Grande “Soul Music” Dalla Lontana Australia! Paul Kelly & The Merri Soul Sessions

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Paul Kelly Present The Merri Soul Sessions – Gawd Aggie Records 2014

Di questo signore (nato ad Adelaide nel ’55), vi avevo già parlato in occasione del precedente lavoro Spring And Fall (12) http://discoclub.myblog.it/2012/11/14/non-sono-le-quattro-di-vivaldi-ma-anche-queste-stagioni-piac/ (come anche del Live con Neil Finn http://discoclub.myblog.it/2014/09/06/due-leggende-australiane-sullo-palco-neil-finn-paul-kelly-goin-your-way/ ), una sorta di “concept album” sulle varie forme di amore. Paul Kelly, ha attraversato il mondo musicale australiano a partire dal lontano ’74, con  innata e inalterata passione, suscitando un grande interesse in patria, ma anche un discreto riscontro negli Stati Uniti e Inghilterra, vantando una discografia corposa (che comprende anche svariate colonne sonore), giunta con questo bellissimo The Merri Soul Sessions, al ventesimo capitolo in studio, riscoprendo nell’occasione, come è stato per il suo connazionale (leader dei grandi Black Sorrows), Joe Camilleri, l’amore (in tarda età) mai dimenticato,  per il genere “soul”.

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Questo nuovo “combo” oltre al babbo Paul alla chitarra ritmica, si avvale del figlio Dan Kelly e di Ashley Naylor alle chitarre, Cameron Bruce alle tastiere, Bill McDonald al basso, Peter Luscombe alla batteria e percussioni, e, come ospiti, una schiera di “lead vocalists” di grande valore, tra le quali le sorelle Linda e Vika Bull (già sentite nei primi imperdibili dischi dei Black Sorrows, e con altri artisti australiani come Archie Roach e John Farnham), la “prosperosa” Clairy Browne vocalist delle Bangin’ Rackettes, e due emergenti poco conosciuti, ma altrettanto bravi, come Dan Sultan e Kira Puru, che danno tutti un notevole contributo alle undici canzoni  firmate da Paul Kelly, con il mixaggio e la produzione dell’esperto e veterano Steven Schramn https://www.youtube.com/watch?v=mme6FnU2wSY .

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La partenza è fulminante, con una Smell Like Rain cantata da Linda Bull su un tappeto di tastiere e chitarre slide, seguita dalla sorella Vika che con What You Want ci riporta ai favolosi anni Motown e Stax, dove i brani erano impreziositi da coretti deliziosi https://www.youtube.com/watch?v=jypbzCXi-8g , mentre la travolgente Keep On Coming Back For More (forse il brano di punta del disco), è cantata con grande grinta da Clairy Browne, che lascia poi  il passo ad una ripescata (venticinque anni dopo) Sweet Guy, rifatta in modo scintillante dalla brava Vika. Con Righteous Woman, aperta dalle chitarre acustiche, si presenta al canto Kelly con la sua inconfondibile voce, mentre Don’t Let A Good Thing Go si avvale della voce fumosa di Dan Sultan, con i “famosi coretti” che ne accompagnano il ritornello, passando in seguito ad una stratosferica ballata soul Where Were You When I Needed You (composta appositamente da Paul per la Browne), e Clairy gli rende omaggio con una interpretazione che ricorda, tanto per volare bassi, Dusty Springfield e Aretha Franklin. Con Thank You si ripresenta Paul in una delle sue classiche ballate, seguita dalla paranoica tensione di I Don’t Konow What I’d Do, cantata da una sorprendente Kira Puru, e  andando a chiudere di nuovo con le sorelle Bull, che cantano in duetto una delicata Down On The Jetty https://www.youtube.com/watch?v=IR436Vrk8Kw , e “last but not least” il gospel Hasn’t It Rained, dove tutto il gruppo viene coinvolto a cantare, come se ci si trovasse sulle strade di Harlem.

Paul Kelly, nella sua lunga carriera, da buon Australiano, ha saputo mediare le influenze britanniche e quelle americane, condensando una forma pop e una cantautorale (Bob Dylan su tutti), ma con un piglio sempre onesto e genuino, che ora gli permette di fare un ennesimo disco di alto livello come questo The Merri Soul Sessions, dove tutto è al posto giusto, a partire dalla scrittura dei brani, supportato da arrangiamenti che saranno anche nostalgici, ma che fanno bene alle orecchie, al cuore e all’anima, un album suonato come Dio comanda, e, cosa non trascurabile, cantato da alcune tra le più belle voci in circolazione nella “terra dei canguri”. Come di consueto, una menzione particolare per la cover di Peter Salmon-Lomas !

Al solito, preparate il portafoglio: per gli amanti del genere questo lavoro merita un posticino nello scaffale di casa vostra. Imperdibile !

Tino Montanari

Due Leggende Australiane Sullo Stesso Palco! Neil Finn & Paul Kelly – Goin’ Your Way

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Neil Finn & Paul Kelly – Goin’ Your Way – Emi Music Australia/Universal – 2 CD DVD o BLU-RAY

Una premessa, questo disco non è recentissimo, risale allo scorso anno (infatti nel frattempo è già uscito un disco solista di Finn, Dizzy Heights), ma l’occasione è ghiotta per recensire la collaborazione di due autentiche leggende musicali australiane, Paul Kelly e Neil Finn (anche se Finn è nato in Nuova Zelanda, è cresciuto artisticamente nella terra dei canguri). I due hanno molto in comune, oltre ad essere discendenti da famiglie Irlandesi, sono stati rispettivamente leader di gruppi musicali, i Messengers (Paul) e i Crowded House (Neil), prima di intraprendere una consolidata carriera solista (per entrambi l’esordio risale al lontano 1978) che li porta ad essere considerati dai “fans” e dalla critica tra i migliori cantautori del loro paese.

Goin’ Your Way è stato registrato il 10 Marzo 2013 presso la prestigiosa Sidney Opera House, e sul palco oltre a Neil voce, pianoforte e chitarra acustica, e Paul voce, chitarra acustica e armonica, si sono presentati i rispettivi figli, Elroy Finn alla batteria e Dan Kelly alla chitarra, con l’intrusione, in questa riunione di famiglie, di Zoe Hauptmann al basso e contrabbasso: vi segnalo il missaggio di Bob Clearmountain (uno dei migliori ingegneri del suono e produttori al mondo, che ha lavorato con profitto, tra i tanti, anche con Bruce Springsteen), con la parte video affidata al noto regista Paul Godman, il tutto sotto la professionale produzione di Pete Henderson.

Disc: 1

1 – Don’t Stand So Close To The Window

2 – Four Season In One Day

3 – Before Too Long

4 – She Will Have Her Way

5 – Not The Girl You Think You Are

6 – For The Ages

7 – Sinner

8 – Won’t Give In

9 – Careless

10 – Leaps And Bounds

11 – Only Talking Sense

12 – New Found Year

13 – Into Temptation

14 – You Can Put Your Shoes Under My Bed

15 – Private Universe

La prima parte del concerto, dopo una introduzione acustica dei due, vede Finn proporre un set di brani del periodo migliore dei Crowded House, a partire da Four Season In One Day, dove la musica tocca una sensibilità melodica senza pari, mentre il repertorio di Kelly viene rivisitato con arrangiamenti grintosi, tra le canzoni spiccano Leaps And Bounds, Only, Talking Sense dei fratelli Finn, una strepitosa ballata come Into Temptation, andando poi a ripescare dall’album Post (85) di Kelly gli accordi pianistici di una struggente You Can Put Your Shoes Under My Bed, terminando la prima parte con Private Universe altro mai dimenticato successo dei Crowded House.

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Disc: 2

1 – Dumb Things

2 – One Step Ahead

3 – Deeper Water

4 – Better Be Home Soon

5 – How To Make Gravy

6 – Distant Sun

7 – Winter Coat

8 – Fall At Your Feet

9 – To Her Door

10 – Don’t Dream It’s Over

11 – Message To My Girl

12 – Love Is The Law

13 – Words Of Love

14 – Moon River

La seconda parte inizia con l’energia di un brano di Kelly, Dumb Things, che dal vivo fa sempre la sua “sporca” figura (se non l’avete correte ad acquistare Live, May 1992), passando per la dolcezza di una Better Be Home Soon cantata da tutto il pubblico in sala, il brio contagioso di Distant Sun, il Kelly più sentimentale di Winter Coat, arrivando ai due brani più romantici e conosciuti di Finn Fall At Your Feet e Don’t Dream It’s Over (in versione italiana Alta Marea, che rimane sempre una grande canzone nonostante Venditti), e chiudendo il concerto con due “cover” d’autore, una bella Words Of Love del grande  Buddy Holly, e una sorprendente Moon River di Henry Mancini cantata in coppia, degna chiusura per i due celebri e talentuosi cantautori.

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Neil Finn e Paul Kelly sono amici fin dai primi anni ’80, ed era naturale che prima o poi potesse svilupparsi una potenziale collaborazione tra i due (ci hanno impiegato solo una trentina d’anni!), ma se il risultato è stata questa bellissima “performance” live, direi proprio che è valsa la pena di aspettare. Sono convinto che Goin’ Your Way richiami quei momenti magici che a volte la musica riesce a innescare, merito delle canzoni di Neil Finn e Paul Kelly e di una “reunion” fatta senza alcuna nostalgia, e che arriva direttamente al cuore dei fortunati presenti a questo concerto.

Tino Montanari  

NDT Per i soliti misteri della discografia, il DVD o il Blu-Ray hanno quattro brani in meno, ma esiste una costosissima edizione Deluxe che raccoglie tutti i formati e in ogni caso YouTube, come potete vedere sopra lo ha trasmesso integralmente in streaming!

L’ultimo Viaggio Di Una “Leggenda Australiana”, Forse! Archie Roach – Into The Bloodstream

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Archie Roach – Into The Bloodstream – Liberation Music 2012/2013

Con particolare e personale piacere oggi vi parlo di Archibald William Roach (all’anagrafe), alias Archie Roach, leggendario cantautore “aborigeno” australiano. Archie nasce a Mooroopna nel centro dello stato di Victoria, e quando era ancora molto piccolo, insieme alla sorella ed altri bambini australiani indigeni della “Stolen Generation”, furono allontanati con la forza dalle loro famiglie, da agenzie governative australiane, e collocati in un orfanotrofio. In seguito allevato da una famiglia scozzese di immigrati a Melbourne, ha trascorso poi la sua intera vita adulta nel tentativo di ritrovare il contatto con il suo popolo di appartenenza, e di tornare a quelle che erano le sue origini in quel contesto. Alla fine degli anni ’80 (diventato un musicista di strada), riuscì a fondare un gruppo chiamato Altogether (formato esclusivamente da musicisti aborigeni), che si esibiva nei festival dell’area di Melbourne, dove furono sentiti occasionalmente da Paul Kelly, che intuito il grande talento, lo selezionò come “opening act” ai suoi concerti.

Quello fra Roach e Kelly è un rapporto professionale e personale che risale allo splendido debutto (prodotto dallo stesso Kelly) con Charcoal Lane (92), album che contiene il più famoso brano di Archie, la struggente Took The Children Away (un dolente atto d’accusa sul trattamento dei bambini indigeni), diventato successivamente una specie di inno del mondo di quelle popolazioni.  Il successivo Jamu Dreaming (93) conferma la sua identità culturale, che, coerentemente, si manifesta anche nei lavori Looking For Butter Boy (97), Sensual Being (2002), nella splendida colonna sonora del film The Tracker, Ruby (2005) dedicato e registrato con la moglie Ruby Hunter, in Journey (2007) e dopo anni travagliati, ritorna con questo stimolante Into The Bloodstream, che mette insieme una band di supporto con musicisti di vaglia come il fido Craig Pilkington alle chitarre e percussioni, Steve Hadley alla basso, Dave Folley alla batteria, Tim Neal alle tastiere, Bruce Haymes alla fisarmonica e la brava cantante di colore Emma Donovan alle armonie vocali, il tutto prodotto dallo stesso Pilkington.

Il viaggio inizia con la “title track” Into The Bloodstream, una maestosa ballata atta a creare subito l’atmosfera del disco, cui fanno seguito il gospel di Song To Sing e Big Black Train un brano che ripercorre un’epopea, cantato meravigliosamente in uno stile à la Johnny Cash. Heal The People è una preghiera gioiosa di speranza per la popolazione indigena dell’Australia, mentre la straziante Mulyawongh (un toccante omaggio a sua moglie Ruby) è una delle più belle ballate della carriera di Roach. Si prosegue con un brano We Won’t Cry, composto e cantato in duetto con Paul Kelly, che vede come vocalist aggiunte le brave Vika e Linda Bull, mentre Wash My Soul In The River’s Flow è un altro gospel profano , suonato in un sorprendente arrangiamento “dixie”. I’m On Your Side esce ancora dalle penna di Paul Kelly aiutato dal nipote Dan, mentre la seguente Little By Little con una chitarra ritmica sincopata, vede come ospiti al controcanto i cantautori Dan Sulton e Emma Donovan. Con Hush Now Babies cantata in duetto con la Donovan, Archie mi ha fatto ricordare il compianto Ted Hawkins, mentre Top Of The Hill è una sorta di romanza, con il crescendo vocale degli Indigenous Choir, e la conclusiva Old Mission Road è un’altra ballata toccante, una storia di speranza in tempi di dolore.

Archie Roach vive le sue canzoni e la sua musica con il linguaggio del cantautorato americano, con atmosfere alla Gordon Lightfoot o Paul Simon, producendo un suono perfettamente in equilibrio tra chitarre acustiche ed elettriche, con arrangiamenti di una precisione e bellezza esemplare, come in questo magnifico lavoro. A questo signore, negli ultimi tre anni è successo di tutto, nel Febbraio del 2010 ha perso la moglie e collaboratrice musicale Ruby Hunter per un attacco di cuore, pochi mesi dopo Archie  stesso fu colpito da un ictus che lo lasciò incapace di parlare e di muovere le mani e nel 2011, nel bel mezzo della rieducazione, gli è stato diagnosticato anche un cancro ai polmoni, curato (per ora) con un intervento chirurgico. Roach attualmente vive con i suoi figli in una fattoria nei pressi di Berri, nel sud dell’Australia e la sua reputazione ormai travalica i confini della sua terra, così come la sua musica che è stata ed è molto importante per la comunità aborigena, che in lui vede la riprova che finalmente l’Australia tutta comincia a capire che non sono più un problema da risolvere, ma invece una cultura antica da rispettare. Come si fa a non voler bene a un artista e a una persona di tale levatura, uno che con le sue storie ci porta in Australia senza prendere l’aereo. Lunga vita fratello Archibald

NDT: Come al solito i suoi dischi sono costosi e di difficile reperibilità, ma se come penso, i lettori di questo blog hanno un’anima per la buona musica, fate il possibile per averli sul vostro scaffale.

Tino Montanari    

Non Sono Le Quattro Di Vivaldi, Ma Anche Queste “Stagioni” Piacciono! Paul Kelly – Spring And Fall

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*NDB In considerazione del fatto che i “miei collaboratori” ultimamente sono particolarmente prolifici, molte delle ultime uscite discografiche (soprattutto tra i cosiddetti “carbonari”) passano velocemente alla sezione recensioni, come nel caso di questo nuovo Paul Kelly, domani i Departed (spesso quando nessuno ne ha ancora parlato in Italia). Quindi la parola a Tino e la ricerca continua sempre.

Paul Kelly – Spring And Fall – Gawd Aggie Recordings – 2012

Tra i tanti piaceri musicali del vostro umile recensore (che si diletta a scrivere piacevolmente su questo blog), vi è anche quello di far conoscere artisti meritevoli, in questo caso l’australiano Paul Kelly, una gloria nazionale in patria (attivo fin dal 1974), ma al di fuori di “Down Under” lo conoscono in pochini (ma buoni). Vediamo di rimediare. Sesto di nove figli, Paul nasce ad Adelaide nel 1955 e dopo la scuola alla Christian Brothers School (dove impara a suonare la tromba), si trasferisce a Melbourne, dove la fiorente scena musicale dei pub gli permette di farsi notare con un suo gruppo, i The Dots, e di incidere i primi due album, Talk e Manila, dove si intravede un talento in gestazione, ma già con il seguente Post la versione australiana di Rolling Stone lo premia come miglior disco del ’85. A quel punto Kelly forma una nuova band (Coloured Girls) e incide Gossip (86,) straordinario doppio album, una raccolta di 24 canzoni che cementano la sua reputazione come cantautore di livello assoluto, seguiranno poi Under The Sun (88), So Much Water So Close To Home (89), Comedy (91), Hidden Things (92) incisi con la storica formazione dei The Messengers.  E ancora, negli anni seguenti, altri dischi splendidi per quanto sottovalutati, ad esempio Deeper Water (95), (probabilmente il suo capolavoro), sino ad arrivare a questo 19° lavoro in studio, Spring And Fall (preceduto da un megabox di 8 CD di materiale dal vivo inedito).

Paul Kelly, accompagnato dal noto produttore australiano e polistrumentista GregJ” Walker e dal nipote Dan Kelly alle chitarre, ha registrato l’album in un paese isolato tra le colline di Victoria, e come ospiti utilizza altri validi musicisti, tra i quali ricorderei i fratelli Dan e Peter Luscombe al pianoforte e batteria, Attila Kuti al violino, e le coriste, Laura Jean, nonché le bravissime sorelle Linda e Vika Bull. La particolarità del disco, una specie di “concept album”, è che si tratta di canzoni d’amore, (ognuna con collegamenti con il brano che segue), e tutto l’album nel suo insieme è una storia d’amore. Si inizia con una dolcissima New Found Year, seguita dal valzer cadenzato di When a Woman Loves a Man valorizzato dall’armonica, mentre For The Ages è un brano pop leggero ma elegante. Gonna Be Good , Someone New e Time And Tide sono da catalogare alla voce “ballate”, cantate al meglio da Paul, e hanno un calore che non è facile riscontrare nei dischi di oggi. L’influenza di Dylan si fa sentire in Sometimes My Baby, e a seguire una Cold As Canada dalla struttura melodica di grande impatto, e l’armonica dona nuovamente spessore ad una grande canzone che cattura sin dal primo ascolto, mentre I’m On Your Side dalla ritmica dolce, ha le chitarre sempre in evidenza. None of Your Business Now inizia con la voce in falsetto, poi entrano il violino e il dobro che accompagnano il brano verso i binari della musica tradizionale americana, e il disco si chiude con una pacata Little Aches And Pains con spunti di chitarra e slide, mentre una notevole “ghost track” (ormai quasi una regola) dimostra ulteriormente il valore di questo “veterano”.

Anche in questo Spring And Fall, composto da dodici canzoni scritte scrupolosamente dall’autore, si nota una vena compositiva invidiabile, dove le semplici ballate rendono piacevole l’ascolto e la pacata tonalità di Paul Kelly, ben si adatta agli arrangiamenti, retti principalmente dal suono della chitarra e dall’uso dell’armonica a bocca, strumento troppo spesso dimenticato negli ultimi tempi.

In definitiva un disco di pregevole fattura, ben confezionato (ma per ora di difficile reperibilità), che ci mostra un autore che ancora dopo 30 anni di carriera ha molte frecce al suo arco e che propone musica di qualità; chissà che al buon Kelly con questo CD (che non farà rimpiangere i soldi spesi), dai toni autunnali e per cuori ricettivi e sensibili, arrivi una certa visibilità e il meritato successo.

Tino Montanari

NDT.: Una menzione per la bellissima copertina di Peter Salmon-Lomas!

Novità Di Novembre Parte I. Queen, Paul Kelly, Kris Kristofferson, Joshua James, Unthanks, Renaissance, Mickey Newbury

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Solito giro sulle novità in uscita questa settimana, e non solo. Prima di tutto, il solito rinvio: il cofanetto della Repertoire dedicato alla Graham Bond Organization Wade In the Water, viene ulteriormente posticipato al 17 dicembre, la formula dubitativa è d’obbligo, perché si tratta del 4° rinvio. Sono confermati Music From Another Dimension degli Aerosmith, annunciato sul Blog da qualche mese, con immancabile versione Deluxe CD+DVD, la ristampa di Thick As A Brick dei Jethro Tull per il 40° anniversario, rimasterizzata da Steven Wilson, in vari formati, Charlie Is My Darling, il DVD o Blu-Ray dei Rolling Stones sul tour in Irlanda del 1965, ma non la versione Super Deluxe in cofanetto, che uscirà la settimana dopo (almeno in Italia). E ancora, la ripubblicazione del disco natalizio di James Taylor At Christmas, le ristampe Deluxe doppie di Long Live Rock’n’Roll e On Stage dei Rainbow, anche se di questi non mi sembra di averne parlato sul Blog. Tutto il resto lo trovate scorrendo a ritroso i Post, occasione per sfogliare le pagine precedenti, dove spero troverete molte cose interessanti per gli appassionati. Dimenticato qialcosa? Non mi sembra, almeno di quelli di cui si parla nel Blog, delle altre uscite del 6 novembre parliamo ora.

Vi pareva possibile che anche per il Natale di quest’anno non uscisse qualcosa dei Queen? Certo che no, le case discografiche devono pur sopravvivere, povere stelle! E allora vai con Hungarian Rhapsody, che sarebbe il vecchio Live In Budapest che (ri)esce in vari fomati rimasterizzati. DVD o Blu-Ray, che non erano mai stati pubblicati (ai tempi era uscito in videocassetta), con negli extra un videodocumentario, A Magic Year, che narra la storia dal Live Aid del 1985 al concerto di Budapest del 1986, 25 minuti in tutto. Però ci sono anche le versioni “complete”, 2 CD + DVD o 2 CD + Blu-ray, a un prezzo ragionevole. E, miracolo, nessuna versione costosissima Super Deluxe (anche perché ce ne sono in uscita a miliardate di chiunque)!

 

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Un terzetto di ottimi cantautori.

Paul Kelly (non il vecchio soul man), a parere di chi scrive (e non solo), è uno dei migliori cantautori australiani, con una copiosissima discografia alle spalle (e tra i preferiti dell’amico Tino, che si prenoterà per la recensione). Il nuovo disco, già pubblicato in Australia a metà ottobre, si chiama Spring And Fall ed è il suo 19° album in studio. Per testimoniare la prolificità della sua produzione, prima di questo, nel 2010, Kelly aveva pubblicato un cofanetto di 8 CD intitolato The A-Z Recordings con una valanga di materiale dal vivo inedito, registrato tra il 2004 e il 2010, 106 brani che venivano eseguiti in ordine alfabetico (SSQC Sono Strani Questi Cantautori!). Il nuovo disco contiene 11 brani, non è molto lungo, sui 35 minuti, e tra i partecipanti ci sono le sorelle Linda e Vika Bull che spesso graziano con la loro presenza anche i dischi di Joe Camilleri e dei grandi Black Sorrows.

La copertina è un po’ lugubre, in linea con il titolo del disco e con il periodo dell’anno, ma Feeling Mortal è il primo disco di canzoni nuove di Kris Kristofferson, dopo Closer To the Bone del 2009. Esce per la KK Records, è stato prodotto da Don Was, già in cabina di regia nei precedenti dischi e vede la partecipazione, tra gli altri, di Greg Leisz e Mark Goldenberg alle chitarre, Matt Rollings alle tastiere e Sarah Watkins al violino e armonie vocali. Ascoltato velocemente, sembra molto buono, come al solito, nel suo stile scarno e laconico, con tante belle canzoni che i suoi colleghi potranno reintepretare in futuro.

Joshua James con questo From The Top Of Willamette Mountain è già al suo quinto album (ma terzo ufficiale). Si tratta di uno dei migliori cantautori dellle ultime generazioni, viene da Lincoln, Nebraska ed è stato paragonato a Joe Purdy, Ray LaMontagne, ma anche Dylan e Neil Young, insomma è uno bravo. Il disco è prodotto da Richard Swift, già con Mynabirds e Damien Jurado ed esce per la Intelligent Noise.

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Un paio di voci femminili, “antiche” e moderne.

Prima un disco di materiale inedito d’epoca dei Renaissance Past Orbits Of Dust 1969/1970, raccoglie materiale inedito registrato dalla prima formazione, quella con Jane Relf, Keith Relf, Jim McCarthy, Louis Cennamo e John Hawken che registrò i primi due dischi della formazione, l’omonimo e Illusion per lasciare poi spazio alla seconda versione, quella con la grande Annie Haslam, John Tout e Michael Dunford. Esce per una fantomatica Troubadour Records e la qualità delle registrazioni è molto variabile, buona quella dei primi 3 brani, tipo bootleg il resto, a parte l’ultimo brano che è un inedito di studio. Però il valore storico è indubbio è il gruppo, dal vivo, era molto valido, con lunghissimi brani e molta improvvisazione. Questi i titoli:

1. Kings & Queens (Helsinki 30.5.69) 10’38”
2. Bullet (Helsinki 30.5.69) 14’47”
3. Innocence (New York 20.2.70)10’13”
4. Wanderer (Cincinnati 25.2.70)4’11”
5. Face of Yesterday (London 26.3.70)6’03”
6. No name raga (San Francisco 6.3.70)14’23”
7. Island (Montreux 30.4.70)5’45”
8. Kings & Queens (Stockholm 14.9.69)10’45”
9. Statues (Re-Mastered. Olympic Studios May 4th 1970, initially unreleased song)2’31”

Terzo capitolo della serie Diversions delle Unthanks (uso il pronome femminile, ma nel gruppo ci sono uomini e donne), con le sorelle Rachel & Becky ancora una volta ad incantare gli amanti del buon folk britannico, con un album Songs From The Shipyards, registrato come gli altri due dal vivo e il cui argomento, in questo caso, è la costruzione delle navi. Ovviamente c’è Shipbuilding di Costello, ma resa celebre da Robert Wyatt che non era stata inserita nel disco dedicato a quest’ultimo e Antony & The Johnsons. Di nicchia, di culto, per carbonari, come preferite, ma voci incredibili e tutto molto bello.

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Per finire, una segnalazione sulla ristampa di tre ulteriori dischi di Mickey Newbury. Dopo il cofanetto fantastico triplo An American Trilogy, che aveva vinto il premio come migliore ristampa del 2011 nel poll della rivista Mojo, l’etichetta Mountain Retreat (gestita dalla famiglia) questa volta si occupa di tre album dell’ultima fase della carriera del grande cantautore americano, usciti a livello autogestito nel 1996, 2000 e 2003 (l’ultimo pubblicato postumo, dopo la sua morte, avvenuta nel 2002) Lulled By the Moonlight, Stories From The Silver Moon Café e Blue To This Day. Si fatica moltissimo a trovarli, costano cari, ma vale pena di cercarli, se amate quello stile che in mancanza di alternative altrettanto esplicative si è soliti definire “country got soul”, ma nella parte finale della sua carriera era diventato una sorta di country-folk cameristico, molto raffinato.

Alla prossima.

Bruno Conti

Forse Non Imprescindibile Ma Sicuramente Moolto Bello! Ollabelle – Neon Blue Bird

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Ollabelle – Neon Blue Bird – Olabelle Music/Thirty Tigers

Nel breve spazio dedicato a questo album nella rubrica delle Anticipazioni mi ero spinto fino ad inserirlo, già fin d’ora, nella lista dei migliori dischi dell’anno, sulla scorta di un solo ascolto. Poi l’album, che è molto bello e confermo, l’ho sentito molte volte e come dico nel titolo del Post non è forse “imprescindibile” ma è buona musica e con i tempi che corrono non è poco. Ollabelle (ho deciso di optare per il neutro, né gli né le) è un quintetto di New York che prende il nome dalla cantante Appalachiana Ola Belle Reed e quindi il folk è molto presente nel loro suono, ma nella band milita Amy Helm (degna figlia di tanto padre) e quindi il country e il rock scorrono fluidi; nel gruppo sono presenti altri due cantanti, Fiona McBain e Tony Leone (ma cantano anche gli altri due) e quindi gospel, spiritual e soul vengono rivisti con ottimi risultati. Di solito la somma di queste musiche viene definita Americana e la Band di Levon Helm e Robbie Robertson è stata una delle iniziatrici di questo filone che congloba la musica delle “radici” e il rock.

Poi però bisogna essere bravi a farlo e sicuramente Ollabelle nei tre album che hanno preceduto questo Neon Blue Bird si sono costruiti una reputazione come una delle migliori “band” in circolazione: hanno girato tutte le “parrocchie”, sono partiti con un album omonimo pubblicato dalla DMZ/Columbia, sono passati alla Verve Forecast/Universal per l’ottimo Riverside BattLe Songs del 2006 e nell’interregno durante il quale la Universal li ha scaricati hanno pubblicato un bel disco dal vivo Before This Time per la Yep Rock. In questo periodo i tre cantanti sono diventati tutti e tre genitori quindi la registrazione del nuovo album ha richiesto i suoi tempi non ultimo quello di reperire tramite un finanziamento i fondi per fare questo CD. Quindi cinque anni e molte sessions dopo uno potrebbe aspettarsi un album discontinuo, frammentario e poco “centrato” e invece…

Sin dalle prime note di You’re Gonna Miss Me, una bella cover di un brano di Paul Kelly, quando le voci di Amy e Fiona cominciano a intrecciarsi su un tappeto di percussioni, banjo, tastiere, chitarre elettriche, ritmi funky che ricordano il gruppo di famiglia (sia Amy che il Bassista Byron Isaacs e saltuariamente anche il batterista Tony Leone suonano nella Levon Helm Band nelle loro mitiche serate “ramble”), a fronte di tutto ciò si capisce che siamo a bordo per una bella gita musicale. Che tocca il country delizioso e raffinato (con le solite armonie vocali meravigliose) di One More Time cantata dal tastierista Glenn Patscha per passare al country gospel blues trascinante del traditional Be Your Woman ancora con arrangiamenti vocali e strumentali di qualità incredibile, tra slide, armoniche, tastiere che si muovono con precisione millimetrica tra le pieghe della sezione ritmica.

Quando la qualità cresce ulteriormente e ti trovi ad ascoltare un ballata “spaziale” in tutti i sensi, ti “arrendi” e ti godi la musica: la voce di Fiona McBain che è l’autrice del brano, imposta l’atmosfera e canta in modo dolce e naturale, il controcanto di Amy Helm presto arriva nell’altro canale dello stereo, entra un organo celestiale, cori meravigliosi, piano, fisarmonica e chitarre e si realizza la cosiddetta “ballata perfetta”! Ovvero Wait For The Sun.

Brotherly Love è un Chicago funky Blues leggermente “acido”, dalla penna del bassista Isaacs con il gruppo che lo segue a menadito mentre Record Needle è una stupenda ballata dalla penna di Amy Helm che risponde qualitativamente a quella della McBain in una “lotta” di bravura per la gioia dell’ascoltatore, vogliamo dire “country gospel”? Ma diciamolo.

Lovin’ In My Baby’s Eyes è una cover di un soul-folk-blues del grande Taj Mahal (che tra poco sentiremo come ospite nel Live di Clapton/Marsalis) e Butcher Boy è un’altra delizia “Tradizionale” folk rivisitata dalla band con la consueta grande perizia e in questo caso, dolcezza mista a grinta. Rimane il tempo per una sentita versione di un brano del compianto Chris Whitley, con le “corde”, banjo, mandolino e chitarra in evidenza, Dirt Floor rinasce a nuova vita con un arrangiamento che si avvale anche delle loro grandi doti vocali e di un crescendo emozionante nella costruzione sonora. 

When I Remember To Forget scritta e cantata ancora da Fiona McBain con le immancabili celestiali armonie vocali della Helm conferma anche le loro capacità di inserirsi nel filone della canzone americana “pop” raffinata come ribadisce la cover finale del “classico” Swanee River sempre perfetta negli incredibili intrecci delle voci e degli strumenti di questo gruppo che si conferma una delle realtà (s)conosciute della musica americana e quindi da conoscere. Devo dire altro? Recatevi presso il vostro negozio preferito, fisico o virtuale e che l’ascolto abbia inizio. Non ve ne pentirete (se conoscete già, una gradita conferma)! Imprescindibile? Mah, forse.

Bruno Conti