“Alternativa” Ma Non Troppo, Anzi Sofisticata Ed Elegante. Neko Case – Hell-On

neko case hell-on

Neko Case – Hell-On – Anti-

Neko Case non è più una “giovanotta”, 47 anni compiuti (sempre dire l’età delle signore), una carriera iniziata nel 1994, ma il primo disco da solista è del 1997: all’inizio, per quanto valgano le etichette, era più alternative country, nel primo album appunto del 1997 The Virginian, e pure nel successivo Furnace Room Lullaby, ma già Blacklist virava verso lidi più rock, anche se poi l’esibizione all’Austin City Limits del 2003 era ancora in un ambito “Americana” con tanto di cover di Buckets Of Rain di Dylan.

Poi da Fox Confessor… del 2006 il suono si fa più “lavorato”, ma a tratti anche spensierato, visto che Neko Case aveva anche una sorta di carriera parallela con i New Pornographers, più orientati verso un sound power-pop, definirlo commerciale forse è una esagerazione, ma i dischi in Canada vendono in modo rispettabile. Whiteout Condition è l’ultimo disco del 2017 in cui canta Neko, e l’album in trio del 2016 con Laura Veirs e KD Lang il penultimo uscito https://discoclub.myblog.it/2016/06/29/le-csn-degli-anni-2000-caselangveirs/ . E proprio la Lang appare come voce di supporto in Last Lion Of Albion, il delizioso secondo brano di raffinato stampo pop di questo nuovo Hell-On, -co-prodotto, come altri sei del CD, da Bjorn Ytlling di Peter, Bjorn And John, che ha curato la quota svedese dell’album e il mixaggio complessivo del disco. La title track Hell-On è stata scritta con Paul Rigby, chitarrista e collaboratore abituale della Case, mentre Doug Gillard è l’altro chitarrista, e nella parte americana dell’album collaborano anche Joey Burns dei Calexico, Steve Berlin e Sebastian Steinberg, un brano “lunare” e soffuso, dove Neko suona la kalimba, e ci sono anche cello e autoharp.

Da Stoccolma arriva pure Halls Of Sarah, delicata e complessa, con la base strumentale incisa in Arizona, come le voci di Laura Veirs e Kelly Hogan. A questo punto facciamo un piccolo salto nel passato: siamo nel settembre del 2017, quando alle tre del mattino Neko Case riceve una chiamata dagli Stati Uniti in cui le viene comunicato che la sua casa nel Vermont sta bruciando e non ci sono speranze di salvare nulla, tutti i suoi possedimenti vanno in fumo, si salvano solo i cani e le persone care. Ma la nostra amica, che a dispetto dell’aspetto esteriore tranquillo è una tipa tosta, decide di completare comunque l’album, infatti nei contenuti appaiono vari richiami a questa vicenda, a partire dal titolo e dalla copertina, dove la Case appare con il capo ricoperto di sigarette e con la sua strana acconciatura che prende fuoco. Si sa che spesso dalle disgrazie nascono spunti di resilienza ed in effetti l’album nel complesso risulta una dei suoi migliori https://www.youtube.com/watch?v=j5MPRCf2M9U , con una clamorosa eccezione in Bad Luck (altro riferimento) che sembra quasi un brano della futura reunion degli Abba, e che francamente, esprimo un parere personale, a qualcuno piacerà, ci poteva risparmiare, tra ritmi disco-pop e coretti insulsi molto kitsch https://www.youtube.com/watch?v=MnCRbKyn1KY .

Invece molto meglio, sempre prodotta da Ytlling, la lunga e maestosa ballata Curse Of The I-5 Corridor che vale quasi da sola l’album, e in cui la Case duetta con Mark Lanegan, e con le voci, quella chiara e cristallina di Neko e quella bassa e profonda di Lanegan che si intrecciano con risultati assolutamente affascinanti, a tratti anche solari,  grazie alle tastiere di Burns e alla batteria di Matt Chamberlain. Molto bella Gumball Blue, scritta con Carl A.C. Newman dei New Pornographers, che aggiunge la sua voce a quella della Hogan, della Lang e di vari altri vocalist per una pop song raffinata e composita, dove si apprezzano il violino di Simi Stone e pure il synth di John Collins, vogliamo chiamarlo, parafrasando Nick Lowe, “pure pop for now people” https://www.youtube.com/watch?v=ccNWxAB8hk8 ? Anche la sognante Dirty Diamond ha complessi arrangiamenti, con  doppia chitarra e batteria, altro “alt-pop” elegante dove spicca la voce sicura e brillante della nostra amica https://www.youtube.com/watch?v=Ki7wQbTGPXI .

Oracle Of The Maritimes, scritta con Laura Veirs, suono avvolgente, molte chitarre acustiche ed elettriche, cello, piano, clavicembalo e la voce che quasi galleggia sulla base strumentale, con un ottimo crescendo finale. Winnie, dove tra le altre appare anche Beth Ditto, buona ma nulla di memorabile, mentre più interessanti Sleep All Summer, scritta e cantata a due voci con Erich Bachmann, da tempo anche nella sua touring band e ancora My Uncle’s Navy, di nuovo con Newman, che grazie anche alla stessa Case a piano e chitarre ed alla pedal steel di Jon Rauhouse rimanda in parte alle sonorità del passato, tra wave e alt-country https://www.youtube.com/watch?v=cPkr54tl1gw . Pitch Or Honey, con un misto di strumenti tradizionali e drum machines e synth incombenti mi piace meno, ma non inficia il giudizio complessivamente più che positivo dell’album.

Bruno Conti

Novità Di Febbraio Parte IA. Rhiannon Giddens, Chicago, Pops Staples, Mavericks, Amy Speace E Duke Garwood

rhiannon giddens tomorrow is my turn

A fine mese consueto riepilogo delle novità più interessanti del mese che non hanno avuto, o avranno, una loro recensione o segnalazione specifica. Nei giorni passati sono uscite anche le varie edizioni di Physical Graffiti dei Led Zeppelin, Ol’ Glory di JJ Grey & Mofro, Ooh Yea di Mahalia Barnes. Terraplane di Steve Earle, il nuovo Blackberry Smoke e diversi altri titoli di cui si è parlato più o meno diffusamente sul Blog. In attesa di altri Post completi, tra oggi e domani o dopo, vi segnalo alcune uscite che mi paiono degne di nota, e potrebbero comunque poi venire approfondite. Partiamo con l’album effigiato ad inizio post.

Si tratta dell’esordio solista di Rhiannon Giddens Tomorrow Is My Turn, il primo disco solo (a parte un paio di produzioni indipendenti di assai difficile reperibilità) per la cantante e polistrumentista dei Carolina Chocolate Drops. Il CD, pubblicato dalla Nonesuch, anche grazie alla produzione del “solito” T-Bone Burnett, si discosta abbastanza dalla musica più acustica e tradizionale dei progetti con il gruppo: oltre a country, blues e old-time music, in questo album si ascoltano anche folk, sia americano che celtico, ma puree soul e persino rock. Una cover in inglese di un brano di Charles Azanvour, Tomorrow Is My Turn https://www.youtube.com/watch?v=xhUP9RyxLKg , fatta però alla Nina Simone, O Love Is Teasin, presa da Jean Ritchie ma con accenti celtici, il folk-blues di Shake Sugaree da Elizabeth Cotten https://www.youtube.com/watch?v=FqwRro2G-qA  e Waterboy di Odetta, sempre nell’ambito voci femminili, il pre-R&R e gospel di Up Above My Head, un classico di Sister Rosetta Tharpe, ma anche una ballata assai piacevole, e con il violino della Giddens in evidenza, come Don’t Let It Trouble Your Mind, scritta da Dolly Parton o il valzerone country-soul She’s Got You scritto dal grande Hank Cochran ma legato a Patsy Cline https://www.youtube.com/watch?v=yqqdihSClis . Aiuta il tutto il fatto che nel disco suoni gente come Colin Linden, Jay Bellerose, Keefus Ciancia, Dennis Crouch, Darrell Leonard, Gabe Witcher e molti altri musicisti del giro abituale di T-Bone Burnett.

chicago live in '75

Questo doppio CD dei Chicago Live in ’75, era già uscito a fine 2010 per la Rhino Handmade, quindi a tiratura limitata e piuttosto costoso, come Chicago XXXIV, ma non va confuso con il Live In Japan sempre doppio, pubblicato ai tempi nel 1975, ma registrato in Giappone nel 1972. Al di là della confusione delle date, questo concerto, che riporta il meglio di due serate al Capital Centre di Largo, Maryland tra il 24 e il 26 giugno appunto del ’75, ci presenta la band americana ancora al meglio dello sue notevoli possibilità, prima della scomparsa del chitarrista Terry Kath e della svolta verso un suono più blando e commerciale, e lo fa ad un prezzo abbastanza contenuto. Questo la tracklist dei 2 CD, con tutti i classici dell’epoca in vibranti e tirate esecuzioni:

CD1:
1. Introduction
2. Anyway You Want
3. Beginnings
4. Does Anybody Really Know what Time It Is?
5. Call On Me
6. Make Me Smile
7. So Much To Say, So Much To Give
8. Anxiety’s Moment
9. West Virginia Fantasies
10. Colour My World
11. To Be Free
12. Now More Than Ever
13. Ain’t It Blue?
14. Just You ‘N’ Me
15. (I’ve Been) Searchin’ So Long
16. Mongonucleosis
17. Old Days
18. 25 Or 6 To 4

CD2:
1. Got To Get You Into My Life
2. Free
3. I’m A Man
4. Dialogue https://www.youtube.com/watch?v=hlPaI6Jg6eU
5. Wishing You Were Here
6. Feelin’ Stronger Every Day

pops staples don't lose this

La figlia Mavis ha gelosamente conservato per molti anni i nastri di questo disco registrato dal babbo Pops Staples nel 2000, poco prima della sua morte, anche se il padre, nell’affidarglielo, l’aveva pregata di pubblicarlo subito. Ora a distanza di quasi 15 anni si è finalmente decisa e Don’t Look This è finalmente uscito per la Anti Records, con l’aiuto di Jeff Tweedy (ormai grande amico e collaboratore di Mavis) che lo ha completato, aggiungendo le voci delle sorelle Staples e la batteria del figlio (di Jeff) Spencer, più qualche tocco personale https://www.youtube.com/watch?v=VzMC6UEUNI8 . Il risultato è un gran bel disco e anche se Roebuck “Pops” non era la star della famiglia, era comunque un ottimo musicista che nella sua carriera aveva pubblicato solo 3 album come solista, oltre alla notevole produzione come “capo” dei Staples Singers, di cui questo disco potrebbe essere considerato l’ultimo capitolo https://www.youtube.com/watch?v=U2Vdoghm8Sw , visto che nel frattempo, nel 2013, è morta anche la sorella più anziana, Cleotha Staples.

mavericks mono

Secondo disco per i Mavericks dopo la reunion del 2013 culminata con l’album In Time, questo Mono sembra riportarli agli splendori dei primi tempi: nel frattempo il bassista originale della formazione Robert Reynolds (ex marito di Trisha Yearwood) è stato licenziato a ottobre 2014 dalla formazione, in quanto la sua assuefazione agli oppiacei era andata fuori controllo (sembra che chiedesse anche soldi ai fans sotto false premesse per pagarsi la sua dipendenza): comunque a parte questa triste situazione personale, parlando di musica, Raul Malo, Paul Deakin, Eddie Perez e Jerry Dale McFadden, gli altri membri originali, sembrano in gran forma, e il disco, nella sua consueta miscela di country, rock, musica cubana e messicana (con grande uso di fisarmonica), è assai piacevole e convincente. Eichetta Valory negli USa e Decca/Universal in Europa.

amy speace that kind of girl

Di Amy Speace vi abbiamo segnalato varie volte gli album sul Blog, l’ultima volta nel 2013 http://discoclub.myblog.it/2013/07/19/due-signorine-da-sposare-musicalmente-kim-richey-thorn-in-my/: ora, sempre per la Continental Song City distribuzione Ird, esce il nuovo album That Kind Of Girl (ufficialmente il 3 marzo, ma è già in circolazione): se vi piacciono le belle voci femminili, come potete leggere nella recensione del precedente album, la Speace fa centro ancora una volta con questo CD, finanziato dai fans attraverso il crowfunding della Pledge Music, e prodotto come di consueto da Neilson Hubbard, con la partecipazione di Carl Broemel dei My Morning Jacket e Will Kimbrough alle chitarre, oltre a Tim Easton, Garrison Starr, Rod Picott e Ben Glover, a livello vocale.

duke garwood heavy love

Duke Garwood chitarrista, multistrumentista e cantante inglese ha già pubblicato quattro album a proprio nome, ma un pizzico di fama e riconoscimento gli è venuta soprattutto dalla collaborazione con Mark Lanegan, per l’album Black Pudding del 2013. In possesso di una voce profonda, ma quasi sussurrata, il sound è comunque incentrato principalmente su atmosfere cupe ed intense, ballate dark di una sorta di blues futuribile, che lo presentano come personaggio interessante e diverso da gran parte di quello che circola al momento. Questo Heavy Love, esce, come il precedente, per la Heavenly e se amate un certo rock soffuso e sperimentale (ma non troppo alternativo) potrebbe valere la pena di dargli un ascolto https://www.youtube.com/watch?v=FrcCGjIX6Zo

Il seguito alla prossima.

Bruno Conti

Il “Difficile Terzo Album” Per Un Barbuto Indie-Rocker Di Gran Talento! Sean Rowe – Madman

sean rowe madman

Sean Rowe – Madman – Anti/Self Records

Uno dei primi a scoprire Sean Rowe (se non il primo http://discoclub.myblog.it/tag/magic/ ) è stato il titolare di questo blog, in occasione dell’uscita dell’ottimo Magic (11): un songwriter dall’indiscutibile talento con una gran voce dai toni baritonali, molto vicina a quelle di Nick Cave, Mark Lanegan e direi anche Matt Berninger (il leader e cantante dei National).

sean rowe barba sean rowe 1

Rowe, trentanovenne folk singer di Troy, New York con sangue irlandese e italiano nelle vene, per trovare l’ispirazione, dopo l’esordio da indipendente con lo sconosciuto album 27 (04,) si rifugia per qualche tempo sui monti Adirondacks (al confine fra Stati Uniti e Canada), e, nella quiete di boschi e ruscelli prese forma il citato Magic, a cui fece seguire un altro ottimo lavoro come The Salesman And The Shark (12), e ora torna con questo nuovo Madman, costruito in buona parte durante un tour di concerti in giro per gli States. Ad accompagnare il barbuto Sean troviamo, come sempre, ottimi musicisti tra i quali Chris Kyle alle chitarre, Ben Campbell al basso, Chris Carey alla batteria e percussioni, Chris Weatherly alla tromba, Jeff Nania al sax, il polistrumentista e anche co-produttore con Rowe,Troy Pohl, oltre alle vocalist aggiunte Cara May Corman e Sarah Pedinotti.

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Pur forse non raggiungendo i livelli di Magic ( però i pareri sono difformi, per alcuni è addirittura superiore), il buon Sean, con questo Madman, prosegue la sua parabola attraverso un suono alt-country, a partire dalla title track https://www.youtube.com/watch?v=ess11y1oFiE , un brano dalle tinte noir impresso dal vocione di Sean, poi il blues pulsante e selvaggio di Shine My Diamond Ring https://www.youtube.com/watch?v=pZQYML9Wf6k , passando per il R & B funky di Desiree, una The Game https://www.youtube.com/watch?v=Eud2Aul4gi8  che nello sviluppo mi ricorda una grande band australiana (da riscoprire) come i Triffids, mentre The Drive e Spiritual Leather sono due struggenti folk-ballads. Con Done Calling You si ritorna a respirare il blues del delta, canzone seguita dai ritmi sghembi e incalzanti di The Real Thing, che paiono usciti dai solchi di Swordfishtrombones di Tom Waits, per poi ritornare alle dolenti atmosfere (ma è la perla del disco) di una strepitosa Razor Of Love https://www.youtube.com/watch?v=YnxPdSq6yg4 , l’ode commovente al figlio di My Little Man https://www.youtube.com/watch?v=sQAlUi2E7IE , per chiudere infine con le percussioni maniacali di Looking For The Master, e il lamento finale e spirituale di una It Won’t Belong, cantata con anima e voce baritonale da Rowe https://www.youtube.com/watch?v=sQAlUi2E7IE .

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La voce autorevole di Sean Rowe è sicuramente il tratto prominente in Madman, e si fonde bene con una varietà di stili e influenze che vanno da Johnny Cash a Tom Waits, passando per JJ Cale e John Lee Hooker e direi anche Leonard Cohen in Razor Of Love (*NDB. E Greg Brown dove lo mettiamo?), e anche se, ripeto, forse, non è il miglior album della “triade”, per chi scrive Rowe è un artista dal potenziale illimitato che deve solo essere conosciuto e apprezzato, magari seduti davanti ad un bancone di un locale, con una cassa di birra ghiacciata.

Tino Montanari

Novità Di Gennaio Parte Ia. Railroad Earth, Blackie And The Rodeo Kings, Mary Chapin Carpenter, Lucinda Williams, Mark Lanegan, Poco

railroad earth last of the outlawsblackie and the rodeo kings south

Con l’anno nuovo riparte la rubrica dedicata alle novità discografiche, dopo la lunga pausa, praticamente dalla prima decade di dicembre a metà gennaio non era più uscito quasi nulla, se non alcuni dischi “minori”, ma non per questo meno interessanti, recensiti con Post as hoc. Come pure alcuni dischi come Springsteen, Rosanne Cash (devo ammettere che, avendo visto finalmente la confezione della versione Deluxe singola di The River And The Thread, veramente bella, per una volta, sono d’accordo con la casa discografica che ha realizzato questa confezione, costa, ma ne vale la pena, oltre che per i contenuti eccellenti), Bocephus King e altri, sono stati recensiti in anteprima. Alcuni cofanetti di prossima uscita hanno avuto lo spazio delle anticipazioni a lunga gittata, per cui nel confermarvi che i tre dischi sopra citati, oltre al volume 12B della serie dei singoli della Motown sono usciti ieri, 14 gennaio, vediamo cosa altro c’è, diviso in due parti, visto che i titoli interessanti (almeno per il Blog, poi esce altro che non ci interessa) sono parecchi (e alcuni di questi sicuramente avranno diritto anche ad una recensione personalizzata)!

Dall’America il nuovo CD dei Railroad Earth, si chiama Last Of The Outlaws esce su etichetta Black Bear e conferma la band di Todd Sheaffer e John Skehan tra le più interessanti in ambito Bluegrass/Country/Rock/Jam http://www.youtube.com/watch?v=cKxYLjj6tdg  . Cè un lungo brano All That’s Dead May Live Again, diviso in quattro parti, che supera i dieci minuti di lunghezza e anche Grandfather Mountain sfiora i nove minuti, ma in alcuni brani mi sembra di scorgere anche un lavoro più rifinito e minuzioso a livello di canzoni, con dei brani che ricordano, per certi versi, anche i vecchi pezzi dei migliori Poco, quelli degli inizi, con un occhio pure alla melodia. Bel disco in ogni caso http://www.youtube.com/watch?v=5UzLANcRML4

Dal Canada arriva il nuovo disco, South, il settimo o l’ottavo (a seconda se Let’s Frolic e Let’s Frolic Again valgono per uno o per due) dei Blackie And The Rodeo Kings, dopo il bellissimo Kings And Queens del 2011, quello delle collaborazioni con tante voci femminili http://discoclub.myblog.it/2011/07/20/blackie-and-the-rodeo-kings-re-e-regine/. Questa volta Stephen Fearing, Colin Linden e Tom Wilson, in rigoroso ordine alfabetico, rivolgono la loro attenzione al suono del Sud degli Stati Uniti (anche se il primo brano si chiama North http://www.youtube.com/watch?v=VbI0pFbkEF0da qualche parte bisogna pur partire) e, manco a dirlo, ancora una volta centrano l’obiettivo, con la loro miscela di country, rock, roots music, un pizzico di blues, tre belle voci e penne http://www.youtube.com/watch?v=g8JvKDoQvi0 . L’etichetta non è più la gloriosa True North dei tempi passati e neppure la Dramatico dell’ultimo disco ma una nuova File Under Music, un nome, un auspicio, basta aggiungere good e poi partire alla ricerca del disco.

mary chapin carpenter songs from the movielucinda williams lucinda williams

Altre due uscite che riguardamo in questo caso voci femminili. Il primo è il nuovo disco di Mary Chapin Carpenter, Songs From The Movies, etichetta Zoe Music/Rounder/Universal, è uscito ieri 14 gennaio http://www.youtube.com/watch?v=McLl3UUl67k . Si tratta delle rivisitazione in chiave orchestrale di alcuni brani classici del repertorio della cantante americana, con gli arrangiamenti a cura di Vince Mendoza, una orchestra di 63 elementi e un coro di quindici, più la partecipazione, tra gli altri, di Peter Erskine, Luis Conte e Matt Rollings. Registrato agli Air Studios di Londra, proprio quelli fondati da Goerge Martin. Forse vi sarà capitato di leggere delle recensioni non particolarmente favorevoli dell’album, per non dire negative, dopo quelle entusiatiche che avevano accolto il precedente Ashes And Roses (http://discoclub.myblog.it/2012/06/10/un-gusto-acquisito-mary-chapin-carpenter-ashes-and-roses/), mentre altri, tra cui il famoso sito Allmusic, ne parlano in termini entustiatici. Come saprà chi legge questo Blog io sono un grande estimatore della cantante di Washington, DC (ma nata a Princeton, NJ) ma devo dire che questa volta, pur avendo sentito il disco un po’ frettolosamente sono più d’accordo con le recensioni negative, anche se non in modo radicale. In effetti è un po pallosetto, ma non così brutto e noioso come dipinto, e nessuna delle nuove versioni è superiore a quelle originali, insomma Joni Mitchell con Travelogue aveva fatto decisamente meglio. Comunque proverò a sentirlo meglio, in caso lo recensisco.

Per Lucinda Williams si tratta della ristampa, in versione doppia Deluxe, dell’omonimo Lucinda Williams, uscito in origine nel 1988 e poi ristampato una prima volta in CD nel 1998 per la Koch Records, con alcune bonus tracks. Si tratta del terzo album della discografia della Williams, quello con Passionate Kisses, brano casualmente portato al successo proprio dalla Mary Chapin Carpenter di cui leggete qui sopra http://www.youtube.com/watch?v=IMGMT3_Dx4k . E anche Changed The Locks aveva avuto una cover di pregio da parte di Tom Petty nella colonna sonora di She’s The One. Quindi un disco di quelli belli, da non confondere con i due acustici degli esordi registrati a cavallo fine anni ’70, primi anni ’80. Il remastering è stato finanziato con l’ormai collaudato sistema del crowdfunding attraverso Pledge Music e nel secondo dischetto c’è un intero concerto registrato a Eindhoven in Olanda nel 1989 con Gurf Morlix alla chitarra, più altri sei pezzi sempre registrati dal vivo per varie emittenti radiofoniche http://www.youtube.com/watch?v=g1sob8iICHw . Esce per la Thirty Tigers e costa poco più di un singolo, quindi direi che si può, anzi si deve, fare. Bello, anzi bellissimo!

mark lanegan has godpoco legend inidan summer

Per finire due ristampe, anzi una antologia con rarità e un twofer, 2in1.

Mark Lanegan esce con questo doppio Has God Seen My Shadow? An Anthology 1989-2011, pubblicata dalla benemerita Light In The Attic, raccoglie materiale tratto dai suoi album solisti e dalle varie collaborazioni, nel corso degli anni, con Isobel Campbell, Soulsavers, Queens Of The Stone Age e Gutter Twins, 20 brani in tutto, più un secondo dischetto con 12, dicasi dodici, brani inediti http://www.youtube.com/watch?v=t6Mex48Eixk . Questo il contenuto:

Disc 1:
Bombed
One Hundred Days
Come To Me
Mirrored
Pill Hill Serenade
One Way Street
Kimiko’s Dream House
Low
Resurrection Song
Shiloh Town
Creeping Coastline Of Lights
Lexington Slow Down
Last One In The World
Wheels
Mockingbirds
Wild Flowers
Sunrise
Carnival
Pendulum
The River Rise

Disc 2 (all previously unreleased):
Dream Lullabye
Leaving New River Blues
Sympathy
To Valencia Courthouse
A Song While Waiting
Blues For D (Vocal Version)
No Contestar
Big White Cloud
Following The Rain
Grey Goes Black
Halcyon Daze
Blues Run The Game (Live)
Anche questo costa all’incirca come un singolo, quindi, uomo avvisato…

Se ne parlava giusto sopra in riferimento ai Railroad Earth. Legend e Indian Summer dei Poco erano usciti negli anni ’90 e ’00 anche in versione CD, ma spesso in versioni non di grande qualità sonora, in qualche caso tratte dai dischi in vinile, a parte le edizioni giapponesi, spesso costose e di difficile reperibilità. Ora la BGO provvede a ristamparli in un unico dischetto che contiene entrambi gli album. Indian Summer, uscito in origine per la MCA nel 1977 http://www.youtube.com/watch?v=iZOuSSmkoaY (é questo quello con la ristampa orribile della Lemon, presa pari pari dal vinile) e Legend del 1978, sempre MCA, il disco di maggior successo della formazione americana http://www.youtube.com/watch?v=a1cZ05l5jrs . Forse gli ultimi due album decenti, anzi buoni, del grande gruppo country-rock per il quale ammetto una grande ammirazione, soprattutto per i dischi dal 1969 al 1974 su Epic (più il live del 1976) che secondo chi scrive, sono tra i migliori in assoluto usciti nel genere, bellissimi e spesso sottovalutati. E Keeping The Legend Alive uscito nel 2004 e poi di nuovo nel 2006 come Alive In The Heart Of The Night è un bellissimo disco dal vivo http://www.youtube.com/watch?v=yoPJdvowc5Y , con Paul Cotton, Rusty Young, George Grantham e Richie Furay in qualche brano, di nuovo in formazione, quasi la migliore formazione del gruppo dove negli anni hanno militato anche Jim Messina , Randy Meisner e Timothy B. Schmit. Se vi capita.

Alla prossima.

Bruno Conti

Storie Di Fantasmi! Willard Grant Conspiracy – Ghost Republic

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Willard Grant Conspiracy – Ghost Republic – Loose Music 2013

Robert Fisher, ormai unico membro fisso e indiscusso leader dei Willard Grant Conspiracy, è un narratore di storie, lo è da più di quindici anni e questo ultimo lavoro Ghost Republic (si avvicina molto ad un concept-album), è un ulteriore conferma. Formatisi a Boston nella prima metà degli anni ’90, i Willard Grant Conspiracy (fondati da Robert Fisher e Paul Austin ex Walkabouts) danno vita a quello che è stato etichettato “country-noir” o “gothic-country” (personalmente aggiungerei anche “psichedelia contadina”), mantenendo un’identità stilistica che ha permesso loro di cavalcare “l’alt-country” ed arrivare indenni al “neo-folk”, attraverso album meravigliosi quali Flying Low (98) (da recuperare assolutamente), Mojave (99), Everything’s Fine (2000), Regard The End (2004), Let It Roll (2006), Pilgrim Road (2008) e Paper Covers Stone (2009,) una rilettura di alcune delle canzoni più belle del loro repertorio.

Da segnalare inoltre il primissimo EP d’esordio 3am Sunday@ Fortune Otto’s (96) la collaborazione anomala con il gruppo olandese dei Telefunk In The Fishtank  (2002) e le due preziose antologie The Green, Green Grass Of  Slovenia (2000) e There But For The Grace Of God (2005). Da anni Fisher si è ritirato a vivere nel deserto del Mojave , dal quale trae l’ispirazione per questo lavoro, nato dal progetto letterario Ghost Republic, complice la poetessa Nicelle Davis che ha chiamato alcuni colleghi a scrivere un poema sulla città di Bodie (una delle tante “ghost town” abbandonate americane), attorno al quale ruotano i personaggi della storia.

Accompagnato dal bravissimo violinista David Michael Curry (membro della band di Thalia Zedek, nonché il musicista più presente nelle varie line-up del gruppo), Robert narra con la sua voce baritonale, storie di frontiera, traversie di vita e di morte, il tutto registrato nello studio di Curry nel Massachusets, a testimonianza di uno splendido sodalizio artistico. La narrazione inizia con l’intro strumentale Above The Treeline, e prosegue con la scarna malinconia di Perry Wallis, l’elegia strumentale di Parsons Gate Reunion, mentre The Only Child  e la Title Track sono delle perfette “american gothic”. Dopo un sorso di Bourbon, la narrazione continua con gli archi della spettrale Rattle And Hiss e il violino straziante di Take No Place, la ninna nanna “noir” di Good Morning Wadlow, mentre con Piece Of Pie e The Early Hour il suono cambia con lancinanti abbozzi elettrici, che rimandano alla scuola dei Velvet Underground. La narrazione (purtroppo) volge al termine con il jazz e le distorsioni chitarristiche di Incident At Mono Lake e New Years Eve, per poi emozionare e commuovere con la recita conclusiva di Oh We Wait, dove il violino di David Curry e la voce baritonale (che sa di polvere, sabbia e bourbon) di Robert Fisher, danno il senso di cosa sia la malinconia dei perdenti.

Fin dal primo ascolto Ghost Republic, viene sviscerato attraverso oscure ballate dall’incedere lento, incentrate su intrecci di strumenti a corda (chitarra, viola e violino) a fare da sfondo alla voce profonda e vibrante di Robert Fisher (un condensato di Nick Cave, Mark Lanegan e Lou Reed), una musica sospesa nel tempo, musica che i Willard Grant Conspiracy disegnano in modo molto profondo, con figure di ribelli solitari e idealisti, metafora perfetta dell’America di ieri, di oggi e di domani. Crepuscolare.

Tino Montanari

Novità Di Maggio Parte V. Vampire Weekend, Carolyn Hester, Groundhogs, Huey Lewis, Mark Lanegan, Handsome Family

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Riprendiamo con la lista delle uscite principali del mese di maggio. A conferma del fatto che siamo in un mese ricco di CD interessanti (per i gusti del Blog) le ho divise in tre, forse quattro, differenti Post, senza dimenticare titoli specifici che hanno avuto o avranno la loro bella recensione ad hoc. Si tratta di uscite del periodo 14-21 maggio. Partiamo con i primi tre.

I Vampire Weekend approdano al terzo album della loro discografia, Modern Vampires Of The City, etichetta Xl, uscito il 14 maggio, sempre con ottime critiche. Ezra Koenig il loro leader è una sorta di novello ibrido tra Paul Simon e Brian Wilson, trasportato ai giorni nostri e inserito in una indie alternative band: il risultato è sempre molto fresco e piacevole, anche se per qualcuno un po’ ripetitivo, comunque bravi, insomma la buona musica la (ri)conoscono.

Mark Lanegan prosegue i suoi dischi di collaborazioni, questa volta con il pluristrumentista Duke Garwood (soprattutto alla chitarra) e Lanegan si “limita” a cantare, ma i risultati sono ottimi, più intimisti del solito (come ai tempi di Isobel Campbell), niente hard rock desertici o duri blues distorti,  soprattutto ballate “nere” e anche intermezzi e preludi chitarristici alla John Fahey. Uscito il 14 maggio per Ipecac/Heavenly/V2/Coop.

Honey Moon del 2009 tutto sommato era un bel disco, ma questo Wilderness ai primi ascolti sembra anche meglio, ai livelli delle cose migliori della Handsome Family, la coppia marito-moglie Brett & Rennie Sparks che si dividono musica e testi, come di consueto, suonano tutti gli strumenti e si fanno aiutare da qualche ospite: Stephen Dorocke al violino, Dave Gutierrez, chitarra, mandolino, pedal steel, Ted Jurney al basso e Jason Toth alle percusssioni. La etichetta è Carrot Top Records, Loose in Inghilterra, esce il 21 maggio con la solita miscellanea di alternative country, Americana, old time folk e murder ballads.

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Ne esiste anche una versione Deluxe Box set, libro + vinile, che vedete qui sopra.

 

Tre ristampe molto differenti tra loro ma comunque interessanti.

 

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Poteva mancare la ristampa Deluxe doppia per Sports di Huey Lewis & The News? Certo che no e quindi in occasione del 30° Anniversario dall’uscita la Universal che con l’acquisizione del catalogo EMI ha ora i diritti dei loro dischi, lo ripubblica in versione rimasterizzata e con un secondo dischetto che ripropone i 9 brani del disco in versione Live. Il loro mega successo come singolo, The Power Of Love, sarebbe apparso nella colonna sonora di Back To The Future e nella versione europea di Fore, ma Sports vendette all’epoca più di sette milioni di copie e dal disco furono estratti i singoli Heart & Soul, I Want A New Drug, The Heart Of Rock & Roll e If This Is It. Ed era pure un bel disco di rock, non con quell’orribile sound anni ’80. Nel 2010, con Soulsville, un omaggio alle loro radici erano tornati a fare buona musica, come potete verificare leggendo vecchie-glorie-3-huey-lewis-and-the-news-soulsville.html.

In questi giorni, con il trambusto creato intorno al “ritorno” della music folk dall’anteprima al Festival di Cannes del film sulla vita di Dave Van Ronk, realizzato dai fratelli Coen con il titolo Inside Llewyn Davis (che uscirà poi a dicembre, con relativa colonna sonora prodotta da T-Bone Burnett che potrebbe bissare il successo di O Brother Where Art Thou), cade a fagiuolo la ristampa di questo doppio CD dedicato alla musica di Carolyn Hester. Personaggio poco conosciuto all’interno della scena del Greenwich Village, è stata la prima moglie di Richard Farina, che poi avrebbe sposato la sorella di Joan Baez, Mimi. Peraltro la Hester cercò di fare mettere sotto contratto dalla Columbia Joan Baez, non riuscendoci, ma lei, tramite John Hammond, riuscì poi nell’intento con Bob Dylan, dopo avere a sua volta firmato un contratto con l’etichetta americana. Senza farla troppo lunga (ma magari ci torno in un’altra occasione, CD alla mano), una piccola etichetta inglese, la Jasmine Records, pubblica questo doppio CD, dal titolo illuminante, Introduces Bob Dylan, approfittando della legislazione europea che dopo 50 anni consente di pubblicare dischi di cui è scaduto il copyright. E quindi nel dischetto, ci sono i primi tre album della Hester, Scarlet Ribbons della Coral (1957) e due omonimi, uno del 1960 per la Tradition e uno del 1961 per la Columbia con Bob Dylan all’armonica. In totale però sono 52 brani, perché, con mossa astuta, l’etichetta ha aggiunto anche il primo album completo di Dylan, addirittura con 2 bonus tracks che erano uscite ai tempi solo come singolo. Il disco esce domani, a prezzo speciale, sul mercato inglese: secondo me, per evitare sorprese, tipo ritiro dal mercato, se interessati, conviene afffrettarsi. Non guasta che la Hester fosse una folkinger con una voce interessante, a cavallo tra la Baez e Judy Collins. Tra l’altro Carolyn è ancora in pista ed era presente al concerto per i 30 anni di carriera di Dylan al Madison Square Garden, cantando in coppia con Nanci Griffith Boots Of Spanish Leather. Magari non una scoperta sconvolgente come Karen Dalton ma da conoscere! In ogni caso questo è il contenuto:

Disc 1

CAROLYN HESTER
‘SCARLET RIBBONS’ – 1957
1. SCARLET RIBBONS (For Her Hair)
2. I KNOW WHERE I’M GOIN’
3. THE TEXAN BOYS
4. DANNY BOY
5. YE BANKS AND BRAES
6. THE WRECK OF THE OLD NINETY-SEVEN
7. BLACK IS THE COLOR OF MY TRUE LOVE’S HAIR
8. THE RIDDLE SONG (I Gave My Love a Cherry)
9. LOLLY TOO DUM
10. LITTLE WILLIE
11. HUSH-A-BYE
12. I WONDER AS I WANDER
‘CAROLYN HESTER’ – 1960
13. THE HOUSE OF THE RISING SUN
14. THE WATER IS WIDE
15. THE LORD
16. VIRGIN MARY (1961 Version)
17. LINDA CAPULLIO
18. GO WAY FROM MY WINDOW
19. SHE MOVES THROUGH THE FAIR
20. JAIME
21. LITTLE PIG
22. IF I HAD A RIBBON BOW
23. BLACKJACK OAK
24. MALAGUENA SALEROSA
25. SUMMERTIME

Disc 2

‘CAROLYN HESTER’ – 1962
1. I’LL FLY AWAY
2. WHEN JESUS LIVED IN GALILEE
3. LOS BIBLICOS
4. YARROW
5. DINK’S SONG (Fare Thee Well)
6. SWING AND TURN JUBILEE
7. ONCE I HAD A SWEETHEART
8. COME BACK, BABY
9. DEAR COMPANION
10. GALWAY SHAWL
11. POBRE DE MI
12. VIRGIN MARY (1962 Version)
‘BOB DYLAN’ – 1962
13. YOU’RE NO GOOD
14. TALKIN’ NEW YORK
15. IN MY TIME OF DYIN’
16. MAN OF CONSTANT SORROW
17. FIXIN’ TO DIE
18. PRETTY PEGGY-O
19. HIGHWAY 51
20. GOSPEL PLOW
21. BABY, LET ME FOLLOW YOU DOWN
22. HOUSE OF THE RISIN’ SUN
23. FREIGHT TRAIN BLUES
24. SONG TO WOODY
25. SEE THAT MY GRAVE IS KEPT CLEAN
BONUS TRACKS
26. MIXED UP CONFUSION
27. CORRINA, CORRINA

E questa è lei, sembra un po’ anche Jacqui McShee, almeno in questo brano…

E al Madison Square Garden, 30 anni dopo…

L’ultima ristampa è uno dei soliti cofanetti da 3 CD a prezzo speciale del vecchio catalogo EMI, questa volta tocca ai mitici Groundhogs di Tony S. McPhee (una specie di Peter Green più selvaggio), non il primissimo periodo di Bues Obituary,Thank Christ For The Bomb o Split, numero 5 nelle classifiche inglesi del 1971 (altri tempi!), e neppure del disco con il mio titolo preferito Who Will Save The World? The Mighty Groundhogs!, con in copertina i componenti della band vestiti da supereroi improbabili (avrei sempre voluto farmi salvare da loro), peraltro il tutto disegnato dalla Marvel Comics: questi, insieme a Scratching The Surface, il primo disco, li trovate nel triplo Thank Christ For The Goundhogs uscito nel 2010. E qui, ragazzi, parliamo di blues(rock) primevo ed non adulterato, grande musica. Split, divisa in quattro parti, durava più di 20 minuti.

Comunque, per festeggiare 50 anni di carriera, esce The United Artists Years (1972-1976), sempre in 3 CD che raccoglie il seguente materiale:

Disc  1

1.            I Love Miss Ogny (2013 – Remaster)

2.            You Had a Lesson (2013 – Remaster)

3.            The Ringmaster (2013 – Remaster)

4.            3744 James Road (2013 – Remaster)

5.            Sad Is the Hunter (2013 – Remaster)

6.            S’one Song (2013 – Remaster)

7.            Earth Shanty (2013 – Remaster)

8.            Mr Hooker, Sir John (2013 – Remaster)

9.            Split I (BBC in Concert, recorded at The Paris Theatre, 7 December 1972)

10.          I Love Miss Ogyny (BBC in Concert, recorded at The Paris Theatre, 7 December 1972)

11.          You Had a Lesson (BBC in Concert, recorded at The Paris Theatre, 7 December 1972)

12.          Earth Shanty (BBC in Concert, recorded at The Paris Theatre, 7 December 1972)

13.          3744 James Road (BBC in Concert, recorded at The Paris Theatre, 7 December 1972)

Disc  2

1.            Sad Is the Hunter (BBC in Concert, recorded at The Paris Theatre, 7 December 1972)

2.            Split II (BBC in Concert, recorded at The Paris Theatre, 7 December 1972)

3.            Split IV (BBC in Concert, recorded at The Paris Theatre, 7 December 1972)

4.            Cherry Red (BBC in Concert, recorded at The Paris Theatre, 7 December 1972)

5.            Ship On the Ocean (BBC in Concert, recorded at The Playhouse Theatre, 23 May 1974)

6.            I Love Miss Ogyny (BBC in Concert, recorded at The Playhouse Theatre, 23 May 1974)

7.            Split I (BBC in Concert, recorded at The Playhouse Theatre, 23 May 1974)

8.            Soldier (BBC in Concert, recorded at The Playhouse Theatre, 23 May 1974)

9.            Split II (BBC in Concert, recorded at The Playhouse Theatre, 23 May 1974)

10.          Live a Little Lady (7″ Edit) (2013 – Remaster)

Disc  3

1.            Crosscut Saw (2013 – Remaster)

2.            Promiscuity (2013 – Remaster)

3.            Boogie With Us (2013 – Remaster)

4.            Fulfillment (2013 – Remaster)

5.            Live a Little Lady (2013 – Remaster)

6.            Three Way Split (2013 – Remaster)

7.            Mean Mistreater (2013 – Remaster)

8.            Eleventh Hour (2013 – Remaster)

9.            Body Talk (2013 – Remaster)

10.          Fantasy Partner (2013 – Remaster)

11.          Live Right (2013 – Remaster)

12.          Country Blues (2013 – Remaster)

13.          Your Love Keeps Me Alive (2013 – Remaster)

14.          Friendzy (2013 – Remaster)

15.          Pastoral Future (2013 – Remaster)

16.          Black Diamond (2013 – Remaster)

Che sarebbero Hogwash, BBC In Concert doppio, Crosscut Saw e Black Diamond. Vai con le “marmotte”!

I primi album erano decisamente superiori, comunque ancora una grande band.

Per oggi è tutto, si prosegue domani.

Bruno Conti

Novità Di Febbraio Parte I. Paul McCartney, Mark Lanegan Band, Van Halen, Air, Chuck Prophet, Raul Malo.

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Prime uscite per il mese di febbraio, numerose e molto differenziate, scelte sempre ad “insindacabile” giudizio, da chi scrive, tra le decine di pubblicazioni: metà oggi, il resto domani.

Iniziamo con Paul McCartney, Kisses On The Bottom è il famoso album di cover di “classici” che Paul annunciava da lungo tempo. Si tratta dei brani che hanno segnato le sua infanzia, quelli che ascoltava dal padre mentre strimpellava il pianoforte, più due brani composti per l’occasione. Visto che i celebrati “sixty-four” per McCartney ormai sono un ricordo, dopo avere dimostrato nell’ultimo tour mondiale che sa ancora fare rock come pochi, dal vivo, questa volta, accompagnato da Diana Krall e dalla sua band e da un paio di ospiti di nome come Eric Clapton e Stevie Wonder, il baronetto si dedica ad un repertorio che proviene dall’epoca pre-Rock and Roll (quest’ultimo già trattato in altri dischi). Con la produzione di Tommy Lipuma, sinonimo di un sound molto raffinato, vengono ripresi brani celebri ma non celeberrimi come I’m Gonna Sit Right Down And Write Myself A Letter, una canzone del 1935 di Fats Waller che è quella che contiene il verso “A Lot Of Kisses On The Bottom, I’ll Be Glad I Got ‘em” che nel senso della frase sta a significare le coccole che si fanno ai bambini e non del bondage. Un salto nel passato che a quasi 70 anni era forse un obbligo prima che fosse troppo tardi, poi tornerà a fare la “sua musica”. Non manca, perversamente, la solita Deluxe Edition Digipack con 2 brani extra a un prezzo più alto. Il tutto esce il 7 febbraio per la Hear Music/Concord/Mpl/Universal.

Dopo 8 anni, una serie di collaborazioni con chiunque respirasse, tre album con Isobell Campbell, due con i Soulsavers, torna la Mark Lanegan Band, nel 2004 era Bubblegum ora è la volta di Blues Funeral. Etichetta 4AD, giudizi abbastanza controversi, 5 stellette su Mojo listen_now_mark_lanegan_bands.html, più circospette le riviste musicali italiani. Esce martedì 7 anche questo, ad un primo ascolto forse troppi synth e tastiere ma non mi sembra male, molto dark come al solito con un “pizzico” di new wave anni ’80 e qualche reminiscenza, per il sottoscritto, sia musicalmente che vocalmente ,con l’ultimo Jackie Leven.

Torna anche la formazione “originale” dei Van Halen, ovvero tre Van Halen perché ora c’è anche “Wolfgang” al basso più il rientrante David Lee Roth, dopo 28 anni nuovamente voce solista del gruppo, una ventata di freschezza! Nuova etichetta la Interscope del gruppo Universal, il disco si chiama A different kind Of truth e non manca l’edizione Deluxe CD+DVD che contiene le Downtown Sessions, versioni acustiche di alcuni vecchi brani.

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Nuovo disco anche per gli Air. La formazione francese aveva musicato per il Festival di Cannes la versione restaurata del film di Georges Méliés Le Voyage Dans La Lune, un film di 14 minuti che è considerato tra i primi capolavori del cinema muto (datato 1902) e che appare nel DVD allegato alla versione Deluxe del disco. Poi il progetto è stato ampliato, sono stati aggiunti anche alcuni brani cantati e l’album esce per Virgin, sempre martedì prossimo.

Per la Yep Rock è in uscita il nuovo album dell’ex Green On Red (sempre per la vita) Chuck Prophet e come dice lui si tratta di un album dedicato a San Francisco, la sua città di elezione, come Lou Reed aveva fatto, ancora più esplicitamente con New York. L’album si chiama Temple Beautiful ed è un ciclo di canzoni dedicate alla città californiana. Tra rock, psichedelia e qualche ballata, il solito Chuck Prophet, quindi bello!

Around The World di Raul Malo è un disco “strano”, tutte cover per il Roy Orbison moderno (titolo che contende a Chris Isaak) ed ex leader dei Mavericks. Ma questa volta, forse, ha esagerato, da quello che ho sentito, frettolosamente, ma magari no! Brani in inglese, francese, spagnolo, c’è anche L’appuntamento, proprio quella della Vanoni (giuro, ma la faceva già dal vivo, controllare please!), cantata in italiano, ma anche Guantanamera, La Vie en Rose, Besame Mucho e altre.

Questa la tracklist:

01. Indian Love Cell      
02. L Appuntamento      
03. Every Little Thing About You      
04. Lucky One      
05. Let It Be Me      
06. Make the World Go Away      
07. La Vie en Rose      
08. I Said I Love You      
09. Besame Mucho      
10. A Man Without Love      
11. Moonlight Kiss      
12. Dance the Night Away      
13. Guantanamera      
14. Around the World

Dovrebbe uscire la settimana prossima in Inghilterra, quella dopo negli Stati Uniti e a fine mese in Italia, etichetta Decca/Universal.

Domani, il resto delle novità della prima uscita di Febbraio.

Bruno Conti

Fi(u)ori Di Zucca! Gideon Smith And The Dixie Damned – 30 Weight

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Gideon Smith & The Dixie Damned – 30 Weight –  Small Stone Records

Di tanto in tanto mi capitano tra le mani, da recensire, dei dischi “strani” che non saprei come definire. Questo 30 Weight di Gideon Smith & The Dixie Damned dal nome verrebbe da pensare che è un CD di Southern Rock. E invece no (per quanto, qualcosa c’è), stando alle notizie della casa trattasi di – Delta Blues incrociato a psichedelia hippy degli anni ’60, rock classico misto a bayou jams per un destino raccapricciante! – capito poco? Anch’io! Proviamo con My Space, che dice: hard rock, stoner rock e southern rock, già meglio? Per altri è heavy metal!

A questo punto che faccio? Come al solito, lo ascolto, sempre per il famoso teorema “San Tommaso”, provare per capire, o del “lascia perdere il copia e incolla o solo il copia, che impera ormai sovrano nel 90% delle recensioni, perché se no non ne veniamo più a capo”! La prima impressione, ascoltando l’iniziale Black Fire, è quella di sentire una sorta di Black Sabbath del primo periodo con un cantante dal vocione alla Mark Lanegan (il Gideon Smith in questione) per un hard stoner southern rock desertico dalle venature psichedeliche, quindi non male, atmosfere rallentate (quel creepy doom tradotto come destino raccapricciante), la chitarra di Phil Durr molto alla Tony Iommi, quindi niente di nuovo, come al solito, ma suonato bene e con un mood intrigante. Ma già la successiva Ride With me sfuma verso un hard rock molto di maniera, tra grunge e metal senza spunti di interesse. South, nuovamente con ritmi più lenti e rarefatti ha quel tocco sixties che intriga senza entusiasmare mentre Love Of The Vampire, con un basso martellante e ritmi pesanti potrebbe ricordare, anche nella voce sepolcrale di Smith, certe cose inglesi alla Cult o Sisters of Mercy del primo periodo.

Ormai si è capito che le cose più interessanti si manifestano quando i ritmi rallentano e si fanno più rarefatti, come nella sinistra I Bleed Black nuovamente tra Sabbath, dark blues-rock e inserti psichedelici della chitarra. Born On the Highway ha qualcosa tra l’Hendrixiano e gli Steppenwolf o gli Hawkwind più spaziali ma sempre con quella ritmica volutamente stoner che alla lunga stanca, se non sei un appassionato del genere. Questo Gideon Smith è un tipo strano, appassionato di arti marziali, motori, storia antica e occultismo: 30 Weight è il suo terzo album ma ha partecipato a una valanga di tributi, agli Aerosmith, agli anni ’70, a Zodiac Mindwarp, agli Antiseen una delle prime band punk americane degli anni ’80, a sé stesso, un tipo eclettico insomma.

Quando è  partita When I Die una sorta di ballata country futuristica (scritta dal GG Allin degli Antiseen citati prima) con chitarra acustica e lap steel ad accompagnare il bel vocione baritonale di Smith sono rimasto veramente sorpreso, molto bella, anche se non c’entra un tubo con il resto, ma già nella precedente Shining Star delle chitarre acustiche e una slide avevano fatto capolino nel sound del gruppo riavvicinandolo a certe cose del già citato Mark Lanegan,  atmosfere sospese forse realizzate con meno classe ma non prive di interesse. Conclude Come and Howl che è un energico brano di stampo southern rock con il marchio del suono “strano” del gruppo e la chitarra di Durr che presiede le operazioni con buona inventiva.

Bruno Conti  

Non C’è Il Due Senza Il Tre. Isobel Campbell & Mark Lanegan – Hawk

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Isobel Campbell & Mark Lanegan – Hawk – V2/Coop/Self 24-08 USA/UK 03-09 ITA

Ormai andiamo per proverbi, anche se a voler essere pignoli prima dei due album precedenti c’era stato anche un’EP, Ramblin’ Man nel 2005, ma se ci mettiamo a contare anche i mini-album le discografie degli artisti si ampliano a dismisura (anche se per fans e ammiratori occasionali contano eccome). Quindi siamo al terzo disco della premiata ditta Isobel Campbell e Mark Lanegan, una scozzese e un americano, lei componente “marginale” dei Belle and Sebastian, lui colonna portante degli Screaming Trees e di mille altre avventure.

Bisogna dire che la coppia funziona e questo nuovo album mi sembra il loro migliore in assoluto. Il baricentro musicale si è spostato verso la musica americana, tra Blues, country e folk ma con delle spuzzatine dalla terra di Albione.

Contrariamente a quanto si può pensare, l’architetto sonoro del duo è la Campbell, che cura anche la produzione del disco, ma chi ci mette la faccia, e la voce soprattutto, è Mark Lanegan.

Si parte con la ballata folk minimale, quasi narcotica, come nell’iniziale We die and see beauty again, le due voci ben amalgamate (in questo caso è addirittura più sussurrata quella di Lanegan), una chitarra acustica e un leggero feedback sullo sfondo che fa le veci degli archi, per passare a You won’t Let Me down again, un energico brano dai connotati vagamente psichedelici, con il classico vocione vissuto di Lanegan ben sostenuto dalla chitarra solista fuzzy di James Iha.

Snake è la prima delle due cover dal repertorio di Townes Van Zandt, resa in una versione che pesca dalla tradizione del folk tradizionale inglese, dall blues e da certa musica modale orientale, il risultato è molto interessante e affascinante.

L’attacco di Come Undone mi ha ricordato tantissimo quello di Nights in White Satin dei Moody Blues (per i non anglofili Ho difeso il mio amore) soprattutto per l’uso degli archi che si riverberano sul tema blues del brano che ricorda certi duetti atmosferici di Nick Cave con varie partner femminili oppure quelli tra Mark Lanegan e Isobel Campbell, appunto!

Quando un brano è un capolavoro non ci puoi pasticciare troppo e quindi la versione di No place to fall, nuovamente di Townes Van Zandt, è molto vicina all’originale, quel country-folk malinconico che ha sempre caratterizzato la produzione del geniale texano, un violino gentile e la voce “vissuta” dell’ottimo cantautore Willy Mason (non è Lanegan che ha cambiato voce) aggiungono profondità al fascino di questa bella versione.

Get Behind Me con la sua andatura saltellante si sposta addirittura su versanti honky-tonk, sporchi e bluesati ma tradizionali nello svolgimento e le voci duettanti si avvicinano a quelle di Lee Hazlewwod e Nancy Sinatra, o un Johnny Cash/June Carter dei giorni nostri. Time of the season, più dolce e malinconica, con un bel arrangiamento di archi, una batteria “spazzolata” e le voci perfette, è uno degli episodi migliori dell’album, la brava Isobell si lancia addirittura in qualche sprazzo più vivace rispetto al consueto, per quanto affascinante, sussurro.

Hawk è un bluesaccio strumentale viscerale e distorto, con chitarre e sax incattiviti che spezzano le atmosfere bucoliche del disco e ci ricordano che Lanegan era stato tra gli “inventori” del grunge, episodio anomalo. Tutto ritorna alla normalità con Sunrise, una chitarra elettrica arpeggiata e la voce sussurrata di Isobel Campbell, devo dire non particolarmente memorabile, non rimarrà negli annali del rock e neanche del folk. To hell and back again, l’altro brano cantato in solitario dalla Campbell, sempre dolce e soffusa si avvale di un arrangiamento sempre minimale ma più vario e risulta meno soporifero di certi brani della sua produzione solista.

In Cool Water Lanegan estrae dal cilindro una voce particolare, molto da cantautore, magari texano, folk ma vissuto, con una chitarra acustica e un contrabbasso e le armonie vocali ad hoc della Campbell ne risulta un brano molto ruspante. Eyes of green con le sue chitarre acustiche, violini e fisarmoniche ci fa fare un tuffo in atmosfere celtiche, inconsuete ma non per questo meno affascinanti, breve ma succoso, Lanegan in versione celtic folk mi mancava.

Lately è una bellissima country-gospel song dalle atmosfere alla Pat Garrett & Bill The Kid, con la voce di Mark Lanegan sostenuta e spronata da alcune voci femminili in puro stile gospel che evocano addirittura certi passaggi musicali à la Band, qualcuno ci ha visto addirittura echi springsteeniani, come la metti comunque ottima musica che finisce in gloria questo piacevole album.

Le date di uscita sono importanti per cui, ove possibile, ve le indico sempre, per evitare di girare per negozi come dei “pisquani” (termine lombardo che si può usare in alternativa al più noto “pirla”). Anteprime va bene,ma senza esagerare.

Bruno Conti