Un Album Dal Vivo Splendido E “Miracoloso”. Fabrizio De André & PFM – Il Concerto Ritrovato

fabrizio de andrè + PFM Il Concerto ritrovato

Fabrizio De André & PFM – Il Concerto Ritrovato – Sony CD – 2LP

Esce finalmente in CD e doppio LP la versione audio de Il Concerto Ritrovato, film uscito nelle sale lo scorso febbraio (quindi prima del lockdown) che documenta lo show che Fabrizio De André e la Premiata Forneria Marconi tennero presso la Fiera di Genova il 3 gennaio 1979. Per anni si era creduto che le immagini di quella serata fossero andate perse per sempre, fino a quando un po’ di tempo fa è stata ritrovata una videocassetta che documentava proprio lo show in questione, anche se le condizioni del nastro sembravano compromesse sia dal punto di vista sonoro che visivo: c’è voluto un certosino lavoro di restauro da parte di Lorenzo Cazzaniga e Paolo Piccardo (descritto nei minimi dettagli nelle note riportate sul libretto accluso alla bella confezione del CD) per consentire anche alle nostre orecchie di godere dell’esito di quello spettacolo, e devo dire che i due hanno svolto un lavoro fantastico, ai limiti del miracoloso, in quanto il suono sembra il risultato di un concerto tenutosi appena qualche mese fa.

Non è la prima volta che il tour del cantautore genovese insieme al noto gruppo prog-rock viene documentato da un’uscita ufficiale, dato che già nel 1979 e 1980 vennero realizzati i due volumi (in seguito uniti insieme) di Fabrizio De André In Concerto – Arrangiamenti PFM, e nel 2012 un altro live inedito venne inserito nello splendido cofanetto I Concerti; anche se la setlist di questo nuovo live è sovrapponibile a quelle dei lavori citati poc’anzi, è sempre un piacere riascoltare alcune delle più belle canzoni italiane di sempre riarrangiate in chiave elettrica. All’epoca il connubio De André/PFM ottenne anche diverse critiche proprio per il fatto che un cantautore “puro” come il genovese si fosse in un certo senso venduto in nome del rock, ma le lamentele riguardarono più che altro i critici dato che il pubblico fortunatamente rispose con entusiasmo. De André in quel periodo era in grande forma ed aveva appena pubblicato uno dei suoi album migliori, Rimini, ed Il Concerto Ritrovato documenta splendidamente uno dei migliori momenti della carriera del nostro insieme al miglior gruppo che abbia mai avuto alle spalle, una band di grandi musicisti (Franco Mussida, Franz Di Cioccio, Patrick Djivas, Flavio Premoli, Lucio Fabbri e Roberto Colombo) in grado di donare alle composizioni di Fabrizio un sapore completamente nuovo pur rispettandone al 100% la struttura originaria.

Ascoltiamo quindi scintillanti versioni di classici assoluti (La Canzone Di Marinella, Il Testamento Di Tito, l’esilarante Il Giudice, la struggente La Guerra Di Piero, Via Del Campo, Bocca Di Rosa), ma anche i primi frutti della collaborazione appena inagurata con Massimo Bubola (Andrea, Rimini, Sally, il coinvolgente bluegrass in lingua sarda Zirichiltaggia ed Avventura A Durango, bellissimo adattamento italiano della Romance In Durango di Bob Dylan). Non mancano brani meno noti del songbook di De André, come Maria Nella Bottega Del Falegname, la drammatica Giugno ’73 e la toccante Verranno A Chiederti Del Nostro Amore, mentre trova posto anche un piccolo capolavoro come la “coheniana” Amico Fragile, in una superba rilettura che supera gli otto minuti; chiusura con Volta La Carta e Il Pescatore, entrambe in una veste sonora assolutamente trascinante.

Un live imperdibile quindi questo Il Concerto Ritrovato, un modo unico di ricordare il più grande cantautore italiano di sempre in uno dei suoi momenti di massimo splendore artistico.

Marco Verdi

Sempre Da Genova E Dintorni, Con Passione! La Rosa Tatuata – Scarpe

la rosa tatuata scarpe

La Rosa Tatuata – Scarpe – Club De Musique/IRD

Continuiamo questo excursus su alcune uscite discografiche di musicisti italiani rock “indipendenti”, in tutti i sensi, ma soprattutto dal mainstream della musica leggera italiana. Di solito nel Blog, come avrete notato, non appaiono, per usare un eufemismo, molti dischi cantati in italiano,  artisti del Bel Paese, soprattutto ultimamente, alcuni ne passano, anche perché fa piacere spargere ll verbo della buona musica e di alcuni di questi album mi hanno chiesto di parlarne, quindi, se mi piacciono, provvedo più che volentieri, se no non ne sentireste neppure parlare, le recensioni negative non mi piacciono, piuttosto lascio perdere. Giusto ieri, sul Blog, avete visto la recensione del disco di Paolo Bonfanti e Martino Coppo, ebbene tutti e due sono presenti anche in questo Scarpe della band genovese La Rosa Tatuata, il secondo ospite al mandolino in un brano, Tutto quello che arriverà, il primo come co-produttore storico del gruppo, ma anche come musicista e cantante aggiunto nel nuovo disco. E’ una collaborazione che risale a molti anni indietro, quando nel gruppo militava ancora il membro fondatore della band, Max Parodi, scomparso nel 2008 per un infarto, a soli 38 anni https://www.youtube.com/watch?v=aTlkAPyicY4 . Bonfanti, genovese pure lui, ha prodotto i tre precedenti lavori della band, Al Centro Del Temporale del 1998, Bandiera genovese del 2001 e Caino del 2006. Ma il gruppo esisteva già dal 1992, e nel 1993, tra una collaborazione e l’altra con Bonfanti e Massimo Bubola, aveva già pubblicato un primo mini-album, Prigionieri del rock & roll, dove, almeno nel titolo, ma non solo, si respirava aria di Bruce.

la rosa tatuata

Proprio il rock classico americano, la scuola dei cantautori genovesi, ma anche veronesi (Bubola viene da lì), il combat folk-rock di gente come Modena City Ramblers e Gang (con cui hanno collaborato in passato) sono tra le influenze vestite con orgoglio dalla band, che nel corso degli anni ha avuto vari cambi di organico, alcuni forzati ed immagino abbia dovuto fare anche i conti con la difficile situazione del mercato discografico, sempre più deteriorata con il passare del tempo, otto anni tra un disco e l’altro non sono uno scherzo, comunque ce l’hanno fatta e questo nuovo Scarpe è un buon esempio di rock che è sì in italiano, ma allo stesso tempo di chiara matrice anglosassone https://www.youtube.com/watch?v=Y-m-K7bBmZk . Terre Di Confine, con Bonfanti ai cori, Bongianino alla fisarmonica, Claudio De Angeli dei Birkin Tree alla chitarra acustica, ha un sound che mescola folk, la canzone d’autore di Bubola, De Andrè, Guccini con il classico rock di Pogues, Steve Earle, i Men They Couldn’t Hang e certe cose più rock dei Modena City Ramblers. Ogni Notte D’estate, è un brano decisamente più rock, suono tra Mellencamp e Springsteen, sempre con in evidenza la bella voce di Giorgio Ravera, che oltre ad essere l’autore di testi e musiche, suona l’elettrica ed è il leader del gruppo, ben spalleggiato da Massimo Oliviero, l’altro chitarrista, qui anche al mandolino, che ingentilisce il sound della canzone, con un bel groove del basso di Nicola Bruno e della batteria di Massimiliano Di Fraia, a completare e a fare da collante anche l’organo di Andrea Manuelli. Ancora rock arrembante in Bei tempi andati, l’unico brano che porta la firma di Bonfanti, che la canta con Ravera e Filippo Sarti, forse siamo dalle parti del primo Ligabue e la musica del Boss, ma anche del Bubola più rockeggiante: ovviamente queste sono solo suggestioni e indicazioni suggerite al sottoscrito dall’ascolto, per una musica che ha comunque una sua dignità e un suo valore personale, simpatici i campionamenti di quella che sembra una tuba e il suono delle campane.

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Ancora rock incalzante per In Piena Luce, un bel testo poetico che parla di amori, viaggi marinari (sono pur sempre genovesi) e con un bel tappeto di chitarre elettriche ed acustiche ed un ritmo che può ricordare i primi Dire Straits di Mark Knopfler, sempre per dare dei punti di riferimento, non prendeteli per oro colato, solo come impressioni assolutamente personali di chi scrive. Molto bella Aprimi Le Ali, forse il brano migliore del disco, una ballata lirica, energica e ad ampio respiro, con la pedal steel di John Egenes (che ricordo in quasi tutti i dischi di Eliza Gilkyson ma anche con Jono Manson) e il sax di Sarti, che galleggiano sull’organo di Manuelli, mentre Ravera fornisce una delle più convincenti prove vocali dell’album https://www.youtube.com/watch?v=zM9yHLqdh9Q . Poi arriva il rock molto riffato e quasi sudista di In Fondo Allo Specchio, con Ravera e Bonfanti che si sfidano a colpi di solista e con l’armonica che fa capolino qui e là. Ancora rock italiano d’autore in una Tutto Quello Che Arriverà, arricchita dai mandolini di Coppo che aggiungono un’aria quasi country alle procedure, potremmo quasi definirla roots music italo-americana, per quella frammistione tra melodie nostrane e la tessitura musicale di tipico stampo rock. A Non C’è Più Fame partecipano David Frew,  vecchia chitarra solista degli irlandesi An Emotional Fish, band storica di inizio anni ’90 (quelli di Celebrate, la ricordate? Per i fans di Vasco, Gli Spari Sopra) e Trevor, cantante della band death metal genovese dei Sadist (?!), per un brano rock dalle ambientazioni sonore invece particolarmente raffinate.

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Danzando con i tuoi demoni, con il suono di varie chitarre stratificate che lo caratterizza, è una sorta di ballata mid-tempo, qualcosa che ricorda il giro soul di People Get Ready che poi si espande in un bel pezzo rock dalle melodie insinuanti, mentre Il Giardino Delle Rose Giganti, il brano dal testo più raffinato, ricercato e poetico, è anche una delle canzoni più ricche a livello sonoro, con un bell’intreccio di organo, pedal steel e chitarre varie. Scarpe è una specie di boogie R&R all’italiana, con tanto di pianino da saloon, a cura di Enrico Carpaneto,  mosso e divertito nella sua semplicità di fondo. Tutti cercano, di nuovo con in primo piano la fisarmonica di Bongianino, è una sorta di quadretto acustico e poetico alla Fabrizio De André, dolce e sognante, per concludere degnamente un piacevole disco, ricco di passione e impegno, probabilmente non salverà le sorti della discografia mondiale, ma mi sento di consigliarlo in quanto è in grado di garantire agli ascoltatori trequarti d’ora di onesto intrattenimento e nel desolante panorama italico attuale già non è poco!

Bruno Conti 

Recuperi Di Fine Anno Parte 5 : Orgogliosamente Rock D’Autore Italiano! – Massimo Priviero – Ali di Libertà

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Massimo Priviero – Ali di Libertà – MPC Records/Self

Su Massimo Priviero, dopo 25 anni di carriera (è in pista dal 1988), e quindici dischi (con questo ultimo lavoro Ali di Libertà http://www.youtube.com/watch?v=o1g7VM5sPdQ ), per quanto mi riguarda, trovo ancora pertinente la famosa frase di Jon Landau (riferita a Bruce Springsteen) usata per lanciare il rocker del New Jersey ( voi trasportate a Jesolo!): ho visto il futuro del rock italiano, e il suo nome è Massimo Priviero. Una definizione impegnativa, alla quale Priviero non è riuscito, se non in piccola parte, a mantenere fede, ma che se non altro ha il merito di collocarlo all’interno di una tradizione sonora ben precisa (quella del più classico rock metropolitano a stelle e strisce), sviluppata sempre con estrema coerenza. Dopo una gavetta svoltasi in ambito locale, con formazioni rock e blues, e un breve periodo trascorso a suonare nelle stazioni delle metropolitane di alcune capitali europee, Massimo firma un contratto con la Wea, e il frutto del sodalizio è l’esordio con San Valentino(88) registrato a Londra (un buon esempio di cantautorato elettrico).

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Spinto dal relativo successo della canzone che dava il titolo all’album, per il lavoro successivo, Nessuna Resa Mai (90, viene chiamato Little Steven (allora ex colonna portante della E Street Band di Springsteen) nella doppia veste di ospite e produttore, mentre il seguente Rock in Italia (92) è realizzato in collaborazione con Massimo Bubola. Dopo due lavori interlocutori Non Mollare (94) e l’omonimo Priviero (98), seguono ancora delle buone produzioni, a partire da Poetika (01), Testimone (03) con cui si rinnova la collaborazione con Bubola, per poi passare all’Universal con cui incide Dolce Resistenza (06,) indi Rock & Poems (07), una colonna sonora Unbroken Ghost (08), Sulla Strada (09), lo splendido Rolling Live (10) e il recente Folkrock (12) condiviso con il bravissimo violinista Michele Gazich (un disco di cover, un atto d’amore verso la musica americana).

Lo accompagnano in questo nuovo viaggio musicale i fidati musicisti di sempre (tra cui il figlio Tommy), con ospiti importanti come il bravo Alex Cambise alle chitarre e mandolino, Paolo Bonfanti alla chitarra slide, il fisarmonicista Riccardo Maccabruni e il “pard” Michele Gazich al violino, per undici canzoni di spessore, che convivono fra rock e poesia. Il disco inizia con la potente  e coinvolgente title track Ali di Libertà, con l’armonica a segnare il percorso musicale, mentre il pianoforte di Onofrio Laviola accompagna la struggente Il Mare, seguita da un rock “stradaiolo” come Apri le Braccia. La chitarra slide di Paolo Bonfanti ruba la scena nel brano In Verità (con un riff che ricorda Thunder Road del Bosshttp://www.youtube.com/watch?v=BhGAEsSCEOI , mentre nella seguente Madre Proteggi, ritorna a proporsi la spiritualità di Priviero (dedicata alla Madonna di diverse categorie), per poi continuare con Occhi da Bambino con il figlio Tommy alla chitarra acustica e gli assoli di chitarra di Cambise e il violino straordinario di Gazich, un brano stupendo dove sgorga tutta l’anima di Massimo.

massimo priviero alzati

Si riparte con Alzati un potente e trascinante rock (perfetto per le esibizioni live) da suonare a tutto volume http://www.youtube.com/watch?v=M16t_LjdAnU , La Casa di mio Padre, una struggente ballata autobiografica, dove hanno un ruolo importante anche le voci di Lisa Petty e Deborah Bosio, mentre Io Sono Là è un brano cantato con forza e vigore, un grido di protesta in stile marcia militare, con chitarre, tastiere e fisarmonica che sviluppano un suono vibrante. L’album (purtroppo) si avvicina alla conclusione con le atmosfere irlandesi (la cornamusa e il tin whistle di Keith Eisdale) di Libera Terra, canzone epica divisa in due parti, La Forza e Il Sogno, una “sarabanda” musicale dove all’unisono si mescolano le anime rock di Springsteen e folk di Woody Guthrie, per poi terminare con una bonus track Bacio D’Addio,degna chiusura di questo manifesto artistico.

Con Ali di Libertà Priviero arriva alla perfetta quadratura del cerchio, in quanto ancora una volta si dimostra un bravo interprete, sia nelle ballate lente, sia nel rock più energico, e con il suo staff  e la presenza di ospiti eccellenti e perfettamente integrati, dà vita a dodici canzoni dove convivono (oltre al mestiere) rock e poesia. Massimo Priviero è un rocker (di quelli veri), uno che non molla, e anche se non ha mai venduto tonnellate di dischi, si è conquistato e mantenuto una sua “nicchia” e per quanto mi riguarda, ritornando alla famosa frase iniziale, Massimo è certamente il passato, il presente e ancora il futuro del rock italiano.

NDT: Questo CD può essere un regalo intelligente per le prossime festività natalizie, in alternativa a tanti stagionati e osannati cantanti dell’asfittica discografia italica.

Tino Montanari

Novità Di Gennaio Parte III. Arbouretum, Aaron Neville, Alasdair Roberts, Bad Religion, Carrie Rodriguez, I Am Kloot, Steve Lukather, Chris Darrow, Black Sorrows, Arhoolie 50th Anniversary, Eccetera

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Terza settimana di uscite discografiche per il mese di gennaio, questi sono i titoli in uscita ufficiale (più o meno) il 22 gennaio. Magari alla fine vi aggiungo un paio di anticipazioni importanti di quelle del 29, mentre i titoli che non vedete, li trovate abitualmente con recensione ad hoc, oppure mi sono dimenticato. Le date sono quelle ufficiali, ma, ogni tanto, escono leggermente prima o dopo. Partiamo (casualmente) con tre autori che iniziano con A.

Gli Arbouretum, disco dopo disco, si sono creati un seguito a livello di culto, e ora con questo Coming Out Of The Fog, che esce per la Thrill Jockey, sembrano pronti al salto di qualità. Sono stati presentati come un incrocio tra Richard Thompson e Neil Young con i Crazy Horse, con qualche tocco di psichedelia come sovrappiù, e forse è eccessivo, quello che è indubbio è che sono bravi e questo album è uno dei mìgliori dell’inizio 2013.

L’omone nero dalla voce vellutata, ossia Aaron Neville, dopo avere girovagato per molte etichette, alla fine approda anche lui alla Blue Note, che da quando ha come presidente Don Was si è lanciata nel recupero dei grandi non solo del jazz, e quindi dopo Van Morrison ecco Neville. Ma non solo, il disco, My True Story, oltre che dallo stesso Was, è prodotto da Keith Richards, che naturalmente suona anche la chitarra, insieme a Benmont Tench alle tastiere, Greg Leisz, pure lui alle chitarre, Tony Scherr al basso (Bill Frisell, Norah Jones) e George Receli (Bob Dylan), alla batteria. Il repertorio è quello classico, che Aaron Neville rivisita con la sua voce unica: Be My Baby delle Ronettes, Gypsy Woman di Curtis Mayfield con gli Impressions, ma anche materiale antecedente dell’epoca doo-wop e R&B, un trittico dei Drifters, Money Honey, Under The Boardwalk, This Magic Moment, Tears On My Pillow di Little Anthony & The Imperials, Work With Me Annie di Hank Ballard e altre delizie d’epoca. 

Alasdair Roberts potrebbe essere un nome che ai più non dice nulla, ma è anche lui uno dei nomi più importanti del folk inglese, e scorrendo le note di molti dischi del genere è facile incontrarlo. Prima con gli Appendix Out e poi come solista ha già pubblicato una decina di album (anche collaborazioni con Will Oldham e Jason Molina dei Songs:Ohia e Magnolia Electric Co.). Ma essendo scozzese anche con Karine Polwart, Jackie Oates, John McCusker, Dougie MacLean. Questo nuovo album che esce per la Drag City, A Wonder Working Stone è attribuito a Alasdair Roberts & Friends, anche se non ci sono nomi famosi è il “gruppo” che si chiama così: il musicista più famoso è il chitarrista Ben Reynolds dei Trembling Bells, che svolge il compito che fu di Richard Thompson nei Fairport Convention. Anzi, già che ci siete, se già non li conoscete, appuntatevi anche i Trembling Bells, se vi piacciono Fairport, Pentangle e Incredible String Band. Due segnalazioni al prezzo di una (cioè zero!).  Non ci sono video nuovi per cui ho messo quello che vedete sopra (o meglio ce ne erano due parlati, umorismo scozzese, se volete watch?v=v53IbsFRM6M

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Due gruppi e una solista sopraffina (almeno per me)

I Bad Religion hanno superato i 30 anni di carriera e nelle varie fasi hanno registrato una ventina di album. Questo True North esce come di consueto per la Epitaph (visto che l’hanno fondata loro) e non si discosta dal consueto punk/hardcore melodico, con qualche deriva vagamente hard/metal. Se vi piace il genere non vi deluderanno e se no amici come prima.

Nuovo disco anche per gli I Am Kloot, il terzetto inglese di Manchester pubblica il nuovo album, il sesto di studio più una BBC Session, si chiama Let It All In, viene pubblicato dalla Sheperd Moon e le critiche preventive della stampa inglese sono piuttosto buone, con qualche voce fuori dal coro soprattutto da parte di alcuni quotidiani (Guardian, Indipendent e Financial Times). Sentiremo. Genere? Boh: Alternative, Indie? Il disco è prodotto da due degli Elbow, Guy Garvey e Craig Potter.

Ho sempre avuto una speciale predilezione per Carrie Rodriguez sin dai tempi dei suoi dischi in coppia con Chip Taylor e poi mi sono piaciuti anche quelli come solista (2833294701c51bca19320a9fa8169be6.html, nonostante la scritta criptica al link trovate la recensione dell’ultimo disco di covers), di questo nuovo Give Me All You Got si dice un gran bene, pare che sia il suo migliore in assoluto, anche se al sottoscritto anche She Ain’t Me, quello prodotto da Malcolm Burn, piaceva parecchio. La cantante e volinista è proprio brava, ha una bella voce, scrive ottime canzoni (alcune anche con Chip Taylor, che appare nell’album come cantante), l’etichetta è la Ninth Street Opus, il produttore è Lee Townsend (Bill Frisell, Loudon Wainwright III, Kelly Joe Phelps), tra i musicisti Don Heffington alla batteria è il più noto. Tutti particolari non inutili, perché i dettagli danno un’idea dell’insieme. kLtAzzlwiuw Recentemente (a fine 2011) la Rodriguez aveva pubblicato anche un album in coppia con Ben Kyle We Still Love Our Country, molto bello.

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Una “strana” trilogia di uscite.

Ogni tanto Steve Lukather pubblica un album da solista (questo è il settimo), Transition che esce come al solito per la Mascot/Provogue fa parte di quelli da “cantautore” rock e non da virtuoso della chitarra, anche se ovviamente nel disco comunque si schitarra. Mah, non so, lascio a voi il giudizio, dovevo fare la recensione in anteprima ma poi ho optato per Robben Ford e forse è stato meglio.

Viene ripubblicato dalla Drag City il terzo album da solista di Chris Darrow (pensate che il leggendario ex leader dei Kaleidoscope non ha neppure una pagina come solista su Wikipedia, mentre spesso ce l’hanno anche “cani e porci”, inteso proprio in senso letterale, gli animali hanno le loro belle paginette), il disco si chiama Artist Proof ed uscì in origine nel 1978. Anche se non è il suo migliore in assoluto per gli amanti di country-rock, folk-rock e psychedelia gentile qualche spunto di interesse potrebbe esserci.

Sempre per amanti della buona musica, in questo caso australiana, esce il nuovo disco dei Black Sorrows, la grande band di Joe Camilleri che fonde con stile e classe Van Morrison, Graham Parker e Willy Deville (e non sto scherzando). Il nuovo disco, il primo dopo alcuni anni di pausa, si chiama Crooked Little Thoughts ed è addirittura un triplo, e questa è la buona notizia. Sono tutte nuove canzoni, 24 in tutto, raccolte in un Deluxe Edition con tanto di libro per la Head Records, però costa sui 65 dollari australiani e questa è la brutta notizia. Comunque abbiamo provato a richiederlo in Australia e qualcuno sul Blog (non appena arriva) provvederà a recensirlo (penso chi scrive, ma non è detto). Se volete approfondire nel Blog trovate questo: joe+camilleri

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Altra uscita interessante (e costosa) è questo box quadruplo che celebra i 50 anni di attività della Arhoolie Records, si chiama They All Played For Us e gioca sul doppio significato del titolo: “hanno suonato tutti per noi” in questo caso significa che in una serie di concerti tenutisi a Berkeley in California il 4-5-6 febbraio del 2011, tutti costoro hanno suonato per celebrare questa grande etichetta. Chi c’era?  Ry Cooder, Taj Mahal, Santiago Jimenez Jr., Laurie Lewis, Peter Rowan, Treme Brass Band, Maria Muldaur, Campbell Brothers, Savoy-Doucet Cajun Band, Country Joe McDonald, Barbara Dane and Bob Mielke’s Jazz Allstars e molti altri, tutto rigorosamente dal vivo e quindi inedito.

E con questo concludiamo il “giro” per questa settimana. La settimana prossima “ufficialmente” ma per i misteri della discografia potrebbero circolare prima e quindi ve li anticipo, solo come copertine, poi ne parliamo la prossima volta.

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That’s All.

Bruno Conti

P.s

Esce anche questo domani!

Massimo Bubola – In Alto I Cuori – Eccher Music/Self

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Ruth Gerson 1 – This Can’t Be My Life

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Ruth Gerson – This Can’t Be My Life – Wrong Records (pre-release uscita 20-7)

E’ un po’ di giorni che ci giro intorno, in ballottaggio con Mellencamp (23-8, troppo presto), il nuovo Mark Olson (27 luglio, anche questo prestino), Ronnie Earl (14 agosto, anche qui non ci siamo), pensavo anche al doppio dal vivo degli Steeleye Span (con relativo DVD), quello è uscito da tempo anche se è arrivato nelle nostre lande in questi giorni,perché non il nuovo Cyndi Lauper che fa blues? Poi alla fine ho deciso per questo, gli altri prossimamente.

Questo è uno dei classici dischi che ci sono e non ci sono, nel senso che l’uscita ufficiale è fissata per il 20 luglio, però sul suo sito e ai concerti lo vende già, anzi ce n’è pure un secondo, Deceived, di cover che è anche più bello ma andiamo per ordine cronologico.

Lei è una della cantautrici americane più brave come hanno testimoniato tra gli altri il San Francisco Chronicle e il New York Times, i giornali delle due aree geografiche dove ha vissuto, ma anche il Buscadero l’ha eletta tra le sue beniamine e in Italia ha una sorta di patria di elezione, nel 1997, nel periodo di sua massima popolarità, sempre a livello di “culto”, ha duettato anche con Massimo Bubola nel brano Mio Capitano tratto da Mon Tresor.

Come molti musicisti tra i più bravi per sopravvivere, oltre al canto, deve fare anche altri lavori, nel suo caso insegna, musica part-time nel primo periodo della sua carriera e a tempo pieno nei sei anni che sono intercorsi dall’uscita del precedente album Wake To Echo. Nel frattempo sono successe molte altre cose nella sua vita, un divorzio e il fatto di essere diventata una mamma single hanno influito sul suo stile di vita. Questo ritorno alla musica e ai concerti è coinciso con l’invenzione di tale Singinbell TM un bio-feedback device che aiuta il diaframma nella respirazione durante il canto, non chiedetemi come funziona ma pare che funzioni perchè grazie ai proventi di questo marchingegno ha potuto permettersi di tornare a fare la musicista e supportare economicamente la sua famiglia.

Questo album, This Can’t Be My Life era stato registrato, masterizzato e stampato, in una parola pronto, già nel 2007, poi il diavolo ci ha messo lo zampino ed è stato rinviato. Eccolo qua e le mie perplessità riguardano, in parte, il suono del disco: il produttore dell’album è tale Nic Hard (che ha prodotto The Bravery e Jesse Malin), ma è l’additional recording & mixing di Daniel Wise, collaboratore di Scissor Sisters e Secret Machines che non mi convince del tutto. Il tutto in quel di NYC prima del recente trasferimento nella Bay Area.

Per togliere i dubbi, trattasi comunque di musica che nel suo ambito è meglio del 90% di quello che trovate in giro. Solo che dal rock cantautorale del passato siamo passati a un pop-rock più di maniera, insomma da un incrocio tra Natalie Merchant e Patti Smith con un tocco della giovane Grace Slick come era stata definita siamo passati ad un incrocio tra Fiona Apple, Tori Amos e Sarah McLachlan con una spruzzata di Florence & The Machine. Sempre rispettabile ma non è la stessa cosa.

Comunque, come dicevo, il successivo Deceived ha già sistemato le cose, e questo album contiene in ogni caso dei brani di notevole spessore, è cantato con grande partecipazione, visti gli argomenti autobiografici trattati, e lei ha sempre una gran voce.

Diciamo che la parte iniziale e quella finale sono quelle migliori, in mezzo cala un po’ la qualità: Fresh Air è una bella ballata pianistica che ricorda le cose migliori di Fiona Apple, cantata con voce sicura e autorevole. This Can’t Be My Life, sempre pianistica, è più ritmata, un bell’arrangiamento e belle melodie che valorizzano la sua voce. Bulletproof, pop e orecchiabile non mi entusiasma. Anche Stay With Me con troppe tastiere e batteria elettronica non mi fa impazzire, ma non è dissimile nel suono a cose tipo Florence & The Machine e quindi magari mi sbaglio. Someday Soon veleggia sempre su questa sonorità pseudo-moderne senza infamia e senza lode. Don’t Go (for ‘em) è una ulteriore variazione sul tema (magari la useranno per qualche spot di automobili giapponesi, molto gettonati questo tipo di brani). Does Your Heart Weep è una ballatona con piano e organo, che ti prende al cuore, semplice ma efficace,contrariamente a quanto si possa pensare non è una canzone d’amore ma parla di guerra, in ogni caso molto bella con la voce molto compartecipe e perfetta, da una insegnante di canto, di grande talento, non potresti aspettarti di meno. Hazel non sarebbe male ma ha sempre quell’elettronica leggermente fastidiosa.

Anche You Lie avrebbe fatto ben altra figura con un arrangiamento rock tipo i vecchi album. Black Water viceversa è ancora una bella ballata pianistica in crescendo di notevole appeal mentre per la conclusiva Take It Slow hanno addirittura scomodato le Heart di Dreamboat Annie, lo spirito è quello, acustico ma con l’anima rock che c’è ma in questo album rimane un po’ nascosta. Disco di transizione ma comunque rispettabile, il sesto della sua discografia, il settimo tra poco, anche su questo Blog.

Per chi non l’avesse mai vista o sentita.

Bruno Conti