Eccone Un Altro Davvero Bravo! Parker Millsap – The Very Last Day

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Parker Millsap – The Very Last Day – Okra Homa/Thirty Tigers CD

Di dischi di alternative country, roots, Americana o come diavolo volete chiamare quella musica strettamente legata alle radici ne escono, tra ottimi, buoni e meno buoni, un’infinità durante l’anno, ed ogni tanto qualcuno realizza dei lavori talmente belli che vengono ricordati anche a distanza di tempo: ad esempio, nell’ultimo biennio le fatiche di Chris Stapleton, Nathaniel Rateliff, Thom Chacon, Jason Isbell ed Anderson East hanno davvero meritato un posto di primo piano nelle classifiche di gradimento di chiunque ami la vera musica. Lo stesso destino potrebbe essere riservato a Parker Millsap, giovane songwriter dell’Oklahoma con già due dischi alle spalle (il secondo dei quali, omonimo, nel 2014 aveva già fatto intravedere delle doti non comuni) https://www.youtube.com/watch?v=SwFbuOUxmNc , che con questo nuovo The Very Last Day ci consegna uno dei migliori album di questi primi quattro mesi del 2016, almeno per quanto riguarda il genere Americana. Millsap, oltre ad essere in possesso di una voce roca, potente e talvolta quasi stridula (ma non fastidiosa), è un talento molto particolare, in quanto, pur partendo da una base folk ed usando una strumentazione tradizionale, affronta le sue canzoni con una forza ed un impeto da vero rocker, inserendo spesso e volentieri all’interno dei brani delle melodie inusuali e mai banali o prevedibili, creando un cocktail sonoro molto stimolante e consegnandoci una manciata di canzoni (undici) che forse necessitano di più di un ascolto per essere apprezzate appieno, ma di sicuro poi farete fatica a togliere il CD dal lettore.

Una miscela di folk, country, rock e blues suonata, ripeto, con una forza non comune e con soluzioni melodiche spesso non abituali: l’esempio perfetto è l’opening track Hades Pleads, un folk-grass potente e pieno di ritmo, con la vocalità aggressiva del nostro a dominare in lungo e in largo, una vera esplosione di suoni anche se gli strumenti sono acustici. A produrre il disco è stato chiamato l’esperto Gary Paczosa (già con Kathy Mattea, Darden Smith e responsabile nel 2014 del bellissimo tributo a Jackson Browne, Looking Into You) e ad accompagnare Parker, che si occupa delle parti di chitarra, troviamo l’ottimo Daniel Foulks al violino, Michael Rose al basso, Patrick Ryan alla batteria e Tim Laver al piano. Già detto dell’iniziale Hades Pleads, che ci catapulta all’interno del disco quasi con uno schiaffo, troviamo a seguire la creativa Pining, un brano che, basato su una struttura folk, ha una melodia ed un andamento quasi errebi, con un ottimo intervento centrale di pianoforte. Già da questi due pezzi capiamo che Millsap non ti dà quasi mai quello che ti aspetti, ma inserisce sempre qualcosa di personale all’interno dei brani. Morning Blues è sempre cantata con voce forte, ed è quasi una country ballad con il violino grande protagonista, ed i continui stop & go fanno sì che l’ascoltatore non si rilassi ma presti attenzione ad ogni singola nota; Heaven Sent si apre con un suggestivo arpeggio di chitarra ed una melodia che, almeno dalle prime note, ricorda The River di Springsteen, poi cambia direzione e diventa una ballata elettroacustica di notevole livello e con un ritornello al solito di grande forza ma nello stesso tempo immediato, direi una delle migliori del CD.

La title track ha uno sviluppo ritmico molto particolare ed abbastanza complesso e, anche se nel refrain il brano si fa più fluido, non è tra le mie preferite (e la vocalità debordante del nostro qui è un po’ fuori luogo); Hands Up è invece molto diretta, quasi rock’n’roll, un pezzo decisamente piacevole ed anche coinvolgente, mentre Jealous Sun è completamente acustica, voce e chitarra, con Parker che dimostra che anche da “tranquillo” sa toccare le corde giuste. Molto bella anche Wherever You Are, una ballata molto classica e con una splendida melodia dal tono epico e maestoso, un pezzo di bravura che ci fa vedere ancora una volta di che pasta è fatto il ragazzo; You Gotta Move è l’unica cover del disco (è un vecchio blues reso noto da Mississippi Fred McDowell ed inciso anche dai Rolling Stones nel mitico Sticky Fingers), ed è proposta in maniera sorprendentemente tradizionale, non molto diversa da come la facevano Jagger e soci: voce nel buio, un chitarra indolente, armonica bluesy e violino straziante, una rilettura di indubbio fascino. A Little Fire è l’ennesima perla, un brano di puro folk ancora eseguito in perfetta solitudine, mentre Tribulation Hymn conclude l’album con un piccolo capolavoro, una bellissima ballata folk-rock dal sapore vagamente irlandese e grande feeling interpretativo.

Avrete notato che non ho fatto neppure un paragone con artisti famosi ai quali Parker Millsap si può essere ispirato, ed infatti The Very Last Day, oltre ad essere un gran bel disco, è anche originale ed innovativo, e di questi tempi non è poco.

Marco Verdi