Atmosfere Berlinesi Per Una Nick Cave Al Femminile! Andrea Schroeder – Where The Wild Oceans End + Blackbird

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Andrea Schroeder – Where The Wild Oceans End – Glitterhouse Records 2014

Andrea Schroeder – Blackbird – Glitterhouse Records 2012

Nella moltitudine  di proposte musicali che il mercato discografico periodicamente ci offre è stato un autentico colpo di fortuna scoprire, casualmente, una cantante del talento di Andrea Schroeder.

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Viene da Berlino, e, curiosamente (ma forse non troppo), come la sua musa e icona Nico (Velvet Underground), ha un passato da modella, ha scritto poesie e racconti, prima di utilizzare l’universo multimediale per far conoscere la sua musica, creandosi un consistente seguito di “fans” e l’apprezzamento di diverse testate specializzate https://www.youtube.com/watch?v=g2EDX10BcKs . Dopo l’eccellente esordio con Blackbird (2012), Where The Wild Oceans End (entrambi prodotti da Chris Eckman dei Walkabouts) è il secondo capitolo della carriera della Schroeder, registrato in parte in una bellissima “location” sulle coste norvegesi, ed in parte presso i gloriosi Hansa Studios di Berlino, e come appena detto, sotto la produzione esperta di Eckman, ci propone un mix di rock, folk, blues e jazz, con il risultato di evocare le atmosfere melanconiche di artisti come Nick Cave e Leonard Cohen, e mostri sacri femminili tipo Patti Smith e Nico. Andrea si avvale come sempre della sua magnifica band, composta dal partner di scrittura, il chitarrista danese Jesper Lehmkuhl, una sezione ritmica australiana con Chris Hughes alla batteria e Dave Allen al basso, e la brava violinista belga Catherine Graindorge (praticamente una multinazionale), per proporci una galleria di dieci brani di un genere che mi permetto di etichettare come folk-noir o dark-blues, se preferite!

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La voce profonda e carismatica di Andrea Schroeder domina la scena, sin dall’iniziale Dead Man’s Eyes spettrale e affascinante, a cui fanno seguito la ballata Ghosts Of Berlin (un’ode per la capitale), dall’atmosfera cupa e fumosa https://www.youtube.com/watch?v=iswGWwrc2_g , l’intensa Until The End con note di violino laceranti https://www.youtube.com/watch?v=UBUWfEQQQPs , e una coinvolgente Helden, un omaggio alla Heroes di David Bowie cantata splendidamente nella lingua di Goethe https://www.youtube.com/watch?v=9ExMl2yjUc0 . La mano di Eckman si nota nella rootsy Fireland (qui Andrea ricorda la brava Carla Torgerson) https://www.youtube.com/watch?v=FhGPIO01r6g , passando per il piano angosciante di The Spider, la title-track che ricorda il Nick Cave più “scuro”, le chitarre sferraglianti di The Rattlesnake, andando a chiudere un lavoro magnifico con gli arpeggi acustici e gli archi dolenti delle splendide Summer Came To Say Goodbye e Walk Into The Silence.

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Il disco d’esordio Blackbird si avvaleva di episodi come Paint It Blue, Wrap Me In Your Arms e una Blackbird dove pareva di sentire la bravissima Marianne Faithfull, ma pure della dolente ballata country-folk Death Is Waiting https://www.youtube.com/watch?v=sCt93J7CXmQ , dell pathos di una traccia come Winter Days, che riesce nello stesso tempo ad emanare tristezza e dolcezza https://www.youtube.com/watch?v=qxk_tP6rRA4 , mentre Bebop Blues e Blackberry Wine https://www.youtube.com/watch?v=B8DYOh0yD08  sono i richiami più vicini a Patti Smith (anche i momenti più elettrici del disco), chiudendo con la solennità di Kalze (quasi un omaggio a Nico, la dark lady per eccellenza), anche questo cantato in lingua tedesca, chiuso da un suono di tamburo a ritmo di bolero. Where The Wild Oceans End è, a giudizio di chi scrive, uno dei dischi più intriganti di questo inizio 2014 e consacra la Schroeder come un’artista di primo piano nel panorama musicale internazionale, il tutto certificato anche dal fatto che la cantante-poetessa tedesca ha partecipato ad un album tributo dedicato a Jeffrey Lee Pierce ( Axels And Sockets, il volume 3, in uscita in questi giorni), con la partecipazione di artisti del calibro di Iggy Pop, Nick Cave, Debbie Harry, Mark Lanegan e altre “personcine carismatiche”. Resta da sperare che anche l’Italia si accorga (magari in seguito a questa umile recensione) di questa particolare “chanteuse” mitteleuropea!

Tino Montanari  

Un Cantautore “Infinitamente Prezioso” ! Damien Jurado – Brothers And Sisters Of The Eternal Son

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Damien Jurado – Brothers And Sisters Of The Eternal Son – Secretly Canadian 2CD Deluxe Edition

Ho sempre pensato che ci sono nomi che girano come un segreto ben custodito, qualcuno li conosce bene, qualcuno li ha sentiti nominare, la maggior parte li ignora del tutto, e questi nomi sarebbe ora che uscissero dall’anonimato, per la musica che fanno: Damien Jurado, per chi scrive, è un esempio perfetto, quindici anni di carriera, undici dischi con questo ultimo lavoro (più EP e varie raccolte), che spaziano dal cantautorato più “puro” (Rehearsals For Departure (99), a quello più “impuro” come la triade iniziata con Saint Bartlett (10), Maraqopa (12), e questo di cui che stiamo parlando http://www.youtube.com/watch?v=frnWPrDu9CU .

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Jurado è un originale songwriter proveniente da Seattle, con un “background” formato da varie collaborazioni con diverse formazioni, ma la carriera solista di Damien comincia verso la metà degli anni ’90 quando esordisce con la prestigiosa Sub Pop Records con Waters Ave S (97), il citato Rehearsals For Departure (99), Ghost Of David (00), I Break Chairs (02). Finito il sodalizio con la casa di Seattle, si accasa con la Secretly Canadian, e con questa etichetta pubblica Where Shall You Take Me? (03),This Fabulous Century (04), On My Way To Absence (05),Caught In The Trees (08), e gli ultimi album Saint Bartlett (10) http://discoclub.myblog.it/2010/06/07/damien-jurado-saint-bartlett/ , Live At Landlocked (11), Maraqopa (12), tutti sotto la produzione del multistrumentista Richard Swift (membro degli Shins, e fondamentale per il suo cambiamento artistico).

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Per chi segue Damien Jurado, non dovrebbe essere una sorpresa che il suo “sound” ultimamente sia distante anni luce dagli esordi, e lo si nota subito sin dal primo brano Magic Number, che anche in questo album c’è qualcosa di diverso. E la riprova arriva subito con la dolce psichedelia di Silver Timothy http://www.youtube.com/watch?v=A4sQz6Y5g88 , la cantilena struggente di Return To Maraqopa e Jericho Road http://www.youtube.com/watch?v=PNHTmqAny3U  , fino alla splendida Metallic Cloud, che più la sento e più mi ricorda, a tratti, Wish You Were Here dei Pink Floyd http://www.youtube.com/watch?v=NDEc8SVXeS0 . Dopo una prima parte pazzesca, con Silver Donna e Silver Malcolm si viaggia dalle parti delle ultime produzioni di Nick Cave, mentre con Silver Katherine e Silver Joy si manifesta il Jurado più classico, si chiude infine con una Suns In Our Mind dall’incedere “younghiano” http://www.youtube.com/watch?v=wEde9mDtwtw . Il bonus CD della Deluxe Edition, presenta due brani inediti e sei versioni acustiche alternate, con accompagnamento di cori femminili.

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Con questo Brothers And Sisters Of The Eternal Son, i due compari Damien Jurado e Richard Swift firmano il vertice della “trilogia”, con dieci piccole gemme che riescono a trasmettere delle emozioni autentiche, con armonie lente e toccanti, in equilibrio tra folk, rock e pop psichedelico.

La musica di Damien Jurado probabilmente non è per tutti, ma sicuramente merita più attenzione e visibilità di quella avuta finora, e questo lavoro è uno dei dischi più belli, originali e spiazzanti di questi primi mesi dell’anno, e scusate se è poco.

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NDT: Il singolo Everything Trying (dall’album Caught In The Trees) è incluso nella colonna sonora del film La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, candidato ai prossimi Oscar http://www.youtube.com/watch?v=6GVhGX93fsc .

Tino Montanari  

Il Meglio Del 2013: Riviste Straniere – Uncut

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Da adesso in avanti, a tradimento, anche più di un Post al giorno (oppure no, come capita), come gli scorsi anni, pubblicherò le classifiche di Riviste inglesi ed americane (e anche italiane se capita, ma arriveranno più tadi, credo), cartacee ed online, e qualche sito interessante, per chi scrive, magari rompendo l’anima anche a qualche musicista e addetto al settore amico, con qualche incursione in quello che, immodestamente, abbiamo scritto anche noi durante l’anno, trovate il link (dove all’interno magari c’è un altro link e così via, fino all’infinito!). Partiamo, del tutto a caso, con Uncut (e già qui non mi trovano molto d’accordo, come diceva un calciatore a Mai Dire Gol, “sono completamente d’accordo a metà con il mister”, infatti, come atto di ribellione, pubblico anche la lista del loro direttore, Allan Jones,  vecchia volpe della musica, con cui sono molto più sintonizzato come lunghezza d’onda):

UNCUT’s albums of the year 2013 

my bloody valentine mbv

1. My Bloody Valentine – m b v  http://www.youtube.com/watch?v=rVZuDOy9w7A

david bowie the next day

2. David Bowie – The Next Day http://discoclub.myblog.it/2013/10/01/se-arriva-anche-la-versione-extra-siamo-rovinati-david-bowie/

nick cave push standard ed.

3. Nick Cave – Push the Sky Away  http://www.youtube.com/watch?v=MXcuXZ3m8qw

john grant pale green ghosts

4. John Grant – Pale Green Ghosts  http://www.youtube.com/watch?v=JvM3D4XE9qM

laura marling once i was an eagle
5. Laura Marling – Once I Was An Eagle
http://www.youtube.com/watch?v=jSk839eSWm0 Marco non ci è andato giù leggero, per me è un gran disco, giudicate voi!

roy harper man & myth

6. Roy Harper – Man and Myth http://www.youtube.com/watch?v=INVei_1Wu7Y “Mezzo album” è suonato e prodotto da Jonathan Wilson, manca all’appello sul Blog, ma arriva…

bill callahan dream river

7. Bill Callahan – Dream River http://www.youtube.com/watch?v=Mh5km2xKlfk

kurt vile wakin'

8. Kurt Vile – Wakin’ On a Pretty Daze http://www.youtube.com/watch?v=bd0K76H7sU8 Questo devo tornare ad approfondire perchè il precedente mi era piaciuto parecchio e anche questo mi sembra un gran disco, la canzone del video è bellissima!

arctic monkeys am

9. Artic Monkeys – AM  http://www.youtube.com/watch?v=6366dxFf-Os 

boards of canada tomorrow's

10. Boards of Canada – Tomorrow’s Harvest
http://www.youtube.com/watch?v=2jTg-q6Drt0 Che questo sia uno dei dieci migliori dischi dell’anno? Un bel mah?

Per consolarci vediamo cosa ha detto (anzi scritto) il buon Allan Jones sui migliori dischi del 2013 (a scalare dal 30° al 1°):

30 Thee Oh Sees – Floating Coffin

29 Nick Cave And The Bad Seeds – Push the Sky Away

28 Promised Land Sound – Promised Land Sound

27 Guy Clark – My Favourite Picture Of You

26 Julia Holter – Loud City Song

25 Cian Nugent & The Cosmos – Born With The Caul

24 Diana Jones – Museum Of Appalachia Recordings

23 The Shouting Matches – Grownass Man

22 Richard Thompson – Electric

21 Endless Boogie – Long Island

20 Bill Callahan – Dream River

19 The Strypes – Snapshot

18 Lord Huron – Lonesome Dreams

17 Mark Kozelek & Desertshore – Mark Kozelek & Desertshore

16 Caitlin Rose – The Stand-Ins

15 Vampire Weekend – Modern Vampires Of The City

14 Neko Case – The Worse Things Get, The Harder I Fight, The Harder I Fight The More I Love You

13 Hiss Golden Messenger – Haw

12 Houndstooth – Ride Out The Dark

11 Jonathan Wilson – Fanfare

10 My Bloody Valentine – mbv

9 Matthew E White – Big Inner

8 Okkervil River – The Silver Gymnasium

7 Israel Nash Gripka – Israel Nash Gripka’s Rain Plans

6 Kurt Vile – Wakin on A Pretty Daze

5 Jason Isbell – Southeastern

4 Pond – Hobo Rocket

3 Laura Marling – Once I Was An Eagle

2 Phosphoresecent – Muchacho

1 Roy Harper – Man & Myth

Direi che è tutto, alla prossima classifica!

Bruno Conti

Un Vero Paradiso Di Delizie Musicali! Spain – The Morning Becomes Eclectic Session

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Spain – The Morning Becomes Eclectic Session – Glitterhouse 2013

Dopo il recente The Soul Of Spain (recensito puntualmente su queste pagine virtuali), l’uscita un po’ a sorpresa di questo live (senza applausi), arriva a ricordarci quanto sono bravi gli Spain di Josh Haden e soci. Questo nuovo CD The Morning Becomes Eclectic Session, registrato alla radio KCRW di Santa Monica (la stessa del recente Live di Nick Cave) il 4 Ottobre 2012 http://www.youtube.com/watch?v=Z8WEDOEe0_Q , comprende una scaletta troppo breve per considerarla come un Best Of, ma più che emblematica di un percorso della loro non immensa produzione  (solo quattro album), comunque depositari di un suono e uno stile (per chi scrive) alla pari della migliore canzone d’autore degli ultimi vent’anni.

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Le delizie partono con la magnifica ballata Nobody Has To Know estratta dal secondo album She Haunts My Dreams (99), mentre la seguente Untiled #1 viene ripescata dal folgorante esordio The Blue Moods Of Spain (95), per poi sciorinare una She Haunts My Dreams, rifatta in una versione più veloce, tolta dai solchi di un lavoro sottovalutato come I Believe (01). Dopo una pausa per spot radiofonici (tutto il mondo è paese), si riparte con un trittico dall’ultimo album The Soul Of Spain, con l’hammond delizioso di I’m Still Free http://www.youtube.com/watch?v=xODZxLaOcmA , il jazz notturno di Walked On The Water e la dolce e lenta ballata Only One http://www.youtube.com/watch?v=7bjcwc72Irc , per poi chiudere con l’immancabile lunga e toccante Spiritual (collocata strategicamente a fine tracklist) http://www.youtube.com/watch?v=OSbPGImK9l4 , cantata e suonata dalle Sisters Haden (Petra al violino, Tanya al violoncello e Rachel alla voce), oltre al fratello Josh alla chitarra, tutti figli del noto musicista jazz Charlie Haden.

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Su questo The Morning Becomes Eclectic Session, posso sottoscrivere quanto già scritto a proposito della simile operazione condotta recentemente dai Tindersticks, per i fans del gruppo è qualcosa di più di una semplice sessione radiofonica, una rivisitazione di alcune canzoni amate che vengono dall’anima, per tutti gli altri che non conoscono già gli Spain, un’ottima occasione per scoprire la musica e la poesia di una band (per chi scrive) superlativa.

Tino Montanari

Storie Di Fantasmi! Willard Grant Conspiracy – Ghost Republic

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Willard Grant Conspiracy – Ghost Republic – Loose Music 2013

Robert Fisher, ormai unico membro fisso e indiscusso leader dei Willard Grant Conspiracy, è un narratore di storie, lo è da più di quindici anni e questo ultimo lavoro Ghost Republic (si avvicina molto ad un concept-album), è un ulteriore conferma. Formatisi a Boston nella prima metà degli anni ’90, i Willard Grant Conspiracy (fondati da Robert Fisher e Paul Austin ex Walkabouts) danno vita a quello che è stato etichettato “country-noir” o “gothic-country” (personalmente aggiungerei anche “psichedelia contadina”), mantenendo un’identità stilistica che ha permesso loro di cavalcare “l’alt-country” ed arrivare indenni al “neo-folk”, attraverso album meravigliosi quali Flying Low (98) (da recuperare assolutamente), Mojave (99), Everything’s Fine (2000), Regard The End (2004), Let It Roll (2006), Pilgrim Road (2008) e Paper Covers Stone (2009,) una rilettura di alcune delle canzoni più belle del loro repertorio.

Da segnalare inoltre il primissimo EP d’esordio 3am Sunday@ Fortune Otto’s (96) la collaborazione anomala con il gruppo olandese dei Telefunk In The Fishtank  (2002) e le due preziose antologie The Green, Green Grass Of  Slovenia (2000) e There But For The Grace Of God (2005). Da anni Fisher si è ritirato a vivere nel deserto del Mojave , dal quale trae l’ispirazione per questo lavoro, nato dal progetto letterario Ghost Republic, complice la poetessa Nicelle Davis che ha chiamato alcuni colleghi a scrivere un poema sulla città di Bodie (una delle tante “ghost town” abbandonate americane), attorno al quale ruotano i personaggi della storia.

Accompagnato dal bravissimo violinista David Michael Curry (membro della band di Thalia Zedek, nonché il musicista più presente nelle varie line-up del gruppo), Robert narra con la sua voce baritonale, storie di frontiera, traversie di vita e di morte, il tutto registrato nello studio di Curry nel Massachusets, a testimonianza di uno splendido sodalizio artistico. La narrazione inizia con l’intro strumentale Above The Treeline, e prosegue con la scarna malinconia di Perry Wallis, l’elegia strumentale di Parsons Gate Reunion, mentre The Only Child  e la Title Track sono delle perfette “american gothic”. Dopo un sorso di Bourbon, la narrazione continua con gli archi della spettrale Rattle And Hiss e il violino straziante di Take No Place, la ninna nanna “noir” di Good Morning Wadlow, mentre con Piece Of Pie e The Early Hour il suono cambia con lancinanti abbozzi elettrici, che rimandano alla scuola dei Velvet Underground. La narrazione (purtroppo) volge al termine con il jazz e le distorsioni chitarristiche di Incident At Mono Lake e New Years Eve, per poi emozionare e commuovere con la recita conclusiva di Oh We Wait, dove il violino di David Curry e la voce baritonale (che sa di polvere, sabbia e bourbon) di Robert Fisher, danno il senso di cosa sia la malinconia dei perdenti.

Fin dal primo ascolto Ghost Republic, viene sviscerato attraverso oscure ballate dall’incedere lento, incentrate su intrecci di strumenti a corda (chitarra, viola e violino) a fare da sfondo alla voce profonda e vibrante di Robert Fisher (un condensato di Nick Cave, Mark Lanegan e Lou Reed), una musica sospesa nel tempo, musica che i Willard Grant Conspiracy disegnano in modo molto profondo, con figure di ribelli solitari e idealisti, metafora perfetta dell’America di ieri, di oggi e di domani. Crepuscolare.

Tino Montanari

Novità Di Febbraio Parte II. Nick Cave & Bad Seeds, Son Of Rogues Gallery, Terry Allen, Jerry Garcia, Dawn McCarthy & Bonnie Prince Billy, Endless Boogie, Otis Taylor, Fabulous Thunderbirds

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Nonostante l’incremento nel numero di recensioni dei CD che non appaiono in questa rubrica, ultimamente anche due o tre Post al giorno (grazie anche ai collaboratori), il numero delle uscite interessanti è sempre soverchiante. Per cui oggi prima tranche delle uscite di martedì 19 febbraio (e qualche titolo già uscito), domani il resto con qualche anticipazione di quelle di martedì 26. Per cui partiamo con:

Nick Cave & The Bad Seeds tornano con un nuovo album, Push The Sky Away, il 15° con la band dopo una serie di colonne sonore e dischi con i Grinderman, oltre a Dig!!!Lazarus, Dig!!!, che era formalmente a nome Bad Seeds ma aveva delle sonorità decisamente più durette. Qui si torna al sound classico di Nocturama più che a quello di Abattoir Blues/The Lyre Of Orpheus. L’etichetta è Bad Seed Ltd, e il disco esce in due versioni, quella normale con 9 brani e una versione Deluxe con DVD, che contiene altre due tracce con immagini create appositamente per le due canzoni bonus, oltre ad un libretto di 32 pagine (l’immagine la vedete qui sopra). L’album è stato registrato in Francia con il produttore Nick Launay, ma senza Mick Harvey, per la prima volta, in uno studio, Le Fabrique, che ha le pareti foderate di vecchi vinili di musica classica e quindo, ovviamente, l’atmosfera sonora ne ha risentito. Da quello che ho sentito mi sembra molto bello, un ritorno al Nick Cave che amo di più. Il nostro amico appare anche in…

Son Of Rogues Gallery – Pirate Ballads, Sea Songs & Chanteys il secondo capitolo, sempre pubblicato dalla Anti, dei brani dedicati alle canzoni dei pirati. Produce sempre Hal Willner ed i partecipanti sono i seguenti:

Track Listing

Disc 1:

  1. Leaving of Liverpool (Shane MacGowan w/Johnny Depp & Gore Verbinski)
  2. Sam’s Gone Away (Robyn Hitchcock)
  3. River Come Down (Beth Orton)
  4. Row Bullies Row (Sean Lennon w/Jack Shit)
  5. Shenandoah (Tom Waits w/Keith Richards)
  6. Mr. Stormalong (Ivan Neville)
  7. Asshole Rules the Navy (Iggy Pop w/A Hawk and a Hacksaw)
  8. Off to Sea Once More (Macy Gray)
  9. The Ol’ OG (Ed Harcourt)
  10. Pirate Jenny (Shilpa Ray w/Nick Cave & Warren Ellis)
  11. The Mermaid (Patti Smith & Johnny Depp)
  12. Anthem for Old Souls (Chuck E. Weiss)
  13. Orange Claw Hammer (Ed Pastorini)
  14. Sweet and Low (The Americans)
  15. Ye Mariners All (Robin Holcomb & Jessica Kenny)
  16. Tom’s Gone to Hilo (Gavin Friday and Shannon McNally)
  17. Bear Away (Kenny Wollesen & The Himalayas Marching Band)

Disc 2:

  1. Handsome Cabin Boy (Frank Zappa & the Mothers of Invention)
  2. Rio Grande (Michael Stipe & Courtney Love)
  3. Ship in Distress (Marc Almond)
  4. In Lure of the Tropics (Dr. John)
  5. Rolling Down to Old Maui (Todd Rundgren)
  6. Jack Tar on Shore (Dan Zanes w/Broken Social Scene)
  7. Sally Racket (Sissy Bounce (Katey Red & Big Freedia) with Akron/Family)
  8. Wild Goose (Broken Social Scene)
  9. Flandyke Shore (Marianne Faithfull w/Kate & Anna McGarrigle)
  10. The Chantey of Noah and his Ark (Old School Song) (Ricky Jay)
  11. Whiskey Johnny (Michael Gira)
  12. Sunshine Life for Me (Petra Haden w/Lenny Pickett)
  13. Row the Boat Child (Jenni Muldaur)
  14. General Taylor (Richard Thompson w/Jack Shit)
  15. Marianne (Tim Robbins w/Matthew Sweet & Susanna Hoffs)
  16. Barnacle Bill the Sailor (Kembra Phaler w/Antony/Joseph Arthur/Foetus)
  17. Missus McGraw (Angelica Huston w/The Weisberg Strings)
  18. The Dreadnought (Iggy Pop & Elegant Too)
  19. Then Said the Captain to Me (Two Poems of the Sea) (Mary Margaret O‘Hara)

Ovviamente il brano di Frank Zappa non è stato creato appositamente per l’occasione, a differenza di tutti gli altri brani. Anche questo molto buono.

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Altre tre uscite, un paio già disponibili e una in uscita martedì.

Ritorno anche per Terry Allen. L’ultimo disco ufficiale, Salivation, era del 1999, anche se aveva fatto una apparizione nel disco di Ryan Bingham del 2007, Mescalito e nel 2012 è uscito un CD dal vivo, autodistribuito, registrato nel 1971. Bottom Of The World è uscito il 22 gennaio per la propria etichetta e vede la partecipazione, oltre ad Allen, piano e tastiere, di Lloyd Maines, immancabile alle chitarre, Richard Bowden, viola e mandolino, Richard Standefer, al cello, oltre al figlio Bukka Allen, organo B3 e accordion, e moglie al seguito Sally, alle armonie vocali. Il nostro amico Terry, ne fa pochi ma quasi sempre buoni e questo è tra i migliori.

Annunciato da parecchi mesi esce in questi giorni il primo capitolo di una nuova serie di materiale d’archivio dal vivo della Jerry Garcia Band, si intitola Garcia Live Volume One March 1st 1980 Capitol Theater. Triplo CD pubblicato dalla ATO Records, questa la tracklisting:

Early Show

  1. Sugaree
  2. Catfish John
  3. How Sweet It Is
  4. Simple Twist of Fate
  5. Sitting in Limbo >
  6. That’s All Right
  7. Deal

Late Show:

  1. Mission in the Rain
  2. That’s What Love Will Make You Do
  3. Russian Lullaby
  4. Tiger Rose (w/ Robert Hunter)
  5. The Harder They Come
  6. Promontory Rider (w/ Robert Hunter)
  7. Midnight Moonlight
  8.  Dear Prudence

Nelle varie incarnazioni di Will Oldham, quella come Bonnie Prince Billy è una delle più ricorrenti. Questo volta in coppia con la cantante Dawn McCarthy ci propone uno dei capitoli più piacevoli e di gradevole ascolto, un CD tutto dedicato ai brani che erano nel repertorio degli Everly Brothers, When The Brothers Sang, pubblicato come di consueto dalla Domino Records, è cantato quasi sempre all’unisono dai due vocalists per ricreare le armonie classiche dei fratelli Everly, uno dei grandi e più influenti gruppi nella storia del rock, da Simon & Garfunkel in giù. Tra i brani è presente anche una cover di Somebody help me, uno dei brani più belli dello Spencer Davis Group di Steve Winwood che lo avevano cantato ed inciso un anno prima degli Everly Brothers.

 

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Un terzetto blues, con diversi stili e punti di vista sul genere.

Gli Endless Boogie sono un quartetto di blues-rock psichedelico che viene dall’area di Brooklyn, New York, non per niente il nuovo disco si chiama Long Island, esce su etichetta No Quarter e ci danno dentro alla grande. 8 brani per un totale di 79 minuti, ma nel precedente ce n’era uno di quasi 23 minuti, sentire please…tra Blue Cheer e stoner rock, ma anche Canned Heat, vai col boogie!

Otis Taylor ci sorprende ad ogni disco con qualche sorpresa. Questa volta è il caso di un disco dove il suo classico Blues (classico, ma molto personale) si incrocia con la musica dei Nativi Americani nella persona di Mato Nanji, il leader degli Indigenous, quindi anche sonorità più elettriche del solito, per questo My World Is Gone che esce, come di consueto per la Telarc.

Altro ritorno, quello dei Fabulous Thunderbirds, a otto anni dal precedente Painted On, questo On The Verge, il primo edito dalla Severn, presenta per la prima volta su disco, la band di Kim Wilson, con la nuova formazione che vede la presenza dei fratelli Moeller, Jay alla batteria e l’eccellente Johnny alla chitarra (forse il più adatto a raccogliere l’eredità di Jimmie Vaughan, come ha dimostrato il suo disco solista del 2010, Bloogaloo, anche se deve mangiarne ancora di pagnotte). Mike Keller alla seconda chitarra e Jason Bermudes al basso completano la formazione. Electric Texas Blues come di consueto. Il video non c’entrerebbe, però è bello e c’è Kim Wilson all’armonica.

Per oggi basta, alla prossima!

Bruno Conti

Il Ritorno di Un “Genio”? Bill Fay – Life Is People

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Bill Fay – Life Is People – Dead Oceans 21.08.2012

 

La settimana prossima esce il primo album di materiale “nuovo” inciso da Bill Fay, un geniale musicista inglese che ha operato (e pubblicato i suoi due dischi) tra il 1970 e il 1971. Poi è scomparso, i dischi sono diventati oggetti di culto come quelli di Nick Drake, ma lui non era morto, ovviamente. Con cadenza periodica delle coraggiose etichette indipendenti facevano uscire del materiale inedito d’archivio o delle ristampe dei suoi album, l’omonimo Bill Fay del 1970 (più orchestrale) e Time Of The Last Persecution (con una strumentazione più rock), entrambi editi, con bonus tracks, dalla Esoteric Records nel 2008, e in origine pubblicati dalla Deram, ma ora esce un album nuovo che, peraltro, non ho ancora avuto modo di sentire.

 

Per ora i “riscontri”, in ogni caso, sono i seguenti:

Mojo Album Del Mese 5 stellette – “Il primo Album di Bill Fay in 41 anni è sbalorditivo!”

Uncut 9/10 – “Meravigliosamente misurato ritorno per questo modesto maestro della canzone inglese”

Q 4 stellette – “Il sorprendente ritorno di un grande “perduto” artista di culto…una esperienza che incute timore.”

 

E si sprecano i paragoni (oltre che con Drake) con Ray Davies, John Lennon, il primo David Bowie e Gary Brooker. Per il momento mi limito a proporvi alcuni video con brani del suo repertorio e consigliarvi vivamente l’acquisto dei due album degli anni ’70, che direi è quasi d’obbligo, se già non ne siete felici possessori. Jeff Tweedy e Nick Cave sono grandi fans e i Wilco hanno eseguito un paio di volte dal vivo Be Not So Fearful, anche con la presenza sul palco dell’autore. Sul disco nuovo mi esprimerò non appena avrò occasione di ascoltarlo, ma con queste premesse dovrebbe essere un “trionfo”, sia pure per “Carbonari” veri. Il termine “genio” nel titolo del Post è volutamente provocatorio e anche tutte le virgolettature!

Uscita il 21 agosto.

Bruno Conti

Una “Pioggia Di Note”! Tindersticks – The Something Rain

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Tindersticks – The Something Rain – Lucky Dog/City Slang 2012

I Tindersticks sono uno dei gruppi più originali prodotti dall’area musicale britannica negli anni ’90, cresciuti separatamente dalla scena indipendente, giungono con The Something Rain (bella la copertina della pittrice Suzanne Osborne) alla pubblicazione del nono album in studio, a cui bisogna aggiungere le colonne sonore di Nanette et Bonì  e Trouble Every Day, qualche raccolta (la più interessante è Donkeys 92-97), i due lavori da solista del leader Stuart A.Staples Lucky Dog Recordings e Leaving Songs, e lo splendido live The Bloomsbury Theatre 12.3.95 registrato con un orchestra di una trentina di componenti. I Tindersticks hanno avuto il pregio fin dal primo disco (meraviglioso) di avere un suono sempre ben definito e riconoscibile, ricchissimo di riferimenti, ma altrettanto personale. Non è possibile, ascoltando le canzoni dei Tindersticks, non tornare con la memoria a personaggi come Nick Cave, Leonard Cohen, Tom Waits, Lee Hazelwood, e direi anche il sottovalutato Mick Harvey. Il gruppo non nasconde nelle interviste che la propria musica nasca dall’incontro di queste proposte, ma è anche giustamente convinto che il risultato alla fine rispecchia il loro percorso musicale. Del resto visto che il sestetto, originario di Notthingham, evoca atmosfere fumose, torbide, film in bianco e nero ricchi di tonalità oscure (thriller, spie e dark ladies) è alquanto semplice associare la loro proposta agli artisti menzionati.

Osannati nel 1993 come nuova frontiera del “pop gotico” britannico e scomparsi nel 2003 nell’oblio generale, si sono riuniti nel 2008 con un album The Hungry Saw che ha ottenuto, se non successo, perlomeno quei riconoscimenti e attestati di stima che si concedono ai veterani, che sono diventati maestri per le nuove generazioni. The Something Rain è il terzo capitolo di questa nuova era, prima avevano pubblicato il meno ispirato Falling Down a Mountain (2010), e oltre ai componenti del gruppo David Boulter, Neil Fraser, Earl Harvin, Dan McKinna e il vecchio volpone Stuart A. Staples, troviamo collaboratori abituali come Terry Edwards al sax, Andy Nizza al violoncello, Julian Siegel al clarinetto, Will Wilde all’armonica e la brava Gina Foster cori e voce.

Nei nove episodi del disco sono sempre gli archi a dettare la linea, in quanto sanno sottolineare i momenti dolci con contrappunti morbidi che accarezzanole curve della melodia, ma sono pure capaci di diventare austeri e lasciare trapelare note taglienti e luminose. Si comincia con un brano narrativo Chocolate di quasi dieci minuti, che è il seguito di una canzone presente nel secondo album della band My Sister, mentre in Show Me Everything la voce baritonale di Stuart Staples accompagna un coro femminile. This Fire of Autumn non è uno dei brani migliori del lotto, mentre la seguente A Night So Still è una ballata ammaliante, marchio di fabbrica del gruppo. Si cambia registro a ritmo di rumba con Slippin’ Shoes, con una sezione fiati intrigante, che mi ricorda vagamente Avalon dei Roxy Music, mentre il violino ricamato di Medicine canzone d’amore calda e sofferta (uno dei punti più alti del disco), sembra uscita dalla penna dell’ultimo Leonard Cohen. Frozen scritta da Staples con il cantautore David Kitt (di cui si sono perse le tracce) è un brano dal “beat” ossessivo, direi quasi sincopato, con riverberi musicali dai mille risvolti, mentre Come Inside è una ballata cameristica dove la voce di Stuart declama parole di seduzione, con una tromba finale di struggente bellezza. Il brano di chiusura è uno strumentale delicato Goodbye Joe composto da Boulter, che mi piace pensare sia un arrivederci d’amore.

In The Something Rain il suono è come sempre seducente, le canzoni dopo pochi ascolti prendono forma e diventano indispensabili, e anche questo lavoro contiene brani che entreranno a far parte, a pieno merito, del loro classico repertorio. Come sempre, i Tindersticks, riescono anche questa volta a rubarmi il cuore. Per impenitenti e inguaribili romantici.

Tino Montanari

Un Altro Sconosciuto “Perdente”, Ma Di Valore! Michael J. Sheehy

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Se amate i “losers”, i personaggi con le parabole da perdenti, penso di avere il musicista che soddisferà le vostre esigenze. A metà degli anni novanta, dopo un lungo periodo di eccessi, il nostro amico Michael John Sheehy fonda con un gruppo di amici i Dream City Film Club (sfigata band britannica che aveva per modelli Elvis Presley e i Virgin Prunes). Nonostante tutto, il gruppo non si sa come, ottiene numerosi ingaggi nei Club della zona e un contratto discografico con la Beggars Banquet, e Michael è senza dubbio la mente creativa e nel giro di pochi anni è pronto ad affrontare una carriera solista di notevole qualità. Il lavoro d’esordio Sweet Blue Gene è del 2000, e come nei seguenti Ill Gotten Gains (2001), No Longer My Concern (2002), la musica del musicista inglese, è composta da atmosfere intimistiche, crepuscolari e ammalianti che l’autore  sa creare con indubbia maestria.

Dopo qualche anno di riflessione Sheehy, torna nel 2007 con Ghost On The Motorway (con una brano bellissimo Twisted Little Man, che era nella colonna sonora della serie televisiva Deadwood), e con l’ultimo With These Hands del 2009, una sorta di “concept album”, ideato su un Musical ambientato nei primi anni ’60, che narra la storia di Francis Delaney, un pugile fittizio che richiama la storia del film Lassù qualcuno mi ama, interpretato dal grande e mai dimenticato Paul Newman.

 

Michael  J. Sheehy, ha imparato ad amare la musica nei pub chiassosi e malfamati di Londra, e nel tempo è diventato un ottimo musicista (suona le tastiere e la chitarra con molta abilità), ma è innanzitutto un narratore di storie, all’interno delle quali è racchiusa la parte più preziosa, intima e oscura della sua vita. Se amate la musica di Tom Waits e Nick Cave, penso che non farete fatica ad entrare nelle coordinate musicali di questo magnifico “perdente”, un altro dei tanti, forse troppi, illustri sconosciuti, un autore completo e sensibile, da seguire con estremo interesse anche in futuro.

Tino Montanari

Hanno Detto di…Josh T. Pearson – Last Of The Country Gentlemen

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Josh T. Pearson – Last Of The Country Gentlemen – Mute/Self Dist. 15-03-2011

Come chi frequenta questo Blog (anche saltuariamente, vi perdono!) avrà notato, al sottoscritto piace scrivere di musica ma anche ascoltarla, gustarla, scoprirla. Quando posso cerco di essere tra i primi a parlarne (vedi Otis Gibbs e Sean Rowe) ma non mi formalizzo se altri mi indirizzano verso artisti che mi sembrano meritevoli di essere approfonditi.

Questo Josh T. Pearson (e già le immagini sono indicative del personaggio) mi sembra un talento totale: già leader dei Lift To Experience autori di un unico album, The Texas-Jerusalem Crossroads, ad inizio millennio, circondato da un ondata di critiche entusiaste e poi scomparso nell’anonimato per un’intera decade di “lavoro e vita comune” nel nativo Texas, tenta la strada del Second Coming con questo Last Of The Country Gentlemen e a giudicare dal putiferio critico che ha scatenato mi sembra ci stia riuscendo perfettamente. Il disco esce il 15 marzo ma essendo affetto dalla sindrome del San Tommaso, ovvero “Provare per credere”, che più prosaicamente era anche il motto del mobilificio Aiazzone (pubblicità gratuita), dicevo che essendo affetto da quella curiosità insanabile mi sono procurato una copia del disco e non posso che confermare tutto quello di bello che è stato detto su questo disco. Già, ma giustamente vi chiederete cosa diavolo hanno detto di questo disco?

Partiamo da Uncut, 5 stellette e Disco del mese che chiosa: Uomo dei Lift To Experience diventa solista. Desolantemente brillante. Più “nudo e crudo” del compagno di etichetta Nick Cave (di cui utilizza in un paio di brani il violinista Warren Ellis con effetti devastanti, aggiungo io) la sua musica raggiunge livelli di intimità e auto-rivelazione quasi dolorosi con una semplice chitarra accarezzata e dei testi intensissimi quasi borbottati.

Aggiunge il Buscadero (“solo” 3 stellette e mezzo): “Solo sette canzoni, quattro di esse superiori ai dieci minuti di durata, per un disco, lo diciamo subito, di una bellezza e di un’intensità strazianti”. E aggiunge “Immaginatevi lo Springsteen verboso degli esordi e sovrapponetelo a quello dimesso e melanconico di The Ghost Of Tom Joad e potrete iniziare a farvi un’idea.”

Altri (Onda Rock) ribadiscono: “Una confessione solitaria, forse inaudita dai capolavori di Cohen,Songs Of Love And Hate” in particolare, o da “Pink Moon“, smussata solo dal violino di Warren Ellis, unico orpello che Pearson si concede, venendo a patti col proprio ascetismo in nome di un’amicizia cresciuta sul palco, avendo Josh accompagnato i Dirty Three nei loro ultimi tour”.

Mojo, 4 stellette, rincara la dose “Ascoltare e assorbire Last Of The Country Gentlemen è come leggere le note sfrenate di un diario o ascoltare una confessione sul letto di morte tale è il crudo, combattuto sentimento palbabile in ogni sommessa singola nota e in ogni morbido accordo di chitarra.” Mi sentirei di aggiungere che ogni brano è come un lungo flusso di coscienza (stream of consciousness) che mi ricorda la musica dei due Buckley, padre e figlio, Tim e Jeff.

Q, 4 stellette o 8 se preferite, dice che la Musa di Pearsons ha preso fuoco nuovamente mentre l’Evening Standard (sempre 10) così parlò:”Josh T. Pearson è il John Grant di questo anno: un americano barbuto di ritorno dai “margini” della vita con un malinconico capolavoro!”. Drowned in Sound concisamente dichiara, “Veramente un disco magnifico!”, sempre 10 o 5 stellette il voto.

Tenete conto che il voto medio è 8.5 e l’unico che gli ha dato solo 3 stellette ( o 6) è stato il Guardian, con un giudizio comunque positivo che ricorda il già citato comun sentire vocale del Jeff Buckley meno pirotecnico.

Senza andare alla ricerca di tutte le recensioni (anche perché non avrei il tempo di leggerle tutte) mi pare che il consiglio che mi sento di darvi è di presentarvi martedì nel vostro negozio preferito (anche virtuale) e procedere all’acquisto. Le tre canzoni dei Video potrebbero essere le più rappresentative ma in fondo sono tutte e sette molto belle.

Bruno Conti