Supplemento Della Domenica: Anticipazione. Non Solo Un’Operazione Di Marketing, Ma Anche (Finalmente) Un Gran Bel Disco! Santana – Santana IV

santana iv

Santana – Santana IV – Santana IV Records/Thirty Tigers CD

Quando, sul finire dello scorso anno, ho letto la notizia che Carlos Santana aveva riformato la band dei suoi primi tre, storici album (Santana, Abraxas, Santana III) ho storto un po’ il naso, in quanto la cosa mi puzzava di espediente per rilanciare una carriera che aveva di nuovo preso una china discendente. Diciamo che sul chitarrista di origine messicana ero anche un po’ prevenuto, in quanto non sono mai stato un suo grande fan: dando per assodata la sua abilità con lo strumento (davvero formidabile) ed anche il fatto che con quei primi tre album aveva inventato un suono (mescolando ritmi latini, blues, psichedelia e rock, ricavandone un cocktail unico, rubando lo show, come si dice in gergo, anche a Woodstock, dove si esibì da totale sconosciuto), è anche vero che poi ha vissuto di rendita per tutto il resto della carriera (o almeno da Borboletta in poi), riciclandosi all’infinito senza più trovare l’ispirazione, ma anzi cercando sempre di più il successo commerciale, a discapito della qualità delle registrazioni.

Quasi relegato al ruolo di vecchia gloria per tutti gli anni ottanta e novanta, ha avuto un improvviso colpo di coda nel 1999 con l’album Supernatural, uno dei dischi più venduti di tutti i tempi, e che ha riportato in auge il suo nome, grazie anche a singoli perfetti come Smooth e Corazon Espinado (ma il disco era, a mio parere, discreto, non certo un capolavoro); il successivo Shaman vendette molto meno, e la qualità ricominciò a scemare, e non sono serviti altri quattro album (Guitar Heaven, per usare un’espressione cara a Bruno, era una tavanata galattica *NDB Infatti, inserito tra i peggiori dischi del 2010)) per rilanciarsi.L’interesse per questo nuovo disco (e per la reunion) era dunque molto alto: Carlos ha richiamato a sé il chitarrista Neal Schon ed il tastierista/organista e vocalist Gregg Rolie (entrambi, dopo la prima esperienza con Santana, hanno formato i Journey, nei quali Schon milita ancora oggi, mentre Rolie li ha lasciati nel 1981 tentando una poco fortunata carriera da solista, rientrando nei Santana per un paio di album, e militando in seguito in una delle mille line-up della All-Starr Band di Ringo), oltre al batterista Michael Shrieve ed al percussionista Mike Carabello; le uniche concessioni alla band attuale di Carlos sono il bassista Benny Rietveld (David Brown non è più tra noi da tempo) e l’altro percussionista Karl Perazzo. 

Santana IV, fin dal titolo (che si ricollega dunque idealmente al terzo album) e dalla copertina rimanda a quei giorni gloriosi ma, sorpresa delle sorprese, anche il contenuto musicale è notevole: Carlos, forse grazie anche alla rinnovata collaborazione coi vecchi amici, sembra aver ritrovato l’ispirazione, e tra i sedici brani del CD (non ci sono edizioni deluxe) non c’è una sola nota da buttare (solo un paio di leggeri cali). Il nostro è sempre un grande chitarrista, e questo lo sapevamo, ma l’intesa che ha con il resto del gruppo (specie con Rolie, altro grande protagonista del CD) è tale che sembra quasi che non si fossero mai separati. I brani sono tutti accreditati al gruppo stesso, e rappresentano tutto il mondo di Santana a 360 gradi, tanto rock, lunghi assoli, un suono caldo dominato da organo e percussioni, ma anche struggenti brani d’atmosfera, un cocktail che in certi momenti sembra far rivivere l’antico splendore, e che rende Santana IV di gran lunga il miglior disco di Carlos da quarant’anni a questa parte.

L’album si apre con la strana (ma interessante) Yambu, con la sua ritmica tribale e la chitarra wah-wah che duetta abilmente con l’organo di Rolie, ed il cantato che sembra un inno propiziatorio di qualche tribù ad una divinità: un inizio spiazzante, ma anche accattivante. Shake It porta il disco su territori più rock: ancora gran gioco di percussioni, Rolie canta con grinta e Schon fornisce un aggressivo background ritmico sopra il quale si staglia splendida la chitarra del leader. Anywhere You Want To Go è il primo singolo dell’album: dopo un intro in cui i musicisti sembrano accordare gli strumenti, parte una ritmica tipica del nostro, subito doppiata dall’organo, un suono caldo, chitarra stellare ed un motivo molto orecchiabile, un pezzo dalla struttura simile a Oye Como Va. Un brano riuscito, radiofonico ma di sostanza allo stesso tempo. La lunga Fillmore East già dal titolo evoca l’epoca gloriosa della band (ed è anche un omaggio a Bill Graham che lo ha scoperto): inizio lento ed ipnotico, con la chitarra del nostro che sembra faticare a trovare una linea melodica, poi circa a metà il brano parte deciso anche se non ci sono cambi di ritmo. Non il brano migliore del CD, e forse con quel titolo si doveva fare meglio.

Love Makes The World Go Round (titolo non originalissimo) vede la presenza di Ronald Isley, leggendario leader degli Isley Brothers, alla voce solista: la base strumentale è tipica, il connubio chitarra/organo da manuale, ed il vocione di Ronald dona un sapore errebi solitamente estraneo al suono di Santana; Isley resta anche per il pezzo successivo, la potente Freedom In Your Mind, un rock venato di funky dal suono “grasso” e solita chitarra magistrale, che fa muovere volentieri il piedino. Da questi primi brani è lampante come Carlos sia maggiormente dentro al suono ed alle canzoni che nei suoi ultimi dischi, nei quali i suoi assoli risultavano posticci quando non appiccicati alla bell’e meglio, senza un minimo di feeling. La ritmatissima Choo Choo, con i suoi insistenti riff di organo ed il suo mood coinvolgente, è un tripudio di suoni e colori, ed è il Santana che tutti volevamo (e qui il chitarrista è meno all over the place del solito, infatti il vero protagonista è Rolie); il brano sfocia in una scatenata jam session intitolata All Aboard, che purtroppo finisce quasi subito.

Suenos è un lento d’atmosfera decisamente evocativo, nel quale il nostro sostituisce il furore elettrico con una splendida chitarra spagnoleggiante, una canzone sullo stile di classici come Europa e Samba Pa Ti: sarà anche auto-riciclaggio, ma avercene! Caminando è un festival di suoni e percussioni, anche se ogni tanto spunta un synth non proprio graditissimo ed il cantato è stranino, mentre Blues Magic è splendida, uno showcase per le due chitarre di Carlos e Neal, che si alternano con assoli liquidi ben supportati dalla voce di Rolie: grande pathos, uno dei momenti migliori del disco. Echizo è uno strumentale dai toni epici, solito magistrale gioco di percussioni e Santana e Schon che duellano alla grande (vince Carlos, ma Neal vende cara la pelle), chi ama i brani per chitarra qui troverà trippa per gatti; ottima anche Leave Me Alone, di nuovo il Santana più tipico, una canzone decisamente godibile e fluida, un potenziale singolo (anche meglio di Anywhere You Want To Go), mentre in You And I si riaffaccia il lato romantico del nostro, anche se c’è un sottofondo di tensione che dà un tono pinkfloydiano al pezzo (e Carlos nel finale fa i numeri). Il CD si conclude con la solare Come As You Are, ancora ritmo a mille ed un motivo godibilissimo (quasi un calypso caraibico, uno dei pezzi più immediati del disco), e con la lunga Forgiveness, solito inizio lento e fluido nel quale gli strumenti scaldano i muscoli, poi sia Carlos che Neal iniziano a far cantare le chitarre, ed il brano assume quasi le caratteristiche di uno space rock.

Sono il primo ad essere felice del fatto che Carlos Santana sia ancora tra noi, qualitativamente parlando: spero solo che Santana IV non sia un fuoco di paglia, e che non dobbiamo attendere altri quarant’anni per il quinto capitolo, perché non ce la possiamo fare, né noi, né soprattutto loro! Il disco esce il 15 aprile.

Marco Verdi