Un Incontro Tra Due Grandi Della Chitarra. Son Seals With Johnny Winter – Live…Chicago 1978

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Son Seals With Johnny Winter – Live…Chicago 1978 – Air Cuts

Nel flusso consistente di uscite relative a vecchi broadcast radiofonici, ovviamente anche il blues è stato saccheggiato ripetutamente, soprattutto andando a pescare nei concerti dei nomi classici più importanti, sia neri che bianchi, e quindi è uscito materiale di B.B. King, Muddy Waters, John Lee Hooker, ma anche Freddie & Albert King, tanto per citare alcuni nomi tra i più noti, ma anche Stevie Ray Vaughan e Johnny Winter sono tra i più gettonati. Proprio il chitarrista albino texano è ospite in un paio di brani (ma di oltre dieci minuti ciascuno) in questo concerto di Son Seals, un nome che forse non si ricorda spesso, ma è stato uno dei più grandi chitarristi e cantanti del blues elettrico di Chicago, dai primi anni ’70 in avanti: nativo di Osceola, Arkansas, ha comunque svolto tutta la sua carriera nella Windy City, e ha inciso una lunga serie di album tutti (meno uno) per la Alligator, dischi di grande blues urbano e contemporaneo, tosto e di notevole spessore musicale, caratterizzati da un uso continuo della sua Gibson, in grado di distillare note ricche di feeling e tecnica sopraffina, nonché in possesso di una voce maschia e virile, fortemente espressiva.

Questo concerto del 1978 al Wise Fools Pub di Chicago (lo stesso locale dove sempre nel ‘78 fu inciso il Live And Burning ufficiale per la Alligator) ne è prova inconfutabile; registrato quando Seals era al massimo della sua potenza (in seguito il nostro amico ha avuto una vita tribolata, unico sopravvissuto di quattordici fratelli, con la moglie che gli sparò nella mascella, parte della gamba sinistra gli fu amputata per problemi legati al diabete, poi nell’incendio della sua casa perse quasi tutte le sue proprietà, e parte della sua chitarre gli furono rubate, per la serie “vivere il blues pericolosamente”): ma in quella serata Seals suona come un uomo posseduto dal “genio delle 12 battute”, un concerto fantastico, inciso benissimo, con una band di grande consistenza, dove brillano anche il sax di A.C. Reed, la seconda chitarra di Lacy Gibson e il piano di Alberto Gianquinto (già con James Cotton e tra gli ospiti di Abraxas dei Santana). Tra l’altro lo scrittore e giallista americano Andrew Vachss, grande fan, lo ha spesso inserito nei suoi racconti, narrando della sua gesta, e questa serata con Johnny Winter avrebbe meritato di venire raccontata: Seals era un maestro dei blues lenti, ma anche nei funky blues non scherzava, con le influenze di Albert King. Earl Hooker e Hound Dog Taylor che citava tra i suoi modelli e mentori, e in questo concerto, armato della sua Gibson verde Cadillac, ce ne regala alcuni di grande intensità. I due slow blues con Winter, posti quasi a fine concerto, sono semplicemente meravigliosi, prima una Stormy Monday dove l’interplay tra le due chitarre è magnifico, con Johnny che canta e poi apre le danze con la sua chitarra e Seals che gli risponde da par suo, poi una colossale versione di You Can’t Lose What You Never Had, questa volta cantata da Son, con le due soliste che raggiungono livelli di impeto e vigore chitarristico veramente maiuscoli.

Ma anche nel resto nel concerto ci sono grandi brani: dall’apertura con la tiratissima Everything I Do Is Wrong (un brano legato a B.B. King) dove Seals inizia a strapazzare la sua Gibson con le classiche linee soliste lunghe e lancinanti del blues elettrico di Chicago, seguita da una poderosa I Can’t Hold Out, un pezzo scritto da Willie Dixon, nota anche come Talk To Me Baby, nel repertorio di Elmore James, ma che anche Clapton la faceva alla grande, questa versione di Seals non ha nulla da invidiare ad entrambi, con la solista che scorre fluida ed inarrestabile, veramente blues all’ennesima potenza che attizza il pubblico presente. E non si scherza neppure in Blue Shadows Falling, un altro lentone di Junior Parker, dove Son divide il proscenio con il sax di A.C. Reed, e gigioneggia e scherza con il pubblico mentre esegue un assolo da sballo; per non dire della mossa Nobody Wants A Loser, un brano dove il nostro ripercorre le tracce del suo maestro Albert King, o ancora in una versione rallentata, cadenzata e splendida del classico Gangster Of Love, che diventa quasi un brano alla Muddy Waters. Mother-In-Law-Blues era un pezzo di Don Robey detto anche Deadric Malone, di nuovo Chicago Blues della più bell’acqua e Heart Fixing Blues è un altro lento formidabile di Albert King che Son Seals esegue alla perfezione. Dopo i due pezzi con Winter, Seals e la band tornano per una conclusiva Pretty Woman, di nuovo dal repertorio di King, che poi sfocia in uno strumentale poderoso che suggella una performance veramente superba ed imperdibile per un artista da rivalutare assolutamente.

Bruno Conti