Con Un Leggero Anticipo O In Clamoroso Ritardo. Comunque un Gran Disco! Sean Rowe – Magic

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Sean Rowe – Magic – Collar City 2009 – Anti Records 22-2-2011

Devo dire che più lo sento più mi piace, sono ormai diversi giorni che mi sto coccolando questo album di Sean Rowe con una serie continua di ascolti e non mi sono ancora stancato.

Qualche giorno fa un mio amico mi ha segnalato questo disco dicendomi che avrebbe potuto essere interessante parlarne sul mio Blog. Il nome Sean Rowe e il nome Magic in effetti qualcosa mi dicevano e allora ho approfondito e mi sono ricordato che un paio di anni fa mi avevano dato una copia di questo Cd acquistata in America e ascoltato distrattamente mi era parso interessante ma non avendo ancora il Blog era rimasto lì tra coloro che son sospesi.

Riascoltato oggi e alla luce della prossima pubblicazione, il 22 febbraio, di questo album da parte della Anti sono andato in rete a fare qualche ricerca e sono venute fuori alcune cose interessanti. Intanto a differenza di quello che dicono molti siti questo non è il disco di esordio di Rowe (ne aveva già pubblicato uno nel 2003 intitolato 27) ma non è neppure il secondo perché scavando ancora ne è saltato fuori un altro uscito in precedenza.

Ma concentriamoci su questo disco: sono stati fatti paragoni con Van Morrison, Leonard Cohen, perfino Bruce Springsteen, Al Green, Gil Scott-Heron non si vola mica bassi ma uno non è comunque preparato a quello che ascolterà quando parte la prima canzone, Surprise (titolo profetico, come quello dell’album), un inizio lento, in sordina, con gli strumenti che entrano di volta in volta e poi si materializza questa Voce incredibile, dai toni baritonali, bassa, profonda e risonante che intona i primi versi “You were nothing but the fragrance of an old dream/that was just time playing tricks with my mind…” e ti ritrovi scaraventato in un un mondo musicale che è attiguo a quello del Van Morrison di Astral Weeks per il tipo di testi che parlano per immagini e non seguono delle storie precise, a quello di Leonard Cohen per queste atmosfere rarefatte e sospese, a quello di Greg Brown aggiungo io (altro grandissimo cantautore nativo della Iowa, con una discografia impressionante per qualità e quantità che, se già non conoscete, vi invito caldamente a visitare) la cui voce glabra ed espressiva in grado di spaziare dal folk, al blues, al rock con una duttilità magica e dalle tonalità particolari che salgono ma soprattutto scendono in profondità e si avvicinano a quelle di Sean Rowe, o così mi è parso di cogliere in vari momenti.

Tornando a Surprise, il brano di apertura di questo album, è una delle tre canzoni presenti che si basa su una strumentazione chiamiamola tradizionale, preferite elettrica, rock diciamo: chitarra, basso, batteria, delle tastiere discrete ma quello che balza subito all’occhio o all’orecchio è la voce che è la vera protagonista di tutto l’album, espressiva e coinvolgente, partecipe e magica, appunto. Già il primo brano varrebbe il prezzo di ammissione ma nei dieci brani che lo compongono il disco non ha episodi minori. Sia nelle atmosfere soffici e rarefatte (ma non siamo in un ambito folk tradizionale) della dolce Time To Think dove la voce di Rowe è supportata dalle armonie di Cara-May Gorman che unite all’acustica arpeggiata, ad un cello insinuante e alle tastiere creano un sound che richiama anche la malinconia di Nick Drake, sia in episodi notturni e sospesi come la bellissima Night dove l’acustica pizzicata e una chitarra elettrica che incombe nel sottofondo donano aspetti quasi misteriosi alla voce ancora magnifica del nostro amico.

Ma anche in un brano come Jonathan dalla struttura rock tradizionale che dopo il solito inizio interlocutorio e sospeso si trasforma in un pezzo dal drive aggressivo quasi alla Dire Straits, con un ritornello quasi orecchiabile (doppio quasi anche se non ci sarebbe nulla di male) e attimi di furore vocale che ti colpiscono per la straordinaria intensità che li percorre.

Old Black Dodge è il brano che più mi ha ricordato stilisticamente il Greg Brown citato prima, ancora una voce femminile di supporto a quella di Sean che ora sussurra ora apre la voce in modo quasi doloroso solo con l’accompagnamento folk minimale di una chitarra acustica e qualche effetto sonoro di sottofondo e i suoi vocalizzi particolari nel finale. Wet se possibile è ancora più scarna, solo una chitarra elettrica arpeggiata e questa voce quasi dolorosa che sale e scende e ti cattura fino all’esplosione finale dove entrano degli archi, piano, basso e batteria, ancora un cello e Rowe libera la voce verso vette quasi Morrisoniane, ricercate ed immediate al tempo stesso, in un modo che fa godere l’ascoltatore o almeno questo è l’effetto che ha avuto sul sottoscritto.

The Walker ancora con quelle stupende armonie vocali che completano in modo quasi telepatico il canto sommesso di Sean Rowe è un altro momento di dolce malinconia sottolineata da un pianoforte discreto e appena accennato. American è il brano che più mi ha ricordato Leonard Cohen una meravigliosa ballata che è difficile descrivere tanto è bella, si può solo ascoltare e godere delle sue immagini sonore ancora una volta nobilitate da questa voce meravigliosa. Wrong Side of The Bed con un inizio quasi alla Taxman è il terzo pezzo chiamiamolo “rock” che non ha nulla da invidiare alle atmosfere più sospese del resto del disco, anche quando i tempi si animano, i ritmi si fanno più serrati la musica non perde quella sorta di vago misticismo tra folk e gospel che pervade i solchi di questo album (se ci fossero ancora e perché le ambientazioni ricordano quelle dei grandi dischi in vinile del passato), inconsueta e particolare ma sempre rock!

Si finisce con The Long Haul un altro brano che mette in evidenza le grandi virtù interpretative della voce di questo signore che potrebbe essere una delle più gradite sorprese musicali di questo 2011 che sta iniziando e che vi segnalo come avevo fatto (in altri ambiti sonori) per Otis Gibbs, un altro sicuro talento e uno strano personaggio anche nella vita privata Sean_Rowe.

Vorrei citare anche Troy Pohl che suona tutto (meno il campanello di casa): Chitarre elettriche ed acustiche, basso, piano, organo, synth e contribuisce in modo fondamentale al sound del disco anche come produttore!

Il disco ufficialmente esce per la Anti/Epitaph il 22 febbraio ma girando in rete si trovano ancora delle copie della versione pubblicata a livello indipendente. Se volete ulteriormente approfondire la conoscenza di questo artista di Albany, NY questo è il suo sito index.html.

Senti che voce e ricordate dove ne avete letto le gesta per la prima volta (almeno in Italia)!

Bruno Conti