Natale In Ritardo E Fuori Stagione, Ma Questa E’ Brava! Susan Marshall – Decorations Of Red

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Susan Marshall – Decorations Of Red – Madjack Records

A volte mi capita (è successo in passato, succede nel presente, e succederà in futuro), di scoprire dei gruppi e cantanti misconosciuti quasi per caso, e (quasi sempre) apprezzarli molto di più di altri grandi nomi. Uno dei primi di questi “casi” è successo nel lontano ’94 per i Mother Station, un gruppo poco noto proveniente da Memphis, che aveva la particolarità di essere guidato da due donne: dalla ottima chitarrista Gwin Spencer e dalla meravigliosa voce di Susan Marshall, che insieme a Rick Shelton alla batteria e Paul Brown al pianoforte, pubblicavano Brand New Bog (assolutamente da recuperare, lo si trova ancora a prezzi contenuti), un lavoro dal suono potente, molto ispirato sia al “southern rock” quanto al vecchio stile blues modernizzato, purtroppo l’unico disco uscito fino ad oggi. In sintesi il disco era composto da dodici brani, undici scritti dalla Spencer, il dodicesimo invece era una cover di un vecchio brano degli Humble Pie Fool For A Pretty Face, con le ballate finali Show You The Way e Stranger To My Soul, in cui la Marshall dava un saggio della sua bravura vocale.

Dopo questo doveroso preambolo per inquadrare la figura di questa cantante, una breve cronistoria: la carriera di Susan Marshall dopo lo scioglimento del gruppo è proseguita come backing vocalist, fornendo la sua voce a tante registrazioni (viene accreditata in più di 100 album) di artisti importanti come Lynyrd Skynyrd, Primal Scream, Afghan Whigs, Lenny Kravitz, Toy Caldwell, Willy DeVille, Ana Popovic, Lucinda Williams, Solomon Burke, North Mississippi Allstars, Bottle Rockets, Cat Power e moltissimi altri. Nel frattempo Susan si è messa a scrivere canzoni e suonare il pianoforte, e il suo debutto da solista  era avvenuto con Honeymouth (02), seguito da Firefly (05), Little Red (09), quasi tutti colpevolmente ignorati dalle nostre parti.

Questa ultima fatica Decorations Of Red (uscito sul finire dello scorso anno), è una bella raccolta di brani a carattere natalizio, con alcune “cover” d’autore a tema, e per registrarlo Susan (con la produzione di Jeff Powell) si è recata nei mitici studi Sam Phillips Recording Services di Memphis (tutti travestiti da Babbo Natale), David Cousar alle chitarre elettriche e acustiche, Clifford “Peewee” Jackson alla batteria, Jana Misener al cello, contrabbasso e armonie vocali, e la stessa Marshall al piano e tastiere, per confezionare nove brani dove la voce di Susan può spaziare in libertà di vocalizzo.

Le “decorazioni rosse” stagionali si aprono con una magnifica versione di un brano di William Bell Every Day Will Be Like A Holiday, una ballata “soul” con tanto di coretti in puro stile “Stax”, per poi passare ai classici sempiterni, una Santa Baby (ascoltate anche la versione originale di Eartha Kitt) rifatta in chiave blues, e una White Christmas cantata in modo celestiale dalla nostra “amica”, e  quindi omaggiare una grande cantautrice come Carole King con la sua nota Home Again, pescata dal famosissimo e pluridecorato Tapestry (71). Le confezioni natalizie contengono un altro “standard” come  Jingle Bells, rivoltato come un calzino dall’arrangiamento della Marshall, a cui fanno seguito una sofferta Little Things A Lot , una Blue Christmas di Billy Hayes riletta in chiave ovattata e “jazzy”, per poi rispolverare un’altra grande canzone “stagionale” come River di Joni Mitchell (questa la trovate sul mitico Blue) in una versione pianistica da brividi, e chiudere con l’inedito Deck The Halls, Y’All (firmato da tutti i componenti della band), dove Susan sperimenta nuovi percorsi sonori.

Susan Marshall in tutti questi anni, si è costruita una dignitosa carriera indipendente nell’ambito del sottobosco musicale americano, confermandosi una straordinaria cantante tra le più brave e versatili attualmente in circolazione (siamo in zona Beth Hart https://www.youtube.com/watch?v=jjYc2TIGBxE , Dana Fuchs e Grace Potter), con una voce chiara e potente, doti che la fanno apprezzare come “vocalist” dagli addetti ai lavori e dagli amanti della buona musica. Se ancora non conoscete questa signora, è giunto il momento di rimediare a questa lacuna. Oppure aspettate il prossimo Natale!

Tino Montanari

*NDT. Dopo Dana Fuchs e Susan Marshall, per chiudere il cerchio delle belle voci, a giorni sarà il turno di un’altra grande cantante, Shaun Murphy. Alla prossima!

Dal Quasi Punk Rock Al Quasi Southern Soul! Lucero – All A Man Should Do

lucero all a man should do

Lucero – All A Man Should Do – Ato Records

Dopo il bellissimo album dal vivo dello scorso anno Live From Atlanta http://discoclub.myblog.it/2014/08/27/il-the-last-waltz-lucero-live-from-atlanta/ , tornano i Lucero di Ben Nichols, a tre anni di distanza dal precedente lavoro in studio Women And Work (12), che dopo 1372 Overton Park (09) disco con la produzione di Ted Hutt (Old Crow Medicine Show, Gaslight Anthem), aveva iniziato una sorta di nuovo corso, ricordando a tutti di essere una band del Tennessee, Memphis nella fattispecie, firmando per un CD anche con una major come la Universal Republic, solo per il disco del 2009, e, dallo scorso album, inserendo nelle loro canzoni  anche una piccola ma agguerrita sezione fiati condotta da Jim Spake e l’uso massiccio del pianista Rick Steff (ormai membro fisso del gruppo). Il frontman Ben Nichols (voce e anima della band), ha dichiarato che questo nuovo lavoro All A Man Should Do è il disco che avrebbe sempre voluto fare, e per fare questo si è recato nei mitici Ardent Studios della natia Memphis, con l’attuale “line-up” composta da Roy Berry alla batteria, John C.Stubblefield al basso, Brian Venable alle chitarre elettriche, il bravissimo Rick Steff a piano, tastiere e organo, con l’aggiunta della “solita” sezione fiati che vede Jim Spake al sassofono e Randy Ballard alle trombe, e come vocalist aggiunte le sorelle Shontelle e Sharese Norman, il tutto sempre sotto la produzione di Ted Hutt.

La bella apertura iniziale è in un certo senso sorprendente, con una meravigliosa Baby Don’t You Want Me, che già poteva stare bene nel bellissimo Tennessee (02), seguita dalla commovente Went Looking For Warren Zevon’s Los Angeles (un sentito omaggio al compianto cantautore), per poi passare ad una delicata The Man I Was, ai fiati in gran spolvero della grintosa Can’t You Hear Them Howl, e a una ballata classica come I Woke Up In New Orleans, cantata con voce sofferta da Ben e impreziosita dalle evoluzioni pianistiche di Rick Steff. La seconda facciata virtuale riparte alla grande con i fiati della bellissima Throwback No.2 dal crescendo incalzante, a cui fanno seguito il folk di They Called Her Killer, cadenzato dalla fisarmonica di Steff e dalla sezione fiati, una Young Outlaws dove magicamente del sano rock incontra il Rhythm & Blues più sanguigno, poi omaggiare i grandi Big Star con una cover di I’m In Love With A Girl (con la partecipazione diretta del componente originale della band Jody Stephens), andando a chiudere infine in bellezza con la struggente melodia di My Girl And Me In ’93, dove emerge ancora una volta la bravura di Rick Steff.

Ignorati all’inizio praticamente da chiunque per la discontinuità con cui si proponevano, i Lucero negli anni hanno compiuto una maturazione graduale, che li ha portati dal punk-rock degli esordi al rock stradaiolo, e ora in questa ultima fase ad una sorta di Memphis sound, con un filo conduttore che ci riporta comunque al leader Ben Nichols, un grande talento che sa scrivere spesso belle canzoni.

Con questo All A Man Should Do (il decimo album contando anche il Live ed escluso Attic Tapes) i Lucero si apprestano a festeggiare il ventennale di carriera (mancano però ancora tre anni), ed una vita sulla strada a cercare di proporre quel “grande sogno” chiamato rock’n’roll, a differenza di altre band che si sono perse per strada (Gin Blossons, Marah, Drive By Truckers, Hold Steady *NDB E qui dissento perché, secondo me, soprattutto le ultime due band godono ottima salute)), tenendo in alto il nome della città di Memphis, una eredità musicale che ha partorito negli anni alcuni degli artisti più importanti della storia della musica, dal Blues al Gospel, al Soul, fino al Rock’N’Roll (su tutti Elvis Presley che vi è anche sepolto). Purtroppo (come sempre, ma spero di sbagliare) piacerà sicuramente ai fans del gruppo, e passerà nel dimenticatoio per tutti gli altri, ma per quanto mi riguarda lo metto senza remore già tra i dischi dell’anno. Consigliato!

Tino Montanari

P.S. Sono stato via un paio di giorni, e al ritorno vedo che il titolare di questo Blog (nei commenti) è stato incolpevolmente tirato in ballo per un errore che stato mio e solamente mio, di cui mi sono subito autocensurato. Per quanto riguarda la lettrice Valentina Mazzanti (che non ho il piacere di conoscere), se passa dalle parti di Pavia le offro volentieri un caffè per poter scambiare due parole in assoluta libertà.