La “Nonna” Del Southern Soul! Candi Staton – Life Happens

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Candi Staton – Life Happens – Beracah Records

La sua carta d’identità recita anni 74 (ma dalla cover del CD si vede che sono portati benissimo), anche se prima di leggere questa recensione, molti, tanti (purtroppo) non sapranno chi è Candi Staton, complice una carriera che ha portato questa meravigliosa cantante ad abbandonare la “soul music” per oltre un ventennio (dopo i successi degli anni ’70), per una serie di problemi personali (tra perdite personali, divorzi e dipendenza dall’alcol), trovando infine rifugio tra le mura della Chiesa, cosa che l’ha portata ad incidere per anni solo brani “gospel”. L’album della rinascita, lo splendido His Hands (06) venne alla luce sotto la produzione di Mark Nevers dei Lambchop, e conteneva undici perle che spaziavano fra soul e rhythm & blues, alcune cover d’autore, come Cry To Me di Bert “Russell” Berns, lanciata dal grande Solomon Burke, tutte cantate con “anima” genuina dalla Staton. Disco bissato dal successivo Who’s Hurting Now? (09), nell’interregno è stata pubblicata una compilation di gospel-soul come Evidence The Complete Fame Records Masters (11), con materiale d’archivio. Ora eccola di nuovo sul mio lettore con questo Life Happens, ad inondarci i padiglioni auricolari con la sua musica che spazia dal country rock al southern soul, con sfumature di toni blues e funky, facendosi produrre dal grande Rick Hall  titolare della Fame Records, ricomponendo un binomio di grande successo negli anni ’70.

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Per questo lavoro (il ventisettesimo della sua carriera, fidatevi, ho contato e ricontato) oltre a musicisti di area, Candi si è avvalsa, tra gli altri, di Toby Baker e Larry Byron alle chitarre, Mose Davis alle tastiere, Mike Burton al sassofono, Steve Herman al corno, e di suo figlio Marcus Williams (ha suonato anche con Isaac Hayes e Peabo Bryson) alla batteria, registrando il tutto negli storici Fame Studios di Muscle Shoals in Alabama https://www.youtube.com/watch?v=QvpfqzZjpOI .

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Life Happens è una miscellanea di generi che dal brano d’apertura, Three Minutes To A Relapse condiviso con Jason Isbell e John Paul White dei Civil Wars, spazia tra il rhythm and blues di brani come Go Baby Go, Close To You e Where Were You When You Knew?, le atmosfere soul di Have You Seen The Children? e Beware, She’s After Your Man, passa per il funky affumicato alla Etta James di Never Even Had The Chance e Even The Bad Times Are Good, ma è indubbio che siano le ballate dove Candi dà il meglio di sé, nelle languide My Heart’s On Empty, I Ain’t Easy To Love https://www.youtube.com/watch?v=9J-7KChSle8 e You Treat Me Like A Secret, Commitment, per finire con le struggenti armonie di una Better World Coming, e i leggeri rintocchi di pianoforte e chitarra, che dialogano brillantemente con la Staton e varie voci di supporto in una celestiale For Eternity.

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La cantante di Hanceville, Alabama, con quattro decenni di carriera alle spalle, è stata sicuramente artefice di un percorso artistico che per un certo periodo l’ha vista anche protagonista della “disco”, attraversando il deserto per la redenzione con il “gospel”, e trovando la meritata serenità con la triade iniziala con His Hands, fino a giungere a questo Life Happens, dove ogni canzone è la storia della sua vita, con tutti i suoi alti e bassi, gioie e dolori (amori, disperazione, redenzione e speranza). Per chi scrive è bello sapere che Candi Staton non è andata via, canta ancora per noi, perché di dischi cosi, personalmente ne vorrei almeno uno al mese. Altamente consigliato.

Tino Montanari

Giovani Talenti Crescono 2. Caitlin Rose – Own Side Now

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Caitlin Rose – Own Side Now – Names records

Come promesso eccoci qua a parlare di un altro debutto assai sfizioso. Come nel caso di Dylan LeBlanc siamo nel settore country e dintorni ma anche se il disco di Caitlin Rose è stato registrato in quel di Nashville siamo fortunamente ben lontani sia dal country più bieco che dal “pop country” adolescenziale di Taylor Swift, forse a causa della produzione a cura dell’ottimo Mark Nevers dei Lambchop.

L’età resta un mistero, varia dai 21 ai 23 anni (a giudicare dalle foto anche meno) a seconda delle fonti ma la voce è già “adulta”, cristallina e squillante, piena di coloriture che si erano già potute apprezzare nel primo EP Dead Flowers pubblicato all’inizio dell’anno. I primi paragoni, addirittura con Patsy Cline e una Stevie Nicks più country si sono sprecati, io aggiungerei la Linda Ronstadt dei dorati anni ’70 e tra i contemporanei la deliziosa Jenny Lewis da sola o con i Rilo Kiley (a proposito sta per uscire un disco nuovo come Jenny and Johnny).

Tornando a questo Own Side Now devo dire che i giudizi sono stati quasi unanimente positivi o molto positivi salvo che per il mio amato Mojo (che ultimamente comincia a perdere i colpi) che ha parlato di “opportunità sprecata”, ma mi sa che l’hanno sprecata loro. Gli altri in breve hanno così votato (poi dico il mio parere e i brani più interessanti): “La 21enne con la voce cristallina come una campana difficilmente sbaglia un passo” Uncut, 4 stellette, ” Il suo debutto supera abbondantemente le aspettative. Materiale affascinante” Q, 4 stellette, “La vulnerabilità nella voce di Caitlin suona vera come il rumore di una monetina inserita in un vecchio jukebox”, NME, 8/10. Disco della settimana per Sunday Times, Evening Standard, Independent, disco del giorno per la BBC e quattro stellette come piovesse per quasi tutti i giornali inglesi. In America non è ancora uscito.

Io non posso che accodarmi. Il disco è delizioso, le pedal steel ci sono e si sentono, come nell’iniziale Learnin’ to ride, unita a mandolini, chitarre acustiche a go-go, belle armonie vocali e quell’aria country indolente che solo chi ha classe sa instillare in un brano.

La voce è effettivamente molto matura per i suoi anni e mette il suo stampo su tutti i brani, come nella dolce Own Side dove il suono ricorda appunto quello della citata Patsy Cline, ma anche Linda Ronstadt, Maria Muldaur e Karla Bonoff che ad inizio anni ’70 proponevano questo stile che pescava dalla canzone d’auore, dal rock e dal country classico, ma anche dal suono weastcoastiano e californiano.

Un’altra che fa questo stile ai giorni nostri è la sopraffina Shelby Lynne, For The Rabbits avrebbe fatto il suo figurone in un disco dedicato a Dusty Springfield con il suo stacco di chitarra molto anni ’70, quell’organo vintage, gli archi e la voce disincantata e potente di Caitlin Rose che porge ogni nota con classe innata. watch?v=FeDcB5Q_Auk

Shangai Cigarettes ha un piglio country-rock quasi aggressivo e rocca e rolla con gusto con una seconda voce maschile di supporto che aggiunge vigore al sound e con una sequenza di brevi assoli di chitarra da parte dell’ottimo gruppo di musicisti che la accompagna.

New York City ha quel sapore classico anni ’40 – ’50 che trasudava anche da canzoni senza tempo come Midnight at the Oasis di Maria Muldaur mentre Spare me con pedal steel, armonica e chitarre twangy ha quell’atmosfera molto alla Nitty Gritty, quel country-rock senza tempo e un pizzico di swing alla Dire Straits, in ogni caso una piccola perla di equilibri sonori sempre cantata con quella voce superbamente naturale, non costruita.

Things change è un altro esempio di questo fare musica adulta che può piacere anche alle nuove generazioni riproponendo brani dove la qualità delle composizione va a braccetto con l’esecuzione vocale, precisa e perfetta e con arrangiamenti sempre diversi e complessi pur in una “falsa” semplicità di fondo, questa è pop music ma nel senso più nobile di “popolare”.

Il reparto cover è affidato ad una ripresa del brano That’s Alright dei Fleetwood Mac di Stevie Nicks che diventa un pezzo country-rock nello stile degli Eagles dei primi tempi mentre Sinful Wishing Well sembra addirittura quasi una di quelle ballate malinconiche dal repertorio di Lucinda Williams o Mary Chapin Carpenter.

La conclusione è affidata a Coming Up che dopo un inizio acustico e tranquillo con la classica pedal steel “piangente” improvvisamente si anima e si trasforma in una sorta di rvisitazione della vecchia Revolution dei Beatles, ma la #4 quella country dell’album Bianco, con tanto di chitarra elettrica con distorsore che non sentivo da quei tempi e la stessa atmosfera sonora.

Lo so è bieco, ma l’hanno detto in tanti fatelo dire anche a me, “Una nuova Rosa è sbocciata!”

Bruno Conti