Continua “L’Invasione” Delle Band Pavesi! Lowlands – Love Etc… Il Nuovo Disco

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Lowlands – Love Etc… – Harbour Song Records/distr. IRD

Questo è il sesto album dei Lowlands, più 3 EP, il disco in collaborazione con Chris Cacavas, alcune partecipazioni a compilation varie, la produzione del disco di Donald MacNeill con la figlia Jen, non male per un cosiddetto “musicista part-time” come Ed Abbiati, diviso tra la passione per la musica e la necessità di sbarcare il lunario. Mi pare che il tratto distintivo della sua musica sia sempre stato quello di cambiare per rimanere sempre uguali a sé stessi. Mi spiego: il genere musicale di fondo si potrebbe definire roots music, d’altronde, nel 2007, hanno preso il nome poprio da un brano dei texani Gourds, degni rappresentanti di questo filone, ma poi hanno fatto dischi dove rock, folk, musica delle radici, si intrecciavano in modo assolutamente fluido, a volte dischi con un suono più “rude” e chitarristico, come Beyond, altre volte alle radici della musica popolare americana, Better World Coming, il progetto dedicato alla musica di Woody Guthrie, o il detour nella musica tradizionale scozzese rivisitata, con i MacNeill, questa volta siamo ad una sorta di neo folk soul con fiati, che al sottoscritto ricorda, con i dovuti distinguo, il sound della Band con i fiati, o il celtic soul del Van Morrison americano, ma anche dei Dexys Midnight Runnners. Mi rendo conto che si tratta di paragoni impegnativi ma questo mi appare,e quindi lo dico. Anche questa storia dell’unplugged, che starebbe per spina staccata, ovvero non ci sono strumenti elettrici, o meglio chitarre elettriche (mi spiace per Roberto), è quantomeno spiazzante: sul palco di Milano ad Aprile ho contato, in certi momenti, almeno sedici elementi sul palco, e nel disco ci sono, se non ho fatto male i conti (ma in qualità di Bruno non credo), addirittura 25 musicisti.

Non male per un album che viene presentato come intimista e rarefatto, probabilmente nei sentimenti, nei testi e nell’atmosfera che viene creata in questo tuffo nell’amore e nelle sue mille sfaccettature. Le 12 canzoni catturano tanti differemti momenti e stati d’animo raccolti da Ed Abbiati nel corso degli anni e ora rilasciati in questo Love Etc… Dato che a chi scrive piace anche essere analitico vediamoli questi contenuti musicali: si parte con la dolce How Many, dove piano, Francesco Bonfiglio e una weepin’ lap steel guitar, Mike Brenner si dividono il mood del brano con i fiati, che aggiungono una sorta di propulsione sonora, ma c’è spazio per alcuni particolari ricercati, un tocco dell’acustica di Roberto Diana qui, il mandolino di Alex Cambise là, il violino e il cello di David Henry a completare il tutto, con il cantato partecipe di Ed Abbiati, che migliora disco dopo disco, a cementare l’insieme. La successiva Love Etc… è anche meglio, un bel valzerone che profuma di soul, con un ritornello che non si può fare a meno di memorizzare, la ritmica che si aggiunge alle procedure, begli inserti di voci di supporto, i fiati che si fanno ancora più protagonisti, lap steel, mandolino ed acustica che non possono fare a meno di rimandare alla Band (in fondo i Gourds sono sempre stati considerati dei discepoli della band di Robbie Robertson e di Levon Helm, andare direttamente alla fonte del suono non è poi male). I wanna be, che ricorda Dylan nel testo, è un’altra piccola delizia elettroacustica, con quel suono americano o se preferite “Americana”, ma con i fiati che sono sempre lì, ai lati del Mississippi, nei pressi di New Orleans, che danno quel tocco vincente in più.

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Sempre per non fare paragoni, quando la Band ha voluto usare i fiati, l’arrangiatore era un certo Allen Toussaint,  quindi dalla Crescent City. You, Me, The Sky And The Sun, una canzone spensierata, che riempie di buoni sentimenti è sempre su quelle coordinate sonore, ma anche il suono della Caledonia Soul Orchestra di un certo Van Morrison ci può stare, 19 musicisti si amalgano, aggiungete armonie vocali stile sixties, battiti di mano, l’immancabile armonica di Richard Hunter, una rarissima apparizione di una chitarra elettrica, Tetsuya Tsubata “Bakki”, il basso elettrico di “Rigo” Righetti a dare il tempo, piano e organo in bella evidenza, ma soprattutto tanti fiati, orchestrati con maestria da Andres Villani, come piovesse. Cambio d’atmosfera per la breve, raccolta, quasi cameristica e malinconica, You And I, un contrabbasso, Simone Fratti, a scandire il suono, cello e violino e il piano ad evidenziare il carattere riflessivo e quasi cupo del brano, comunque molto bello. Dopo la pioggia torna il sereno con Happy Anniversary, che si potrebbe definire “classic Lowlands sound with brass”, Roberto Diana colora il suono con una insinuante slide acustica e i fiati, soprattutto il clarinetto di Claudio Perelli, ci portano ancora dalle parti di New Orleans, deliziose anche le armonie vocali, per la serie anche il particolare ha la sua importanza. Scordatevi pro-tools e sovraincisioni, qui vige la genuinità! Can’t Face The Distance, nel libretto interno con i testi posta in coda, è un’altro brano intimista, quasi per sottrazione sonora, solo la voce di Ed, la sua acustica accarezzata, il cello di David Henry e l’armonica di Richard Hunter. Armonica che rimane per la gioiosa Wave Me Goodbye, con Ed che ci assicura che tutto va bene, ma, nonostante il carattere uptempo della canzone, non ci convince del tutto.

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L’ultimo quartetto di brani si apre con My Baby, solita ventina di musicisti in studio, per un brano che sta tra folk, country e blues, vogliamo chiamarla hootenanny music, preferite swing jazz? Cambise è alla chitarra elettrica, l’ospite Maurizio “Gnola” Ghielmo aggiunge la sua Slide Resophonic e i fiati dixieland nel finale vanno ancora in gita per le strade di New Orleans. Doing Time è una deliziosa ballata mid-tempo attraversata dalla insinuante lap steel di Brenner, dall’organo Hammond di Joey Huffman, e con il basso di Righetti e la batteria di Mattia Martini che tengono il tempo ammirevolmente. Still I Wonder, almeno all’inizio, mi ricorda moltissimo l’incipit di You Can’t Always Get What You Want degli Stones, ma poi lo spirito stonesiano rimane, in un intrecciarsi di chitarre acustiche e lap steel, voci eteree sullo sfondo, organo e piano, molto bella. Un disco dei Lowlands senza fisarmonica non poteva essere, e quindi Francesco Bonfiglio la sfodera per una sorta di ninna nanna finale, intitolata Goodbye Goodnight, che chiude dolcemente un album tra i migliori della discografia dei Lowlands.

Come dico spesso, non sembrano neanche italiani (forse anche perché alcuni di loro, almeno in questo disco, non lo sono), e quindi donano un sapore anglo-americano a questo ottimo Love Etc…, che conferma ancora una volta, se ce n’era bisogno, la bontà del repertorio della band di Ed Abbiati e soci.

Bruno Conti

Novità Di Ottobre Parte I. Jerry Lee Lewis, Yusuf Cat Stevens, Annie Lennox, Neil Diamond, Mark Lanegan, Scott Walker, Aretha Franklin

jerry lee lewis rock and roll time

Lo ammetto, ultimamente la rubrica delle anticipazioni discografiche mensili è diventata più un resoconto di album già usciti (cofanetti esclusi) che una presentazione delle uscite più interessanti, scelte da chi scrive, ad insindacabile giudizio ovviamente, con molti altri CD che hanno ricevuto peraltro il trattamento della recensione personalizzata, anche per titoli da “carbonari”, come è prerogativa del Blog. Detto che in questi giorni escono o sono usciti molti titoli annunciati parecchio tempo orsono: tipo le ristampe di Led Zeppelin IV e Houses Of The Holy, versione cofanetto e doppio CD, tra le altre anche il box da 8 di Rory Gallagher Irish Tour, quello da 8 CD + DVD, Rumours Of Glory dedicato a Bruce Cockburn, ma pure il nuovo Matthew Ryan, Boxers, annunciato in versione CD fisico per il 4 novembre, ma già uscito nelle nostre lande (e comunque già recensito dal buon Tino), soffermiamoci perciò su alcune pubblicazioni avvenute in queste ultime due settimane, andando poi a ritroso nelle uscite di Ottobre. https://www.youtube.com/watch?v=PYCjEud9wvQ Cominciamo con il nuovo album di Jerry Lee Lewis Rock’n’Roll Time, che vedete effigiato sopra, esce il 28 ottobre, cioè oggi, per la Vanguard/Universal, e si tratta del terzo “sforzo di gruppo” per il Killer, 78 anni ma sempre in gran forma, dopo Last Man Standing del 2006 e Mean Old Man del 2010, anche questa volta i suoi discepoli si sono presentati in massa, per la rilettura di vecchi classici e brani meno conosciuti: se mi avessero detto che la title-track, Rock’n’roll Time, era un vecchio brano del 1974 scritto da Kris Kristofferson, non avrei saputo dirlo, ma lo è e quindi ne prendiamo buona nota e la mettiamo in fila con le altre canzoni che portano firme illustri, da Chuck Berry a Bob Dylan, Lynyrd Skynyrd e Jimmie Rodgers, oltre al vecchio amico Johnny Cash. Tra gli ospiti presenti nel disco c’è anche la brava Vonda Shepard, gli altri li vedete, brano per brano, nella tracklist a seguire: 1.Rock & Roll Time (With Doyle Bramhall II And Jon Brion) 2. Little Queenie (With Keith Richards And Ron Wood) 3. Stepchild (With Daniel Lanois And Doyle Bramhall II) 4. Sick And Tired (With Jon Brion) 5. Bright Lights, Big City (With Neil Young And Ivan Neville) 6. Folsom Prison Blues (With Robbie Robertson And Nils Lofgren) 7. Keep Me In Mind (With Jon Brion) 8. Mississippi Kid (With Derek Trucks And Doyle Bramhall II) 9. Blues Like Midnight (With Robbie Robertson) 10. Here Comes That Rainbow Again (With Shelby Lynne) 11. Promised Land (With Doyle Bramhall II) Da quello che ho sentito promette molto bene e quindi, sempre tempo permettendo, vorrei dedicargli un Post ad hoc. yusuf cat stevens tell 'em

https://www.youtube.com/watch?v=nKR87yoXxrE Anche il vecchio Cat Stevens (per me rimane sempre quello il nome, lo so che da una vita si fa chiamare Yusuf, e comunque, come è noto, nessuno dei due è il vero nome) pubblica in questi giorni un nuovo album, il primo per la Legacy Sony/Bmg, dal titolo Tell ‘Em I’m Gone, 10 canzoni,  si dice 5 nuove e 5  cover di brani più o meno noti. Anche in questo caso il parterre degli ospiti è notevole: da Richard Thompson alla band tuareg dei Tinariwen, il grande armonicista blues Charlie Musselwhite, il cantautore “alternativo” Bonnie ‘Prince’  Billy e il chitarrista Matt Sweeney. Produce lo stesso Cat Stevens, con l’aiuto di Rick Rubin. Questi i titoli dei brani: 1. I Was Raised In Babylon 2. Big Boss Man 3. Dying To Live 4. You Are My Sunshine 5. Editing Floor Blues 6. Cat And The Dog Trap 7. Gold Digger 8. The Devil Came From Kansas 9. Tell ‘Em I’m Gone 10. Doors Big Boss Man è proprio il vecchio blues di Jimmy Reed e You Are My Sunshine non è ovviamente quella di Stevie Wonder ma sempre un blues, Dying To Live era un vecchio brano, molto bello, di Edgar Winter, The Devil Came From Kansas viene dal repertorio dei Procol Harum, mentre la quinta coverfrancamente non l’ho individuata

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Anche quello di Annie Lennox, come lascia intuire il titolo, è un disco di cover, il terzo nella carriera della cantante inglese, che questa volta è andata a pescare proprio nel repertorio dei vecchi standards. Il CD è uscito la settimana scorsa negli USA per la Blue Note ed esce questa settimana per la Island/Universal, anche in versione Deluxe con DVD aggiunto, contenente “ben un brano dal vivo” (ma forse no, a giudicare dai video che girano su YouTube) e una intervista con la Lennox, alla faccia degli extra. Diciamo che già il contenuto del disco non mi entusiasma, anche il sound è molto orchestrale, adatto al materiale proposto, ma mi pare a tratti un po’ soporifero, persino più di quelli di Rod Stewart dedicati all’argomento), anche se qualche brano non è male, per esempio questo   https://www.youtube.com/watch?v=3TrSMaOZm3Y Per chi fosse interessato: CD 1. Memphis In June 2. Georgia On My Mind 3. I Put A Spell On You 4. Summertime 5. I Cover The Waterfront 6. Strange Fruit 7. God Bless The Child 8. You Belong To Me 9. September In The Rain 10. I Can Dream, Can’t I? 11. The Nearness Of You 12. Mood Indigo  Bonus DVD 1. Annie Lennox Talks About Nostalgia 2. I Put A Spell On You (Live Performance)

neil diamond melody road

https://www.youtube.com/watch?v=_qjqysU36tw Tra i veterani molto meglio Neil Diamond, in versione barbuta per questo nuovo Melody Road, che tutto sommato conferma la vena ritrovata con gli ultimi album degli anni 2000. Il disco, prodotto da Don Was e Jacknife Lee, è uscito lo scorso 21 ottobre su etichetta Capitol, e naturalmente non manca la versione Deluxe, in questo caso singola, con due tracce in più, una cover di Nilsson e una di George Harrison, oltre ad un libretto di 36 pagine con testi e spartiti. Ecco il contenuto: 1. Melody Road 2. First Time 3. Seongha And Jimmy 4. Something Blue 5. Nothing But A Heartache 6. In Better Days 7. Ooo Do I Wanna Be Yours 8. Alone At The Ball 9. Sunny Disposition 10. Marry Me Now 11. The Art Of Love 12. Melody Road (Reprise) Deluxe Edition Bonus Tracks: 13. Remember 14. Something

mark lanegan phantom radio 2cd

Il 21 ottobre è uscito anche il nuovo album di Mark Lanegan, Phantom Radio, per la Heavenly Recordings (ovviamente c’è anche la versione Deluxe doppia con 5 tracce extra, l’Ep No Bells On Sunday): si tratta, all’incirca, del sesto prodotto, tra album, EP e vinili, in circa due anni, o poco più, per un artista che ci aveva messo dodici anni per farne 6 e poi sei anni di attesa prima del nuovo. Un bel disco, per lo più,  di synth-pop ispirato dalla musica degli anni ’80 non fa per me, grazie. Scusate la stringatezza (e forse ho esagerato), ma proprio non sono molte le canzoni che mi piacciono, anche se la voce è sempre interessante.

scott walker + sunn o

Invece uno che ai dischi “strani”, ma interessanti, ci ha abituato, essendo lui stesso un personaggio che definire eccentrico è riduttivo, è Scott Walker, il nuovo disco Soused, in uscita per la 4AD, è una collaborazione con la band metal alternativa (giuro!) Sunn O))). Nonostante le premesse il disco è meno impenetrabile di opere come l’ultimo Bish Bosch del 2012, o The Drift  del 2006, dire che sia orecchiabile è una parola grossa, forse è più giusto “ascoltabile”: lunghi brani improvvisati tra drone music, avanguardia e musica contemporanea, con la bella baritonale voce di Walker che fluttua tra chitarre elettriche e percussioni, in uno stile che è quasi vicino al rock, a momenti. Rock estremo ma pur sempre rock, pensate, per avere una vaga idea, a certe cose del disco di Lou Reed con i Metallica, mescolato ad una psichedelia primitiva e brutale, ma giusto per darvi uno spunto. Comunque interessante.

aretha franklin sings the great diva classics

Disco che non c’entra assolutamente nulla per il precedente, uscito anche questo il 21 ottobre scorso, è quello nuovo di Aretha Franklin. Ci sarà stato pure un motivo se Aretha è classificata al 1° posto tra i più grandi cantanti di tutti i tempi, nella classifica di Rolling Stone, ancora nel 2010 precedeva Ray Charles, Elvis Presley, Sam Cooke e John Lennon. Però non fa un disco bello da una quarantina di anni e anche questo Sings The Great Diva Classics, che sulla carta prometteva sfacelli, poi all’atto pratico non permetterà alla 71enne artista americana (l’unica ancora viva dei primi 5) di rinnovare la sua leggenda. La sua voce, a tratti (soprattutto dal vivo), ha ancora momenti di grande splendore, ma la produzione di Clive Davis, vecchio boss della Arista e i più “giovani” Kenny “Babyface” Edmonds, André 3000, Harvey Mason, Jr., Terry Hunter e Eric Kupper, forniscono una patina di contemporaneità alle canzoni, che di per sè sarebbero (sono) anche belle. Ma forse sono io che ho delle pretese irrealizzabili, quindi accontentiamoci di ascoltare: 1. People 2. Rolling In The Deep (The Aretha Version) 3. Midnight Train To Georgia 4. I Will Survive (The Aretha Version) 5. At Last 6. No One 7. I’m Every Woman/RESPECT 8. Teach Me Tonight 9. Keep Me Hanging On 10. Nothing Compares 2 U Brani che vengono dal repertorio di Barbara Streisand, Adele, Gladys Knight, Gloria Gaynor, Etta James, Supremes e altre. Destiny’s Child, Alicia Keys; Whitney Houston e Sinead O’Connor via Prince, mi sembrano meno “importanti”, comunque questi troverete nel CD, pubblicato sempre la settimana scorsa dalla Rca/Sony.

Direi che per oggi è tutto, nei prossimi giorni, a ritroso, andiamo a vedere le altre uscite interessanti di ottobre, inframmezzate dalle solite recensioni ” a sorpresa”. Per esempio il nuovo disco dei bravi Lowlands, l’altro ieri a Milano, come opening act per Massimo Priviero, e ora in uscita con il loro nuovo disco Love etc., che però poi presenteranno in proprio il 22 novembre allo Spazio Teatro 89 di Milano, esattamente una settimana dopo il concerto dei Mandolin’ Brothers. Ovviamente ci ritornerò sopra quanto prima.

Alla prossima.

Bruno Conti

Accoppiata Anglo-Italo-Americana In Quel Di Pavia! Chris Cacavas Ed Abbiati – Me And The Devil

Abbiati Cacavas Me And The Devil

Chris Cacavas & Ed Abbiati – Me And The Devil – Appaloosa/IRD – Harbour Song Records

Chi è il diavolo dei due? E chi ha tentato chi? O è la musica del diavolo che ha tentato entrambi? Su questi inquietanti quesiti si apre l’ennesima collaborazione del 2014 di Ed Abbiati con musicisti diversi dai “suoi” Lowlands (che però vivono e prosperano sullo sfondo, in attesa di colpire entro fine anno, con altri due progetti, Love, Etc., un disco folk con fiati. in uscita ad ottobre e il Live Unplugged, registrato a Milano in primavera ed atteso per fine anno, ma queste sono altre storie). Nel frattempo, dopo lo split EP con i Lucky Strikes, che dovrebbe portare a quattro le uscite discografiche dell’anno – “quest’anno si esagera”, come mi ha detto lo stesso Edward – arriva a compimento, dopo una lunga gestazione, l’album concepito con Chris Cacavas,  l’ex Green On Red, anche con una lunga carriera solista. Un americano che vive in Germania e un italo-inglese che vive a Pavia, i due si erano già incontrati nel lontano 2008, quando Chris aveva partecipato alla registrazione del primo album dei Lowlands, Last Call e da lì era nata una solida amicizia, non solo musicale, ma non sono fatti nostri, a noi quella interessa https://www.youtube.com/watch?v=FpwU7GwQPoo . Le strade si erano intrecciate varie volte fino a che, più o meno nella primavera dello scorso anno, qualcuno, Ed, Chris o il diavolo (il terzo incomodo), propone all’altro, perché non scriviamo delle canzoni insieme? Nell’arco di circa sei mesi, grazie alla “tecnologia”, e-mails, chiamate telefoniche, qualche viaggio aereo di Chris, per trovarsi insieme nella cucina di Ed a scrivere le canzoni (e parte del processo è stato salvato per i posteri e vedrà la luce come secondo dischetto di una edizione doppia “limited” only for fans, friends and relatives, 250 copie vendute direttamente da loro o ai concerti, con le registrazioni del work in progress dell’album, brani scritti e registrati su un telefonino, con una qualità sonora un po’ primitiva, per quanto, mi pare, migliore di quella dell’ultimo Neil Young, almeno non c’è lo scricchiolio dei vecchi 78 giri, e quanto te lo fanno pagare, ma anche questa è un’altra storia e la versione “normale” va comunque benissimo).

me and the devil special

Ad agosto dello scorso anno, quindi, tutti insieme appassionatamente, in una cascina convertita a studio di registrazione, immagino “belli freschi”, vista la stagione, in ordine alfabetico di nome, come da copertina, Chris e Ed, con l’aiuto di Mike “Slo Mo” Brenner (Marah, Jason Molina), a basso, lap steel e slide e co-produttore, Winston Watson (Bob Dylan, Giant Sand, Warren Zevon), alla batteria, l’immancabile (nei dischi di Ed) Richard Hunter, all’armonica, Andres Villani al sax tenore, David Henry al cello e Stefan Roller, assolo di elettrica in Me And The Devil; in una settimana circa (cinque giorni per la precisione) le dieci tracce, in varie fasi di completamento, sono pronte per partire per Nashville, Tennessee e Stanford, CT, dove verranno completate a livello tecnico da Chris Peet e Rainer Lolk  e vengono aggiunti il cello, Nashville e le armoniche, Stanford.Tutti felici e soddisfatti dunque, Ed mi dice “sai che ho fatto un disco con Chris Cacavas!”, “ma va, quando uscirà?” gli chiedo, silenzio diplomatico, perché lì sta il problema ai giorni nostri, comunque saltiamo tutte le fasi successive ed arriviamo all’inizio di maggio (ma i files delle canzoni erano nei meandri del mio PC da qualche tempo), “quasi ci siamo, usciamo a giugno per Appaloosa,in Italia” ma mi impone, come Giucas Casella, un invito a parlarne, “solo quando lo dirò io”! Nei prossimi giorni (credo settimana prossima, ci sono dei problemi con il libretto) il disco sarà, si spera, anzi certamente, in tutti i negozi, fisici e virtuali, e chi vuole potrà (dovrà) sentirlo per farsene un’idea.

ed abbiati chris cacavas

Se volete il mio parere, per quello che vale (falsa modestia, con scrollata di spalle, scherzo, è meglio precisare perché ti prendono sul serio) è un bel disco, diverso dalle cose dei Lowlands e da quelle di Cacavas, come è ovvio che sia, se no si facevano ciascuno il proprio disco, ma l’impronta musicale di entrambi c’è. Potremmo dire, visto anche il titolo, un disco di blues? Non solo, ma perché no, perlatro non un disco di blues-rock, di quelli ricchi di virtuosismi che però appartengono ad un’altra categoria. Un disco di blues e rock, forse meglio, come esplica subito Against The Wall, un brano denso e corposo, quasi minaccioso, cantato a doppia voce da Ed e Chris, con il sax che si interseca con chitarre e tastiere, fino a che il tenore di Villani è lasciato in libertà nel finale https://www.youtube.com/watch?v=7-tHaCrI3A0Me And The Devil, con un riff quasi stonesiano di chitarra che la apre ( o è alla Green On Red?) è più cadenzata, l’armonica cromatica di Hunter è co-protagonista del mood del brano, avvolgente e maestosa, dà una sorta di imprinting per un blues contemporaneo, sempre cantato a due voci sovrapposte, screziato da sapori rock quando la chitarra di Roller la taglia in due nel finale, grande brano. Oh Baby Please, con il suo organo fine anni ’60 e il sax souleggiante, sembra un brano del Sir Douglas Quintet o di ? And The Mysterians, quel pop deviante, un po’ indolente e leggermente psych dei tempi che furono, canta Edward da solo, Chris cesella all’organo.

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Solo la voce di Mr. Abbiati, un piano elettrico, qualche tocco di lap steel ed ecco The Week Song, una ballata intima e malinconica che mi sembra molto farina del sacco del buon Ed, qui ci vedo (e ci sento) la sua mano, ma i brani, come facevano Lennon e McCartney, sono comunque tutti firmati Cacavas/Abbiati. Il cello di David Henry introduce la melodia trasversale di Hay Into Gold, una ballata mid-tempo insinuante che evoca panorami musicali “americani”, quasi desertici, un ritornello piacevole, con la slide che si divide il mood del brano con il cello, un pezzo che entra lentamente ma inesorabilmente nell’attenzione dell’ascoltatore e poi insiste fino a conquistarti con un crescendo finale che mi ricorda un qualcosa di non definito, un tocco à la Mike Scott. Long Dark Sky è una scarica di adrenalina pura, cantata da Chris Cacavas, un grande pezzo di rock dove i Velvet di Lou Reed incontrano gli Stones più “nasty”  sulle rive del Paisley rock più acido(grandissime le rullate di Watson), riff chitarristici da destra e manca, cattiveria allo stato puro, persino i coretti ne trasudano. Credo che a Steve Wynn dovrebbe piacere. Un blues quasi canonico come Can’t Wake Up, quasi, con chitarre acustiche e slide sugli scudi, Ed che sfoggia la sua voce più roca da adepto del blues del Delta, sillabata quasi con cattiveria, un bell’esempio di blues cantautorale, senza dimenticare naturalmente l’armonica di Hunter, qui nei suoi territori più tipici.

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Ci avviciniamo alla conclusione, mancano tre brani, le atmosfere sospese e younghiane della lungaThe Other Side, ancora Chris Cacavas, alle prese con la West Coast acida e psichedelica dei 70’s più sognanti e allo stesso acidi, notevole, nulla da invidiare alle cose migliori dell’ultimo Jonathan Wilson, magnifico l’interplay delle chitarre elettriche. I’ll See Ya è un altro bozzetto (si tratta del demo originale) di Ed Abbiati, una sorta di epifania acustica e raccolta, molto dolce e sognante, in un modo diverso dal turbinare del brano precedente, ognuna sogna a modo suo, dopotutto, con quell’organo in sottofondo (che mi dicono essere una pianola Bontempi, un classico nel rock) e la chitarra arpeggiata potrebbe ricordare anche i Floyd più pastorali. La conclusione è affidata alle atmosfere nuovamente rilassate della breve The Rest Of My Life https://www.youtube.com/watch?v=55pXhXPNcyM , una ulteriore oasi di pace a due voci, senza tempo, lontana dagli episodi più blues e rock dell’album ma non per questo meno affascinante. Quindi, concludendo, non solo blues, rock o musica da “cantautori”, catalogherei sotto Buona Musica.

Bruno Conti

P.S. Grazie a Ed per alcune preziose precisazioni!

Da Pavia A Milano, Per Registrare Il Loro Primo Live! Lowlands In Concerto, 5 Aprile 2014 Spazio Teatro 89

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Sulla locandina ci sono data ed orario ed il nome della location per il concerto dei Lowlands (siamo a due passi da San Siro, dove ha suonato a gennaio Carolyne Mas e recentemente anche i Sugar Ray Dogs), Spazio Teatro 89 è un piccolo teatrino, circa 250 posti, molto carino e con una buona acustica, quindi il luogo ideale per registrarci un disco dal vivo, più fruibile della loro “tana” a Spazio Musica di Pavia, ma pur sempre una “trasferta” in terre ignote.

Lowlands

Scatta lo “spottone”, se potete, intervenite numerosi, qui trovate tutte le coordinate http://vivaticket.com/index.php?nvpg[evento]&id_evento=1230531 e se ci cliccate sopra maggiori dettagli su tutto quello che c’è da sapere sulla band, sugli ospiti, sulla loro storia e su quello che hanno detto di loro. Il “boss” Ed Abbiati mi aveva detto che probabilmente si sarebbe trattato di un Live “Unplugged” (anche se  sono in metà di mille, ma usa così) destinato ad uscire preferibilmente in DVD più avanti nell’anno. Qui, se volete, c’è la prima parte dell’intervista che avevo fatto a Ed proprio al Teatro Spazio 89 http://discoclub.myblog.it/2013/04/17/record-store-day-2013-lowlands-left-of-the-dial-ed-abbiati-s-2/ e questo è il seguito http://discoclub.myblog.it/2013/04/18/record-store-day-2013-lowlands-left-of-the-dial-ed-abbiati-s/. Già c’erano, in nuce, alcune delle idee che si sono sviluppate nei mesi successivi, sempre finanze permettendo. La vita degli artisti indipendenti è dura, loro sono bravi, mi piace essere loro “sponsor”, quindi, ribadisco, visto che la buona musica va sempre incoraggiata, intervenite numerosi https://www.youtube.com/watch?v=us1Ie5q1h84.

Bruno Conti

Neo Folk-Rock In Arrivo Dal Tamigi (Anche Con I Lowlands Nel Low And Lucky EP E Tour).The Lucky Strikes – The Exile And The Sea

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The Lucky Strikes – The Exile And The Sea – Harbour Songs Records

Vengono da Southend, Inghilterra (culla del pub rock negli anni ’70, e dei bevitori di birra, da sempre), e fra poco saranno dalle nostre parti per una serie di concerti (*NDB in coppia con i pavesi Lowlands, con cui hanno condiviso l’etichetta in Gran Bretagna, la Stovepony, e ora un EP a nome di entrambi, Low And Lucky, che dà il nome anche al mini tour, parte in Italia e parte in Inghilterra) https://www.youtube.com/watch?v=5xQav5_MEco .

lowlands low & lucky ep cover

I Lucky Strikes sono attivi dai primi anni 2000, ma il loro esordio discografico vero e proprio avviene con l’album omonimo The Lucky Strikes (07), una miscela di blues-rock arricchita nel tempo con sonorità country, folk americano e celtico, che li ha portati in seguito ad incidere lavori a tema quali Chronicles Of Solomon Quick (09), un “concept” sul presunto responsabile della morte di Robert Leroy Johnson(“quel” Robert Johnson!) e Gabriel, Forgive My 22 Sins (10), altra “fiction” sulla follia e la caduta di un pugile, prima di approdare a questo The Exile And The Sea, un piacevole ricordo dei loro viaggi in giro per il mondo https://www.youtube.com/watch?v=GpglQOeH-tM .

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Il capo ciurma e leader della band risponde al nome di Matthew Boulter chitarra e voce, con il resto dell’equipaggio ad assecondarlo: Paul Ambrose al basso, David Giles al piano e fisarmonica, William Bray alla batteria, e con la collaborazione di due nostromi di valore come Wild Jim Wilson al banjo e violino e Rees Broomfield alle percussioni, il tutto è stato registrato negli studi di campagna The Broom Cupboard,nell’Essex https://www.youtube.com/watch?v=8amXB4bIAoo .

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Il forziere di canzoni è aperto da To Be King e The Beast Burnt Down, due brani dalla decisa aria celtica, guidati dal violino e fisarmonica, a cui fanno seguito la title track The Exile And The Sea, una ballata di altri tempi, mentre New Avalon e  The Butcher And Mrs. Shaw hanno il passo del periodo migliore dei Waterboys, del pirata Mike Scott. Dal bottino del forziere viene poi estratta anche Ballet Shoes, una poesia in musica sull’infanzia, per poi passare alla miscellanea folk-rock di Goldspring, mentre la seguente The Devil Knows Yourself  è perfetta per cantare nei Pub con calici di birra alzati. Con Vincent spuntano una pedal steel e un banjo a dispensare “spezie” di country, prima di chiudere definitivamente il forziere con la mirabile melodia di Ghost And The Actress, dove la fisarmonica di Giles e il violino di Wilson profumano d’Irlanda, mentre un intrigante organino accompagna la conclusiva The Writer.

I Lucky Strikes, guidati dall’ugola passionale di Matt Boulter (autore anche di tre dischi solisti), si preparano ad invadere il nostro paese, senza rivoluzionare nulla, ma portando  un suono che incarna l’anima più onesta del “neo folk rock”, che li accomuna per quanto mi riguarda, ai cugini “yankee” dei Decemberists.

Tino Montanari   

Lowlands Lucky Strikes tour

*NDB. Come vedete dalla locandina qui sopra, i Lowlands e i Lucky Strikes saranno in concerto insieme questa sera, 28 febbraio, all’1&35 di Cantù e domani sera a Spazio Musica di Pavia (da informazioni assunte probabilmente ci sarà anche Stiv Cantarelli). Invece la settimana prossima, se siete da quelle parti (chi non va a Southend nell’Essex o a Londra nei fine settimana?), l’accoppiata si ripeterà su territorio inglese. Ai concerti sarà in vendita anche lo split EP The Low & The Lucky EP, un mini album con tre brani: i Lowlands fanno New Avalon della band inglese, i Lucky Strikes ricambiano il favore eseguendo Hail Hail  della band pavese e tutti insieme appassionatamente eseguono una bellissima cover di Fisherman’s Blues dei Waterboys (con le voci alternate e combinate dei due leaders alla guida del brano), che da sola vale il prezzo di ammissione, se anche il resto non fosse valido. Per una volta il buon Ed Abbiati mi perdonerà se non ho parlato diffusamente della sua band e dei suoi lavori solisti ma, visto che molto bolle in pentola per il futuro, ci sarà l’occasione per farlo appena scatta la primavera. Per l’occasione ci premeva (al sottoscritto e all’amicoTino) parlarvi di questi Lucky Strikes che ci sembrano del tutto degni della vostra attenzione!

Bruno Conti

Un Ennesimo Terzetto Western-Roll Dalla Lombardia, Prendere Appunti: Sugar Ray Dogs – Sick Love Affair

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Sugar Ray Dogs – Sick Love Affair – sugarraydogs.com/Ird Distribution

Un’altra band che proviene da quella inesauribile fucina di talenti che si sta rivelando la Lombardia (Pavia e dintorni anche in questo caso) per il roots-rock, ma anche blues, folk, rockabilly, tanto country, un pizzico di cajun e tante belle canzoni. Il trio di baldi musicisti consta di due “vissuti” ex giovanotti e di un bel fieu (si dice così da queste parti), dediti alla nobile arte della musica già da qualche anno, sia on the road che su disco (questo Sick Love Affair è il secondo che pubblicano, dopo un Vaudeville’n’Roll, uscito per una etichetta tedesca, la Vampirette Records (!)): rispondono al nome di Sugar Ray Dogs, in onore del grande pugile “Sugar Ray Leonard, ma non sono degli zuccherini, hanno un sound che ricorda più l’ultima parte del loro patronimico, cioè quella dei “cagnacci” che non mollano l’osso quando lo hanno individuato, anche se la dolcezza di un paio di ballate illustra pure il loro lato più romantico.

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Ernani “Ray” Natarella (qualche familiare melomane verdiano?), si adopera al basso acustico e mandolino, oltre ad essere il principale autore di tutto il materiale, in una teoria di bassisti e cantanti che discende da illustri predecessori come Paul McCartney e Jack Bruce, ma anche Sting volendo, Alberto “John” Steri maneggia i vari tipi di chitarre, acustiche ed elettriche e Andrea “Bisteur”Paradiso, siede sullo sgabello del batterista, oltre ad essere aiutati da un gruppetto di musicisti di sicuro talento. Chiara Giacobbe, ex Lowlands, suona il violino nei concerti, come membro aggiunto, ed in alcuni brani del CD, dividendosi i compiti agli archi, con Anga Persico, del giro Van De Sfroos e Fred Koella, anche alle chitarre, il cui nome vi sarà capitato di avvistare su molti dischi e sui palchi con gente come Willy DeVille (basterebbe Victory Mixture per dargli imperitura gloria, ma ha pubblicato anche un paio di dischi da solista), Dylan, KD Lang, Dr. John, mica gente qualunque e che è il valore aggiunto di questo dischetto, anche se sono bravi di loro http://www.youtube.com/watch?v=UySmmMaF8FQ

L’album, in effetti, sarebbe uscito, autogestito, già da alcuni mesi, ma ora con l’aiuto distributivo della IRD, dovrebbe raggiungere più facilmente le abitazioni ed i cuori degli appassionati della buona musica. Sono tredici brani, tutti rigorosamente originali, ottimamente registrati e prodotti, che toccano un poco tutti i lati del rock e non solo: dal’iniziale Time On The Run, che grazie alle bagpipes di Davide Bianco, evoca scenari celtici che subito confluiscono nelle pianure del country, senza dimenticare le origini folk, grazie al violino di Persico, ma il brano in un tourbillon di continui cambi di tempo mette sul piatto anche una chitarra tra county e rockabilly, il vocione rasposo ed evocativo di Natarella, una ritmica che viaggia spedita e vigorosa. Road Of 7 Sins è il primo detour nel blues, le dueling guitars di Matteo Cerboncini e Steri, più la slide di Koella, si dividono il proscenio con l’armonica di Marco Simoncelli e spesso sfociano nelle parti strumentali in un rock autorevole.

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Fall In Love è troppo bella http://www.youtube.com/watch?v=1LopibQRmaw, sembra un brano apocrifo di Willy DeVille, una canzone romantica e sentimentale che lo zingaro newyorkese era in grado di sciorinare con assoluta nonchalance e che Natarella “duplica”, anche alla voce, con rispetto e sicuro talento, grande brano, le chitarre di Steri e il violino di Koella ricamano. Nocturnal, con Chiara Giacobbe ai violini, è una vorticosa cavalcata tra folk and roll, mentre Baby No Mercy  http://www.youtube.com/watch?v=q11Mp-2bEHw, di nuovo con Koella in formazione, è una ballata bluesata e sincopata quasi waitsiana, impreziosita anche dai mandolini di Natarella. Red Dog, con bodhran, mandolini e violini sugli scudi è una breve intramuscolare folk che potrebbe ricordare certe cose dei Jethro Tull di Stand Up o i primi Steeleye Span.Tonight vira nuovamente con classe su sonorità western (anche morriconiane, grazie all’armonica di Simoncelli) miste ad un rock delle radici di sicuro appeal, tutto molto raffinato http://www.youtube.com/watch?v=FUzc8OW2svw

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Every Man Has His Jail è un valzerone celtic-country con violino in evidenza. See You Day ha un piglio blues-rock che sarebbe piaciuto a Mr. DeVille e la raccolta Story Without Glory, quasi sussurrata, solo le voci del gruppo e le chitarre di Koella è un’altra piccolo delizia sonora. We’re All Irish si svela fin dal titolo, altra traccia dai profumi celtici, ma ricca di grinta e ritmo, vagamente alla Pogues, Mortally wounded, potrebbero essere i primi Dire Straits incrociati con i Calexico, ritmo incalzante e un ottimo lavoro della chitarra di Steri e qualche retrogusto gospel con finale da film western e chitarre alla Thin Lizzy (che sempre irlandesi erano), epica  http://www.youtube.com/watch?v=VeiQJnOB8bk. Till The End Of Time parte come una mandolinata folk e finisce come un rock grintoso. Eclettico e bello, come tutto il resto del disco. Prendete appunti!

Bruno Conti    

Una Piccola “Grande” Rock’n’Roll Band – Two Cow Garage – The Death Of The Self Preservation Society

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Two Cow Garage –  The Death Of  The Self Preservation Society – Last Chance Records 10-09-2013

Mi sono invaghito di questo “robusto” trio roots-rock dell’Ohio (una delle band preferite del mio amico Ed Abbiati dei Lowlands,), durante un caldo concerto tenuto nel famoso Spazio Musica di Pavia, qualche anno fa. Per chi non li conoscesse i Two Cow Garage, si sono formati a Columbus, Ohio nel 2001, e sotto la guida di Micah Schnabel voce e chitarra, con Shane Sweeney al basso e David Murphy alla batteria, hanno pubblicato il loro album di debutto Please Turn the Gas Back On (2002) un disco dal ritmo potente e travolgente, impronta che non cambia anche nei seguenti The Wall Against Our Back (2004) e III (2007), diventando una piccola band di culto. Con Speaking In Cursive (2008) e Sweet Saint Me (2010), il trio dopo un’incessante lavoro “on the road” (si racconta di più di 200 date all’anno), vede formarsi uno zoccolo duro di “fans”, che li aiuta ad autofinanziarsi per l’uscita di questo ultimo lavoro The Death of the Self Preservation Society (un titolo più corto non si poteva trovare?).

Il brano di apertura The Little Prince and Johnny Toxic è una fragorosa cavalcata rock, seguito da un trittico di brani, Geri, Stars And Gutters e Pantomine dove ci sono indubbi rimandi al suono dei migliori Lucero. Con Mantle in ’56 arriva una melodia che non ti aspetti, cantata con la voce rauca di Micah, mentre Hey Cinderella e My Friend Adam sono rabbiose e crude, per poi arrivare ad una Lost on Youth con riferimenti “seventies”. Si riparte “a palla” con Van Gogh e Annie Get Your Guns dal rock provinciale e garagista, per poi chiudere con una grande ballata Spiraling Into Control, con la voce al vetriolo del cantante, e alle sferzate elettriche della title track.

Di strada ne hanno fatta i Two Cow Garage, affilando chitarre e passione, mantenendo quello stile,  un rock’n’roll duro e fracassone, ma capace anche di ballate romantiche. Non chiedete però a Micah, Shane e David, di usare le belle maniere, per loro le canzoni vanno trattate con durezza, un canto sguaiato e le valvole degli amplificatori sempre pronte ad esplodere. Per chi ama il genere, preparate delle buone lattine di birra, alzate il volume a “manetta” e ascoltate una piccola, grande rock’n’roll band. Il disco dovrebbe uscire il 10 settembre e il 22 dovrebbero suonare a Reggio Emilia (occasione per comprare il CD, non di facile reperibilità).

Tino Montanari

Storie Di Pianura Tra la Via Emilia E Il Po – Augustici

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Augustici – Signora Pianura – Autodistribuito/Orquestra Records 2013

Per chi scrive è opinione che, negli ultimi anni, nel pavese, si è sviluppata una scena musicale molto interessante che ruota intorno ad un “sound” omogeneo, composto da un certo numero di band, alcune nate da qualche anno, altre che suonano da venti, tutte accomunate dall’appartenere allo stesso bacino geografico, dal fare Blues, Roots, Folk e Country, dallo scrivere testi non in italiano (i Lowlands del mio amico Ed Abbiati), arrivando ad esibirsi talvolta negli Stati Uniti (i Mandolin’ Brothers di Jimmy Ragazzon) e a collaborare con artisti americani importanti, per misurarsi con chi quella musica l’ha creata.

Fanno parte dell’ultima generazione gli Augustici, gruppo folk pavese (nato da una costola della Corte dei Miracoli) composto da Edoardo Faravelli (fisarmonica, banjo e mandolino), Giuseppe Mascherpa (chitarra e voce), Chiara Prati (violino), Paolo Pagetti (bodhran e cajon), Dodo Renzi (chitarra e voce) e come ospiti Luca Crespi (flauti e tin whistles) e Marta Bianchi al pianoforte.

Signora Pianura è una sorta di “concept album” su storie e personaggi della Pianura Padana, con brani cantati in tre diversi dialetti (il milanese del ‘700, il pavese e l’oltrepadano), e in parte anche in italiano, su una rielaborazione di racconti e dicerie di paese. Le storie iniziano con il brano che dà il titolo al lavoro, Signora Pianura, dall’arrangiamento tipicamente irlandese, e proseguono con il dialetto oltrepadano di La Crava Ciciumbèla, la dolce ballata E ci avevo la morosa in collina, con la fisarmonica in evidenza. Con il trascinante folk agreste di Al Pogia si torna al dialetto (pavese), e poi a seguire La Processione sempre con la fisarmonica a dettare il ritmo, mentre un bel arrangiamento irish folk accompagna la splendida I Lader (La Balada del Bestùc) cantata in dialetto milanese del ‘700. Atmosfere “parigine” si respirano nel Valzer in Pantofole, mentre la storia di Jackie L’Anguilla fa da preludio al country padano di Il Leggendario Bisonte Americano, per finire con la pianistica La Sigaretta, una storia intensa e amara, che rispecchia lo spirito del lavoro, con testi profondi e mai banali. Per gli amanti del “folk tradizionale”, una nuova interessante band pavese da scoprire.

Tino Montanari 

Una Grande Serata Tra Folk e Rock (Ma Non Solo) Con I Lowlands A Pavia!

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Lowlands – Piazza Della Vittoria – Pavia – 08/06/2013

Nello splendido scenario di Piazza Vittoria in quel di Pavia (con sullo sfondo il magnifico palazzo del Broletto), i Lowlands di Ed Abbiati hanno concluso la prima parte della loro campagna europea che li ha visti suonare da Dublino a Londra, passando per Roma e Firenze, con l’ultima recentissima tappa di Stoccolma, in un concerto che arriva a dieci anni esatti dal rientro in Italia di Ed, non occasionalmente nel giorno del suo compleanno e, particolare importante, anche di sua moglie. L’attuale line-up della band oltre ad Ed Abbiati chitarra e voce, è composta dallo storico chitarrista Roberto Diana, Francesco Bonfiglio alle tastiere e fisarmonica, Enrico Fossati al basso e Mattia Martini alla batteria.

La parte iniziale del concerto vede Ed e il suo gruppo eseguire brani tratti dal loro ultimo lavoro Beyond, a partire dal rock urbano di Lovers and Thieves, Walking Down The Street, Waltz in Time, Ashes e Hail Hail e poi una versione sempre accattivante di Gypsy Child. Si riparte da una struggente Fragile Man (scritta da Ed per un suo amico recentemente scomparso), proseguendo con un set che ripropone brani pescati dall’album d’esordio The Last Call, dove spicca per bellezza la tenue That’s Me On The Page, mentre In The End fa muovere il piedino e invita a ballare, non mancano Gotta Be (brano firmato con l’amico Tim Rogers) sana e robusta baraonda rock, per poi passare alla  dolce ninna nanna Lullaby (dedicata alle figlie). La parte finale del concerto, vede salire sul palco gli amici Alex Cambise al mandolino e Jimmy Ragazzon (leader dei Mandolin’ Brothers) per una torrida versione di Everybody Knows This Is Nowhere di Neil Young, un brano dei primi anni ’60 di Bruce Channel  in cui appariva Delbert McClinton che si narra abbia dato ai tempi alcune lezioni di armonica a John Lennon, Hey Baby, per fare ballare il pubblico presente, e una Left Of The Dial dei Replacements cantata con la rabbia degna di un Paul Westerberg. Chiudono un concerto splendido Keep On Flowing con piano e fisarmonica nel più classico blue collar rock e una acustica e dolcissima Homeward Bound.

Mentre la gente a fine concerto sfollava contenta e soddisfatta della serata musicale, pensavo che noi pavesi dovremo essere grati a gruppi come i Lowlands,  i Mandolin’ Brothers e artisti minori locali, ma altrettanto bravi (come per esempio Sergio “Tamboo” Tamburelli) che portano in giro per l’Italia e in Europa, una musica fatta di sudore, cuore e di grande qualità.

Tino Montanari     

Un Altro “Amico” Del Blog, Sempre Da Pavia, Lowlands In Concerto In Piazza Della Vittoria – 8 Giugno 2013

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Ed Abbiati me lo aveva anticipato durante l’amichevole conversazione che abbiamo avuto ad Aprile in occasione del Record Store Day di quest’anno record-store-day-2013-lowlands-left-of-the-dial-ed-abbiati-s.html (la trovate qui, e il giorno dopo la seconda parte), ora è confermato in modo ufficiale, in questa estate che tarda ad arrivare, speriamo in bene e che Giove pluvio abbia altri impegni, sabato sera, 8 giugno 2013, alle 21.30, i Lowlands in concerto nell’ambito delle manifestazioni che ogni anno si svolgono in Piazza della Vittoria in quel di Pavia.

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E’ l’occasione per ascoltare dal vivo uno delle migliori band italiane e, già che ci siete, se non l’avete ancora fatto, per acquistare anche il loro EP che contiene le cover di Left Of The Dial e Everybody Knows This Is Nowhere. Lo so, è bieca promozione, ma loro sono bravi e lo meritano. Mi raccomando, è pure gratis!

Bruno Conti