Christy Moore Una Vera Leggenda Irlandese, Parte I

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Christy Moore 1970 1

Christopher AndrewChristyMoore nasce a Newbridge, nella Contea di Kildare, Irlanda, il 7 Maggio 1945, quindi hai ormai tagliato il traguardo dei 75 anni, e anche oltre 50 anni di carriera, visto che il primo album Paddy On The Road fu registrato con Dominic Behan ai Sound Techniques Chelsea di Londra nel 1969 e benché pubblicato da una etichetta importante come la Mercury ebbe una tiratura limitata in vinile di sole 500 copie, e poi in seguito, molti anni dopo, pubblicato anche in CDR a livello autogestito dallo stesso Christy, con una qualità sonora diciamo non impeccabile: stile musicale a grandi linee alla Dubliners https://www.youtube.com/watch?v=s1wF9Z0hpXY , con il nostro accompagnato da un gruppo di jazzisti assemblato da Behan, e come ebbe a dire lo stesso Moore, le affinità tra loro erano più intorno ad un boccale di birra che per motivi stilistici, benché il disco risentito oggi risulti piacevole, in parte influenzato anche dal nascente fenomeno del folk-rock britannico, da cui sarebbero uscite band come i Fairport Convention, gli Steeleye Span e i molti più raffinati Pentangle, oltre a decine di altre.

Christy Moore Paddy_On_The_Road_(1969)

Il nostro amico non era già più un giovane di belle speranze, considerando che aveva 24 anni, e nel Regno Unito dell’epoca molti erano quasi alla fine della carriera a quella età, George Harrison e Paul McCartney avevano solo 2-3 anni più di Moore. Comunque parecchi musicisti irlandesi si spostavano in Inghilterra dove c’erano molte più possibilità di lavorare, e anche la scena folk più tradizionale era in piena fioritura, tanto che che Christy Moore decide di tornare in Irlanda, dove nel 1972 viene pubblicato il suo primo vero album solista, ovvero

Christy Moore Prosperous_album_cover

Prosperous – 1972 Tara Music ***1/2, disco che prende il nome di una città delle Contea di Kildare, e dove il nostro amico, voce solista e chitarra, è affiancato da Andy Irvine, mandolino e mouth organ, Liam O’Flynn, uileann pipes e tin whistle e Donal Lunny, chitarra e bouzouki, che quasi subito dopo diventano i Planxty, ma nel disco in questione sono affiancati anche da Kevin Conneff, futuro Chieftains, al bodhran, Clive Collins al violino e Dave Bland alla concertina, entrando stilisticamente in contrasto con i citati Dubliners, più orientati verso un suono da pub, vicini ai Chieftains che cominciavano ad ampliare i loro orizzonti sonori, gli Sweeney’s Man, nei quali militavano proprio Irivine e Terry Woods, di lì a poco negli Steeleye Span e in futuro nei Pogues, oltre a Johnny Moynihan, prima nei Planxty e poi nei De Danann, dove andrà a sostituire proprio Irvine. Quindi come vedete c’era un forte intreccio e interscambio nel filone folk, prettamente più acustico e rigoroso, ma con nuove traiettorie sonore meno tradizionali rispetto alla tradizione, se mi scusate il bisticcio, anche se il repertorio veniva in gran parte da lì, come dimostra Prosperous, dove a fianco di un solo brano di Moore, la mossa e deliziosa I Wish I Was In England https://www.youtube.com/watch?v=e7SpMXFFRDE , c’erano ben sette traditionals arrangiati dallo stesso Christy, oltre ad un pezzo di Bob Dylan Tribute To Woody https://www.youtube.com/watch?v=fFkKmqcqOTI , uno dello stesso Guthrie The Ludlow Massacre https://www.youtube.com/watch?v=ktWxFtkL314 , che illustrano un approccio più cantautorale che già da allora è una caratteristica di Moore, ottime anche A Letter To Syracuse di Bill Caddick e Spancil Hill, famosa per un futuro duetto di Christy con un non più giovane, ma comunque sdentato ed “inebriato” Shane MacGowan https://www.youtube.com/watch?v=_iUEwB4ME3I , oltre a Raggle Taggle Gypsy ;Tabhair Dom Do Lámh  https://www.youtube.com/watch?v=RCJxHXax6LA poi nel primo Planxty.

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Ben sei delle canzoni del disco sono contenute in The Early Years 1969-1981 –2020 2CD +DVD Tara/Universal ****, che è stato il motivo scatenante di questo articolo e dalla cui recensione potete attingere per recuperare altre informazioni sul primo periodo della carriera di Moore. Nello stesso anno inizia la prima parte dell’avventura con i Planxty che si svolgerà in tre fasi e che accorpiamo qui sotto

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The Planxty Years 1972-1974 – 1979-1983 – 2004

PlanxtyAlbum

Planxty – 1973 Polydor/Shanachie****1/2 Uno dei dischi più belli dell’epopea del folk, ma lo sono tutti quelli della band: Christy Moore, Andy Irvine, Donal Lunny e Liam O’Flynn crearono una unità di intenti e una alchimia di suoni raramente riscontrati in altri gruppi dell’area celtica. Dall’apertura con il medley Raggle Taggle Gypsy / Tabhair Dom Do Lãmh, già presente in Prosperous, fino alla conclusiva The Blacksmith è tutto un susseguirsi di brani splendidi, Moore è il leader indiscusso, ma gli altri non sono dei semplici comprimari https://www.youtube.com/watch?v=SHefR3Ttd_c&t=6s . Tra reel, brani tradizionali arrangiati collegialmente, un brano di Ewan MacColl, una canzone di Andy Irvine, vari strumentali il disco, registrato a fine 1972 e pubblicato all’inizio del 1973. si ascolta con immenso piacere. Lo stesso anno esce

Planxty Wellbelowalbum

The Well Below The Valley – 1973 Polydor/Shanachie****1/2 Stessa formazione anche per questo album e pari risultati superbi, dodici brani in tutto https://www.youtube.com/watch?v=AcAPM-98JQw , con di nuovo solo un brano di Andy Irvine, mentre il resto è composto da traditionals arrangiati dalla band, quattro strumentali mi pare, tra gighe, reels e hornpipes, non vi ricordo i titoli del disco perché sono tutti eccellenti https://www.youtube.com/watch?v=0p3fN0RSmpM . L’anno successivo esce il terzo album

Planxty Coldblowplanxty

Cold Blow And The Rainy Night – 1974 Polydor/Shanachie****1/2 Già è bello dal titolo, fortemente evocativo. Per l’occasione c’è una novità significativa. In formazione entra anche il citato poc’anzi Johnny Moyniham a voce, bouzouki, violino e tin whistle, questa volta il repertorio è tutto tradzionale, proprio per sfizio vi ricordo la splendida iniziale corale Johnny Cope https://www.youtube.com/watch?v=4jjsK0-TfOk , la struggente title-track https://www.youtube.com/watch?v=si9gOQwanwc , e dal lato Moore la delicata e sognante The Lakes Of Pontchartrain, oltre alla lunga conclusiva The Green Fields Of Canada, veramente magnifica https://www.youtube.com/watch?v=iQWgdAew40o . Finita la fase uno, Christy torna alla carriera solista ma noi proseguiamo con gli altri album del gruppo.

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After The Break – 1979 Tara/Shanachie***1/2 Esce Moyniham e arriva Matt Molloy al flauto, ex Bothy Band (con Lunny) e futuro Chieftains, sempre repertorio tradizionale arrangiato collegialmente, il vinile ha otto pezzi, nella versione in CD ne vengono aggiunti due. Prodotto da Donal Lunny ai Windmill Lane Studios di Dublino, l’album è forse leggermente inferiore ai tre precedenti, ma è comunque sempre un bel sentire: nel brano Smeceno Horo vengono unite le tradizioni irlandesi e bulgare https://www.youtube.com/watch?v=mHDPesWdFo8 , e una delle due bonus del CD è la bellissima canzone di Irvine The Bonny Light Horseman https://www.youtube.com/watch?v=Ooq3e_PnD68 . L’anno successivo arriva

Planxty Womaniloved

The Woman I Loved So Well – 1980 Tara/Shanachie**** Per l’occasione, oltre a Molloy che rimane come ospite, vengono inseriti in aggiunta Bill Whelan alle tastiere, Noel Hill alla concertina e Tony Linnane al violino: il disco si apre con una bella versione di un brano di Norman Blake True Love Knows No Season https://www.youtube.com/watch?v=7Msq5EubGZE , da notare un vorticoso strumentale The Tailor’s Twist con le uillean pipes di O’Flynn in evidenza e soprattutto https://www.youtube.com/watch?v=QteFInJBdG0 , mezza stelletta in più, per una epica versione di quasi 10 minuti della ballata Little Musgrave, che però tutti conosciamo come Matty Groves https://www.youtube.com/watch?v=vUTfv2P5oW4 . Altri tre anni di attesa e poi la terza reunion del gruppo con

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Words And Music – 1983 WEA/Shanachie***1/2 ancora line-up espansa con Bill Whelan, ora membro fisso e come ospiti i due violinisti Nollaig Casey e James Kelly, oltre a Eoghan O’Neill al basso elettrico, che nel 1982 era entrato a far parte dei Moving Hearts, altra band collaterale di Christy Moore di cui parliamo subito dopo l’excursus sui Planxty. In questo nuovo album da segnalare parecchi tradizionali tra i quali la lunghissima Lord Baker, arrangiata da Moore che la canta https://www.youtube.com/watch?v=qLFogBHY0Jo , una canzone di Irvine Aragon Mill , preceduta da uno strumentale https://www.youtube.com/watch?v=RzwwwMoGiCY e una ottima versione di I Pity The Poor Immigrant di Bob Dylan https://www.youtube.com/watch?v=60-eFNun2Ho . Altra lunga pausa e per la serie a volte ritornano, per la quarta volta, con un ottimo album dal vivo.

Planxty Live_2004_(Planxty)

Live 2004 – Columbia Sony Music Ireland anche in DVD**** Formazione originale a 4, si tratta di brani estratti da una serie di concerti in giro per l’Irlanda nel tour di quell’anno che riprende la storia da dove si era interrotta con grande fluidità ed eccellenti risultati, visto che dal vivo sono comunque strepitosi, e il DVD ha tre canzoni in più, con versioni magnifiche di tutti i loro classici https://www.youtube.com/watch?v=Nt4ySrsBBSQ .

Appendice 1 Planxty

Planxty Between_the_Jigs_and_the_Reels_-_A_Retrospective

Quatto anni fa esce una “piccola meraviglia” da non lasciarsi sfuggire, ecco quanto avevo scritto, mi cito: Between The Jigs And The Reels 2016 Universal Music **** una sorta di Santo Graal per i fans della band irlandese: un doppio album, CD+DVD, con il DVD come bonus (o se preferite due al prezzo di uno, anche dalla copertina non è chiaro il contenuto), anche con la sterlina che ultimamente dopo la botta della Brexit è risalita di valore, comunque a un prezzo veramente interessante, forse non di facilissima reperibilità, ma assolutamente fantastico per i suoi contenuti https://discoclub.myblog.it/2016/11/26/nuova-inattesa-sorpresa-dallirlanda-planxty-between-the-jigs-and-the-reel-cddvd/ . Il primo dischetto in effetti è “solo” un CD antologico, con 17 brani, tratti dalla loro discografia: ma comunque fondamentale anche per i completisti, con la presenza del raro singolo del 1981 Nancy Spain, che sul lato B presentava la suite composta da Donal Lunny e Bill Whelan, all’epoca in formazione, intitolata Timedance, da cui il secondo poi avrebbe preso spunto per creare la famosa serie di musiche e balletti conosciute in seguito come Riverdance.

planxty timedance

E l’altra chicca fu che il brano venne usato come pezzo da mandare in onda nell’intervallo dell’Eurovision Song Contest (il nostro Eurofestival per intenderci) tenutosi a Dublino il 4 aprile del 1981, con tanto di accompagnamento, insieme ai Planxty di una orchestra sinfonica e di una sezione ritmica https://www.youtube.com/watch?v=VnPI0qEDO5A . E lo si ritrova, in versione Live, anche nel DVD, estratto da un concerto del 1982 al National Stadium. E proprio la parte video è la grande sorpresa di questa confezione: 36 brani registrati per RTE, la televisione irlandese, tra il 1972 e il 1982, più o meno tutti inediti e il vero motivo per cui acquistare questo doppio, anche per chi ha già tutto di questa formazione, Ma che per non li conosce è comunque l’occasione per fare un incontro con uno dei più grandi gruppi della storia del revival del folk anglo-scoto-irlandese, tra innovazione e tradizione, guidato dai due grandi cantanti come Andy Irvine e Christy Moore, con l’ottimo Liam O’Flynn alle uilleann pipes e tin whistles, e il polistrumentista Donal Lunny, futuro catalizzatore anche della Bothy Band e dei Moving Hearts  (con Moore).

Appendice 2 Planxty

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Per la serie la saga non finisce mai, nel 2018 la tedesca Mig Records pubblica One Night In Bremen ***1/2 altra ottima testimonianza di un concerto della band dell’aprile del 1979, nel corso della seconda reunion, 12 canzoni che testimoniano ancora una volta la grandezza del gruppo https://www.youtube.com/watch?v=4U1zAx-DTzI . Passiamo ora ai

Moving Hearts 1981-1985

moving hearts 1981-1985

Quattro album pubblicati tra il 1981 e il 1985, più una reunion nel 2007 per un Live a Dublino in CD+DVD, ma Christy Moore c’è solo nei primi due, ma che dischi ragazzi (non che gli altri siano brutti, visti a Milano dal vivo nel 1984 e anche senza Christy. con Mick Hanly alla voce, erano comunque un fior di gruppo)!

Moving_Hearts_(1981_album_cover)

Moving Hearts – 1981 Warner Music Group **** una delle prime band irlandesi nell’ambito folk celtico ad usare una strumentazione elettrica (non contiamo i gruppi scozzesi, inglesi o misti), forse con l’eccezione dei grandi Horslips, più vicini anche al rock: la formazione originale, con sette elementi prevedeva Christy Moore, voce, chitarra e bodhran, Donal Lunny, voce, bouzouki e synth, Declan Sinnott, chitarre elettriche ed acustiche, uno dei più grandi solisti usciti dalla Emerald isle, Davy Spillane, uilleann pipes, low whistle, un altro strumentista formidabile, Keith Donald sax tenore e soprano, Eoghan O’Neill, basso, anche fretless e Brian Calnan batteria. Questo album omonimo è un piccolo capolavoro: a partire dalla travolgente Hiroshima Nagasaki/Russian Roulette (siamo sempre negli anni del forte impegno anti-nucleare) https://www.youtube.com/watch?v=mAPXTVotR4w , una versione superba di Before The Deluge di Jackson Browne, che se la batte con l’originale https://www.youtube.com/watch?v=s5w5cuNbygg , un formidabile strumentale come McBrides dove girano a mille https://www.youtube.com/watch?v=C15AcKRQR3Q , solo per citarne alcune, ma tutto il disco è bellissimo. L’anno dopo esce

Moving Hearts Dark_End_of_the_Street_Moving_Hearts_LP

Dark End Of The Street1982 Wea ***1/2 Leggermente inferiore all’esordio, ma sempre un ottimo disco: ancora una volta Christy Moore non scrive nessuna canzone, ma come canta. La famiglia a livello autorale è rappresentata dal fratello Barry Moore, il futuro Luka Bloom, che scrive l’iniziale elegiaca Remember The Brave Ones https://www.youtube.com/watch?v=PwwIs9yES8U ; fantastica anche la versione folk-rock di uno dei classici assoluti del soul come Dark End Of The Street https://www.youtube.com/watch?v=yiAK4YvUFbE . Let Somebody Know una delle rare canzoni scritte e cantate da Declan Sinnott, sentire l’assolo https://www.youtube.com/watch?v=JibGMkwMUXo  e Allende, con un infervorata interpretazione di Christy Moore https://www.youtube.com/watch?v=2PLqhasAajg .

Fine della prima parte, segue.

Bruno Conti

Un Altro Doppio CD Dal Vivo Formidabile Per Il Musicista Irlandese! Christy Moore – Magic Nights

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Christy Moore – Magic Nights  – 2 CD Yellow Furze Ltd./Columbia Sony Music Ireland

Vorrei  proporre di renderli fissi per decreto istituzionale (tanto in Italia siamo abituati), ogni due anni, all’incirca in questo periodo, un bel doppio CD dal vivo di Christy Moore:  soprattutto se sono sempre così belli, l’ultimo Magic Nights poi mi pare addirittura migliore del pur splendido On The Road, uscito sul finire del 2017 https://discoclub.myblog.it/2018/01/14/supplemento-della-domenica-forse-il-miglior-disco-ufficiale-dal-vivo-del-2017-christy-moore-on-the-road/ . Lo stesso Christy racconta che dopo il successo della precedente raccolta di registrazioni Live, la Columbia irlandese gli ha suggerito di approntare un seguito, e lui certo non si è fatto pregare, visto che, come fanno anche altri artisti, in pratica registra ogni concerto (se per caso vi eravate persi il primo doppio dal vivo la Sony ha pubblicato un bel cofanetto quadruplo che raccoglie entrambi gli album).

Quindi insieme al suo produttore Jimmy Higgins e all’ingegnere del suono David Meade sono andati a setacciare gli archivi e hanno scelto altre ventisei perle dal suo immenso repertorio, prese da diverse locations e annate. Nei vari brani si alternano i musicisti che ormai accompagnano, più o meno abitualmente, Moore: il grande Declan Sinnott, chitarre e voce, il citato produttore Jimmy Higgins a percussioni , tastiere, e voce di supporto, Cathal Hayden, al violino, banjo e viola, Mairtin O’Connor alla fisarmonica, Seamie O’Dowd , chitarra, armonica e voce, e Vickie Keating alle armonie vocali, manca solo questa volta il figlio di Christy Andy Moore rispetto al disco precedente. Nella scelta dei brani è drasticamente calata la quota di composizioni dello stesso Moore, solo due brani originali, oltre ai suoi arrangiamenti di quattro, più o meno celebri, brani tradizionali, ma la qualità rimane elevatissima: dall’iniziale Magic Nights In The Lobby Bar, registrata alla Opera House di Cork, una emozionante cavalcata sui ricordi di centinaia di notti passate a suonare la propria musica, dai tempi dei Planxty e dei Moving Hearts, sino ai giorni nostri, sulle ali della fisarmonica di O’Connor e del violino di Hayden, cullati dalla splendida voce di Christy.

Dal INEC Killarney di Kerry e con gli stessi musicisti, proviene Matty, un brano che scatena affettuosi ricordi della vecchia nonna di Moore e dei suoi racconti. Sonny’s Dreams, di Ron Hynes, uno dei tanti autori non notissimi che si alternano nei diversi pezzi, viene dalla serata alla Royal Symphony Hall di Birmingham, e prevede solo l’accompagnamento di Declan Sinnott alla slide acustica, una di quelle ballate struggenti in cui il nostro è maestro; senza stare a fare un resoconto dettagliato delle varie canzoni vi segnalo solo le più interessanti. Per esempio una magnifica versione di A Pair Of Brown Eyes, dei Pogues di Shane MacGowan, un brano raramente eseguito in concerto, perché, pur essendo uno dei suoi preferiti da cantare, come dice Moore richiede “una certa aria” e quella sera nel famoso locale di Vicar Street a Dublino evidentemente la si respirava; molto belle anche la malinconica Ringing That Bell e la squisita e corale Sail On Jimmy, la drammatica e recente Burning Times, che racconta del crudele omicidio avvenuto nell’aprile del 2019 della giornalista Lyra McKee, durante gli scontri In Irlanda, un brano ad alto contenuto emotivo, versione intensissima con il controcanto toccante di Vickie Keating, la mossa e trascinante The Tuam Beat che fa risalire le sue origini ai tempi dei Planxty, Back Home In Derry che narra le vicende di Bobby Sands nei suoi duri anni di prigionia.

Rosalita And Jack Campbell che sembra un brano della tradizione folk americana, la vedrei bene cantata da Springsteen o Tom Russell, una superba Motherland di Natalie Merchant, cantata durante il soundcheck a Liverpool. Sempre da Vicar Street, improvvisata all’impronta, una emozionante ed avvolgente Before The Deluge di Jackson Browne, con un superbo Declan Sinnott all’elettrica, una rarissima, ma non per questo meno suggestiva, versione di Cry Like A Man di Dan Penn, la divertente The Reel In The Flickering Light, e ancora una delle sue murder song più intense come Veronica, un’altra richiesta speciale nel concerto a Vicar Street, la drinking song Johnny Jump Up, una occasione per cazzeggiare con il pubblico. Anche uno dei brani più “antichi” del repertorio di Christy, come il  coinvolgente traditional Tippin’ It Up To Nancy, e sempre dal lontano passato proviene la toccante Only Our Rivers Run Free, una canzone che era sul primo album dei Planxty, qui impreziosita dal lavoro del violino di Cathal Hayden.

E a proposito di canzoni emozionanti ,sublime la versione di una canzone Hurt, scritta da Trent Reznor dei Nine Inch Nails, ma che tutti accostano ormai a Johnny Cash, con il cantante irlandese che la rende propria in modo naturale, grazie anche alla seconda voce incantevole di Vickie Keating,  in conclusione, cantata a cappella, solo con l’aiuto del bodrhan, troviamo un’altra canzone del repertorio dei Planxty come The Well Below The Valley e infine Mandolin Mountain, un brano di Tony Small, altro emergente autore irlandese , inserita di recente nel repertorio di Moore, ulteriore squisito esempio dell’immensa classe del folksinger irlandese, uno dei più grandi musicisti della scena mondiale, veramente una voce per tutte le stagioni.

Bruno Conti

Ecco Un Altro Che Di Dischi Brutti Non Ne Fa Uno! Christy Moore – Lily

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Christy Moore – Lily – Sony CD

Per proseguire con il concetto del titolo, direi che li fa quasi sempre belli! In Irlanda, Christy Moore è una sorta di leggenda vivente: cantautore ed interprete raffinato, personaggio di grande carisma e rettitudine morale, attivamente impegnato socialmente e politicamente. Uomo di sinistra, ha avuto anche diversi problemi a causa dei testi delle sue canzoni, che sono state oggetto di censura ed indagine da parte della polizia irlandese, anche per il suo controverso appoggio alla causa dell’IRA (in seguito rinnegato), mentre dal punto di vista strettamente musicale le sue canzoni folk cantautorali hanno accompagnato diverse generazioni di abitanti dell’isola verde smeraldo, sia come solista (dal 1969), che come membro prima dei Planxty e poi dei Moving Hearts, riuscendo anche a vendere parecchio nella sua patria, un caso molto particolare per un artista che ha sempre parlato solo con la sua musica e senza svendere il proprio suono e la propria immagine. Personalmente l’ho scoperto tardi, all’inizio degli anni novanta (l’album King Puck), ma mi sono affezionato subito a questa figura di grande carattere nonostante l’aspetto fisico pacioso, è soprattutto cantautore (ed anche interprete di molti brani di altri) di grande forza ed espressività: un valido esempio in tal senso può essere lo splendido Graffiti Tongue del 1996, un album inciso dal nostro in completa solitudine ma talmente denso e pieno di feeling che non ci si accorge dell’assenza di una band.

Moore mancava all’appuntamento dal 2011, anno di Folk Tale (ma in mezzo è uscito il fantastico triplo Where I Come From, una retrospettiva parte in studio e parte dal vivo, con tutti i suoi classici incisi di nuovo per l’occasione), silenzio finalmente interrotto da Lily, una nuovissima collezione di canzoni (dieci) che conferma l’incapacità di Christy di fare dischi di livello medio: anzi, ad ascolto ultimato devo dire che Lily è forse uno dei più belli fatti uscire dal nostro negli ultimi vent’anni. Prodotto come al solito dal fido Declan Sinnott, Lily contiene un solo brano originale (la title track) e ben nove cover divise tra contemporanei e tradizione, il tutto suonato dal consueto manipolo di amici e fidati collaboratori (oltre al nostro e a Sinnott alle chitarre e bodhran, abbiamo Jimmy Higgins alle percussioni, Seamie O’Dowd al mandolino e chitarra, Martin O’Connor alla fisarmonica, Cathal Hayden al banjo e violino e Vicky Keating ed Andy Moore ai controcanti): tra gli autori abbiamo nomi poco noti come Paul Doran, Tony Small e Declan O’Rourke ed altri molto famosi come Peter Gabriel.

Mandolin Mountain ci fa ritrovare subito la voce intensa e riconoscibilissima del nostro, chitarra, mandolino ed una melodia profonda e toccante, ancor di più dopo due minuti grazie all’ingresso di uno struggente violino: subito grande musica. The Tuam Beat è più mossa, c’è una leggera percussione, e Christy canta con sicurezza un allegro motivo che sembra quasi una filastrocca, molto piacevole: dopo il primo ascolto vi ritroverete a canticchiarne il ritornello; The Gardener è una ballata da pelle d’oca, una di quelle per le quali Moore è famoso (anche se non è sua), con uno splendido motivo centrale impreziosito dalla seconda voce femminile, mentre Lily è un brano autobiografico (infatti è l’unico originale), una folk song straordinaria condotta da Christy con un pathos incredibile se si pensa che c’è solo la sua voce con tre strumenti in croce. Wallflower è il pezzo di Gabriel, ma Moore la spoglia di tutte le caratteristiche tipiche dell’ex Genesis e la fa diventare sua al 100% (ed il testo, che parla di prigionieri politici, è perfetto per il musicista irlandese), una qualità tipica dei grandi, ancora con la voce forte ed espressiva del leader a dominare un brano di grande valore; Oblivious, testo di Mick Blake a sfondo sociale (tratta infatti dei problemi dell’Irlanda contemporanea), è profonda ed evocativa, ancora con il nostro circondato dagli strumenti a corda ed il solito refrain emozionante, mentre The Ballad Of Patrick Murphy (del songwriter John Spillane) ha una melodia tipicamente Irish, un tipo di brano che Moore canta anche sotto la doccia ma che non mi stancherò mai di ascoltare, e l’intensità quasi si tocca con mano tanto è concreta: uno dei pezzi più belli del CD. Ottima anche Lighning, Bird, Wind, River Man, specie nel ritornello corale sottolineato dal malinconico violino di Hayden, e non è certo da meno il traditional Green Grows The Laurel, lenta, discorsiva, con la sua melodia d’altri tempi; l’album si chiude con un reading, una poesia di Dave Lordan intitolata Lost Tribe Of The Wicklow Mountains, recitata con un leggero suono in sottofondo ed un coro a bocca chiusa, e Christy che riesce ad emozionare anche parlando.

Senza dubbio Lily è uno dei dischi folk dell’anno (e non solo).

Marco Verdi

Gaelic Folk Rock. Manran – The Test

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Manran – The Test – Manran Records – 2013

Sono un sestetto, vengono dalla Scozia, questo The Test è il loro secondo album (anche il primo, omonimo, del 2011, è un buon album, fateci un pensierino), fanno del folk-rock, o meglio del celtic-rock, meglio ancora, visto che usano molto quel linguaggio, del gaelic rock. Quindi discendono e si ispirano sicuramente ai Runrig (e anche  ai Capercaillie), altra band scozzese, di cui riprendono anche un brano in questo disco. Il loro stile è sicuramente influenzato dal rock, vista la presenza di una sezione ritmica e la presenza di chitarre acustiche e tastiere (suonate anche da Phil Cunningham, il produttore del disco e, nell’ordine, anche lui scozzese ed ex componente dei grandi Silly Wizard), ma soprattutto molto folk, contrassegnato dalla presenza di parecchi brani tradizionali e da diverse composizioni in gaelico (caratteristica che hanno in comune anche con i Waterboys, dei quali eseguivano nel primo album Sunny Sailor Boys o Maraiche Nan Aigh, per dirla in gaelico e perché no, pure i Clannad, altra band che ha fatto grande uso della lingua celtica, che proprio in questi giorni pubblica un nuovo disco di studio, dopo tanti anni).

Caratteristica della band è quella di avere nel proprio repertorio molto materiale strumentale, lunghe gighe e reels, dove violino, highland pipes e whistle, suonate da Ewen Henderson e uillean pipes e flauto di legno, suonati da Ryan Murphy, si amalgamano con una sezione ritmica molto marcata, à la Moving Hearts (per ricordare un’altra banda molto amata nel passato, anche se non hanno un Christy Moore in formazione): MSR, posta in apertura, fonde le due anime, lunghe improvvisazioni strumentali con improvvisi cambi di tempo, si alternano a sezioni cantate in gaelico da Norrie MacIver che è il cantante del gruppo, nonché chitarrista.

L’energia e la grinta sono palpabili ma si stemperano nella bella ballata mid-tempo Tamhasg (con questi titoli mi si impastano anche i tasti del PC) (Shadow per gli amanti della lingua inglese) e nella incalzante Dhèanainn Sùgradh, che in inglese farebbe I Will Sport With The Black-Haired Girl, misteri delle lingue antiche. 10k Tattie è un medley solo strumentale di tre brani, dal sound tipicamente folk, sempre con l’immancabile sezione ritmica presente a sottolineare le evoluzioni dei solisti del gruppo, che oltre ai citati Henderson e Murphy, si avvale anche dell’ottimo Gary Innes all’accordion, i continui cambi di tempo sono all’ordine del giorno, come nel buon folk-rock che si rispetti.

Per dimostrare che a scuola hanno studiato anche l’inglese ecco un’altra bella ballata, Maria (aah che sollievo!), scritta per la parte musicale dal bassista Ross Saunders, anche se trattasi di medley con Kerlou, naturalmente in gaelico, molto evocativo nel suo andamento. The Test, a dimostrazione della democrazia compositiva che vige nel gruppo, porta la firma del batterista Scott Mackay, e questo è  inglese, ragazzi, un bel brano melodico quasi pop-rock, con le tastiere di Cunningham a sottolineare gli inserti tradizionali degli strumenti a corda e fiato, fondamentalmente una bella canzone. Jigs, come evidenzia il titolo è un altro lungo medley strumentale che profuma di vecchi brani di Fairport Convention o Steeleye Span, trascinante e spumeggiante come si conviene al buon folk (rock).

Tillidh Mi( I’ll Return) è la cover dei Runrig di cui vi dicevo in apertura di recensione, tratto dal primo album Play Gaelic e scritta ai tempi dai fratelli MacDonald, secondo me è un pezzo di rock gaelico, ho come questa impressione! The Fishing Boat, una collaborazione tra Lisa Sinclair, cantante scozzese a me sconosciuta e il pianista jazz islandese Astvaldur Traustasson (ma allora ditelo con ‘sti nomi) che illustra nuovamente il lato più melodico e riflessivo dei Manran e Overtime, un nuovo lungo vorticoso medley diviso in quattro parti, concludono più che degnamente il nuovo lavoro di questa band, che comincia a farsi conoscere in giro per il mondo e che sento di consigliare spassionatamente agli amanti del genere, forse non un capolavoro, un poco semplicistico in alcuni momenti, ma sicuramente un disco dai fondamentali solidi, il cuore batte ai giusti ritmi. Naturalmente, file under folk!

Bruno Conti

Provaci Ancora Jackson! Un Tuffo Negli Anni ’70. Jackson Browne I’ll Do Anything – Live In Concert

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Jackson Browne – I’ll Do Anything – Live In Concert – DVD- Blu-Ray – Inside Recordings 2013

Vedendo scorrere le immagini di questo splendido concerto, chi scrive prova vera invidia per i fortunati presenti il 14 Novembre dello scorso anno, al Paramount Theater di Denver, Colorado, cornice ideale per le meravigliose canzoni di Jackson Browne. La backing band di Browne, oltre allo storico batterista Fritz Lewak e al gigantesco bravissimo chitarrista Val McCallum, include Tyler Chester al basso e tastiere, e i componenti della famiglia Watkins, Sean alla chitarra acustica e Sara al violino (entrambi già nel gruppo country-bluegrass Nickel Creek), il tutto per un concerto da ascoltare in religioso silenzio, nell’elegante intimità del vecchio teatro.

Come se il tempo si fosse fermato vediamo salire sul palco uno splendido giovanotto (64 anni), con la voce dal tono rassicurante a intonare ballate immortali, a partire dall’iniziale Black And White e poi In The Shape of a Heart (da Lives in the Balance), I’m Alive, Farther On e The Late Show (dall’album di riferimento Late For The Sky), The Naked Ride Home (dall’album omonimo), Live Nude Cabaret (dal sottovalutato Time The Conqueror). Dal noto The Pretender viene recuperata la title track e Sleep’s Dark and Silent Gate, a cui fa seguito A Child In These Hills (dall’album d’esordio), prima di consentire a Val McCallum di presentare la sua Tokyo Girl in duetto con Sara Watkins. Il secondo set è  (se possibile) ancora meglio, a partire dalla bellissima These Days e la famosa Take It Easy (da For Everyman e anche degli Eagles ), I’ll Do Anything (da I’m Alive), la celeberrima Running On Empty da uno dei dischi dal vivo più venduti della storia (7 milioni di copie), per chiudere con i bis di Rock Me On The Water e Before The Deluge (segnalo una splendida versione dei Moving Hearts di Christy Moore), un concerto meraviglioso, direi imperdibile!

A completamento, di seguito la scaletta del concerto:

Black And White

I’m Alive

Farther On

The Naked Ride Home

Live Nude Cabaret

Sleep’s Dark And Silent Gate

The Pretender

A Child In These Hills

Tokyo Girl

These Days

In The Shape Of A Heart

The Late Show

I’ll Do Anything

Running On Empty

Take It Easy

Rock Me On The Water

Before The Deluge

Questo signore (della generazione folk dei 70’s) sta invecchiando benissimo, al cospetto di tanti altri “mostri sacri” (di cui taccio il nome, onde evitare di rompere consolidate amicizie), e in questo show, aiutato da musicisti eccelsi, attraversa quattro decadi del suo “songbook”, con arrangiamenti in una dimensione elettro-acustica, dove la voce, la chitarra e il pianoforte di Jackson Browne, al centro della musica, toccano il cuore di tutti quelli (della mia generazione) che cercavano nelle canzoni, una musica elegante, mai sopra le righe, scoprendo ogni volta nuove sensazioni, da ascoltare prima con l’anima che con le orecchie.

Tino Montanari