Promesse Mantenute, Sempre Più Brava! Ruthie Foster – Promise Of A Brand New Day

ruthie foster promises of a brand new day

Ruthie Foster – Promise Of A Brand New Day – Blue Corn

Ruthie Foster è una delle più brave artiste afro-americane apparse sulla scena musicale americana nelle ultime due decadi, come già ci era capitato di affermare in un Post su questo Blog http://discoclub.myblog.it/2012/02/22/una-grande-soul-singer-ruthie-foster-let-it-burn/, a cui vi rimando per ulteriori dettagli. In possesso di una voce calda e suadente, ma anche potente e vibrante, la Foster viene dal gospel, dalla musica religiosa americana, come questo album ribadisce, ma ha anche stretti legami con la musica nera classica, sia esso R&B o soul, ma anche spruzzate di folk, blues e persino rock, in questo forse la cantante a cui si può affiancare il suo percorso artistico è Mavis Staples, prima gospel singer, nel gruppo del babbo Pop, e poi grande cantante tout court. Ovviamente ci sono legami stilistici e vocali anche con l’amata Aretha Franklin, con Etta James e Nina Simone, ma come già detto ve lo potete leggere nel Post di Tino Montanari.

Questo nuovo album, sin dal titolo, promette un’aria di ottimismo che in questi tempi bui non guasta, sia negli “inni religiosi”, quanto nei brani blues, nelle poche cover questa volta contenute nel disco, comunque cinque. Sicuramente contribuisce la produzione di Meshell Ndegeocello, che nel disco suona anche il basso, e che ha scelto personalmente gli altri musicisti utilizzati nel disco, con l’eccezione degli ospiti, voluti da Ruthie, Doyle Bramhall II alla chitarra in Let Me Know e la straripante voce della cantante gospel Toshi Reagon nella conclusiva Believe.Si va dal delizioso pop-soul dell’iniziale Singing The Blues, con tanto di citazione per Bobby “Blue” Bland nel testo, che ricorda musicalmente la Bonnie Raitt del periodo di maggiore successo, cantata con voce vellutata dalla Foster, all’elettrizzante electric blues-gospel della vigorosa Let Me Know, con annesso ottimo assolo del citato Bramhall, passando per il soul puro di una My Kinda Lover che tanto ricorda il soul puro ed non adulterato delle ballate mid-tempo della Stax, ancora con un breve chitarristico che rinverdisce i fasti delle canzoni dove operava gente come Steve Cropper, Duane Allman e anche Clapton.

A proposito di Clapton, la sua “amica” Bonnie Bramlett è una delle autrici delle bellissima The Ghetto che fu un grande successo per gli Staple Singers (ma la facevano anche Delaney & Bonnie che ne erano gli autori), cantata peraltro in modo divino da Ruthie Foster che si conferma vocalist di categoria superiore. Outlaw è un altro brano soul dei primi anni ’70, scritta e cantata da Eugene McDaniels, magari non tra i più noti praticanti del genere, ma comunque valido, intriso di gospel e di blues il brano è interessante anche per la solita chitarrina insinuante e le evoluzioni scat nel finale.

Second Coming è la cover di un vecchio brano di protesta degli anni ’60 di Willie King, un brano che nel suo dipanarsi tra chitarre acustiche incalzanti, battito di mani sincopato e un organo maestoso può ricordare certe cose di Richie Havens, oltre al classico suono del più profondo gospel. It May Not Be Right è un altro bellissimo brano di stampo sou , scritto dalla stessa Foster e dal grande William Bell (uno degli autori originali dell’epopea Stax), che tratta argomenti inconsueti per il gospel e il soul come il matrimonio gay, mentre Learning To Fly (non quella di Tom Petty) è una bellissima ballata che ricorda le cose migliori di Joan Armatrading, anche a livello vocale (e pure a livello estetico le due si assomigliano parecchio), con entrambe che hanno sempre attinto anche dallo stile di Nina Simone. Di nuovo blues, soul e rock a braccetto in una ottima Believe, sempre caratterizzata dalla solista molto trattata e dalle tastiere incombenti, che unite al sound incisivo del basso e della batteria sembrano farina del sacco della Meshell Ndegeocello, non male comunque.

Brand New Day è l’unica concessione alla tradizione del gospel più puro, cantata a cappella dalla Foster, solo con l’accompagnamento di un tamburello e di un coro di supporto. Complicated Love è un’altra delicata ballata di stampo acustico, che al sottoscritto ricorda sempre le migliori cose della Armatrading (che negli anni ’70, ma anche oggi, era una cantautrice formidabile). E in chiusura un altro brano di questo filone intimista, scritta dall’ottima cantante gospel Toshi Reagon, che duetta con la stessa Ruthie in un ambito folk molto accattivante. Il disco non sarà forse un capolavoro assoluto, ma parafrasando una vecchia pubblicità, “con quella voce può cantare quello che vuole”!

Bruno Conti

Una Pioggia Di “Covers D’Autore” – Barb Jungr – Hard Rain

barb jungr hard rain

Barb Jungr – Hard Rain – The Songs Of Bob Dylan & Leonard Cohen – Kristalyn Records

Di questa signora aveva già parlato (come sempre puntualmente) il titolare di questo blog, in occasione dei festeggiamenti del 70° compleanno di Bob Dylan http://discoclub.myblog.it/2011/05/27/bob-dylan-at-70-piccole-aggiunte/ . Barb Jungr nativa di Rochdale in Inghilterra, figlia di genitori immigrati (padre ceco e madre tedesca), ha lavorato con molti dei migliori musicisti e compositori inglesi, ha girato il mondo in svariati tour, raccogliendo sempre il tutto esaurito, e a New York, da diverse stagioni, si esibisce regolarmente nei locali più importanti e prestigiosi (al Metropolitan Hall e al Cafè Carlyle)https://www.youtube.com/watch?v=GHjMZHuKtcY Nella sua sterminata discografia (oltre 20 album e varie  collaborazioni), questo è il terzo progetto dedicato alle canzoni di Dylan, dopo Every Grain Of Sand: Barb Jungr Sings Bob Dylan (02) https://www.youtube.com/watch?v=pabKsJf1raE  e Man In The Long Black Coat: Barb Jungr Sings Bob Dylan (11), e il primo inerente alle canzoni di Cohen; prodotto dal pianista Simon Wallace, con l’apporto di musicisti di valore come Neville Malcolm e Steve Watts al basso, Gary Hammond e Richard Olatude Baker alle percussioni, Clive Bell al flauto giapponese, e soprattutto con la magica voce di Barb Jungr https://www.youtube.com/watch?v=Tssuy8Y5YrE . Data la bellezza del lavoro, almeno per il vostro fedele recensore, mi sembra giusto sviluppare i brani “track by track”:

Blowin’ In The WindSi inizia con l’inno “pacifista” per eccellenza, con un flauto e un ritmo da bossanova ad accompagnare lo sviluppo della canzone, cantata da Barb in modo solenne.

Everybody Knows Questo è il primo brano dell’accoppiata Cohen/Robinson (il più famoso) che nel trattamento Jungr viene rivisitato in forma swing-jazz, con pianoforte e leggere percussioni.

Who By Fire – Altro brano “immortale”, ballata tranquilla per pianoforte e voce che prende il cuore e fa scendere qualche lacrimuccia, con un’interpretazione da brividi https://www.youtube.com/watch?v=8o4-PzHds7g .

Hard Rain – L’unica versione dell’album (stranamente) molto simile all’originale, cantata in modo impetuoso, su un tessuto di percussioni tambureggianti.

First We Take Manhattan – Un’altra ballata soffusa per pianoforte e voce, molto teatrale, una jazz-song che mi ricorda lo stile di Joni Mitchell nel suo periodo jazz. Splendida.

Masters Of War – Altro inno contro la guerra, che si apre con il Shakahachi (flauto giapponese), e  un  pianoforte minimale, declamato dalla Jungr nella sua lunga durata (oltre sette minuti).

It’s Alright Ma – Il brano più upbeat della raccolta, arrangiato con organo, percussioni e pianoforte, con una interpretazione gioiosa e divertente di Barb.

1000 Kisses Deep – Splendido brano (tratto da Ten New Songs), firmato da Cohen sempre con la brava Sharon Robinson e rifatto sempre per pianoforte e voce, perfetto da ascoltare in un fumoso piano-bar di Casablanca. Emozionante.

Gotta Serve Somebody – Probabilmente è la canzone dell’album più lontana dall’originale, quasi irriconoscibile per chi non ha dimestichezza con le sfumature jazz, ma che mette in evidenza la bravura vocale della Jungr. Rivoltata come un calzino!

Land Of Plenty –  Altro saccheggio da Ten New Songs, che inizia ancora con il “famoso” flauto, poi entrano in modo discreto piano e percussioni, per una ballata dallo stile solenne.

Chimes Of Freedom –  Chiude un disco meraviglioso il brano più lungo della raccolta (oltre nove minuti), un altro inno “politico”, con una solida interpretazione da canzone “classica”.

E’ sempre un progetto coraggioso fare album di cover (di qualsiasi genere), e questa signora dopo aver omaggiato, nel corso degli anni, Jacques Brel, Nina Simone, Dylan più volte, pure Springsteen (sentire prego https://www.youtube.com/watch?v=jIFW5aMYgm0) e ora anche il grande Cohen, devo dire che, ancora una volta, la sfida è stata vinta. Avviso ai naviganti, questo Hard Rain non è un disco per deboli di cuore, in quanto ascoltando queste “cover d’autore”, l’emozione che trasmette la voce di questa splendida cantante inglese è dirompente, sicuramente una delle artiste più importanti nel mondo delle interpreti di canzoni altrui.

Tino Montanari

Due “Fanciulle” Che Meritano Attenzione! Basia Bulat E Star Anna

basia bulat tall.jpgstar anna go to hell.jpg

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Basia Bulat – Tall Tall Shadow – Secret City Records 2013

Star Anna – Go To Hell – Spark & Shine Records – 2013

Nativa di Etobicoke, Ontario, nell’area metropolitana di Toronto, Basia Bulat è arrivata al terzo album, dopo l’esordio con Oh, My Darling (2007) e Heart Of My Own (2010), con ampi e meritati riconoscimenti critici (anche su questo Blog piccoli-talenti-crescono-basia-bulat-heart-of-my-own.html), merito senz’altro di una voce e una visione artistica di primaria qualità. Ad aiutarla in questo lavoro Tall Tall Shadow, Tim Kinsbury e Mark Lawson (rispettivamente bassista e ingegnere del suono dei connazionali Arcade Fire), per dieci brani che rapiscono per il loro ritmo fluido e orchestrale.

L’iniziale ballata folk Tall Tall Shadow, dialoga così con il pop di Five, Four e Promise Not To Think About Love, seguita dalla splendida (solo voce e autoharp) It Can’t Be You, la scanzonata Wires, le dolci armonie di The City With No Rivers, la moderna tecnologia pop di Someone, per poi passare alla filastrocca folk di Paris Or Amsterdam, la quasi recitativa e tambureggiante Never Let Me Go, e chiudere con la pianistica From Now On (con echi della grande Joni Mitchell). Il folk dei dischi precedenti, in Tall Tall Shadow è inserito in un contesto più robusto, con canzoni in bilico tra le ultime opere di Feist e Laura Marling (spero che il Bruno me lo consenta), forse il primo passo per la Bulat di intraprendere una nuova direzione. Dolcissimo disco per le prossime cupe giornate invernali.

Di Star Anna, mi ero già occupato circa due anni fa recensendo il suo terzo lavoro Alone in This Together (star+anna+and+the+laughing+dogs) e a differenza della Bulat stenta a decollare, continua a rimanere quella che si dice in questi casi “una bella promessa”, causa forse di una distribuzione difficoltosa dei suoi dischi e una notorietà circoscritta nei “punk-rock” e “coffee houses”, della scena West Coast.

Go To Hell (prodotto con il polistrumentista Ty Bailie) è in tal senso il proseguimento del percorso dei lavori precedenti, contrassegnato dalle interpretazioni vocali di Star Anna e da una qualità sonora “dura e sporca” (senza i fedeli Laughing Dogs), ma con veterani sessionmen, a partire oltre che da Ty Bailie, da Jeff Fielder alle chitarre, Julian MacDonough alla batteria, Will Moore al basso e altri bravi musicisti “di area”.

La partenza è affidata alla “rokkeggiante” For Anyone, seguita dalla title track Go To Hell (un brano dal repertorio di Nina Simone), la rootsy Electric Lights e da un altro brano rock Let Me Be, cantato con voce potente. Si riparte con gli arpeggi “roots” di Mean Kind Of Love, la batteria sincopata di Younger Then e il blues rurale di Power Of My Love. La chiusura è affidata splendidamente alla ballata pianistica Everything You Know (con un crescendo imperioso) e ad una cover d’autore, Come On Up To The House di Tom Waits (brano conclusivo di Mule Variations), che sembra eseguita dai bassifondi di una metro.

Il viaggio di Star Anna continua, una tipa che ha imparato la lezione da artisti della grandezza di Lucinda Williams o di Brandi Carlile e Grace Potter (la mia preferita con Dana Fuchs), pronta al grande salto, più di altre blasonate colleghe.

Tino Montanari

E Anche Questa “Canta”! Ursula Ricks – My Street

ursula ricks my street.jpg

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ursula Ricks – My Street – Severn Records

Il suo nome è Ricks, Ursula Ricks, viene da Baltimora, Baltimore per gli americani, una importante città fluviale del Maryland, nel nord-est degli States, una delle più “antiche”, sede di una importante Università, la John Hopkins, musicalmente è la patria di gente come Frank Zappa, Philip Glass, Billie Holiday (ma solo come città adottiva, negli anni dell’infanzia, è nata a Filadelfia), quindi non una scena musicale attivissima. Perché vi dico tutto questo, se non c’entra con il resto? Perché un incipit è importante, attira il lettore verso quello che è il contenuto successivo. In effetti, a ben guardare, un ulteriore nesso con Ursula Ricks c’è, Annapolis, dove è stato registrato il disco per la Severn (che è anche il nome del fiume della città, fine della lezione di geografia), è la capitale del Maryland.

Proprio la Severn, ultimamente, si sta segnalando come una delle etichette più attive ed interessanti della scena indipendente blues & soul americana: tra i loro progetti recenti, l’ottimo ultimo album di Bryan Lee, di cui vi ho parlato nei mesi scorsi, l’ultima fatica dei Fabulous Thunderbirds, la doppia antologia di Alan Wilson ed ora questo My Street che segna l’esordio di Ursula Ricks. Dopo oltre venti anni di attività nei locali con il suo Ursula Ricks Project, un gruppo dedito all’interpretazione di cover soul, R&B e blues, la nostra amica, non più giovanissima, pubblica il suo primo album di materiale originale (con solo un paio di cover), un po’ come era successo per Charles Bradley (visto dal vivo di recente, è veramente bravo) pochi anni orsono. Magari la Ricks è un poco più giovane, ma lei e i suoi amici “paciarotti” del progetto, come potete vedere da molti video che si trovano in rete, è una notevole interprete di musica nera: presenza scenica, gran voce, bassa, risonante e potente, feeling a tonnellate.

Quelli della Severn le hanno messo intorno la loro house band, più alcuni ospiti di spicco e voilà, ecco questo piacevole e trascinante My Street, un disco di funky blues, se così vogliamo definirlo. Producono Kevin Anker, anche alle tastiere, Steve Gomes, pure al basso e il boss, David Earl, gli arrangiamenti di fiati ed archi sono del grande musicista di Chicago Willie Henderson, lo stesso team di Bryan Lee, ed i risultati sono eccellenti. Dal vigoroso blues iniziale, Tobacco Road (non quella famosa, un caso di omonimia), con Kim Wilson ospite all’armonica e Johnny Moeller alla chitarra, peraltro presente in tutto il disco, che con l’aggiunta del veterano Rob Stupka alla batteria garantiscono un sound bluesy alle procedure, che però spesso e volentieri virano verso motivi soul ed errebì veramente sanguigni. Come ad esempio nella ballata soul Sweet Tenderness dove la vociona espressiva della Ricks (che, modestamente, ringrazia l’Universo (!) per i suoi talenti, nelle note) assume quasi delle tonalità alla Nina Simone (una che ha fatto un disco intitolato Baltimore, per i corsi e ricorsi della vita), carezzata dagli archi e dai fiati di Henderson e dalle deliziose armonie vocali di Christal Rheams e Caleb Green, sembra un brano di Al Green o di Isaac Hayes del primo periodo. Mary Jane non sembra, è proprio una cover di una canzone di Bobby Rush, funky e ritmata il giusto, con un basso sinuoso, la chitarra di Moeller che fa lo Steve Cropper della situazione e tutto il gruppo che gira alla grande.

Sempre il giusto ritmo anche nella title-track My Street che ci permette di gustare appieno la vocalità della Ricks. Che è ancora più avvolgente in Due, un altro dei brani dove archi e fiati, più l’organo di Anker contribuiscono a creare quel mood raffinato à la Stax anni d’oro, Mike Welch, un altro degli ospiti nell’album, ci piazza un assolo dei suoi. E si ripete nella decisamente più bluesata Right Now dove lui e Moeller si scambiano licks chitarristici di gran classe intorno alle evoluzioni vocali della brava Ursula. The NewTrend ha di nuovo quell’afflato soul Staxiano se mi passate il termine, ma quello degli anni ’70, meno ruspante e più raffinato. Make Me Blue, di nuovo con le raffinate traiettorie orchestrali di Henderson, ha un qualcosa del miglior Barry White, quello “soffice” pre-disco, con chitarrine e fiati che colorano la performance vocale di gran qualità della Ricks. Che si ripete ancora alla grande in un brano come Just A Little Bit Of Love, che ti fa esclamare Curtis Mayfield ancora prima di avere letto l’autore del brano, bellissima e con una nota di merito ancora per Johnny Moeller che con la sua chitarra wah-wah pennella un sound vecchio stile di gran classe. Di nuovo Moeller sugli scudi nella ondeggiante What You Judge, ma tutto il gruppo suona come un orologio di marca, preciso e puntuale intorno alla vocalità corposa di Ursula Ricks, una veramente brava e meritevole di essere scoperta, se ne avete voglia segnatevi il nome!                                              

 Bruno Conti

Un Musicista Dallo Sri Lanka, Questo Mancava! Bhi Bhiman – Bhiman

bhi bhiman album.jpgbhi bhiman.jpg

 

 

 

 

 

 

Bhi Bhiman – Bhiman – Boocoo Music 2012

Devo ammettere che un musicista dello Sri Lanka mancava dai miei ascolti, e se Steven Georgiu e Farrokh Bulsara hanno preferito trasformarsi in Cat Stevens e Freddie Mercury, lui è rimasto orgogliosamente Bhi Bhiman, senza assumere nomi d’arte più facili da ricordare. Ma la musica è quella che ti potresti aspettare da un cantautore che viene dalla Bay Area, anche se l’aspetto esteriore è tipicamente asiatico: ricca di spunti, complessa, con arrangiamenti spesso elaborati ma nell’ambito di uno stile decisamente acustico, basato sul picking spesso intricato di Bhiman che è un eccellente chitarrista.

La produzione è affidata a Sam Kassirer che ha lavorato anche con Josh Ritter e ha svolto il suo impegno andando alla ricerca di strumenti  percussivi inconsueti come il cajon e il vibrafono per una musica decisamente folk, ma ha lasciato molto spazio alla chitarra del protagonista che si arricchisce di piano, organo, contrabbasso, anche suonato con l’archetto, come nella criptica The Cookbook, titolo del suo primo album del 2007, dove però per quel perverso gioco degli autori non appariva un brano con quel titolo. San Francisco Chronicle, Washington Post e New York Times, nonché il decano Robert Christgau (uno dei pochi critici musicali americani che scrive ancora cose sagge) gli hanno dedicato spazi entusiastici e meritati, ormai il disco è uscito da parecchi mesi. Cosa altro si potrebbe dire? La voce, per esempio, è uno strumento anche questo, dal timbro acuto, molto evocativa, si spinge a volte fino ad un falsetto quasi alla Tim Buckley o una Nina Simone virata al maschile. Lui stilisticamente dice di ispirarsi anche a Richie Havens, con quello stile chitarristico dalla pennata veemente e quasi percussiva ma è stato inevitabilmente avvicinato a Dylan, Springsteen e Woody Guthrie (per il tema del viaggio, guardate il video), d’altronde parliamo di un uomo con una chitarra acustica, capace di scrivere testi profondi, immersi sia nel sociale come nel raccontare la quotidianità, sulla falsariga dei grandi folksingers.

Ogni tanto affiorano anche elementi etnici, o così mi pare, ad esempio nell’urgenza di un brano come Time Heals dove un vibrafono, così accreditato nelle note del libretto, ma che sembra più una marimba, regala sfumature orientali alla canzone, con la musica che accelera di continuo per poi rallentare in un intenso finale dove la voce di Bhiman incanta l’ascoltatore con le sue evoluzioni e poi accelera di nuovo con delle sonorità che possono ricordare il Cat Stevens che inseriva elementi greci nella sua musica. Nello spazio di un attimo si vira alla perfetta folk song, con tanto di accompagnamento di 12 corde, nella visionaria Crime Of Passion, dove il testo va per la tangente. Non ho ancora citato il brano di apertura, la bellissima Guttersnipe, che è un po’ il suo biglietto da visita, quasi sette minuti di “stream of consciousness”, che musicalmente ricordano il Van Morrison di Astral Weeks (c’è anche un brano che si chiama Ballerina, non quella) o se preferite termini di paragone più recenti, il primo David Gray o il Ray Lamontagne più complesso, ma sempre da Van vengono, se mi passate il calambour, con una base acustica segnata da contrabbasso e percussioni varie che tengono il tempo, mentre piano, organo, vibrafono e chitarre acustiche avvolgono la voce di Bhiman che raggiunge vette interpretative notevoli.

Non tutto brilla sempre di luce propria, ad esempio Take What I’m Given che peraltro è una dolcissima ballata ricorda molto nella costruzione, almeno a me, I Shall Be Released di sapete chi, ma la musica è lì, nell’aria, basta sapere coglierla. Mexican Wine è un breve brano strumentale che illustra la sua destrezza alla chitarra mentre Kimchee Line è una di quelle filastrocche acustiche che lo avvicinano al citato Guthrie e anche questa mi ricorda qualcosa che non sono ancora riuscito ad afferrare, per il gioco delle citazioni, ce l’ho lì sulla punta della lingua, come pure Atlatl, con una voce volutamente mascherata per dargli una patina di “antichità” come un vecchio 78 giri. Eye On You è l’altro tour de force vocale e strumentale di questo album, più di 6 minuti che ci consentono di godere ancora una volta la bella voce di Bhiman che si libra sicura su un tappeto musicale dove il vibrafono (questa volta sì) gli fa da contrappunto. Che dire, questo signore è veramente bravo, potrà sicuramente migliorare (forse), ma già ora merita un ascolto attento.

La ricerca continua.

Bruno Conti 

Incroci Musicali A New York City – Sophie B. Hawkins – The Crossing

sophie b. hawkins the crossing.jpg

 

 

 

 

 

 

Sophie B. Hawkins – The Crossing – Rocket Science Red  Deluxe Edition – 2012

Sophie B. Hawkins è una cantautrice (e pittrice) Americana molto particolare. Nata a New York ha sempre mostrato un carattere ribelle, ed una voglia di non sottomettersi alle regole dell’ambiente musicale, infatti la sua carriera alquanto tribolata, è condensata in soli cinque dischi, pubblicati nell’arco di  venti anni. Sophie, ha iniziato a praticare musica sin da giovane, e tramite un batterista africano, si è innamorata delle percussioni ed ha cominciato a suonarle all’età di quattordici anni. Giovane e sensuale, ma rapita dalla musica, ha avuto una giovinezza più legata alle sue passioni che ai suoi amori. Completato il dottorato alla Manhattan School of Music, si è messa a suonare con alcune Band nei locali “underground” della grande mela, e in seguito anche a recitare e scrivere musica nei teatri alternativi di Broadway. Viene notata da Bryan Ferry che la vuole nel suo gruppo, sta con lui per due mesi come percussionista, ma poi viene licenziata.

La sua carriera sembra ad un punto morto, ma una volta tanto la fortuna bussa alla porta, e quasi per caso trova un contratto con la Columbia Records grazie a Marc Cohn, e nel giro di tre anni incide due dischi di pop parzialmente commerciale, che contro ogni previsione vendono tantissimo, Tongues & Tails (92) con il singolo Damm I Wish I Was Your Lover e la versione intrigante di I Want You di Dylan, e Whaler (94) con un altro singolo di successo As I Lay Me Down. Il terzo lavoro Timbre ha una storia particolare: viene edito una prima volta dalla Columbia nel Luglio ’99, ma Sophie non contenta del trattamento della Major che cerca di cambiare le liriche, talvolta bollenti, inizia una battaglia legale e fa togliere il disco dal mercato (riapparirà nel 2001 con brani in più e una nuova copertina). Usciranno in seguito Wilderness (2004), un disco dal vivo, Live At Bad Kitty Board (2006) di difficile reperibilità, e dopo otto anni di attesa (duranti i quali ha fatto una figlia e perso il padre) torna con questo atteso The Crossing.

La Hawkins è una polistrumentista: in questo lavoro suona piano, tastiere elettroniche, chitarre acustiche ed elettriche, percussioni ed è naturalmente anche co-produttrice con Larrance Dopson. Coadiuvata da validi musicisti quali Paul Pesco e Tim Pierce alle chitarre, David Piltch e Kaveh Rastegar al basso, Ed Roth al pianoforte, Jimmy Paxson alla batteria, sforna un disco completo, libera di cantare le sue canzoni fuori da ogni vincolo e costrizione. Durante i quasi 70 minuti di musica, segnalo l’iniziale Betchya Got a Cure For Me, una straordinaria “cover” di un brano della grande Nina Simone Sinnerman, la delicata Georgia (dedicata alla figlia), la malinconica Missing con una melodia languida, la splendida Life Is a River una story song classica cantata in modo raffinato. Il CD prosegue su questa linea con momenti intensi ed altri più rilassati, come in I Don’t Need You, il blues dolce di A Child, il pianoforte jazz di Dream St & Change e Red Bird una ballata rarefatta con un piano suonato in modo elegante, con la bella voce dell’autrice. Nella versione Deluxe Edition a completamento, vengono rivisitati alcuni dei suoi brani più noti in versione elettroacustica, partendo da una lunga versione del brano d’apertura, Damm I Wish I Was Your Lover e As I Lay Me Down i suoi “cavalli di battaglia”, e la versione demo di Missing.

 Sophie è affascinante sia come persona che come musicista: la sua musica è rarefatta e sofisticata, un suono che mischia intuizioni ed influenze, dove jazz e rock, pop e easy listening formano un tutt’uno personale, che non ha riscontro in altre “singers songwriters” della sua generazione. Ascoltate attentatemene le canzoni della Hawkins, potrebbero fornirvi liete sorprese.

Tino Montanari

NDT : B. sta per Ballantine, mi sorge un dubbio se i suoi genitori erano romantici, o erano consumatori di speciali marche di whiskey.

Informazioni Utili Per Il Risparmio.”Interessanti” Cofanetti Sony In Uscita A Novembre: Kansas, Sam Cooke, Byrds, Electric Light Orchestra, Eccetera

kansas collection.jpgbyrds collection.jpgsam cooke rca album collection.jpg

 

 

 

 

 

 

La Sony/Bmg pubblicherà tra l’inizio e la metà di Novembre una serie di cofanetti molto interessanti con le discografie “complete” (o almeno i dischi pubblicati con loro) di molti artisti dal catalogo Columbia/Epic/RCA a prezzi decisamente budget. Per intenderci è la stessa serie dove è uscito recentemente il Box di Leonard Cohen, ma anche in tempi passati quello di Miles Davis o di Bruce Springsteencon materiale tratto dal catalogo Columbia. In America sono già usciti tramite Pop Market (che credo faccia parte del gruppo Wal-Mart ma non sono sicuro) a prezzi molto bassi ma in Europa (in Italia non so) costeranno veramente poco, credo tra i 4 e i 5 euro a CD, vediamoli in ordine:

Kansas – The Classic Album Collection 1974-1983 su etichetta Epic/Legacy contiene 11 CD, spesso le versioni rivedute ed ampliate in quelle confezioni che vedete sopra, ovvero:

  1. Kansas
  2. Song For America
  3. Masque
  4. Leftoverture
  5. Point Of Know Return
  6. Two For The Show — 2 CDs
  7. Monolith
  8. Audio Visions
  9. Vinyl Confessions
  10. Drastic Measures           

The Byrds – The Complete Columbia Albums Collection 13 CD

  • Mr. Tambourine Man
  • Turn! Turn! Turn!
  • Fifth Dimension
  • Younger Than Yesterday
  • The Notorious Byrd Brothers
  • Sweetheart of the Rodeo (2 CDs)
  • Dr. Byrds and Mr. Hyde
  • Ballad of Easy Rider
    (Untitled)/(Unissued) (2 CDs)
  • Byrdmaniax
  • Farther Along

Sam Cooke – The RCA Albums Collection 8 CD

            

  • Cooke’s Tour
  • Hits of the 50’s
  • Sam Cooke/Swing Low
  • My Kind of Blues
  • Twistin’ the Night Away
  • Mr. Soul
  • Night Beat
  • One Night Stand! Sam Cooke Live at the Harlem Square Club, 1963

earth wind and fire columbia masters.jpg          electric light orchestra classic album collection.jpgnina simone album collection.jpg   

 

 

 

 

 

 

Electric Light Orchestra – The Classic Albums Collection 11 CD

  1. No Answer
  2. Electric Light Orchestra II
  3. On the Third Day
  4. Eldorado
  5. Face the Music
  6. A New World Record
  7. Out of the Blue
  8. Discovery
  9. Time
  10. Secret Messages
  11. Balance of Power                          

Earth Wind And Fire – The Complete Columbia Masters Collection 16 CD

          

  1. Last Days and Time
  2. Head to the Sky
  3. Open Our Eyes
  4. That’s the Way of the World
  5. Gratitude
  6. Spirit
  7. All ‘N All
  8. Best of Earth, Wind & Fire Vol. 1
  9. I Am
  10. Faces
  11. Raise!
  12. Powerlight
  13. Electric Universe
  14. Touch the World
  15. Heritage
  16. Bonus Disc: Constellations: The Universe of Earth, Wind & Fire        

Nina Simone – The Complete Rca Album Collections 9 CD

     

  1. Nina Simone Sings The Blues (1967)
  2. Silk & Soul (1967)
  3. ‘Nuff Said (1968)
  4. Nina Simone & Piano (1969)
  5. To Love Somebody (1969)
  6. Black Gold (1970)
  7. Here Comes The Sun (1971)
  8. Emergency Ward (1972)

wynton marsalis swingin' into the 21st.jpggrover washington complete columbia.jpgjohn denver collection.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Ovviamente non sono tutti gli album della serie, alcuni sono già usciti altri come il Box di Denver in Europa sono in forse, comunque, per finire:

Grover Wahington Jr. – The Complete Columbia Albums Collections 9 CD

 

  1. House Full Of Love (Music from The Cosby Show) Featuring Grover Washington, Jr. (1986)
  2. Strawberry Moon (1987)
  3. Then And Now (1988)     
  4. Time Out of Mind (1989)
  5. Next Exit (1992)
  6. All My Tomorrows (1994)
  7. Soulful Strut (1996)
  8. Breath of Heaven: A Holiday Collection (1997)
  9. Aria (Sony Classical) (2000)

 Wynton Marsalis – Swingin’ Into The 21st – 11 CD

  1. A Fiddler’s Tale 
  2. Standard Time, Vol. 4: Marsalis Plays Monk 
  3. At The Octoroon Balls 
  4. Big Train 
  5. Sweet Release & Ghost Story 
  6. Standard Time, Vol. 6: Mr. Jelly Lord
  7. Reeltime
  8. Selections from The Village Vanguard Box
  9. The Marciac Suite
  10. All Rise  (2 CD set)


E per finire, ma di questo non v’è certezza, forse il più interessante, con molti album rimasterizzati con bonus e il doppio live An Evening with John Denver ampliato a doppio CD

John Denver – The RCA Albums Collection – 25 CD

  1. Rhymes and Reasons (1969)
  2. Take Me To Tomorrow (1970)
  3. Whose Garden Was This (1970)
  4. Poems, Prayers and Promises (1971)
  5. Aerie (1971)
  6. Rocky Mountain High (1972)
  7. Farewell Andromeda (1973)
  8. John Denver’s Greatest Hits (1973)
  9. Back Home Again (1974)
  10. An Evening with John Denver (1975) — 2 CDs
  11. Windsong (1975)
  12. Rocky Mountain Christmas (1975)
  13. Spirit (1976)
  14. John Denver’s Greatest Hits Vol. 2 (1977)
  15. I Want to Live (1977)
  16. John Denver (1979)
  17. Autograph (1980)
  18. Some Days are Diamonds (1981)
  19. Seasons of the Heart (1982)
  20. It’s About Time (1983)
  21. John Denver’s Greatest Hits Vol. 3 (1985)
  22. Dreamland Express (1985)
  23. One World (1986)
  24. John Denver Sings (Private Press Album)

Quando e se avrò ulteriori informazioni su queste uscite vi terrò informati.

Bruno Conti

Una Delle Mie Preferite (E Più Brave) Di Sempre! Joan Armatrading – Live At The Royal Albert Hall

joan armatrading live.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Joan Armatrading – Live At The Royal Albert Hall – Hypertension 2CD+DVD

Visto che incredibilmente non ne parla nessuno torno a una delle mie cantanti preferite degli anni settanta e ottanta, ma anche di sempre. Una delle più brave in assoluto, negli anni ’70 in particolare i suoi dischi hanno quasi sfiorato la perfezione, una serie di dischi di qualità strepitosa, da Back To The Night all’omonimo Joan Armatrading (forse il più bello in assoluto) passando per Show Some Emotion, To The Limit, l’EP How Cruel e il live Steppin’ Out del 1979, raramente si era assistito ad una sequenza di album di quella consistenza. Anche il primissimo Whatever’s For Us in collaborazione con Pam Nestor già mostrava in embrione i segni di questo talento assoluto.

Nata a St.Kitts nel dicembre 1950 (quindi anche lei ha già varcato la fatidica soglia dei 60 anni, non l’avrei detto) ma residente in Inghilterra dal 1958 la prima cosa che colpisce di questa incredibile cantautrice è la sua voce: potente, duttile, in grado di passare da tonalità basse ad un falsetto intrigante nello spazio di un attimo, è stata paragonata a Nina Simone per il modo di cantare e devo dire che non siamo lontani. Lo stile  musicale partendo da un folk di base, spazia per il rock, la canzone d’autore, il jazz e mille altre influenze con un risultato unico e di qualità assoluta. L’altro particolare sorprendente è quello che questa musica e i suoi dischi, soprattutto in Inghilterra ma anche in America hanno sempre venduto moltissimo entrando spesso nei Top 10 delle classifiche. E molte sue canzoni sono anche orecchiabili e piacevoli quasi un’eresia per molti colleghi cantautori, uomini e donne.

Anche gli anni ’80, che hanno segnato una svolta più rock e commerciale (ma sempre a livelli sublimi) con dischi come Me Myself I, Walk Under Ladders, The Key sono iniziati molto bene, poi progressivamente, sia il successo che la qualità hanno iniziato a scemare (anche se rimanendo a livelli superiori del 99% rispetto a quello che c’era in circolazione allora e oggi!). Io sono rimasto un fedelissimo e la critica ( di cui immodestamente faccio parte visto che spesso l’ho recensita sul Buscadero) l’ha sempre portata in palmo di mano però, obiettivamente la produzione ha iniziato a scarseggiare e ad essere meno interessante. Canzoni belle ce ne sono sempre state ma meno che ai tempi d’oro, anche se la voce non ha perso un briciolo del suo fascino con il passare degli anni.

Poi, improvvisamente, a metà degli anni 2000, forte di un nuovo contratto con la Hypertension Joan Armatrading ha spostato i suoi orizzonti musicali verso il Blues. E l’ha fatto a ragion veduta, ha studiato molto la chitarra (e altri strumenti) tanto da diventare una ottima solista anche all’elettrica e ha rivisto il blues ma sempre nella sua ottica di cantautrice quindi con materiale originale scritto per l’occasione e sonorità che inglobano anche tutte le esperienze passate. Con il disco Into The Blues del 2007 ha raggiunto due invidiabili obiettivi, è stata la prima artista inglese femminile ad andare direttamente al n° 1 delle classifiche Blues di Billboard ed al contempo è stata nominata per un Grammy nella stessa categoria. Stesso risultato per il successivo This Charming Life, uscito a marzo dello scorso anno e che, francamente, di blues ne aveva molto meno, segnando invece un ritorno al sound delle origini.

A fronte di tutto ciò nell’aprile del 2010 la nostra amica si è presentata sul palco di una Royal Albert Hall che segnava il tutto esaurito (in Inghilterra è sempre popolarissima, una sua antologia a metà anni duemila è entrata ancora nei top 30) e ha sciorinato il meglio del suo repertorio in un concerto veramente bellissimo che è stato immortalato per i posteri in questo doppio CD con DVD incorporato.

Intanto sembra che abbia fatto un patto con il diavolo (o con il suo parrucchiere) visto che i capelli sono ancora nerissimi anche se in una nuova pettinattura con frangetta improponibile, che sostituisce l’afro degli anni classici. Però vocalmente e musicalmente è ancora impeccabile, è diventatata una chitarrista bravissima e aiutata dal fatto che indossa quei nuovi microfoni con l’antennina è libera di dare sfogo alle sue velleità di solista. I tre musicisti che suonano con lei sono pure molto bravi, a partire dal più noto, il prodigioso bassista fretless e contrabbassista John Giblin che ha suonato con tutti, dai Brand X ai Simple Minds, passando per John Lennon, Paul McCartney, Kate Bush e Baglioni e Ramazzotti, pure Battisti in Una Giornata Uggiosa! Il tastierista e il batterista (che cava dal cilindro anche un notevole assolo di sax in uno dei momenti salienti dal concerto durante una versione sgarciante della bellissima Love And Affection) non sono da meno.

Visto che siamo entrati nel vivo del concerto, lo stesso dura quasi due ore, 22 canzoni che ripercorrono il meglio della sua carriera rese in versioni che si avvicinano per potenza e intensità, anche dopo tutti questi anni, agli originali: e quindi scorrono classici come l’iniziale Show Some Emotion che oscilla tra tenerezza ed improvvise esplosioni jazz in un continuo cambio di tempi musicali, l’elegiaca All The Way From America, la lunga ed improvvisata (e geniale nelle sue soluzioni musicali) Tall In The Saddle, le recenti Into The Blues e This Charming Life che hanno già lo status di nuovi classici. Sto citando alla rinfusa senza seguire la scaletta del concerto: sempre molto belle la dolcissima The Weakness In Me e le trascinanti Best Dress On, Call Me Names e Drop The Pilot, veramente inarrestabile. Ma non si possono dimenticare la meravigliosa Willow cantata anche in coro da un pubblico entusiasta, la raffinata Me Myself I (ne ha scritte proprie tantissime di belle canzoni).

Nel concerto si ascolta veramente il meglio della sua produzione in un continuo susseguirsi di assoli di piano, organo e synth oltre alle chitarre della Armatrading alle prese con una tecnologica pedaliera che le permette di variare a piacimento volumi e tonalità del suo strumento con grande gusto e tecnica. E poi c’è “La Voce” che rimane uno strumento formidabile capace di infinite nuances di coloritura, sempre sicura e precisa, veramente unica nel panorama mondiale.

Non posso che consigliarlo a tutti, fans e novizi, veramente una bella sorpresa di fine anno o inizio 2011. Perché l’unica cosa negativa è la non facile reperibilità e il prezzo non bassissimo (anche se in rete si trova a prezzi interessanti).

Che dire, una vera meraviglia e scusate l’entusiasmo, ma per me l’Armatrading è stata, con Sandy Denny e dopo Joni Mitchell, la migliore cantautrice degli anni ’70. Confermo e accendo!

Non avendo trovato video recenti live di buona qualità in YouTube e avendo visto il DVD che ha una qualità eccellente i due filmati inseriti sono i bonus del DVD stesso, uno live in Denver e l’altro un video clip watch?v=fi8VBXA9Vzo. Ma il concerto è tutta un’altra cosa, da avere!

Bruno Conti