Anche Loro Nella Categoria “A Volte Ritornano”. Firefall – Comet

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Firefall – Comet – Sunset Boulevard

In questo ultimo periodo si sta assistendo al ritorno di alcune band storiche che non pubblicavano dischi nuovi da parecchi lustri: in particolare, in ambito country-rock, abbiamo assistito al ritorno dei Dillards, ed ora arriva il nuovo album dei Firefall, che anche loro non rilasciavano un vero nuovo CD da circa 25 anni. A differenza di altre reunion questa volta la qualità dei lavori è soddisfacente, se non ottima, almeno per i Dillards. I Firefall in particolare nascono da una costola dei Flying Burrito Brothers, la seconda formazione, quella guidata da Rick Roberts, che insieme a Chris Hillman, Bernie Leadon e Skeaky Pete Kleinow aveva registrato lo splendido terzo album omonimo dei FBB. Roberts che poi nel 1972 e 1973 aveva pubblicato due superbi album Windmills e She Is A Song, tra i migliori in assoluto della epopea West Coast, con una lista di ospiti eccezionali. Poi a fine 1973 Rick incontra Jock Bartley, uno dei componenti dei Fallen Angels, la band di Gram Parsons, Mark Andes (Spirit e JoJo Gunne), oltre a Larry Burnett e Michael Clarke batterista del giro Byrds/Burrito.

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Nel 1976 fu pubblicato il debutto omonimo e sempre negli anni ‘70 altri due album, che ottennero un clamoroso successo di vendita nelle classifiche americane. Buoni dischi, dove però il country-rock della band veniva spesso annacquato da forti dosi di pop e soft-rock, anche se la classe di Roberts e le armonie vocali e l’abilità strumentale del gruppo di tanto in tanto venivano a galla, e poi dagli anni ‘80 seguì un lento ed inesorabile declino. Per cui non avevo grandi speranze per questo nuovo Comet, anche alla luce del mancato coinvolgimento di Roberts, e in effetti, pur non essendo di fronte ad un capolavoro, il risultato finale a tratti è molto gradevole, quando il country-rock classico prende il sopravvento. Della formazione originale ci sono Bartley e Andes, oltre al tastierista e sassofonista David Muse, il nuovo entrato Gary Jones alla chitarra e voce, e molti ospiti, tra cui spiccano Timothy B. Schmit, John Jorgenson e John McFee.

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Il primo brano Way Back When avrebbe potuto essere anche il titolo dell’album, un brano di Bartley dalla struttura folk-rock grazie al jingle-jangle byrdsyano, una nostalgica lista di gruppi e musicisti dei tempi d’oro, la chitarra solista guizzante di Jorgenson a sottolineare le belle armonie vocali del gruppo https://www.youtube.com/watch?v=m_WfrgogTXM , valida anche A Real Fine Day di Robbin Thompson, un altro solare esempio del raffinato country-rock di impianto pop, ma ricco di chitarre, della band https://www.youtube.com/watch?v=r5aTMyL6aWM , e pure Hardest Chain, scritta dal batterista Sandy Ficca sprizza questo spirito ottimista del sound, con il flauto di Muse in alternanza alle chitarre, che complessivamente ricorda quello di Loggins & Messina o dei Doobie Brothers https://www.youtube.com/watch?v=8E5y2R20l74 . Tra i brani migliori del CD sicuramente una ripresa della ecologica, allora come oggi, Nature’s Way degli Spirit, cantata da Andes e Timothy Schmitt, con John McFee, proprio dei Doobies, che aggiunge un ulteriore tappeto di chitarre alla deliziosa melodia https://www.youtube.com/watch?v=TBumVS9E8b8 .

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Younger, una ballata con piano ed acustiche in primo piano, soffre di un eccesso di zuccheri e mielosità, che era un difetto anche dei vecchi Firefall https://www.youtube.com/watch?v=muQSJf2mJuo , e pure il pop-rock della leggerina There She Is diciamo che non è memorabile https://www.youtube.com/watch?v=_bo0WvnIULs , meglio, ma non di molto Ghost Town, anche se porta la firma di Tony Joe White, di nuovo troppa melassa https://www.youtube.com/watch?v=DjchxlP1ZMo . Il “nuovo” Gary Jones contribuisce con Never Be The Same, che lui stesso canta, un filo melodrammatica, per essere generosi, mentre nel finale anche Before I Met You di nuovo scritta e cantata da Bartley, al di là di qualche tocco della elettrica è sempre troppo “carica”, lasciando alla conclusiva grintosa e tirata A New Mexico, risposta al vecchio brano di Rick Roberts il compito rialzare il tono del disco https://www.youtube.com/watch?v=RvBTnH8H9kU : al solito, tra luci e ombre, come ai vecchi tempi, alcuni brani eccellenti, altri molto meno.

Bruno Conti

Spirit E Randy California, Tra Acid Rock, Hendrix E Dylan. Parte II

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Ecco la seconda parte dell’articolo dedicato agli Spirit..

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Feedback – Epic 1972 ***

A questo punto l’anno prima, Jay Ferguson e Mark Andes se ne erano andati per formare i Jo Jo Gunne, Randy California aveva deciso di intraprendere una carriera solista e quindi rimanevano solo Ed Cassidy e John Locke, a cui si aggiungsero i fratelli Staehely, Chris alla chitarra e Al, basso e voce solista, nonché autore di 7 dei brani contenuti nell’album Feedback, sempre con la produzione di David Briggs. Che dire? Forse 3 stellette sono tante, ma il disco non è poi così disprezzabile, c’entra poco con gli Spirit, ma si lascia ascoltare, tra un piacevole R&R Chelsea Girls, il rock americano di Cadillac Cowboys, un gagliardo strumentale jazz-rock di  Locke, Puesta Del Scam con acidissimo assolo di Chris Staehely, Ripe And Randy che sembra un brano della Steve Miller Band, Darkness con una lunga intro di piano di Locke, che ne è l’autore, e poi con un andamento da rock got soul con coretti femminili, Earth Shaker un funky-rock ancora di Locke, che assomiglia molto al suono dei Jo Jo Gunne, di cui Chris poi diverrà a breve il chitarrista; un paio di tracce più morbide come Mellow Morning e Right On Time, il rock potente dello strumentale Trancas Fog Out, il country-rock energico di Witch con una bella slide tangenziale.

Interludio

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Randy California – Kapt. Kopter and the (Fabulous) Twirly Birds – Epic 1972 ***1/2****

Nel frattempo, sotto mentite spoglie, ma non troppo, Randy California rende omaggio al suo amico e mentore Jimi Hendrix, con un disco di puro power trio rock, infarcito di cover, tra cui due canzoni dei Beatles, un James Brown e un Paul Simon. Come avevo scritto recensendo la ristampa in CD del 2011 “Questo disco credo sia stato l’album più Hendrixiano mai uscito senza il nome di Jimi Hendrix sulla copertina del disco stesso e anche il migliore”, il nostro per certi versi decide di raccogliere l’eredità dello scomparso mancino di Seattle. Cosa altro possiamo aggiungere? Volume della chitarra quasi costante a 11, Noel Redding al basso in tre brani con lo pseudonimo ‘Clit McTorius’,  Ed Cassidy alla batteria in 2 brani, e versioni  ruggenti di Day Tripper e Rain dei Beatles, oltre alle veementi  iniziali Downer e Devil, in un vortice di chitarre, con e senza wah-wah, veramente esaltante.

The Mercury Years 1974-1979

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Spirit Of ’76 – Mercury 1975 ***1/2

Nel  frattempo, dopo avere registrato, sempre con Cassidy, The Adventures Of Kaptain Kopter And Commander Cassidy In Potato Land, che però viene respinto dalla Epic (e uscirà solo molti anni dopo), si trasferisce a vivere a Molokai, nelle Hawaii. L’anno successivo il patrigno lo convince a mettere in piedi una nuova versione degli Spirit, con la quale inizia ad incidere le canzoni che poi costituiranno Spirit Of ’76, in uscita per la Mercury a maggio 1975. Un doppio album molto bello, considerato a posteriori tra i suoi migliori, ma che all’inizio fu abbastanza snobbato dalla critica. Il disco, oltre ad una cover di Hey Joe, molto vicina allo spirito di quella dell’amato Jimi Hendrix, spaziale e sognante come alcun i brani di Electric Ladyland, comunque splendida, con California che lavora di fino alla solista, e poi anche la propria versione dell’inno nazionale americano, The Star Spangled Banner, non quella catartica e cataclismica di Woodstock, bensì un pezzo rock cantato e piacevole.

Il disco, dove Barry Keane suona il basso e Benji è impegnato a clavicembalo e Moog, è impostato come una sorta di concept, con diversi brevi interludi ed intermezzi  futuristici che poi confluiscono nel brano: per esempio un pastorale inno patriottico come America The Beautiful  si trasforma in una deliziosa versione di The Times They Are A-Changing di Bob Dylan. Dylan di cui viene ripresa anche Like A Rolling Stone, in una versione elettroacustica  e sognante, tra le più belle che io ricordi, che poi in un crescendo inarrestabile si anima in una lunga parte strumentale dove Randy estrae dalla sua chitarra una serie di passaggi solisti di grande fascino. Anche gli Stones vengono omaggiati con una vibrante cover di Happy, canzone scritta da Keith Richards, un altro “non cantante” come California, che, detto fra noi, non aveva una gran voce, ma la chitarra… Il resto del doppio era spesso frammentario, ma con parecchie punte di eccellenza quando la chitarra veniva lasciata in libertà.

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Son Of Spirit – Mercury 1975 ***

Lo stesso anno, ad ottobre, esce anche questo Son Of  Spirit, registrato insieme al precedente con la stessa formazione, anche se alcune canzoni sono demos con una rhythm machine. Morbido, quasi ai limiti del folk acido a tratti, come nell’iniziale Holy Man, incantevole e suggestivo in altri, vedi Maybe You’ll Find, Circle e Magic Fairy Princess, pervasi da una morbida psichedelia. Solo il blues elettrico The Other Song, con il suo classico vibrato hendrixiano, rimanda ai suoi episodi migliori, mentre la cover di Yesterday dei Beatles è pur sempre elegante.

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Farther Along – Mercury 1976 ***

Una specie di reunion album, visto che a parte Jay Ferguson gli altri ci sono tutti: Mark Andes si porta il fratello Matt, John Locke è di nuovo al suo posto, e il disco si avvale di un ottimo produttore nella persona di Al Schmitt. Il risultato, anche se non raggiunge neppure lontanamente i fasti del passato, è  elegante e fascinoso, un pop corale raffinato e quasi sfarzoso a tratti, che si fa ascoltare con piacere: la title track Farther Along, Atomic Boogie un funky lussurioso con fiati, cantato in falsetto da California, il ricercato blue eyed soul di World Eat World Dog, Stoney Night che sembra un pezzo dei Doobie Brothers di Michael McDonald, parlano un altro linguaggio forse fin troppo turgido, molto seventies, con addirittura una versione per sola orchestra di Nature’s Way. La sufficienza però è solo di stima.

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Future Games – Mercury 1977 **1/2

Sottotitolato “A Magical Kahauna Dream”, è il quarto ed ultimo disco del periodo anni ‘70 con la Mercury: in pratica un album solo, visto che Randy suona quasi tutti gli strumenti, a parte la batteria, affidata a Cassidy.  Un altro concept album di ambientazione science fiction, ispirato a Spirit Of ’76, ma decisamente meno bello, ancora più dispersivo, tra frammenti e canzoni che ogni tanto sembrano messe lì a casaccio. Peccato per la versione di All Along The Watchtower, che si intuisce, ma è  continuamente sommersa da interventi parlati ed effetti speciali.

Il Meglio Del Resto.

Dopo una serata tragicomica nel breve tour americano della reunion del 1977, con Randy che venne quasi alla mani con Neil Young e Locke che abbandonò il palco, giurando mai più insieme, gli Spirit nel 1978 arrivano in Europa, e tra il Live At Rockpalast ***1/2 in Germania e il Rainbow a Londra dimostrano che, dal vivo quantomeno, erano ancora una band vitale. La data di Londra uscì come Spirit Live nel 1978 e poi come Two Sides Of A Rainbow, che ora, con lo stesso titolo, vede la luce per la prima volta come concerto integrale per la Esoteric (il tutto coordinato dall’amico del Buscadero Mick Skidmore, che è sempre stato il curatore delle tantissime uscite postume della band).

Nel 1981 la Rhino pubblica una prima versione singola di The Adventures of Kaptain Kopter & Commander Cassidy in Potato Land, poi diverse versioni nel corso degli anni, fino ad arrivare a quella doppia per la Floating World del 2012 e quest’anno alla versione quadrupla (diciamo che nelle varie versioni oscilliamo tra le ***1/2  e le ****, considerato che parliamo di ottimo materiale).

Nel 2005 la Sundazed pubblica per la prima volta la colonna sonora di Motel Shop, film americano del 1969 del regista francese Jacques Demy, in italiano L’amante perduta, una pellicola con Ainouk Aimée e Gary Lockwood (reduce dal successo di 2001 Odissea Nello Spazio), in cui mi sono casualmente imbattuto una sera sui Rai Movie, attirato dalla musica che mi sembrava degli Spirit, e lo era, ma anche dal film che poi ho visto, molto bello. Il CD contiene materiale registrato nel 1968, a cavallo tra The Family That Plays Together e Clear, con parecchi brani che poi vennero riutilizzati sotto altra forma appunto in Clear: comunque pur contenendo quasi esclusivamente materiale strumentale è del tutto degno delle loro migliori opere, ancora  psichedelia ed acid rock di grande fascino, da avere ***1/2.

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Nel 1984, nonostante la minaccia di Locke, si riuniscono di nuovo sotto il nome di Spirit Of ‘84 e pubblicano per la Mercury The Thirteenth Dream ***, anche con la presenza di Jay Ferguson: tre canzoni scritte per l’occasione e nuove versioni di alcuni dei loro classici, incise in digitale, sfruttando la tecnologia dell’epoca, quindi ottimo sound, anche se gli originali rimangono insuperabili. Il CD è scomparso quasi subito, diventando irreperibile per anni, fino a che non è stato ristampato dalla BGO in un twofer insieme a Future Games. Nel 1989 esce Rapture In The Chambers – I.R.S. Records **1/2, un appena discreto album di rock classico, però  suono ’’carico” molto anni ’80, con Cassidy alla batteria e John Locke alle tastiere, Mark Andes al basso in due brani (negli altri lo suona lo stesso Randy): al di là di molti coretti insulsi e dell’uso fin troppo marcato del synth, è l’ultimo album per una major, si può ascoltare, anche se escluso il buon lavoro di California alla solista non rimarrà certo negli annali. Tent Of Miracles -Line Records 1990 ***, è un po’ meglio, niente synth di mezzo e qualche sprazzo della vecchia classe in un ambito power trio e rock, con Mike Nile il produttore, al basso, il tutto registrato nello studio personale che Randy aveva alle Hawaii, sin dall’inizio anni ’80.

E proprio nelle sue amate isole, il 2 gennaio del 1997, troverà la morte per salvare il figlio dall’annegamento, mentre facevano del surf insieme. Dagli anni 2000 è iniziata una costante pubblicazione di materiale postumo, tra cui molti interessanti album dal vivo, curati come detto da Mick Skidmore,  Live From The Time Coast , Rock And Roll Planet, The Last Euro Tour e il triplo Salvation…The Spirit Of ’74, forse il migliore, anche per il periodo in cui è stato registrato il materiale, tra il 1974 e il 1975. Il più interessante dei dischi postumi è però  sicuramente Live At The Ash Grove,1967 Vol. I, che coglie la band nel suo periodo d’oro. E’ tutto.

Bruno Conti

Spirit E Randy California, Tra Acid Rock, Hendrix E Dylan. Parte I

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Era una notte buia a tempestosa del 1966 a New York, beh magari no, visto che eravamo in piena estate, un giovane ragazzino di 15 anni Randy Craig Wolfe, appena arrivato in città per accompagnare la madre Bernice Pearl e il patrigno Ed Cassidy, un 43enne batterista jazz che aveva avuto diversi  ingaggi per suonare in alcuni locali della città, tra cui il Manny’s Music, si aggira nella notte. Ed è proprio  lì che incontra tale Jimmy James, che con i Blues Flames si sta creando una reputazione come uno dei chitarristi più promettenti ed eccitanti in circolazione; anche Randy suona la chitarra, e Jimmy decide di inserirlo nella sua band, affibbiandogli il nomignolo di Randy California per non confonderlo con Randy Palmer che era “Randy Texas”. I due legano subito e Jimi Hendrix, perché di lui parliamo, comincia ad insegnarli qualche “trucchetto”, anche se il ragazzo ha talento ed è già un ottimo chitarrista, e mostra a sua volta a Hendrix l’uso della slide. Tanto che quando Chas Chandler, il bassista degli Animals, propone a Hendrix di trasferirsi in Inghilterra per lanciare la sua carriera, Jimi vorrebbe portare anche California con sé come secondo chitarrista.

A questo punto scattano le sliding doors: i genitori di Randy gli negano il permesso per l’espatrio in quanto deve ancora finire l’high school, e pare che anche Chandler preferisse comunque l’idea di un trio con Hendrix come solo chitarrista, e quindi non sapremo mai cosa sarebbe potuto scaturire da questa incredibile accoppiata. Nel frattempo comunque California,  a Los Angeles, aveva già fondato una band denominata Red Roosters, nella quale insieme a lui c’erano anche Mark Andes, e il cantante Jay Ferguson, che si occupava pure delle percussioni: per creare il sound tipico degli Spirit, diciamo la quota più jazz ed improvvisativa della band arrivano John Locke alle tastiere e Ed Cassidy alla batteria. All’inizio, prendendo ispirazione da un libro del poeta Kahlil Gibran, si fanno chiamare Spirits Rebellious, subito abbreviato in Spirit. Nell’agosto del 1967 registrano i primi demo che arrivano sulla scrivania di Lou Adler, il manager dei Mamas And Papas,  che stava giusto fondando la propria etichetta, la Ode, dove poi a breve sarebbe arrivata anche Carole King, ma queste sono altre storie.

Tornando agli Spirit, in questo ultimo periodo c’è stato un soprassalto di attività discografica, prima con l’ottimo box del Complete Potatoland di cui avete già letto sul Blog, e di recente anche la nuova edizione potenziata di Two Sides Of A Rainbow, con il concerto al Rainbow di Londra del 1978, entrambi relativi comunque ad un periodo successivo della parabola musicale di Randy California, ma che comunque sono le scintille che mi hanno convinto a parlare in modo approfondito di questo grande artista americano. Per cui partiamo con la loro discografia, iniziando da

The Ode/Epic Years 1968-1970. Quattro Album Formidabili!

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Spirit – Ode 1968 ****1/2

Dopo i primi demo incisi con l’amico di Topanga Canyon Barry Hansen (il futuro DJ Dr. Demento) i cinque entrano in studio nell’agosto del 1967 proprio con il produttore Lou Adler, ed in varie sessions che si protraggono fino a novembre del  1967, mettono a punto il loro” Acid Rock”, una esaltante mistura di musica psichedelica, rock progressivo, derive jazz, qualche tocco blues, e la chitarra fiammeggiante di Randy California. Ma anche alcune canzoni splendide, scritte soprattutto da Jay Ferguson, il cantante del gruppo, che azzecca subito  alcuni riff dalla presa immediata: uno in particolare è quello della travolgente Fresh-Garbage, il primo brano di questo album, che a sorpresa arriva anche al 31° posto della classifica di Billboard, con tutti i musicisti che lavoravano di fino, dal piano di Locke, alla batteria raffinata ed esplosiva al contempo del pelato Cassidy, con gli svolazzi e le accelerazioni della solista di Randy, tra intermezzi jazzati con il piano elettrico, e la voce a tratti filtrata di Ferguson a conferirle quei tratti psych peculiari. E la successiva Uncle Jack non è da meno, un altro brano rock trascinante con batteria e la chitarra raddoppiata di California sugli scudi, e le armonie vocali sognanti e quasi beatlesiane, una  vera meraviglia. Mechanical World, firmata da Ferguson con Andes, sempre con i tempi spezzati e complessi dettati dalla batteria di Cassidy, ha atmosfere quasi inquietanti, e le solite improvvise esplosioni della solista, oltre all’uso intelligente degli archi e alle tastiere di Locke che non sono solo un mero accompagnamento di sottofondo.

California scrive un solo pezzo, lo strumentale Taurus, ma ne parliamo ancora oggi, perché il brano, per usare un eufemismo, ha una “leggerissima “somiglianza con l’intro di Stairway To Heaven dei Led Zeppelin, qualche giudice ha negato il plagio ma, se non l’avete mai sentita, provate a verificare. Ferguson è anche autore della deliziosa Girl In Your Eye, con elementi psych e orientali, grazie ad una sitar guitar sinuosa, molto belle pure l’incalzante Straight Arrow , e Topanga Windows, sempre caratterizzate dai continui e repentini cambi di tempo , peculiarità delle loro canzoni ,con Randy alla slide (ricordiamo che California quando venne inciso questo album aveva 16 anni, ma era già un genio precoce). Gramophone Man, ancora splendida, è l’unico brano firmato collettivamente da tutti, mentre Water Woman e The Great Canyon Fire In General, altri due pezzi di Jay, sono forse, ma dico forse, gli unici due leggermente inferiori.

Prima del congedo con le volute tra jazz e psichedelia della lunga, oltre i dieci minuti, Elijah, scritta da John Locke, che conclude un disco magnifico che sfiora la perfezione. L’album è uscito varie volte in CD, l’ultima nel 2017, con diverse bonus tracks: Veruska, un vorticoso strumentale di California che replica anche con If I Had A Woman, lasciando a Locke la liquida Free Spirit e una alternativa Elijah. Un capolavoro assoluto.

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The Family That Plays Together – Ode 1968 ****

Alla fine dell’anno esce il secondo disco, forse complessivamente appena inferiore al primo omonimo, però contiene la celeberrima I Got A Line On You, il loro massimo successo come singolo, una canzone rock strepitosa  e perfetta scritta da Randy, con un riff e un gancio melodico indimenticabili: California che firma da solo o con altri membri della band altri quattro brani, con Locke la sognante It Shall Be, dove fa capolino anche il flauto, la delicata Darlin’ It, la acida It’s All The Same con il patrigno Ed Cassidy e la “strana” Jewish, lasciando a Ferguson i brani più garage-pysch-rock come Poor Richard, la delicata Silky Sam con arrangiamento orchestrale complesso, la dolce ballata Drunkard ancora con svolazzi orchestrali, forse a tratti superflui, e le canzoni conclusive, la raffinata e complessa Dream Within A Dream, un brano tipicamente à la Spirit, l’elettroacustica She Smiles e la pianistica Aren’t You Glad.

Nella ristampa in CD ci sono cinque bonus, tra cui spiccano So Little To Say, in cui Ferguson anticipa l’imminente svolta pop-rock con i Jo Jo Gunne, anche se la chitarra punge sempre e niente male anche lo strumentale di Locke Mellow Fellow, di nuovo con California che fa i numeri alla solista. Il disco arriva al 22° delle charts, un risultato che non verrà mai più raggiunto.

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Clear  – Ode 1969 ****

Ma la qualità dei dischi non dà segni di cedimento. Nel 1969 gli Spirit incidono anche la colonna sonora del film Model Shop, non pubblicata all’epoca, e di cui parliamo nella breve sezione finale dedicata ai dischi postumi. Venendo a Clear l’uno-due iniziale di  Dark Eyed Woman, altro brano coinvolgente a tutto riff e lo psych-garage di Apple Orchard, è da sballo, sempre con tutta la band su livelli stratosferici, sia strumentali che vocali, specialmente la chitarra incredibile di California nel secondo brano. So Litte Time To Fly è una delle canzoni che anticipano il futuro sound degli Spirit Mark II, quelli a guida Randy California, che la canta anche. Ground Hog ha qualche retrogusto blues-rock, sempre gagliarda e potente, con Cold Wind un’altra delle ballate sognanti e squisite di Ferguson, che firma anche lo strano dixie-rock futuribile e quasi dissonante di Policeman’s Ball. Sulla seconda facciata troviamo Ice di John Locke, che ricordo di aver letto ai tempi il critico Robert Christgau non apprezzò particolarmente, ma a me pare un buon strumentale, mentre eccellente è il pop-rock beatlesiano di Give A Life, Take A Life, scritta da Randy con il produttore Adler che forse gli dà pure dei tocchi vocali quasi alla Mamas and Papas.  I’m Truckin’ è una ennesima rock song vibrante alla Spirit di Locke, seguita da due strumentali Clear e Caught, diciamo non particolarmente memorabili, lasciando alla collettiva New Dope In Town il compito di risollevare il livello globale del disco.

Tra le bonus del CD la splendida 1984, che all’epoca fu pubblicata come singolo, altro brano rock memorabile di Randy California.

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Twelve Dreams of Dr. Sardonicus – Epic 1970 ****

Per l’ultimo grande album della band c’è un cambio di produttore (e di etichetta , esce Adler ed arriva David Briggs, che aveva appena lavorato nei primi dischi di Neil Young.  Tra le canzoni ce ne sono almeno tre o quattro ai livelli delle loro migliori: anche in questo caso astutamente poste in apertura del LP. Prelude-Nothin’ To Hide e l’ecologica ante litteram Nature’s Way, entrambe di California, sono due vere e proprie scariche di adrenalina rock, ma anche Ferguson contribuisce alla prima facciata con la ottima Animal Zoo e con la fiatistica Mr. Skin, anche la “strana” traccia psych rock Love Has Found A Way della coppia Locke/California ha un suo fascino. Space Child di Locke suona un po’incompiuta e velleitaria, lasciando alle due canzoni di Jay When I Touch You e Street Worm il compito di risollevare il livello qualitativo. E anche i tre brani conclusivi di Randy sono di eccellente qualità, la complessa Life Has Begun, l’immediata Morning Will Come e la ballatona Soldier. Viceversa in questo caso le bonus del CD, tutte alternative tracks mono sono ininfluenti.

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E qui si conclude la prima fase del gruppo; se non volete acquistare i primi quattro album, che comunque sono tutti imperdibili, potete optare per la doppia antologia Time Circle 1968-1972 **** uscita in CD nel 1991 e tuttora in produzione a prezzo speciale, 41 brani che sintetizzano alla perfezione il periodo magico degli Spirit, con i brani migliori dei 4 album, i due lati del singolo del 1969 e degli estratti da Motel Shop e Potato Land, oppure il box quintuplo del 2018 It Shall Be: The Ode & Epic Recordings 1968-1972 ****1/2, anche meglio come scelta.

Fine della prima parte, segue.

Bruno Conti

Dagli Spirit E Da Chuck Berry, Ecco A Voi I Jo Jo Gunne – Live 1971 & 1973

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Jo Jo Gunne – Live 1971 & 1973 – 2CD S’More/Rockbeat 

Quando nel 1967 gli Spirit, una delle più grandi band del rock acido psichedelico californiano, iniziarono la loro attività, i componenti del gruppo (con l’eccezione di Ed Cassidy, il patrigno di Randy California, che ne aveva 44 e del pianista John Locke, 24) avevano a malapena 20 anni. Quindi quando, dopo soli 4 anni, ed altrettanti bellissimi album, la band chiuse la prima fase della propria carriera per divergenze musicali, nel 1971 Jay Ferguson, il cantante e pianista, che era stato anche l’autore principale dei brani del gruppo e Mark Andes il bassista, rispettivamente 24 e 23 anni nella nuova formazione, erano ancora giovanissimi. Unendo le forze con il batterista William “Curly” Smith e con il chitarrista Matt Andes, fratello di Mark, e forti di un contratto con la Asylum, diedero vita ai Jo Jo Gunne, nome scelto, come viene ricordato nelle note del CD, aprendo a caso le pagine di una Enciclopedia del Rock And Roll, dove alla voce Chuck Berry un brano era così intitolato https://www.youtube.com/watch?v=qXKyXm1XU6U .

Rispetto allo stile complesso ed articolato della band da cui provenivano i principali autori, cioè i soliti Ferguson e Andes, la nuova formazione era orientata verso un rock più basico e “cattivo”, ma anche più semplice e meno interessante rispetto agli Spirit, pur dando merito a Matt Andes di essere un chitarrista valido (ma California era un’altra cosa), molto spesso in modalità slide, quindi con una sonorità inconsueta per una band in quegli anni, e in ogni caso, a tratti, le similitudini con la formazione di provenienza, soprattutto nei pezzi più rock, erano evidenti. Varie etichette, in primis la Rhino Handmade, e più recentemente l’inglese Edsel hanno ristampato i quattro album di studio, pubblicati tra il 1972 e il 1974, quindi si è trattato di un’altra storia rapidissima. Ma nel doppio Live 1971 & 1973 distribuito dalla Rockbeat sono riportate sia la genesi (con il primissimo concerto registrato all’Hollywood Palladium nel 1971), sia la piena maturità dei Jo Jo Gunne, con un broadcast radiofonico tenutosi ai famosi Ultrasonic Studios nel 1973, quando nella line-up Jimmie Randall, al basso aveva sostituito Mark Andes, fuoriuscito dalla band, già subito dopo la pubblicazione del primo album omonimo.

Diciamo subito, a scanso di equivoci, che la qualità sonora, soprattutto del primo concerto, è abbastanza “primitiva”, con strumenti e voce non ben delineati, quindi un discreto bootleg il primo CD e uno buono il secondo, però da entrambi si percepisce la grinta e la classe del gruppo: per mantenere il parallelo con Chuck Berry, Ferguson oltre a cantare, con la classe che ricordavamo negli Spirit, è una sorta di Johnnie Johnson, con il suo pianino insinuante, mentre Andes alterna la modalità bottleneck con quella normale e i brani si ascoltano con piacere. Per motivi che mi sono ignoti nel primo CD, quello del 1971, sono riportati 11 brani, ma la traccia 4 non c’è, questo comunque non impedisce il fatto che i brani migliori che sarebbero stati presenti sul primo album di studio, compresa l’unica hit futura della band Run Run Run, sono già nel repertorio del gruppo, che quindi non si affida a cover, ma in sequenza scorrono il classico rock bluesato di Special Situations con l’acida slide di Andes a guidare le danze e Ferguson alle prese con un inconsueto falsetto, la top 10 già citata, un rock americano dal ritornello accattivante, che ricorda i brani più “classici” degli Spirit.

Academy Award, sempre dura e tirata, come pure One Way Street, Street Street Machine e così via fino alla conclusiva Barstow Blue Eyes, un boogie quasi alla Stones, il tutto con una resa sonora che è proprio ai limiti della decenza atratti. Nel secondo concerto, tre brani, i principali successi, appaiono di nuovo, con un suono decisamente migliore, ma possiamo ascoltare anche il tipico rock radiofonico FM dell’iniziale Roll Over Me, sempre con Ferguson e Andes sugli scudi, la grintosa Babylon, con un bel riff e poi nella parte centrale del concerto 99 Days, Run Run Run e Special Situations, in versioni più rifinite rispetto al primo concerto, inframmezzate dalla presentazione della band che poi si lancia in una ottima Rock Around The Symbol, sempre molto riffata, nel classico R&R californiano tra Beach Boys e hard rock della lunga Rhoda dove si apprezza il solismo notevole sia di Matt Andes quanto di Jay Ferguson; non male anche la corale e nuovamente stonesiana Take Me Down Easy, e pure Shake That Fat, di nuovo a tutta slide e Broken Down, un boogie’n’roll, confermano l’impressione di una band di tutto rispetto nell’ambito di un tipico rock americano di quegli anni, quindi volendo, se amate il genere, un pensierino si può fare.

Bruno Conti