Un “Eroe” Musicale Delle Due Coste? Michael McDonald – Wide Open

michael mcdonald wide open

Michael McDonald – Wide Open – BMG

Michael McDonald, da St. Louis, Missouri, è stato per certi versi, come Garibaldi fu “l’eroe dei due mondi”, una sorta di “eroe” musicale delle Due Coste, prima, ad inizio carriera, su quella orientale, come membro aggiunto degli Steely Dan, poi della West Coast, quando nel 1976 entrò nei Doobie Brothers come sostituto di Tom Johnson. In entrambe le band il suo stile si ispirava comunque alla soul music, se vogliamo il cosiddetto “blue eyed soul”, più raffinato e composito quello della band di Donald Fagen, più vicino al pop e al soft-rock nel gruppo californiano. Se devo essere sincero io ho sempre amato molto di più i Doobies quando facevano del sano rock misto a country e blues, quelli del primo periodo, ma anche nella fase a guida McDonald hanno regalato dei buoni album, più sofisticati e commerciali, ma con il baritono vellutato di Michael in grande spolvero. Poi il nostro ha intrapreso un carriera che attraverso undici album solisti (di cui due natalizi) ci porta ai giorni nostri. Non una produzione sterminata, ma Michael McDonald è anche stato l’uomo delle collaborazioni, e proprio in un paio di ensemble collettivi, come la New York Rock And Soul Revue (sempre con Fagen), e poi nei Dukes Of September, dove si aggiungeva anche Boz Scaggs, ha forse dato il meglio di sé http://discoclub.myblog.it/2014/03/26/band-tutte-le-stagioni-the-dukes-of-september-donald-fagen-michael-mcdonald-boz-scaggs-live-at-lincoln-center/ .

L’ultimo album, Wide Open, arriva dopo una pausa di nove anni dal precedente Soul Speak, e come i due che lo precedevano erano dischi di cover usciti per la rinnovata Motown, questo nuovo CD è il primo da vent’anni a questa parte a contenere materiale originale: nel disco, co-prodotto con Shannon Forrest, suonano uno stuolo di musicisti di pregio, tra cui spiccano Michael Landau, poi, li cito a caso, Larry Goldings, Willie Weeks, Steve Porcaro, Tom Scott, Michael Leonhart (storico collaboratore sempre di Fagen) che ha curato gli arrangiamenti dei fiati, insieme a Mark Douthit e, per non farsi mancare nulla, tra gli ospiti appaiono Robben Ford, Warren Haynes, Brandford Marsalis e Marcus Miller. Il disco, elaborato nel corso di vari anni, è buono, non possiamo negarlo, ma dovete forse, per apprezzarlo, essere estimatori dello stile comunque levigato e a tratti turgido del nostro, che ha sempre il suo classico vocione, scrive brani piacevoli, e se siete estimatori del blue-eyed soul lo apprezzerete sicuramente, ma anche gli ascoltatori “neutrali” troveranno motivi per godere della classe e dell’eleganza raffinata della musica contenuta in questo Wide Open. Dall’apertura classico groove tra le due coste di Hail Mary, che fonde il sound di Steely Dan e Doobie Brothers, con un suono vellutato come la musica del suo autore, tra voci femminili di supporto (la moglie Amy Holland), fiati, chitarre e tastiere accarezzate per ottenere quella versione bianca della soul music che McDonald ha sempre prediletto, e in questo disco ripropone con più vigore e rinnovata fiducia nei suoi mezzi, ottimo l’assolo di sax, di Mark Douthit, in un lungo brano che sfiora i sette minuti, mentre addirittura la successiva Just Strong Enough avvicina gli otto, per  una sorta di blues ballad con fiati e archi, sulla falsariga di certe cose di BB King, e che vede Warren Haynes e Robert Ford duettare brillantemente alle soliste in un pezzo molto cool, dove tutta la band lavora di fino.

L’album comunque contiene canzoni che superano regolarmente i cinque minuti (solo una è sotto questo minutaggio) e quindi i musicisti sono liberi di suonare al meglio delle loro possibilità: i due pezzi iniziali sono i migliori, ma anche la mossa Blessing In Disguise è eccellente, con un sound che richiama addirittura (con il dovuto rispetto) gli Steely Dan di Aja, funky-jazz soul music con Branford Marsalis al sax nel ruolo che fu di Wayne Shorter, notevole anche Shannon Forrest alla batteria, quasi un novello Steve Gadd. Find It In Your Heart si basa un sinuoso wah-wah a guidare le danze, mentre Marcus Miller pompa sul basso e l’assolo di sax è di Tom Scott è la classica ciliegina sulla torta; Half Truth, con lo stesso Michael McDonald all’armonica, è un avvolgente pezzo rock di grande impatto, con Ain’t No Good che ricade in certo easy listening che ogni tanto si insinua nei brani del nostro amico, e pure Honest Emotion, nonostante gli inserti acustici, fa sì che entrambe le canzoni siano meno valide, come pure Dark Side che però ha una bella melodia e qualche vago tocco alla Bacharach, grazie a fiati e archi. Anche If You Wanted To Hurt Me non mi piace molto, troppo simile al McDonald più leggerino del passato, meglio Beautiful Child dove si riprende il gusto per gli arrangiamenti complessi e raffinati al servizio della pop song, elementi che sono da sempre nel menu del buon Michael. Too Short ha sonorità Caraibiche e world miste all’errebì classico, quasi alla Paul Simon, con la conclusiva Free A Man, molto incalzante e ben suonata, che vira di nuovo verso una sorta di jazz-rock alla Steely Dan, grazie ad un liquido piano elettrico, al sax, ancora Scott e alla chitarra di Landau. Come per tutto il disco d’altronde, non parliamo di un capolavoro, ma di un album solido e molto piacevole, oltre che, come detto, assai raffinato.

Bruno Conti

Novità Di Maggio Parte IVb. Marcus Miller. Willy DeVille, Joey Ramone, Diana Ross, Clarence Carter, Steve Smith Vital Information, Ian Tyson, Pil, Rory Block, Marissa Nadler, Clarence Carter, Supremes

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Seconda parte della lista delle uscite di questo martedì 29 maggio.

Iniziamo con tre “antichità”. Prosegue la serie delle ristampe della discografia anni ’90 di Willy DeVille: la Big Beat del gruppo Ace dopo Backstreet Of Desire e In New Orleans che raccoglieva in unico CD Victory Mixture e Big Easy Fantasy, ora pubblica questo Live In Paris and New York che purtroppo non è un nuovo disco dal vivo inedito, ma il classico (Live) (proprio così, tra parentesi), quello che conteneva le sue immortali versioni di Hey Joe e Demasiado Corazon, oltre a tutti i suoi classici, registrati dal vivo appunto tra la Francia e gli Stati Uniti. All’origine era uscito su etichetta FNCA. Imperdibile, se vi manca!

Viceversa quello di Joey Ramone “…Ya Know?” è il secondo disco postumo inedito che esce dopo la sua morte. Viene pubblicato dalla BMG/Rough Trade e contiene 15 brani composti tra il 1977 e il 2000 e assemblati dai produttore Ed Stasium e Jean Beauvoir che hanno lavorato con i Ramones durante la loro carriera. C’è anche una Limited Fan Pack Edition con T-shirt e altro che dovrebbe abbondantemente superare i 50 euro.

Altra chicca è il doppio The Supremes At The Copa: Expanded Edition, che esce per la Hip-o-Select/Universal e al vecchio album con 15 brani aggiunge 10 canzoni nel primo CD e altre 21 nel secondo. Si tratta del famoso concerto del 1965 della famosa formazione di Diana Ross. Per essere onesti la legenda dei contenuti recita così:

Disc 1 Tracks 1-15: Original Stereo LP

Disc 1 Tracks 16-25: Alternate Mono Mixes/Previously Unreleased

Disc 2: The Complete Show/previously Unreleased

Poi vedete voi! Sembra interessante, considerando che le ristampe Hip-O-Select hanno anche succosi libretti e un ottimo suono.

 
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Visto che siamo in zona Diana Ross vi segnalo anche il famoso Live In Central Park, giù uscito il 15 maggio per la Shout Factory negli Stati Uniti e ora in uscita anche da noi come Universal. Si tratta della versione in DVD del famoso concerto gratuito del 1983 a New York il 21 luglio interrotto da un megatemporale e replicato la sera successiva. Come da lista qui sotto, nel dischetto ci sono entrambi i concerti e qualche extra per un totale di 160 minuti:

1. I’m Coming Out
2. Home
3. Family
4. It’s My House
5. Let’s Go Up
6. Reach Out And Touch (Somebody’s Hand)
7. Supremes Medley: Reflections/Baby Love/Stop! In The Name Of Love/Love Is Like An Itching In My Heart
8. God Bless The Child
9. Mirror, Mirror
10. Maniac
11. You Can’t Hurry Love
12. Upside Down
13. So Close
14. Why Do Fools Fall In Love
15. Ribbon In The Sky
16. Beat It
17. Muscles
18. Endless Love
19. Theme From Mahogany (Do You Know Where You’re Going To)
20. Ain’t No Mountain High Enough
21. All For One
22. BONUS: Complete Shortened Concert From Day 1

Sempre per gli amanti del soul la Ace/Kent pubblica un nuovo capitolo dedicato al materiale “Fame”, questa volta non una compilation ma per un singolo artista, Clarence Carter, meno conosciuto di altri colleghi ma altrettanto valido ed importante (è ancora in pista), è quello di Slip Away, un brano che magari non dice nel titolo ma all’ascolto della canzone. Il CD si intitola The Fame Singles Volume 1 1966-1970.

Ulteriore capitolo della serie delle ristampe della Floating World con materiale “inedito” degli Spirit, si chiama Two Sides Of A Rainbow e riporta in un doppio CD il concerto della band di Randy California in versone power trio, registrato al Rainbow di Londra nel 1978.

 

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Nuovo album per il grande bassista Marcus Miller, pubblicato come di consueto dalla francese Dreyfus. Il titolo è Renaissance e vede ospiti la coppia Gretchen Parlato e Rubén Blades nel brano Setembro (Brazilian Wedding Song) e Dr.John in una cover di Tightrope.

Doppio album dal vivo (CD+DVD) per il batterista Steve Smith con i suoi Vital Information. In formazione il vecchio tastierista dei Santana, Tom Coster. L’etichetta è la Varese Sarabande.

La Stony Plain ci regala un nuovo capitolo della lunga saga di album dedicati al Blues dalla bravissima cantante e chitarrista Rory Block, il titolo è I’m In The Band e questa volta l’artista cui viene reso omaggio è il Rev. Gary Davis.

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Sempre su etichetta Stony Plain esce l’ennesimo album di Ian Tyson, si chiama Raven Singer e come ha dichiarato lo stesso “cowboy canadese”, 78 anni compiuti, è ispirato da due libri, la sua autobiografia e la biografia di Ian & Sylvia.

Marissa Nadler è una delle cantautrici indie americane più interessanti, il nuovo album si chiama Sister perché è il seguito, una sorta di secondo capitolo, dell’album omonimo che aveva pubblicato lo scorso anno sempre per la propria etichetta, la Box Of Cedar. Diciamo di non facilissima reperibilità ma lei è veramente brava, con una voce molto evocativa.

E “last but not least” il nostro amico John Lydon dopo i Sex Pistols riunisce anche i Pil. Riunisce è una parola una po’ forte visto che non c’è nessun musicista della formazione originale, ma This Is Pil dei Public Image Limited per dargli il nome che gli compete esce (dopo molte vicissitudini) per la Pil Official e se aspettate una settimana, a causa di ritardi nella preparazione della confezione, ci sarà anche la quasi immancabile confezione limitata CD+DVD con un concerto registrato all’Heaven Nightclub, con 16 brani, in pratica un concerto intero e dovrebbe costare come un singolo CD.

Bruno Conti

Non Ci Ha Riflettuto Abbastanza! Keb’ Mo’ – The Reflection

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Keb’ Mo’ – The Reflection – Yolabelle-Ryko             

Mah, che dire? Keb’ Mo’ ha iniziato la sua carriera una ventina di anni fa con una serie di album (alcuni recensiti con gioia da chi vi scrive) dove il suono della sua chitarra acustica (e anche elettrica) e una voce ricca di sfumature si ispiravano al Blues quanto al soul per creare una musica ricca di qualità. Nei suoi primi dischi il blues era comunque la fonte primaria, il primo omonimo conteneva anche due brani di Robert Johnson poi utlizzati nella serie televisiva dedicata da Martin Scorsese alla musica del diavolo. Nel secondo, ottimo, Just Like You, apparivano Bonnie Raitt e Jackson Browne e le influenze si allargavano anche alla musica soul (peraltro sempre presente) con la bella voce di Kevin Moore che assumeva anche timbriche melliflue alla Sam Cooke o Otis Redding, un po’ come era stato prima di lui per Robert Cray, e questo disco gli fruttò un Grammy.

Anche il terzo album Rainmaker vinse un Grammy e conteneva anche dei brani già pubblicati ad inizio anni ’80 quando si faceva chiamare ancora Kevin Moore. E così via con The Door e Keep It Simple. Poi Suitcase del 2006 lo riuniva con il produttore del primo album John Porter ancora con ottimi risultati. Prima e dopo erano usciti anche album dal vivo e dischi per bambini.

Poi, improvvisamente, questo The Reflection, il primo per una nuova etichetta, confezione curatissima con libretto ricco di informazioni, testi, i musicisti che suonano nell’album, molti ospiti. Mi riscappa un mah! Tre stellette di stima (che sarebbero un 6 -) si danno ad un album così ed in effetti il primo brano un po’ funky, The Whole Enchilada con la slide di Keb’ Mo’ e la sua voce setosa in evidenza non è una cattiva apertura anche se cominciano i coretti della voci femminili e un sound che potrebbe ricordare il B.B. King degli anni ’70 delle collaborazioni con i Crusaders, quindi volendo non male. Ma già il secondo brano Inside Outside con Reggie McBride al Lead bass! e sintetizzatori e programmazioni a go-go, oltre ai soliti coretti comincia a sfociare in quello smooth jazz & soul molto anni ’80 o nel sound di Stevie Wonder di quegli anni. All The Way potrebbe ricordare certe cose di Earl Klugh con una voce aggiunta o gli Steely Dan più blandi dopo una iniezione calmante. I See Myself In You prosegue in un tripudio di tastiere e ritmi molto smooth jazz, se vi piacciono Jonathan Butler, Kenny G o il Michael McDonald (sempre anni ’80) siamo in quei paraggi. Insomma ci siamo capiti, in Crush On You c’è anche un duetto con India Arie (bellissima voce), senza che il ritmo cambi di una virgola rispetto al brano precedente.

Ma la cover di One Of These Nights per favore no! Già il brano degli Eagles non è movimentatissimo per usare un eufemismo, ma quando parte l’assolo di sax di Dave Koz stavo per cadere sotto il tavolo per un eccesso di zuccheri. Quindi questo sarebbe Blues? E Vince Gill cosa c’entra in tutto ciò nel duetto in My Baby’s Tellin’ Lies? Mistero!

Per dovere ho proseguito fino alla fine beccandomi anche My Shadow con Marcus Miller al basso slappato molto alla Level 42 e Mindi Abair al sax. C’è una piacevole oasi del Keb’ Mo’ vecchio stile in We don’t need it con tanto di dobro e pedal steel e country-soul di qualità. Poi ritorna il drum programming in puro stile fusion di Just Lookin’ di nuovo con coretti e Marcus Miller al basso, e pure Walk Through Fire non apporta grandi variazioni. Poi per farti inc…re in conclusione c’è il gospel rivisitato di Something Within’ con le voci di babbo, mamma e sorella di supporto. Blues poco, ma se vi piacciono fusion e smooth jazz  vi troverete bene.

Bruno Conti