Anche La Mietitrice Ha Finito Le Vacanze: Ci Hanno Lasciato Neal Casal E Donnie Fritts.

neal casal death

Mi spiace che questo mio primo post dopo le ferie estive sia in realtà un (doppio) necrologio, ma mi sembra giusto omaggiare due figure scomparse negli ultimi giorni, due musicisti forse non di primissimo piano ma ben noti ai veri appassionati di musica, uno dei quali ci ha lasciato decisamente troppo presto: sto parlando di Neal Casal, musicista e songwriter morto suicida lo scorso 26 Agosto a soli 50 anni. Originario del New Jersey, Casal aveva iniziato verso la fine degli anni ottanta come chitarrista dei Blackfoot, per poi esordire come solista nel 1995 con il bellissimo Fade Away Diamond Time, un ottimo disco di rock californiano con canzoni che qua e là mostravano un’influenza che andava da Neil Young al glorioso suono del Laurel Canyon (ricordo che in quel periodo mi era anche capitato di vederlo dal vivo con la sua band, in una di quelle serate “collettive” che si tenevano a Sesto Calende e nella quale l’headliner era Dave Alvin). Neal pubblicherà una dozzina di album in totale (senza più raggiungere la bellezza dell’esordio) fino al 2011, ma nel frattempo era entrato anche a far parte dei Cardinals, il gruppo di Ryan Adams, con il quale registrò quattro album ed un EP.

Chitarrista molto apprezzato e richiesto come sessionman (Lucinda Williams, Willie Nelson, Tift Merritt, Robert Randolph), Casal ha fatto parte anche dei poco conosciuti Hazy Malaze e Skiffle Players e nel 2014 ha formato il supergruppo Hard Working Americans con Todd Snider, insieme ai quali ha pubblicato tre album. Dal 2012 la sua occupazione principale era però stata quella di chitarrista dei Chris Robinson Brotherhood, un gruppo perfetto per il suo stile tra rock, psichedelia e California, stile che ritroviamo anche nella musica dei Circles Around The Sun, band estemporanea da lui guidata che si occupò di aprire i concerti d’addio dei Grateful Dead nel 2015 con lunghe suite strumentali che vennero in seguito raccolte nell’album Interludes For The Dead. Casal è sempre stato descritto come una persona riservata, introspettiva e sensibile, e probabilmente anche piuttosto fragile visto il gesto estremo che ha posto fine alla sua ancora giovane vita.

donnie fritts death

Donnie Fritts di anni invece ne aveva 76, e ci ha lasciato il 27 Agosto per complicazioni seguite ad un intervento al cuore. Figura quasi leggendaria della musica d’autore americana, Fritts era un vero uomo del Sud: nativo di Florence, Alabama, divenne negli anni sessanta uno dei principali sessionmen dei FAME Studios di Muscle Shoals (ma lavorò parecchio anche a Nashville). Come musicista la sua figura è legata a doppio filo a quella di Kris Kristofferson, del quale fu per lungo tempo tastierista, mentre come autore collaborò con altri luminari del calibro di Dan Penn, Eddie Hinton, Arthur Alexander e Troy Seals, e scrisse brani come Choo Choo Train (Boxtops), Breakfast In Bed (Dusty Springfield, era sul mitico Dusty In Memphis), Easy To Love (Joe Simon) e We Had It All (Waylon Jennings, ma la eseguì più volte dal vivo anche Bob Dylan durante il tour del 1986 con Tom Petty & The Heartbreakers *NDB E anche gli Stones, bellissima versione https://www.youtube.com/watch?v=ObFs54QssSE ).

Come solista non aveva pubblicato molto, solo cinque dischi, ma sicuramente meritano attenzione Everybody’s Got A Song del 1997 (con una marea di ospiti tra cui John Prine, Lucinda Williams, Kristofferson, Emmylou Harris, Delbert McClinton, Tony Joe White, Willie & Waylon, Don Nix e Spooner Oldham) l’intenso Oh My Goodness del 2015 https://discoclub.myblog.it/2015/10/25/il-ritorno-forse-commiato-grande-donnie-fritts-oh-my-goodness/  e June dello scorso anno, bel tributo alle canzoni di Arthur Alexander https://discoclub.myblog.it/2018/10/09/un-grande-autore-rende-omaggio-ad-una-leggenda-del-soul-donnie-fritts-june-a-tribute-to-arthur-alexander/ .

Riposate In Pace entrambi.

Marco Verdi

La “Fratellanza” Colpisce Ancora! Chris Robinson Brotherhood – Barefoot In The Head

chris robinson brotherhood barefoot in the head

Chris Robinson Brotherhood – Barefoot In The Head – Silver Arrow Records CD

Uno dei dischi migliori usciti di recente è sicuramente quello dei Magpie Salute http://discoclub.myblog.it/2017/06/06/quasi-black-crowes-the-magpie-salute-the-magpie-salute/ , l’esordio della nuova band di Rich Robinson, il fratello minore di Chris, chitarrista storico dei Black Crowes, uno dei gruppi che dagli anni ’90 ha raccolto con più vigore il testimone del rock “classico”, quello che passando per il sound “britannico” di Stones, Faces, Humble Pie, ma anche il sound sudista della loro nativa Georgia, le influenze della musica soul e R&B nera, si è poi arricchito con lo stile jam dei Grateful Dead, il country-rock “cosmico”, la musica della West Coast.e l’Americana Sound della Band e dei Little Feat, tanto per citare alcune delle influenze dei fratelli Robinson: ma ce ne sono mille altre, messe in evidenza sia nei dischi e nei concerti dei Crowes, quanto nelle band che sono venute dopo, non ultimi, come si diceva poc’anzi, i Magpie Salute. Come è noto i due fratelli hanno sempre avuto un rapporto che definire conflittuale vuol dire minimizzare le cose, pur senza arrivare ai limiti “fisici” dei fratelli Gallagher, si sono lasciati e ripresi più volte, l’ultima volta sembrerebbe in modo definitivo nel 2013, anche se già dall’anno precedente sia Rich Robinson che Chris Robinson con i suoi Brotherhood, avevano iniziato una carriera parallela, come vogliamo definirla, solista.

Visto che una reunion sembra improbabile, ma visti i precedenti mai dire mai, concentriamoci sui dischi del post Black Crowes: detto che, a mio parere, l’album dei Magpie Salute pare superiore a tutto ciò che è uscito finora dall’ingegno dei due fratelli, anche questo Barefoot In The Head è un disco eccellente, forse il migliore della band sino a questo momento, probabilmente insieme al primo Big Moon Ritual, che però era decisamente più orientato verso uno stile jam ed improvvisativo, comunque sempre presente nelle esibizioni live, come confermato dal recentissimo terzo capitolo della serie Betty’s Blends, uscito solo a maggio. Come è noto nei Brotherhood, oltre a Chris, suona anche Adam MacDougall dei vecchi Crowes, mentre il resto della band originale è confluito con Rich nei Magpie Salute; però nella formazione milita un altro eccellente musicista nella persona di Neal Casal, uno dei chitarristi (e cantautori, quando ha voglia e tempo, tra un impegno e l’altro, anche con gli Hard Working Americans) più validi della scena roots-rock americana. Non è il caso dei CRB, dove Chris Robinson è l’autore di tutti i brani, anche in questo Barefoot In The Mind (sarebbe “scalzo nella mente”, forse a voler indicare  una maggiore libertà nei temi musicali del nuovo album): il sound si è fatto decisamente più “californiano”, anche rilassato e con elementi country per certi versi, ma non mancano episodi dove il rock più grintoso è comunque protagonista.

Prendiamo, per esempio, l’iniziale Behold The Seer (che come tutte le canzoni del CD veleggia tra i quattro e i cinque minuti) che frulla un vivace groove funky-rock della sezione ritmica e del clavinet di MacDougall, con le chitarre choppate di Casal e Robinson, in un brano che richiama dei Little Feat più solari e rilassati, e dove la voce rauca di Chris si accoppia a coretti deliziosi, mentre anche una inconsueta armonica si divide gli spazi solisti con la chitarra di Neal in un clima corale gioioso. She Shares My Blanket è più languida e “campagnola”, molto westcoastiana, tra florilegi pianistici, di banjo e le chitarre quasi accarezzate, in un mood che non sarebbe dispiaciuto ai cultori del country-rock più classico ma anche ai CSNY o ai Grateful Dead più pastorali, comunque la si giri veramente bella e cantata in modo perfetto da un Robinson veramente ispirato che rimanda anche al Rod Stewart dei primi dischi solisti. Hark, The Herald Hermit Speaks (la fantasia per i titoli, di brani e album, non gli fa mai difetto), con un organetto molto sixties che doppia il piano, una chitarra lap steel che da languida man mano si fa più incalzante, come il resto del brano, dai tratti sonori più vibranti, soprattutto nella grintosa parte centrale e finale dove la chitarra si prende i suoi spazi.

Blonde Light Of Morning sta in quel territorio che si trova tra Laurel Canyon e il Canada intimista del migliior Neil Young, una andatura pigra e ciondolante, armonie avvolgenti che evocano i Beatles o i migliori CSNY già citati, e un inserto tagliente in modalità slide della chitarra di Casal. Lo dico o non lo dico? Lo dico: l’incipit di chitarre acustiche di Dog Eat Sun mi ha ricordato moltissimo quelli dei primi dischi degli America, che non erano per nulla disprezzabili, anzi, quel country easy listening deluxe e di gran classe che aveva attirato anche l’attenzione di George Martin, uno che di voci se ne intendeva; poi il brano si evolve in modo più complesso e quasi psych, ma mantenendo elementi acustici nel suo dipanarsi, con l’intervento di un vecchio synth analogico nel finale. Un piano blues barrelhouse ci introduce a una Gold Star Woman che mantiene questo spirito da 12 battute quasi classiche, ma è tra le canzoni meno riuscite e coinvolgenti del disco, a parte l’intermezzo strumentale quasi psichedelico nella parte centrale e finale che vira su lidi alla Grateful Dead e dal vivo potrebbe fare faville.

A proposito di GD, High Is Not The Top, ricorda quelli più acustici e country di American Beauty Workingman’s Dead, ma anche Dillards, Nitty Gritty e il lato più tradizionalista del country-rock, con l’armonica di Chris che svolge il ruolo che era del violino in quei dischi, e alla fine in fondo si respira l’aria californiana di Marin Country, dove è stato registrato questo Barefoot In the Head, mentre If You Had A Heart To Break potrebbe ricordare sia i Black Crowes più pastorali dell’ultimo periodo, ma anche (ogni tanto l’intercalare Veltroniano si insinua) il classico sound rootsy-Americana à la Band, della bellissima If You Had A Heart To Break, con i suoi quasi 6 minuti il brano più lungo del CD, ma neppure un secondo è sprecato, chitarre acustiche ed elettriche come piovesse, tastiere ovunque e Chris che la canta con una souplesse invidiabile, senza dimenticare le classiche variazioni di tempo, che ora rallenta ed ora accelera come nei migliori pezzi del songbook di Robinson. Glow si apre acustica sul suono del sarod dell’ospite Alam Khan, che sembra quasi un dobro e poi si apre lentamente in calde volute tra psych e folk o tra oriente ed occidente, serena e quasi austera nella sua inconsueta dolcezza, un altro degli episodi migliori del CD che si chiude con Good To Know uno dei pezzi più freakattoni e jam dell’album, lisergica e sognante, come le tastiere di MacDougall, qui protagoniste e le chitarre di Casal, per rinverdire ancora una volta i suoni  della vecchia California, spesso rievocati in questo album dei CRB.

Bruno Conti

Un’Altra Bella Coppia, Musicale. John Ginty Feat. Aster Pheonyx – Rockers

john ginty feat. aster pheonyx

John Ginty Feat. Aster Pheonyx – RockersAmerican Showplace Music                

Forse il nome John Ginty non dirà molto ai più, ma il nostro amico non è un novellino: in pista da più di 20 anni Ginty, che suona organo, piano e altre tastiere, appariva già negli anni ’90 in tutti i dischi di Neal Casal (e anche in quelli degli anni 2000), come pure in Strangers Almanac dei Whiskeytown, con i Blind Boys Of Alabama, nella prime versioni della Family Band di Robert Randolph, ha suonato anche in Shaman di Carlos Santana, nel primissimo disco di Dana Fuchs Lonely For A Lifetime, con Kathleen Edwards: io personalmente lo ricordo come produttore e musicista insieme a Todd Wolfe e con le Court Yard Hounds, con Albert Castiglia, e moltissimi altri, insomma un bel CV. Ha registrato anche alcuni album a nome suo, tra cui un buon doppio dal vivo Fireside Live, e recentemente ha deciso di unire le forze con Aster Pheonyx, che al di là di nome e cognome bizzarri (credo una storpiatura di un personaggio dei Manga giapponesi), ha già un album al suo attivo, pubblicato nel 2011. Il risultato, come si può forse intuire, per certi versi, ricorda quello dell’accoppiata Bonamassa/Beth Hart, con un tastierista al posto di un chitarrista (ma pure le 6 corde nel disco si apprezzano), la citata Dana Fuchs, e anche, andando indietro nel passato, Brian Auger & Julie Driscoll, visto che l’organo è spesso lo strumento solista. Ad esempio nei due strumentali posti in apertura e chiusura di questo Rocker: The Shark, su un groove funky e corposo creato da Justine Gardner al basso e Maurice “mOe” Watson alla batteria, l’organo Hammond B3 di Ginty sembra quello di Auger ai tempi degli Oblivion Express https://www.youtube.com/watch?v=j_wbibie_wk , mentre nella conclusiva Rockers pare addirittura di ascoltare le evoluzioni prog-rock di Keith Emerson negli E L & P.

Il resto dei brani dell’album portano la firma unita di Ginty E Pheonyx e svoltano decisamente verso un rock-blues energico, ma di qualità, grazie alla bella voce di Aster, che a tratti rivaleggia con i nomi citati in precedenza, ma nella raffinata Mountains Have My Name pare emulare Susan Tedeschi, in un gospel-rock di grande intensità, grazie anche al tocco di classe di piano e organo, suonati magistralmente dal bravo Ginty. Altrove il rock è decisamente più energico, come nella vorticosa Lucky 13, ancora con le svisate dell’organo ben controbilanciate comunque dalle chitarre tirate di Mike Buckman e Jimmy Bennett, e pur sempre con elementi soul ben presenti. Entrambi nativi del New Jersey, Ginty ha scoperto Aster mentre cantava in un bar di Asbury Park (!?!), e i due hanno creato una bella alchimia, come confermano i brani dell’album: dalla gagliarda Believe In Smoke, molto vicina al sound della Fuchs, a Target On The Ground, con un bel dualismo piano elettrico/urgano e un’aria soul che ricorda addirittura lo stile raffinato di Janiva Magness, e pure Captain Hook mixa lo stile della Tedeschi con quello di Beth Hart (con cui condivide anche una passione per i tauaggi), con ottimi risultati. Mr. Blues tiene fede al suo nome https://www.youtube.com/watch?v=7gxeipAjq8Y , su un vorticoso giro creato dall’organo, si inseriscono chitarre dal suono rock e grintoso, e la voce sempre soulful della Pheonyx che mantiene il suo aplomb, mentre Ginty sfoggia un prodigioso solo di organo degno dei grandi dello strumento.

Dopo uno strano intermezzo con un DJ di una radio locale, l’album ci presenta uno dei brani più “morbidi”, una bella ballata pianistica come Priscilla, dove si apprezza ancora la calda vocalità di Aster, di nuovo molto vicina a Susan Tedeschi (e per affinità vocale anche a Bonnie Raitt) https://www.youtube.com/watch?v=cMySu3zgs3c , con Ginty che si cimenta anche alla Melodica. Electric si regge parimenti sulla forte attitudine vocale della ragazza, forgiata da anni di musica on the road e non da qualche improbabile talent show, con John che al solito fa i numeri all’organo, ben spalleggiato in questo caso da un bel lavoro della chitarra in modalità slide. Manca solo Maybe If You Catch Me, dove si vira quasi verso uno stile decisamente jazzy, da torch singer, per confermare la validità e la varietà di questo album, dove una bella voce convive con un pugno di ottimi musicisti che ne evidenziano la qualità con classe e mestiere. Se mi sono spiegato bene ed avete afferrato il genere, e lo amate, non lasciatevi sfuggire questo Rockers, potrebbe rivelarsi una bella sorpresa.

Bruno Conti

Un Fratello Tira L’Altro. Chris Robinson Brotherhood – Anyway You Love, We Know How You Feel

chris robinson brotherhood any way you love

Chris Robinson Brotherhood – Anyway You Love, We Know How You Feel – Silver Arrow

A poco più di un mese dall’uscita del disco del fratello Rich http://discoclub.myblog.it/2016/07/04/era-meglio-se-i-fratelli-rimanevano-insieme-rich-robinson-flux/, esce, sotto l’egida della fratellanza, o della confraternita, se preferite, il nuovo album di studio di Chris Robinson, Anyway You Love, We Know How You Feel, il quarto in compagnia del suo gruppo, che per questo CD presenta una nuova sezione ritmica, Tony Leone (vecchio collaboratore di Levon Helm, ma anche della figlia Amy negli Olabelle, di recente con Anders Osborne, pure lui provetto mandolinista oltre che batterista) e Ted Pecchio, bassista (con Susan Tedeschi Derek Trucks, Shemekia Copeland e di recente anche con Rich Robinson). Come vedete anche se i fratelli al momento non si frequentano, per certi versi si rincorrono, pur se questo nuovo disco di Chris segnala, in alcuni brani, una sorta di svolta più marcata in direzione di sonorità più funky, soul e roots, evidenziando meno il rock chitarristico e psichedelico dei dischi precedenti, che è comunque presente, Diciamo che sommando i due album solisti dei fratelli Robinson ci avviciniamo molto complessivamente al suono dei Black Crowes, ma se la incompatibilità di carattere, speriamo momentanea, non permette la reunion agognata, accontentiamoci perché entrambi hanno realizzato degli ottimi album.

In effetti  il precedente Phosphorescent Harvest non aveva avuto critiche unanimi favorevoli (anche se al sottoscritto era piaciuto), ma questo nuovo Anyway You Love, We Know How You Feel, per la prima volta prodotto in autonomia dal gruppo, evidenzia come al solito i punti di forza dei Brotherhood, ovvero le chitarre di Neal Casal e le tastiere di Adam MacDougall, oltre alla voce di Chris Robinson, sempre potente e duttile, impegnato anche ad armonica e alla seconda chitarra. Gli ospiti sono un paio, Barry Sless, alla pedal steel, proveniente dal giro Jefferson Starship, oltre che dai Great American Taxi e dalla band di Phil Lesh, nonché Meg Baird, cantautrice e voce solista del gruppo psych-folk Espers (in stand-by dal 2009) alle armonie vocali nell’ottimo brano Forever As The Moon, un ottimo pezzo che mi ha ricordato il suono della Tedeschi Trucks o delle vecchie revue soul-rock di inizio anni ’70, con la slide di Casal veramente efficace nell’aggiungere il consueto retrogusto stonesiano, mentre la voce di Chris stranamente in questa canzone mi ha ricordato il timbro di David Bowie o Elliott Murphy, se mai si fossero cimentati con questo stile. grande canzone, con pianoforte e interventi vocali sontuosi, un bel drive e un approccio roots simile alle ultime prove dei “Corvi”, bene come si diceva il piano di MacDougall e in chiusura piccoil interventi dell’armonica. Che è più utilizzata nell’iniziale Narcissus Soaking Wet, dove si veleggia verso un funky-rock molto seventies, tra clavinet, mouth harp, chitarra con wah-wah e una atmosfera vagamente vicina a certe cose del miglior Stevie Wonder del periodo d’oro (che però sono ormai quasi 40 anni che non fa un disco decente). Le tracce sono sempre tra i cinque e i sette minuti, ma oltre a curare la parte strumentale Chris Robinson si conferma come è sua tradizione ottimo autore di canzoni, perciò non solo grooves, ma pezzi composti da una melodia, un ritornello e quindi con tutti i crismi della buona musica.

Persino quando ritmi e approccio sonoro si avvicinano a quello più jam dei Grateful Dead (grande passione di Casal) o dei loro discepoli Phish, come nella lunga Ain’t It Hard But Fair, il pezzo ha comunque un suo appeal e una piacevolezza acuita anche dalla bravura dello stesso Casal e di MacDougall nel colorire il tutto con classe e misura. Give Us Back Our Eleven Days è una breve traccia strumentale di impronta vagamente “spaziale”, sempre con i Dead in mente, niente di memorabile, mentre la “campagnola” Some Gardens Green, tra chitarre acustiche, tastiere sognanti e un racconto più intimo, è una bella ballata dall’andatura caratterizzata da un leggero affascinante crescendo. Diverso il discorso per Leave My Guitar Alone, che mette in chiaro il contenuto fino dal titolo ed è il pezzo più vicino al classico sound dei Black Crowes, un boogie-rock tagliente dove Neal Casal è libero di dare libero sfogo alla sua chitarra tra riff e soli, ottimi anche il lavoro delle tastiere e il coretto vagamente divertito e beatlesiano. Tastiere di Adam MacDougall che hanno ancora libertà di improvvisare in piccole jam con la chitarra anche nella piacevole Oak Apple Day, di nuova vicina a certi brani di studio dei Grateful Dead. Conclude California Hymn, sulle ali di una sognante pedal steel, un classico suono West Coast (tipico di quei signori barbuti e capelloni che ci guardano dalla copertina del CD) come di più non si potrebbe fare, con tracce country e gospel, oltre all’immancabile roots rock di marca Robinson, ottima conclusione di un album più che positivo. Se fosse il risultato di una partita tra i fratelli Rich e Chris, direi 1-1 palla al centro, un pareggio movimentato e di buona fattura, per entrambi.

Bruno Conti 

P.s Mi scuso ma nel weekend ci sono stati problemi tecnici nel Blog, ed essendo agosto non è stato possibile risolverli. Sperando che non ripetano riprendiamo con nuovi Post.

“Finalmente” Un Cofanetto Dal Vivo Dei Dead! Grateful Dead – Fare Thee Well: Chicago, IL, Soldier Field

grateful dead fare thee well complete

Grateful Dead – Fare Thee Well: Chicago, IL, Soldier Field – Warner/Rhino 2 CD (Best Of) – 2 DVD – 2 BluRay – 3 CD + 2 DVD – 3 CD + 2 BluRay – Super Deluxe 12CD/7DVD – 12CD/7BluRay

Il titolo del post è volutamente sarcastico, dato che per l’anno della celebrazione dei 50 anni di attività dei Grateful Dead  (anche se negli ultimi 20 si sono più che altro occupati dei loro archivi), pensavo che sarebbe bastato (e avanzato) il box di 80CD 30 Trips Around The Sun http://discoclub.myblog.it/2015/09/28/anteprima-mondiale-meno-male-che-gli-anni-trenta-grateful-dead-30-trips-around-the-sun/ , o la sua versione ridotta a 4CD, ma come potevano esimersi i membri superstiti (quindi senza il leggendario leader Jerry Garcia e tutti i tastieristi della loro storia – anni fa, giuro, ho letto una classifica delle cause di morte più comuni tra musicisti rock, ed una di esse era ‘essere tastieristi dei Grateful Dead’) dal pubblicare ufficialmente un resoconto dei loro concerti d’addio di quest’estate? Cinque spettacoli tutti esauriti, due a Santa Clara ed i tre finali al Soldier’s Field di Chicago (dove nel 1995 tennero il loro ultimo show prima del ricovero e della susseguente morte di Garcia), e proprio queste tre serate sono oggetto di questo Fare Thee Well, pubblicato in vari formati: un CD doppio che raccoglie il meglio di tutti i tre concerti, un box triplo (più due DVD o BluRay, che escono anche da soli) con la serata finale, e la solita versione monstre limitata e numerata con i tre show completi su 12CD e 7DVD (o BluRay), con le immagini che comprendono anche i dietro le quinte e la parte audio che aggiunge 3 CD dei Circles Around The Sun (la nuova band di Neal Casal) con le loro improvvisazioni di rock psichedelico suonate negli intervalli (saranno anche bravi, ma forse tre dischetti interi sono anche troppi), il cui meglio è uscito anche a parte su doppio CD con il titolo Interludes For The Dead.

neal casal interludes

Ma veniamo ai nostri: Bob Weir, Phil Lesh, Mickey Hart e Bill Kreutzmann, con l’aggiunta alle tastiere di Jeff Chimenti e Bruce Hornsby (il quale nel biennio 1990-1991 suonò diverse date coi Dead) e soprattutto con Trey Anastasio al posto di Garcia (scelta più che logica, il leader dei Phish è sempre stato un deadiano di ferro, e secondo me può essere l’erede naturale di Jerry) hanno fatto le cose in grande, celebrando il loro passato davanti ad un pubblico immenso, che forse neppure si aspettavano, una gigantesca festa in musica che ha permesso ala band di uscire di scena in grande stile (anche se poi secondo me hanno rovinato un po’ le cose continuando in autunno con altre date come Dead & Company insieme a John Mayer).(NDM: so che Tom Constanten e Donna Godchaux sono stati due membri che poco hanno inciso nella storia dei Dead, ma visto che sono entrambi in vita una ospitata come special guests in un paio di canzoni sarebbe stata una cosa carina).

grateful dead fare thee well 3 cd + 2 dvd

Cinquant’anni (o forse è meglio dire trenta) di grande musica in tre serate, anche se però sono costretto a far notare qualche magagna, principalmente tre. La prima è il suono, più che buono, ma che secondo me poteva essere molto meglio, dato che ho ancora nelle orecchie gli ultimi live di Eric Clapton e Who incisi meravigliosamente; in seconda battuta le scalette: so benissimo che ognuno ha la sua setlist preferita (personalmente io adoro Brown Eyed Women, Mississippi Half-Step Uptown Toodeloo, Alabama Getaway e Black Muddy River, e chiaramente a Chicago non ne hanno suonata mezza – ma le prime tre a Santa Clara sì), ma trovo inconcepibile che non si sia trovato posto in nessuna delle tre serate né per Dark Star, la signature song dei Dead, né per Uncle John’s Band, cioè quella che quasi all’unanimità viene considerata la loro canzone più bella, e che sarebbe stata perfetta per chiudere la serata finale al posto dell’anonima Attics Of My Life, inserendo però brani minori come Passenger, Lost Sailor, Saint Of Circumstance, la soporifera Stella Blue (so che ha molti estimatori, ma io l’ho sempre trovata di una noia mortale), Days Between o, in ogni show, il binomio Drums/Space che ho sempre considerato uno spreco di minutaggio.

Ma la magagna più seria a mio giudizio è la qualità complessiva della performance, troppo discontinua e che, soprattutto nella prima serata, mostra la ruggine accumulatasi sugli ex membri del gruppo in vent’anni di inattività (almeno come Dead), con performance vocali di Weir e Lesh di molto sotto la media (specie il secondo, che non è mai stato un cantante) ed i due batteristi che vanno spesso fuori tempo: i tre show comunque mostrano un deciso crescendo, dato che la seconda serata inizia maluccio ma si tira su su quasi subito, e nella terza fila tutto abbastanza liscio, con molti momenti di eccellenza che ricordano il periodo d’oro. Il merito della riuscita complessiva va sicuramente attribuita anche ai tre membri aggiunti (Hornsby ed Anastasio sono anche due cantanti migliori, ma non hanno tutto lo spazio vocale che meriterebbero, probabilmente a causa della loro non appartenenza alla band storica), che anche nei momenti più difficili della prima serata si caricano sulle spalle la responsabilità di dare un senso alla performance.

grateful dead fare thee well 2 dvd

Serata 1 – 3 Luglio: iniziare con la pur bella Box Of Rain forse non è la scelta migliore, dato che in cinquant’anni Lesh non ha mai imparato a cantare, ma il concerto si raddrizza subito con una solida Jack Straw e con la bellissima Bertha, solitamente scintillante ma stasera appena sufficiente, con Anastasio che si barcamena come può, abituato com’è alla precisione dei Phish. Dopo una trascurabile Passenger abbiamo una liquidissima The Wheel (anche se non tutto è perfetto), seguita da una Crazy Fingers che vede i Dead un po’ confusi e sfasati. Tra i pochi highlights ci sono la sempre solare Scarlet Begonias e la rara (e qui plaudo alla scelta) Mason’s Children, che purtroppo viene affidata alla voce monocorde e stonata di Lesh. Il medley Help On The Way/Slipknot!/Franklin’s Tower, una delle cose più belle dei Dead, ed una toccante Ripple cantata a più voci (questa sì eseguita come Dio comanda) chiudono in crescendo un concerto tutto sommato mediocre.

Serata 2 – 4 Luglio: anche qui si comincia maluccio con una versione approssimativa e troppo lunga di Shakedown Street (un brano che non ho mai amato), per di più cantata malissimo da Weir, seguita da Liberty che non è certo uno dei pezzi più riusciti del binomio Garcia-Hunter. Ma già con la terza canzone, Standing On The Moon, ben cantata da Trey, la serata si alza di livello: le cose migliori sono la splendida Tennessee Jed, dove Weir, Hornsby ed Anastasio si alternano alla voce solista, una Little Red Rooster ben suonata (anche se il blues non è molto nelle loro corde), la vivace Deal, anche se ne ho sentite di molto migliori quando c’era Garcia, una Bird Song liquida al punto giusto (finalmente!), la solida e vibrante West L.A. Fadeaway e la sempre gradevole Foolish Heart, con un grande Anastasio.

Serata 3 – 5 Luglio: lo show finale è nettamente il migliore dei tre, un po’ per la presenza di vari classici assodati del gruppo (l’uno-due iniziale China Cat Sunflower e I Know You Rider, la splendida Althea, una delle mie preferite, la coinvolgente Truckin’ e la sontuosa Terrapin Station), ma soprattutto per la qualità della performance, finalmente degna del passato della band. Built To Last non la ricordavo così bella, Throwing Stones è uno dei brani più diretti di Weir, mentre, subito dopo una trascinante Not Fade Away (il classico di Buddy Holly è ormai in tutto e per tutto un classico dei Dead), la serata si chiude con l’inno Touch Of Grey, una delle canzoni più belle di Garcia, e con la già citata Attics Of My Life, carina ma poco adatta a mio parere a dare l’addio definitivo.

In conclusione un box altalenante, che presenta un gruppo parecchio incerto all’inizio ma finalmente padrone della situazione nella serata finale (che consiglio a chi non vuole accaparrarsi il super box da 12 CD), ma che conferma ciò che avevo sempre pensato, e cioè che i Grateful Dead con Jerry Garcia erano una delle migliori band di sempre, mentre senza di lui sono poco più di un gruppo di ottimi mestieranti.

Marco Verdi

Ultime Uscite 2016, Parte I. Rush, Enya, Jethro Tull, Neal Casal, Ethan Johns, Carly Simon

rush r40 live

Come promesso, dopo i cofanetti, vediamo le ultime uscite interessanti dell’anno, alcune già uscite, altre imminenti e un paio previste per metà dicembre. Partiamo da alcuni titoli già pubblicati, in particolare il Live dei Rush che vedete qui sopra, annunciato erroneamente per il 4 dicembre (però in effetti in alcuni paesi, per esempio Regno Unito, uscirà in quella data), ma in effetti già in circolazione dal 20 novembre, nella solita pletora di edizioni, 5 per la precisione: triplo CD, 3 CD + DVD, 3 CD + Blu-Ray, DVD o Blu-Ray. R40 Live contiene la registrazione del meglio delle due date di Toronto del 17 e 19 giugno 2015 e li vede ripercorrere a ritroso, dai più recenti e poi andando indietro nel tempo, il meglio della loro produzione: sono 31 brani nella versione in triplo CD e 29 nelle versioni video (perchè? boh…).

CD

Disc One
1. “The World is … The World is …”
2. “The Anarchist”
3. “Headlong Flight”
4. “Far Cry”
5. “The Main Monkey Business”
6. “How It Is”
7. “Animate”
8. “Roll the Bones”
9. “Between the Wheels”
10. “Losing It” (with Ben Mink)
11. “Subdivisions”

Disc Two
1. “Tom Sawyer”
2. “YYZ”
3. “The Spirit of Radio”
4. “Natural Science”
5. “Jacob’s Ladder”
6. “Hemispheres: Prelude”
7. “Cygnus X-1/The Story So Far” (drum solo)
8. “Closer to the Heart”
9. “Xanadu”
10. “2112”

Disc Three
1. “Mel’s Rockpile” (with Eugene Levy)
2. “Lakeside Park/Anthem”
3. “What You’re Doing/Working Man”

Bonus
4. “One Little Victory”
5. “Distant Early Warning”
6. “Red Barchetta”
7. “Clockwork Angels”
8. “The Wreckers”
9. “The Camera Eye”
10. “Losing It” (with Peter Dinklage)

DVD/Blu-ray
Set One
1. “The World is .. The World is … ”
2. “The Anarchist”
3. “Headlong Flight”
4. “Far Cry”
5. “The Main Monkey Business”
6. “How It Is”
7. “Animate”
8. “Roll the Bones”
9. “Between the Wheels”
10. “Losing It” (with Ben Mink)
11. “Subdivisions”

Set Two
1. “No Country for Old Hens”
2. “Tom Sawyer”
3. “YYZ”
4. “The Spirit of Radio”
5. “Natural Science”
6. “Jacob’s Ladder”
7. “Hemispheres: Prelude”
8. “Cygnus X-1/The Story So Far” (drum solo)
9. “Closer to the Heart”
10. “Xanadu”
11. “2112”

Encore
1. “Mel’s Rockpile” (with Eugene Levy)
2. “Lakeside Park/Anthem”
3. “What You’re Doing/Working Man”
4. “Exit Stage Left”

Bonus
1. “One Little Victory”
2. “Distant Early Warning”
3. “Red Barchetta”

Ammetto che non seguo più il trio canadese da qualche anno, ma nel periodo anni ’70, primi anni ’80 erano una delle migliori band rock in circolazione, soprattutto a livello strumentale: peccato che non vedo nella lista La Villa Strangiato che era un brano che mi piaceva moltissimo. Questo live li vede tornare sotto l’egida Universal, con etichetta Zoe/Rounder Records.

enya dark sky island

Un’altra che non seguo più da parecchi anni ( e comunque non mi hai entusiasmato, anche se i primi dischi avevano una loro freschezza e vivacità, si fa per dire) è Eithne Patricia Ní Bhraonáin, in arte Enya, sorella della ben più brava Maire Moya Brennan, cantante e in precedenza voce solista dei Clannad. Non per nulla Eithne nel gruppo irlandese era solo tastierista e voce di supporto, poi grazie all’aiuto del manager e produttore Nick Ryan, ha sviluppato quel suo particolare stile a cavallo tra musica celtica, new age e pop che grazie all’utilizzo della tecnologia ha permesso di creare “muri vocali” dove la voce di Enya veniva riprodotta una infinità di volte per ottenere quell’effetto sognante e particolare che ne ha fatto la fortuna. In giro c’è molto (anzi moltissimo) di peggio per cui non mi permetto di andare più in là con le critiche, però questo tipo di “folk” ultimamente non mi fa più impazzire. Comunque tornando al nuovo disco si intitola Dark Sky Island, è solo il nono in una carriera quasi trentennale (anzi ottavo se contiamo il primo Enya e la sua riedizione The Celts come un album unico): è uscito anche questo lo scorso 20 novembre, etichetta Aigle/Warner, naturalmente c’è la versione Deluxe con tre tracce in più, e il lavoro è frutto del solito team di Roma Ryan che ha scritto tutti i testi, Enya che suona tutte le tastiere, compone la musica e canta e Nick Ryan che ha curato la produzione. Per la precisione in Even The Shadows c’è Eddie Lee al contrabbasso. Ecco un assaggio, nulla è cambiato https://www.youtube.com/watch?v=FOP_PPavoLA …

jethro tull too oldjethro tull too old box

 

In effetti questa ristampa di Too Old To Rock And Roll: Too Young To Die! dei Jethro Tull avrei potuto anche inserirla nel post dedicato ai Box, ma visto che c’è anche la versione singola con il solo album rimasterizzato ne parliamo qui. Un buon album anche se non tra i più memorabili della band di Ian Anderson (molto meglio il successivo Songs From The Wood che sarà il prossimo a venire ristampato) esce anche nella solita versione quadrupla curata da Steven Wilson dei Porcupine Tree: due CD e due DVD (principalmente audio, però ci sono anche dei filmati apparsi in uno speciale della televisione inglese di metà anni ’70, credo sia questo https://www.youtube.com/watch?v=TFYWy-Pwymc). Questo è il contenuto completo:

[CD1]
1. Prelude (Steven Wilson Stereo Mix)
2. Quiz Kid (Steven Wilson Stereo Mix)
3. Crazed Institution (Steven Wilson Stereo Mix)
4. Salamander (Steven Wilson Stereo Mix)
5. Taxi Grab (Steven Wilson Stereo Mix)
6. From A Dead Beat To An Old Greaser (Steven Wilson Stereo Mix)
7. Bad-Eyed And Loveless (Steven Wilson Stereo Mix)
8. Big Dipper (Steven Wilson Stereo Mix)
9. Too Old To Rock ‘N’ Roll: Too Young To Die! (Steven Wilson Stereo Mix)
10. Pied Piper (Steven Wilson Stereo Mix)
11. The Chequered Flag (Dead Or Alive) [Steven Wilson Stereo Mix]
12. From A Dead Beat To An Old Greaser (Steven Wilson Stereo Remix) [Monte Carlo January 1976]
13. Bad-Eyed And Loveless (Steven Wilson Stereo Remix) [Monte Carlo January 1976]
14. Big Dipper (Steven Wilson Stereo Remix) [Monte Carlo January 1976]
15. Too Old To Rock ‘N’ Roll: Too Young To Die! (Steven Wilson Stereo Remix) [Brussels November 1975]
16. The Chequered Flag (Dead Or Alive) [Steven Wilson Stereo Remix] [Brussels November 1975]
17. Quiz Kid (Version 1) [Steven Wilson Stereo Mix]

[CD2]
1. Salamander’s Rag Time (Steven Wilson Mix)
2. Commercial Traveller (Steven Wilson Mix)
3. Salamander (Steven Wilson Mix) [Instrumental]
4. A Small Cigar (Steven Wilson Mix) [Acoustic Version]
5. Strip Cartoon (Steven Wilson Mix)
6. One Brown Mouse (Early Version) [Original Master Mix]
7. A Small Cigar (Orchestrated Version) [Original Rough Mix]
8. Too Old To Rock ‘N’ Roll: Too Young To Die! (Demo) [Steven Wilson Mix]
9. Prelude
10. Quiz Kid
11. Crazed Institution
12. Salamander
13. Taxi Grab
14. From A Dead Beat To An Old Greaser
15. Bad-Eyed And Loveless
16. Big Dipper
17. Too Old To Rock ‘N’ Roll: Too Young To Die!
18. Pied Piper
19. The Chequered Flag (Dead Or Alive)

[DVD1]
1. Prelude (Steven Wilson Stereo Mix)
2. Quiz Kid (Steven Wilson Stereo Mix)
3. Crazed Institution (Steven Wilson Stereo Mix)
4. Salamander (Steven Wilson Stereo Mix)
5. Taxi Grab (Steven Wilson Stereo Mix)
6. From A Dead Beat To An Old Greaser (Steven Wilson Stereo Mix)
7. Bad-Eyed And Loveless (Steven Wilson Stereo Mix)
8. Big Dipper (Steven Wilson Stereo Mix)
9. Too Old To Rock ‘N’ Roll: Too Young To Die! (Steven Wilson Stereo Mix)
10. Pied Piper (Steven Wilson Stereo Mix)
11. The Chequered Flag (Dead Or Alive) [Steven Wilson Stereo Mix]
12. Prelude (Steven Wilson Stereo Mix)
13. Quiz Kid (Steven Wilson Stereo Mix)
14. Crazed Institution (Steven Wilson Stereo Mix)
15. Salamander (Steven Wilson Stereo Mix)
16. Taxi Grab (Steven Wilson Stereo Mix)
17. From A Dead Beat To An Old Greaser (Steven Wilson Stereo Mix)
18. Bad-Eyed And Loveless (Steven Wilson Stereo Mix)
19. Big Dipper (Steven Wilson Stereo Mix)
20. Too Old To Rock ‘N’ Roll: Too Young To Die! (Steven Wilson Stereo Mix)
21. Pied Piper (Steven Wilson Stereo Mix)
22. The Chequered Flag (Dead Or Alive) [Steven Wilson Stereo Mix]
23. Prelude (Steven Wilson Stereo Mix)
24. Quiz Kid (Steven Wilson Stereo Mix)
25. Crazed Institution (Steven Wilson Stereo Mix)
26. Salamander (Steven Wilson Stereo Mix)
27. Taxi Grab (Steven Wilson Stereo Mix)
28. From A Dead Beat To An Old Greaser (Steven Wilson Stereo Mix)
29. Bad-Eyed And Loveless (Steven Wilson Stereo Mix)
30. Big Dipper (Steven Wilson Stereo Mix)
31. Too Old To Rock ‘N’ Roll: Too Young To Die! (Steven Wilson Stereo Mix)
32. Pied Piper (Steven Wilson Stereo Mix)
33. The Chequered Flag (Dead Or Alive) [Steven Wilson Stereo Mix]
34. Prelude (Steven Wilson Stereo Mix)
35. Quiz Kid (Steven Wilson Stereo Mix)
36. Crazed Institution (Steven Wilson Stereo Mix)
37. Salamander (Steven Wilson Stereo Mix)
38. Taxi Grab (Steven Wilson Stereo Mix)
39. From A Dead Beat To An Old Greaser (Steven Wilson Stereo Mix)
40. Bad-Eyed And Loveless (Steven Wilson Stereo Mix)
41. Big Dipper (Steven Wilson Stereo Mix)
42. Too Old To Rock ‘N’ Roll: Too Young To Die! (Steven Wilson Stereo Mix)
43. Pied Piper (Steven Wilson Stereo Mix)
44. The Chequered Flag (Dead Or Alive) [Steven Wilson Stereo Mix]
45. From A Dead Beat To An Old Greaser (Monte Carlo January 1976)
46. Bad-Eyed And Loveless (Monte Carlo January 1976)
47. Big Dipper (Monte Carlo January 1976)
48. Too Old To Rock ‘N’ Roll: Too Young To Die! (Brussels November 1975)
49. The Chequered Flag (Dead Or Alive) [Brussels November 1975]
50. From A Dead Beat To An Old Greaser (Monte Carlo January 1976)
51. Bad-Eyed And Loveless (Monte Carlo January 1976)
52. Big Dipper (Monte Carlo January 1976)
53. Too Old To Rock ‘N’ Roll: Too Young To Die! (Brussels November 1975)
54. The Chequered Flag (Dead Or Alive) [Brussels November 1975]

[DVD2]
1. Salamander’s Rag Time (Steven Wilson Mix)
2. Commercial Traveller (Steven Wilson Mix)
3. A Small Cigar (Steven Wilson Mix) [Acoustic Version]
4. Strip Cartoon (Steven Wilson Mix)
5. Salamander’s Rag Time (Steven Wilson Mix)
6. Commercial Traveller (Steven Wilson Mix)
7. A Small Cigar (Steven Wilson Mix) [Acoustic Version]
8. Strip Cartoon (Steven Wilson Mix)
9. Quiz Kid (Version 1)
10. One Brown Mouse (Early Version) [Original Master Mix]
11. Salamander (Steven Wilson Mix) [Instrumental]
12. Strip Cartoon
13. A Small Cigar (Orchestrated Version) [Original Rough Mix]
14. Too Old To Rock ‘N’ Roll: Too Young To Die! (Demo) [Steven Wilson Mix]
15. Prelude
16. Quiz Kid
17. Crazed Institution
18. Salamander
19. Taxi Grab
20. From A Dead Beat To An Old Greaser
21. Bad-Eyed And Loveless
22. Big Dipper
23. Too Old To Rock ‘N’ Roll: Too Young To Die!
24. Pied Piper
25. The Chequered Flag (Dead Or Alive)
26. Prelude
27. Quiz Kid
28. Crazed Institution
29. Salamander
30. Taxi Grab
31. From A Dead Beat To An Old Greaser
32. Bad-Eyed And Loveless
33. Big Dipper
34. Too Old To Rock ‘N’ Roll: Too Young To Die!
35. Pied Piper
36. The Chequered Flag (Dead Or Alive)

Ovviamente i brani sembrano metà di mille perché gli stessi brani appaiono più volte in diverse versioni. Eichetta Chrysalis/Parlophone/Warner già uscito pure questo, ma lo scorso venerdì 27 novembre.

neal casal interludes

Sempre lo scorso 27 è uscito questo strano doppio, attribuito a tali Circles Around The Sun e intitolato Interludes For The Dead. Etichetta Warner per questo album che in effetti è opera di Neal Casal con la sua band (tutti lo ricordiamo sia per la sua carriera solista che per essere stato a lungo il solista nei Cardinals di Ryan Adams e ultimamente suona sia nei Chris Robinson Brotherhood, quanto negli Hard Working Americans): evidentemente questa estate aveva dei giorni liberi e, casualmente, nei giorni in cui i Grateful Dead registravano il loro Fare Thee Well Tour, Casal si esibiva nelle pause delle esibizioni dei Dead, da lì il titolo del CD, in lunghe improvvisazioni acide e psichedeliche, 10 in tutto, tra i 5 e i 25 minuti, che ora sono state raccolte in questo doppio album.. Niente male, tra l’altro: per avere una idea….

Track Listing
Disc One
1. “Hallucinate A Solution”
2. “Gilbert’s Groove”
3. “Kasey’s Bones”
4. “Space Wheel”
Disc Two
1. “Ginger Says”
2. “Farewell Franklins”
3. “Saturday’s Children”
4. “Scarlotta’s Magnolias”
5. “Hat And Cane”
6. “Mountains Of The Moon”

I titoli ovviamente prendono spunto dalla musica dei Grateful Dead.

ethan johns silver liner

Altro nome a lungo legato a Ryan Adams per averne prodotto alcuni degli album migliori (in particolare Heartbreaker Gold, oltre a decine di altri ottimi album, gli ultimi due quelli di Tom Jones e anche il nuovo degli australiani Boy & Bear, di cui sarà il caso parlare) è quello di Ethan Johns, musicista e produttore inglese, ma dal suono decisamente americano: con un paio di album alle spalle, buoni anche se non eccelsi, uno proprio prodotto da Adams, il secondo, che mi piaceva parecchio, ora realizza questo Silver Liner, su etichetta Three Crows Records, ma distribuita da Caroline/Universal, sempre disponibile dal 27 novembre. Accompagnato dai Black Eyed Dog, ovvero Jeremy Stacey alla batteria, Nick Pini al basso e dal grande musicista BJ Cole alla pedal steel guitar, Johns realizza veramente un gran bel disco. Tra ballate, pezzi rock, elementi country e west coast (bellissimi i cori di Gillian Welch Bernie Leadon in Juanita), sarà il caso di dedicare il giusto spazio a questo disco. Per il momento sentite che bella la title-track, sembra qualche pezzo perduto di Neil Young.

carly simon songs from the trees

E per finire, una bella antologia doppia, l’ennesima, dedicata a Carly Simon: pubblicata in contemporanea alla sua autobiografia  si intitotola Songs From The Trees: A Musical Memoir Collection, Elektra/Rhino l’etichetta, 20 novembre la data di uscita e ripercorre tutta la carriera della ex moglie di James Taylor, dagli inizi con le sorelle, nel raro brano Winken’, Blinkin’ And Nod a nome Simon Sisters, fino a due brani inediti, posti in chiusura del secondo disco. Il tutto ha una nuova rimasterizzazione 2015 e suona veramente bene.

Ovviamente You’re So Vain è presente https://www.youtube.com/watch?v=iWi6NQNQ7OQ; insieme ad 30 altri brani che rivelano una cantautrice molto sottovalutata rispetto al suo vero valore:

[CD1]
1. Boys In The Trees (2015 Remastered)
2. Winken’, Blinkin’ And Nod – The Simon Sisters
3. Orpheus (2015 Remastered)
4. Older Sister (2015 Remastered)
5. It Was So Easy (2015 Remastered)
6. Embrace Me, You Child (2015 Remastered)
7. Hello Big Man (2015 Remastered)
8. Two Hot Girls (On A Hot Summer Night)
9. It Happens Everyday (2015 Remastered)
10. His Friends Are More Than Fond Of Robin (2015 Remastered)
11. I’m All It Takes To Make You Happy (2015 Remastered)
12. That’s The Way I’ve Always Heard It Should Be (2015 Remastered)
13. I’ve Got To Have You (2015 Remastered)
14. Anticipation (2015 Remastered)
15. Legend In Your Own Time (2015 Remastered)
16. Three Days (2015 Remastered)

[CD2]
1. Julie Through The Glass (2015 Remastered)
2. We Have No Secrets (2015 Remastered)
3. You’re So Vain (2015 Remastered)
4. Mind On My Man (2015 Remastered)
5. Mockingbird (2015 Remastered)
6. After The Storm (2015 Remastered)
7. Haunting (2015 Remastered)
8. In Times When My Head (2015 Remastered)
9. You Belong To Me (2015 Remastered)
10. We’re So 2015 Remastered)
11. From The Heart (2015 Remastered)
12. Come Upstairs (2015 Remastered)
13. The Right Thing To Do (2015 Remastered)
Previously Unissued Bonus Selections:
14. Showdown
15. I Can’t Thank You Enough

Anche per oggi è tutto, alla prossima, domani tocca al nuovo Eric Clapton Live alla Royal Albert Hall.

Bruno Conti

Novità Di Novembre Parte III. Who, Mary Black, Kate Rusby, Neal Casal, Dirk Hamilton, Bill Labounty

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Questa settimana iniziamo la disamina delle uscite di martedì 15 novembre con il pezzo forte, la riedizione di Quadrophenia degli Who. Come vedete ne usciranno due versioni (più il vinile) mentre la terza è un intruso che sarà pubblicato a fine mese per il “Black Friday”, il giorno del vinile.

Il box Super Deluxe conterrà (leggo): Disc 1&2 – The Original Album 2011 Remaster

Disc 3&4 – 25 Demo Tracks, questi i brani:

Disc three – the demos

1.
The Real Me (demo)

2.
Quadrophenia – Four Overtures (demo)

3.
Cut My Hair (demo)

4.
Fill No. 1 – Get Out and Stay Out (demo)

5.
Quadrophenic – Four Faces (demo)

6.
We Close Tonight (demo)

7.
You Came Back (demo)

8.
Get Inside (demo)

9.
Joker James (demo)

10.
Punk (demo)

11.
I’m One (demo)

12.
Dirty Jobs (demo)

13.
Helpless Dancer (demo)

Disc four – the demos

1.
Is It In My Head (demo)

2.
Any More (demo)

3.
I’ve Had Enough (demo)

4.
Fill No. 2 (demo)

5.
Wizardry (demo)

6.
Sea & Sand (demo)

7.
Drowned (demo)

8.
Is It Me (demo)

9.
Bell Boy (demo)

10.
Dr Jimmy (demo)

11.
Finale-The Rock (demo)

12.
Love Reign O’er Me (demo)

Disc 5 Versione 5.1 di “solo” 8 brani del disco in dolby surround.

Libro Deluxe di 100 pagine in hardback con un nuovo saggio scritto da Pete Townshend e fotografie, testi, note e latro materiale inedito oltre a presentazione brano per brano dei 25 demo.

45 giri 7″ con 5.15 e Water

Poster 20″x30″ e sei inserti facsimile raccolti in una confezione.

Leggevo proprio dalla confezione per cui sono informazioni precise. Naturalmente la confezione è molto bella e molto costosa.

Per chi vuole spendere meno esce anche una versione doppia Deluxe con l’album originale rimasterizzato e 11 demo inediti, questa la tracklist:

Disc: 1
1. I Am The Sea
2. The Real Me
3. Quadrophenia
4. Cut My Hair
5. The Punk And The Godfather
6. I’m One
7. The Dirty Jobs
8. Helpless Dancer
9. Is It In My Head?
10. I’ve Had Enough
11. 5:15
12. Sea And Sand
13. Drowned

1. Bell Boy – Who
2. Doctor Jimmy – Who
3. The Rock – Who
4. Love Reign O’er Me
5. The Real Me (demo) – Who
6. Cut My Hair (demo) – Who
7. Punk (demo) – Who
8. Dirty Jobs (demo) – Who
9. Is It In My Head (demo) – Who
10. Any More (demo) – Who
11. I’ve Had Enough (demo) – Who
12. Drowned (demo) – Who
13. Is It Me? (Demo)
14. Doctor Jimmy (Demo)
15. Love Reign O’er Me (Demo)

Il 29 novembre (che è un martedì, anche se dovrebbe essere il Black Friday!) in Italia uscirà quel 10″ di Townshend chiamato The Quadrophenia Demos 1 con 6 tracce, queste:

Side One:
The Real Me / Demo
Cut My Hair / Demo
Punk / Demo

Side Two:
Dirty Jobs / Demo
Is It In My Head? / Demo
Anymore / Demo

Il secondo volume uscirà ad aprile per il Record Store Day.

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E’ già uscito da qualche giorno, ma pochi se ne sono accorti perché è stato pubblicato solo dalla Rhino francese questo bellissimo Box di 4 CD di Bill Labounty uno dei più bravi (e sconosciuti) vocalist americani apprezzato da uno sparuto manipolo di fans sparsi per il tutto il mondo. Contiene 70 brani, di cui 18 demos inediti, 5 brani dall’album di debutto di Bill Promised Love mai uscito in CD e il meglio della sua produzione tratta da tutti gli album della sua discografia con presentazione delle tracce a cura dello stesso Labounty in un libretto di 16 pagine. Tra i musicisti che appaiono nel cofanetto questi “illustri sconosciuti”, James Taylor, Larry Carlton, Jeff Porcaro, Willie Weeks, Steve Lukather, Lenny Castro, Robbie Dupree (altro grande cultore sconosciuto di questo stile raffinato, che per mancanza di migliori termini definirei “blue-eyed soft soul and jazz” con risvolti californiani), Patti Austin, Jennifer Warnes, Steve Gadd e molti altri. Sciambola!

Un altro grandissimo cantautore americano, che da qualche anno svolge la sua attività anche e soprattutto in Italia, è Dirk Hamilton. E infatti il nuovo Thug Of Love Live viene distribuito in esclusiva per il mercato italiano dalla IRD (è già uscito questa settimana). Si tratta di un doppio, CD+DVD edito dalla Acoustic Rock Records, che festeggia i fasti di Thug Of Love, uno dischi più belli del 1980 (quarto della sua discografia): riproposto in tre concerti tenuti a Dozza, Modena e Cologne a marzo dello scorso anno per il 30° anniversario dal disco originale. Particolare non trascurabile il contenuto di CD e DVD è diverso perché è tratto dalle tre diverse date: quindi un totale di 24 brani. Nell’ultimo brano del CD How Do You Fight Fire appaiono come ospiti Graziano Romani, Massimo Mantovani e Max Marmiroli. Sarebbe d’uopo procurarsi anche l’originale ristampato in CD dalla Wounded Bird nel 2007 e, perché no, i due precedenti, altrettanto stupendi Meet Me At The Crux e Alias I ristampati dalla Akarma. Purtroppo il primo You Can Sing On The Left Or Bark To The Right non è mai stato fatto in CD (credo) e il mio disco originale, prestato ad un “presunto” amico non mi è più stato restituito, ciulato come direbbe Massimo Boldi! Pensate che In Wikipedia non c’è neppure una voce dedicata a Dirk Hamilton. I dati sul nuovo disco sono esatti visto che li ho letti proprio dal CD e non da comunicati stampa.

Il nuovo Neal Casal (lui c’è in Wikipedia), Sweeten The Distance, esce sempre il 15 per la Fargo Records. E’ il 12° della sua carriera, più 2 raccolte e tre dischi con gli Hazy Malaze. Ora che i Cardinals di Ryan Adams di cui era il leader e con cui ha pubblicato 5 dischi si sono sciolti, è libero di riprendere la sua carriera solista.

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Tre voci femminili. Torna, dopo una pausa che durava sei anni, la grande cantante irlandese Mary Black con un nuovo album Stories From The Steeples pubblicato dalla Blix Streets Records in Inghilterra e dalla 3ù Records in Irlanda. Per curiosità ero andato a vedere se il disco fosse uscito prima sul mercato irlandese e fosse già in classifica ma non c’era ancora. In compenso, con grande piacere, ho visto che l’ultimo Christy Moore Folk Tale ha esordito al 3° posto delle charts e la settimana in corso era al 6° lottando eroicamente con Justin Bieber, Rhianna, David Guetta e Co che sono tutti alle sue spalle. Se volete curiosare le classifiche di tutto il mondo questo è il link http://www.lanet.lv/misc/charts/. Nel disco di Mary Black appaiono come ospiti Imelda May, Finbar Furay e Janis Ian.

Altra grande vocalist britannica è Kate Rusby, questo While Mortals Sleep, edito come sempre dalla Pure Records, è il secondo capitolo decicato a brani “stagionali”, di tipo natalizio per intenderci, ma non solo. Sono canzoni e carole, quindi sempre musica tradizionale folk per la brava Kate accompagnata dalla sua band più un quintetto di fiati. Il primo volume si chiamava Sweet Bells.

La terza copertina è quella di Bracing For Impact il nuovo disco di Pegi Young questa volta con i Survivors. Che non comprendono mister Neil Young in formazione, anche se nel disco, pubblicato dalla Vapor Records, c’è! Il gruppo comprende Spooner Oldham alle tastiere, Rick Rosas al basso, Kelvin Holly alla chitarra e Phil Jones alla batteria. Produce Pegi con l’aiuto di Elliot Mazer e “lui” ha scritto Doghouse dove canta le armonie vocali e suona l’armonica, nonché la chitarra elettrica in Lie e Song For A Baby Girl e nuovamente l’armonica in Number 9 Train. Nel disco, che non è male, ci sono anche le ottime Watson Twins alle armonie e una versione della famosa I Don’t Want To Talk About It scritta da Danny Whitten per il primo Crazy Horse dove la seconda voce è quella di Chandra Wilson. Ma mi rendo conto che il disco si compra perché c’è dentro Neil Young e anche se non ci fosse per il legame di parentela, quantomeno per curiosità.

Fine della prima parte (oggi ci sono dei problemi con il Blog).

Bruno Conti