live acquista una nuova vita  11. Here Comes the Night è l’altro grande brano tratto dal repertorio dei Them, anche questa illustra il lato ludico e di puro divertimento della musica di “Van The Man” , altro riff memorabile e gioia pura, stesso discorso per una più succinta e rapida 12. Buona Sera, con 13. Domino che completa il trittico della music for fun, prima di lanciarsi a rotta di collo nel gran finale, prima 14. Caravan, sempre in versione lunghissima e di grande fascino con gli equilibrismi vocali del musicista irlandese che lascia il pubblico con il fiato sospeso, chiamando al proscenio i suoi splendidi solisti, prima di stenderlo definitivamente con una 15. Cyprus Avenue tra sacro e profano che quando accelera i ritmi già frenetici della serata e reitera il suo canto poderoso è di nuovo pura magia sonora, le ultime parole del concerto sono “It’s Too Late To Stop Now” e mai furono più vere. E non ho esagerato, come potete rilevare anche dalla visione del DVD allegato a questo cofanetto, altra goduria superba!

DVD: Recorded live at The Rainbow, London, July 24, 1973

1. Here Comes the Night 2. I Just Want to Make Love to You 3. Brown Eyed Girl 4. Moonshine Whiskey 5. Moondance 6. Help Me 7. Domino 8. Caravan 9. Cyprus Avenue

Forse dopo questo album termina uno dei periodi di creatività artistica più straordinari della storia della musica rock (anche se la carriera di Van Morrison avrà altri momenti di grande ispirazione non raggiungerà più questi vertici), ma tra il 1968 e il 1973 si è ritagliato uno spazio nell’Olimpo dei grandi e questo cofanetto, assolutamente imperdibile, ne è il giusto coronamento. Il classico disco da cinque stellette: ristampa Live dell’anno!

Bruno Conti

Il “Bisonte” Non Sbaglia Due Volte Di Fila! Neil Young – Storytone

*NDB Torna il supplemento della domenica del Disco Club, la parola a Marco Verdi per la recensione dell’ultimo Neil Young. Se mi posso permettere, al solito, la somma dei 20 brani nei 2 CD dà un totale di 79:57 minuti, quindi ci stava in un dischetto singolo. Siamo al solito “marketting”!

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Neil Young – Storytone  – Reprise CD – 2CD Deluxe

Qualche mese fa su questo blog avevo stroncato di brutto il disco acustico di Neil Young, A Letter Home, composto solamente da covers e realizzato in collaborazione con Jack White, non tanto per la qualità sonora pessima, cosa peraltro voluta al fine di far somigliare il disco alle vecchie incisioni folk degli anni 30/40, ma soprattutto per lo scarso feeling interpretativo da parte del canadese  http://discoclub.myblog.it/2014/05/09/grande-disco-o-solenne-ciofeca-mah-neil-young-letter-home/ . Quando ho letto che Young stava per pubblicare un altro disco, questa volta in collaborazione con un’orchestra di una novantina di elementi, ho avuto più di un tremolio, dato che anche in questi casi il rischio ciofeca è elevato, anche se il buon Neil non è nuovo ad esperimenti del genere (un paio di brani da Harvest, tra cui la splendida A Man Needs A Maid, con gli archi arrangiati da Jack Nitzsche, ed altrettanti da Comes A Time, con la Gone With The Wind Orchestra).

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Quando poi ho visto che esisteva anche una versione doppia con gli stessi brani in versione acustica, ho temuto il peggio, in quanto questo poteva voler dire che Young stesso non fosse del tutto convinto del risultato finale, e che volesse in “riparare” in parte dando un contentino ai fans https://www.youtube.com/watch?v=sDQbJP0PxUM . Fortunatamente i miei dubbi si sono dissolti al primo ascolto: Neil ha avuto l’intelligenza di usare l’orchestra (e, in tre canzoni, una big band con tanto di sassofoni, trombe e tromboni) con mano leggera, mettendola al servizio delle canzoni e non il contrario, al punto che in alcuni momenti quasi non ci si accorge della sua presenza (a parte un episodio, ma è un peccato veniale). E poi, cosa più importante, le canzoni: il nostro non scriveva brani di questo livello da una vita (anche il magnifico Psychedelic Pill di due anni fa doveva gran parte della sua fortuna alla magica alchimia tra Neil ed i Crazy Horse, più che alla bellezza delle canzoni stesse http://discoclub.myblog.it/2012/11/16/giu-il-cappello-davanti-al-bisonte-neil-young-psychedelic-pi/ ), regalandoci almeno cinque pezzi di altissimo livello. Non vorrei esagerare, ma a tratti sembra di sentire il bisonte di inizio anni settanta, e scusate se è poco; anche a livello di feeling poi, siamo su un altro pianeta rispetto al pallore di A Letter Home.

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L’album si apre con la pianistica Plastic Flowers: melodia toccante, direi bellissima, con un incedere quasi epico, e con l’accompagnamento orchestrale che fornisce dei perfetti fillers tra una strofa e l’altra. Who’s Gonna Stand Up è un brano a sfondo ecologista già proposto nel corso dell’ultimo tour: qui l’orchestra assume un tono “marziale”, il brano non è così malaccio come qualcuno aveva detto sentendolo dal vivo, ed il connubio funziona bene https://www.youtube.com/watch?v=NkiRR3T_3NY , I Want To Drive My Car è un ritmato boogie con tanto di chitarra elettrica solista (non la suona Neil, ma Waddy Wachtel), non c’è l’orchestra ma una big band degna di Louis Prima (o Brian Setzer, in anni più recenti): pensavo che la voce del nostro non si adattasse bene ad un accompagnamento simile ma mi devo ricredere, il brano è persino trascinante. Glimmer ha di nuovo l’orchestra, ed un inizio un po’ da cartone animato disneyano, poi entra la voce ed il brano prende una piega migliore, anche se rimane un filo di melassa in eccesso (per fortuna sarà l’unico caso); Say Hello To Chicago (big band) è swingata alla maniera di Frank Sinatra, e qui Neil vocalmente mostra un po’ la corda, anche se è sempre meglio di quel bamboccione senza talento di Michael Bublé.

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Molto bella Tumbleweed, con l’orchestra usata nuovamente con leggerezza, anche se il brano, e lo confermerà il disco da solo, viene meglio in veste acustica. Like You Used To Do è l’ultimo pezzo con la big band, un cadenzato bluesaccio con tanto di armonica, davvero godibile; splendida poi I’m Glad I Found You, pianistica ed emozionante, con Young che sembra tornato ai tempi di After The Gold Rush: l’orchestra c’è ma quasi non me ne accorgo. Magnifica anche When I Watch You Sleeping: voce, chitarra acustica e steel per una ballad di stampo country-folk, con l’ensemble alle spalle che ricama in punta di piedi, un brano che più va avanti e più diventa bello, forse il migliore del CD. Chiude All Those Dreams, ancora voce, chitarra e leggere percussioni, con l’orchestra utilizzata nel migliore dei modi: un brano tipicamente younghiano, al quale l’accompagnamento particolare dona ulteriore colore.

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Per chi vuole, come già detto c’è anche la versione acustica: è chiaro che i brani già belli con l’orchestra restano belli, i due così così (Glimmer e Say Hello To Chicago) migliorano, ma in qualche caso (I Want To Drive My Car) preferisco la versione presente nel disco principale. Come ho scritto nel titolo, e difficile che Neil Young sbagli due dischi di fila: non solo con Storytone non delude, ma ci regala uno dei dischi più belli dell’anno.

Marco Verdi

Swing Brother Swing “Gezz All’Italiana” Live Al Milestone Di Piacenza

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Swing Brother Swing – Live Al Milestone Di Piacenza 15.01.2012 – Distribuzione Indipendente

La modalità di distribuzione dopo nome del gruppo e titolo, è un eufemismo per significare che il disco se lo fanno e se lo vendono da soli.

Ancora una volta si parla di musica italiana, “gezz”, scritto così potrebbe anche essere, ma i più accorti, già dal nome del gruppo, avranno intuito che si tratta di jazz, o meglio di un incrocio tra la musica americana e la canzone italiana vicina a questi stilemi. Il nome Sergio “Tamboo” Tamburelli era già ricorso nelle pagine virtuali di questo Blog, collegato alle imprese della band pavese dei Lowlands e in particolare la sua partecipazione al tributo a Woody Guthrie, dove immodestamente lo paragonavo vocalmente a Tom Waits. Poi una cosa tira l’altra, e sia pure in ritardo, eccomi qui a parlare dell’altra, e principale, attività musicale del buon Tamboo. Non ci sono fini nascosti, solo della sana promozione, per della buona musica, vogliamo chiamarlo un “piccolo marketting”? E chiamiamolo così.

Quelli che leggono il Blog sanno che qui non tratto spesso né di musica italiana né di jazz perché, come direbbe un recensore di stampo anglosassone come il sottoscritto “It’s not my cup of tea”, ma non perché non ami i generi, solo per mere questioni di tempo. Già non ce la faccio a sentire tutti i dischi che dovrei e vorrei, figuriamoci a recensirli, ma l’eccezione conferma la regola e, in ritardo come detto sopra, visto che è già uscito da qualche mese, eccomi a parlare di questi Swing Brother Swing. Chi sono costoro? Oltre al suddetto Tamboo, voce, e visto il cognome, washboard, abbiamo Pietro Bonelli alla chitarra e fondatore della band, Daniele Petrosillo al contrabbasso, Fabio Villaggi alla batteria e, per l’occasione, nella formazione a sei con fiati, Claudio Perelli al sax alto e clarinetto e Gianni Satta a tromba e cornetta. I 6 assi di cuori, come simpaticamente ripresi nella foto interna del CD in formato digipack. Il disco è registrato a Piacenza, ma se non sbaglio (e non lo faccio) loro sono dell’area del pavesotto, che, se non è entrata ancora in vigore la nuova distribuzione delle province, non fa parte dell’hinterland milanese, come mi è capitato di leggere in rete!

Due cose che sono saltate all’occhio “dell’abile recensore”: l’omaggio, nel logo del CD, neppure troppo velato, ad una nota etichetta discografica che non citiamo, per evitare che li faccia restare in mutande per richiesta danni e la durata di un paio di brani che ci danno l’occasione di addentrarci nel contenuto del dischetto. Che durate sono 4.68 per Carina e 4.89 per Basin Street, riportate nel retro dell’album? Non sono più 60 i secondi per minuto? Oppure queste copie sono destinate a diventare come il Gronchi rosa, materiale per collezionisti, mistero!

Otto brani e una breve intro per questo disco: il protagonista è soprattutto il bravo Sergio “Tamboo” Tamburelli, che è un entertainer, tradotto in italiano intrattenitore, ma anche “chiacchierone”potremmo dire, a causa dei lunghi intermezzi parlati e le introduzioni, mai troppo didattiche, ai brani, assai piacevoli, parte dello spettacolo in fondo. Gli altri musicisti swingano di gusto, tra musica italiana e classici del jazz. Permettete Signorina era uno dei classici di Nicola Arigliano, un crooner italiano che ha vissuto due momenti di gloria, prima negli anni ’60 con partecipazioni Sanremesi e la pubblicità di un famoso digestivo e poi nuovamente a cavallo tra fine anni ’90 e primi 2000 con una seconda giovinezza. Tamboo mescola il suo timbro vocale alla classica inflessione vocale di Arigliano, come fa pure nel primo omaggio al suo vero idolo, il grande “Satchmo”, Louis Armstrong, altro sanremese dell’epoca, di cui interpreta C’Est Si Bon, che era un brano francese portato al primo successo in inglese da Eartha Kitt, ma poi diventato uno dei cavalli di battaglia di Armstrong, di cui Tamburelli si diverte a riproporre il timbro vocale e facendolo si sente che gode come un riccio in questa sua veste di entertainer. Carina è un brano che fu portato al successo da un altro grande interprete della canzone italiana, Fred Buscaglione, ma la faceva anche Arigliano e, in anni più recenti, Ray Gelato, altro cultore del genere. Ovviamente il brano si presta al medley e in corso d’opera si trasforma in Hello Dolly che non poteva mancare.

Basin Street è una delle vie principali di New Orleans, culla dello swing, del jazz e del dixieland e di mille altri generi, ma è anche il nome di un altro celeberrimo brano di Armstrong. A proposito di brani, il nostro amico canta e gigioneggia con il pubblico, prova a farli cantare in vece della sezione fiati di Count Basie, con risultati devo dire non eclatanti (Sergio, lascia perdere, noi italiani andiamo bene per cantare le “opere” di Ramazzotti, Baglioni, al limite Vasco, quelli più meritevoli se la cavano con Bruce) ci introduce al washboard ma lascia anche ampio spazio agli altri musicisti, soprattutto Claudio Perelli, al sax e al clarinetto, che nel corso del concerto sale al proscenio più volte meritandosi quel featuring sulla cover del disco. Guarda Che Luna, ancora di Buscaglione, viene presentata come un esempio di torch song all’italiana raffrontata a quelle classiche della grande Billie Holiday, una canzone della quale, detto per inciso, dà il nome al gruppo. 20 KM Al Giorno è l’altro grande standard dell’opera di Nicola Arigliano e la versione di questo Live gliene rende merito.

Poi c’è il gran finale con Sing Sing Sing che sul CD risulta di 5 minuti e 10 ma dal counter del mio lettore si avvicina ai sette, la versione strumentale è attribuita a Benny Goodman che l’ha resa imperitura, ma secondo me è un composito con la versione originale, che era cantata, e fu scritta da un personaggio e musicista che questo genere ha frequentato con grande profitto, un altro Louis figlio di New Orleans, che fa Prima di cognome. L’ultimo brano è un ulteriore omaggio a New Orleans, un’altra strada, Bourbon Street Parade, e un’altra impersonificazione del mitico Ambassador. Le ultime parole captate dal microfono sono “A noi piace divertirci”, detto dal Tamboo al suo pubblico ed è un po’ la filosofia di questo disco. Sarà jazz o swing, come preferite, ma sempre musica per “Carbonari”, quindi adatta a questo Blog. Non credo il CD sia facilissimo da reperire ma se siete adepti del genere un piccolo sforzo vale la pena di farlo, e poi “buon divertimento” anche a voi!

Bruno Conti